Affreschi Rupestri – Ferentillo (TR)


 

Cenni documentativi

Da Ferentillo, appena fuori dall’abitato, risalendo per la provinciale 209 verso Castellonalto e Salto del Cieco, in prossimità di una curva a sinistra, al di là del fiume, su un costone di roccia si vede una stuccatura affrescata che raffigura una Madonna col Bambino.
L’iconografia è chiaramente la versione bizantineggiante della Oghiditria, “colei che indica la strada“, infatti, con la mano indica Gesù all’osservatore.
Il Bambino alza invece la manina in segno benedicente verso la mulattiera percorsa dai pellegrini.
La scritta in caratteri gotici è ancora parzialmente decifrabile, vi sono indicati i committenti dell’immagine:
FECIT /FIERI /BARNAS /LVCARO /NI ET / LAOBVGI/ US BASSI/ LIQVE/ AD M/ CCCLXX..
Fatto fare da Barna(ba)s Lucaroni e Laobugius Bassilique nell’Anno del Signore 1370“…
Il resto è perso ed illeggibile.
Il dipinto fa parte di tutta una serie di immagini sacre distribuiti lungo il percorso di un’antica mulattiera, probabilmente adibita a percorso della transumanza, che da Ferentillo risaliva la Valle del Castellone, passava nella Valle del Salto del Cieco e si prolungava fino all’agro Reatino.
La mulattiera, era, in passato, un’arteria molto importante sia per gli scambi commerciali sia per il transito di pellegrini, provenienti dall’Abruzzo o alto Lazio verso l’Umbria, le immagini rupestri ne sono la testimonianza.
Tra tutte, solo questa sulla stretta di Ferentillo si è conservata in uno stato abbastanza buono, mentre le altre, distribuite tra le pareti rocciose del Salto del Cieco, si sono inesorabilmente cancellate a causa degli affetti atmosferici a cui sono state per anni sottoposte senza alcun tipo di protezione.
Di loro restano i quadri di stucco con qualche leggere macchia di colore indecifrabile, anche se fino a qualche tempo fa, secondo il racconto di vecchi pastori, erano ancora visibili e molti di loro passando, devotamente si toglievano il cappello e si facevano il segno della croce.
Oggi oltre ad essere quasi completamente cancellati, sono anche irraggiungibili in quanto a causa di frane e di infittimento della vegetazione il sentiero è pressoché cancellato e il percorso è estremamente difficile.
La mulattiera, in epoca medievale era una importante via di comunicazione, infatti, non a caso lungo il suo percorso, su una balza della parete rocciosa sorgeva l’Eremo di Sant’Egidio, antico eremo benedettino scavato nella roccia e che fu forse il luogo ove inizialmente si ritirarono in preghiera gli anacoreti Giovanni e Lazzaro, gli stessi che fondarono l’eremo su cui sorse l’abbazia di San Pietro in Valle, ciò a dimostrazione che la mulattiera era conosciuta ben prima del medioevo.
L’eremo sorgeva su un diverticolo della direttrice principale e conduceva verso i pascoli e i casali del monte Berretta, dove recentemente sono state rinvenute tracce umane dell’età del bronzo.
 
 
 

Scavi archeologici sotto l’affresco

Ai piedi degli affreschi rupestri sono venute alla luce, attraverso degli scavi effettuati dal Gruppo Archeologico Naharki Valnerina con la collaborazione della Sovrintendenza, delle forme circolari scolpite nelle rocce orizzontali posizionate a ridosso del corso d’acqua che taglia la gola della montagna.
Gli scavi al momento sono incompleti perché ancora c’è da verificare un’area adiacente che ancora non è stata esplorata.
Le particolari forme che sono venute alla luce non hanno ancora una connotazione precisa e un loro specifico utilizzo però si sta avanzando un’ipotesi che ci porta molto indietro con il tempo, addirittura all’epoca della “colonizzazione” dei monaci siriaci che dal II all’VIII secolo si stabilizzarono in tutta l’Umbria in particolare nella fascia dai Sibillini alla Valnerina e alla Conca Ternana.
Gli Eremiti, che stimati approssimativamente in più 600 unità, vivevano sparpagliati per le grotte di cui la Valnerina è tappezzata, non vivevano completamente isolati dal mondo, ma interagivano con le popolazioni del posto, pur vivendo nella marginalità.
A questi monaci si deve la bonifica di zone paludose della Valnerina infestate dalla malaria: ne è di esempio l’intervento dei Siriaci Felice e Mauro nella zona di Sant’Anatolia di Narco, così come Spes e Fiorenzo nella Valcastoriana e Lazzaro e Giovanni nella zona di Ferentillo.
Alcuni degli eremiti, pur vivendo in luoghi isolati e lontani da ogni realtà locale seguivano la Laura Basiliana (di San Basilio Magno nato nel 330 e morto nel 379) che all’eremo preferisce il cenobio seppur costituito da celle o romitori autonomi, ma con luoghi di preghiera e di lavoro in comune, tanto da costituire comunità di persone quasi a dimensione familiare.
Tali Laure non erano sempre isolate nelle montagne, in luoghi deserti o impervi, ma a volte si trovavano nelle vicinanze degli abitati e i monaci davano assistenza ai bisognosi, ai malati, ai poveri e gli orfani, insegnavano le tecniche della pesca e dell’agricoltura, dissodavano la terra, rendevano fertili le paludi e le affidavano alla gente del posto per coltivarle, applicavano e diffondevano la conoscenza della medicina (famosa la scuola chirurgica di Preci sviluppata proprio dai siriaci).
Probabilmente questa era proprio una Laura; infatti, sull’altra sponda del corso d’acqua, nella parete rocciosa sono presenti 4 o 5 grotte abitate dall’uomo prima dell’anno 1000, dove gli stessi occupanti hanno apportato manufatti di contenimento e chiusura delle apertura con malta e pietre tanto da rendere le cavità protette e abitabili, inoltre in alcuni casi su qualche parete interna compaiono graffiti a forma di croce tali da far pensare a una presenza monacale.
Si può, pertanto, supporre che il ritrovamento dello scavo archeologico sia da ricondurre ad un’area comune di tipo sacrale.
Ulteriori scavi di approfondimento potranno stabilire se le supposizioni avanzate sono più o meno confermate.
 

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