Castello di Attigliano – Attigliano (TR)

Attigliano era un castello le cui mura erano a ridosso del Tevere che poi con una piena ha deviato il suo corso a diversi centinaia di metri.

 

Cenni Storici

Il luogo ove ora sorge Attigliano era abitato fin da epoca antica.
Nelle zone interne, specie in località “Malvicino“, resti di alcune tombe scavate nel tufo e vasellame, dimostrano la permanenza nei luoghi di genti etrusche.
Notevoli testimonianze si hanno anche della successiva epoca romana, come iscrizioni e monete di epoca augustea, resti di mura, ricollegabili al porto, e impianti idrici in piombo, di chiaro stampo romano.
Il centro crebbe e prosperò in età imperiale, ma la sua storia si interrompe basso impero; malaria crisi economica ed invasioni barbariche, mali tipici dell’epoca, ne determinano la fine.
Ma Attigliano già nell’XI secolo era un luogo fortificato e aveva funzionante un porticciolo fluviale in località chiamata “Portovecchio“, nelle vicinanze dell’attuale cimitero.
All’epoca il Tevere lambiva le mura del castello di Attigliano e l’entrata al borgo avveniva tramite un ponte levatoio.
D’altronde lo stesso nome può derivare dalla presenza di numerosi alberi di tiglio (ad tilium) sulle rive dello stesso Tevere.
Il Comune ebbe origine tra il XI e il XII secolo, di tale periodo si sa solo che nel 1130, nel feudo di Attigliano, era conte Bonconte di Alviano.
All’inizio del XIII secolo fu coinvolto nelle guerre tra Orvieto, Todi ed Amelia.
Proprio Todi si assicurò il possesso del castello di Attigliano insieme con quelli di Guardea e di Alviano quando il 26 marzo 1232 l’allora conte del feudo, Rainaldo di Uffreduccio di Bonconte di Alviano, fece atto di sottomissione, presumibilmente forzosa, nelle mani del vicario del podestà di Todi, cedendo tutti i propri beni e territori, salvo poche riserve feudali.
Gregorio IX, in lotta con la ghibellina Todi con bolla del 1° aprile 1239, la colpì di scomunica e impose a tutti i castelli della Valle Teverina di staccarsi immediatamente dal dominio di quella città.
Attigliano tornò dominio della famiglia degli Alviano che si era guadagnata la riconoscenza di Innocenzo IV, per l’appoggio dato nella sua lotta contro Federico II, tanto che il pontefice, il 4 dicembre del 1248 concesse loro, in remunerazione dei servizi resi e delle perdite subite, il possesso del vicino castello di Giove.
Il 30 novembre del 1298 scosse di terremoto danneggiarono gravemente Attigliano.
Alle alterne vicende, con susseguirsi di svariate signorie, subentrò un periodo di pesante depressione.
Nel 1333 la Valle Teverina subì gravi inondazioni e, nel maggio del 1348, la peste nera invase l’Italia con la conseguente distruzione di un terzo della popolazione, poi, nello stesso anno, tra il 9 e il 10 settembre, un nuovo terremoto sconvolse la zona.
La carestia che seguì fu aggravata da pesanti tributi richiesti da Roma e dai vari capitani di ventura per il mantenimento delle loro milizie.
Nel 1360 Attigliano fu devastata dalle truppe venturiere dei Cappelletti.
Nel 1364 metà del castello di Attigliano fu ceduto a Tommaso di Ugolino di Alviano.
Nel 1378 feroci bretoni, assoldati e portati in Italia dall’antipapa Clemente VII, e guidati da un parente dei conti di Baschi, trapiantato in Francia lo devastarono.
Nel 1384 tornò il flagello della peste nera.
Nel 1416 Papa Martino V affidò il castello a Ugolino d’Alviano, nel 1446, grazie all’intervento di papa Eugenio IV, furono risolte le secolari controversie con Lugnano.
Il 4 novembre del 1448, ancora una volta, un grande terremoto, seguito da un’epidemia di peste coinvolse, sia pur marginalmente Attigliano.
Papa Paolo II, nel 1464, impose una tregua per porre termine guerre e scorrerie alimentate dalla famiglia degli Alviano per conquistare i territori e i castelli vicini, ma Francesco di Alviano non la rispettò, attaccando i castelli di Guardea e Porchiano.
La reazione del Pontefice, appoggiato dagli amerini fu immediata; le truppe papaline, guidate da Stefano Guarnieris di Osimo, il 22 luglio 1469 entrarono in Alviano consegnandolo alla Santa sede, riconquistarono Guardea e occuparono Attigliano, dopo tre giorni d’assedio, tutto era perduto per gli Alviano, Francesco fu rinchiuso in Castel sant’Angelo insieme ai fratelli e, solo nel 1471, alla morte di Paolo II, furono liberati e ritornarono in possesso dei loro beni.
In quel periodo Attigliano si eresse a comunità e si dotò di propri statuti.
Nel 1470 e nel 1476 una serie di calamità colpirono di nuovo lazona: nella Valle Teverina, rimasta allagata, un clima insalubre sfociònella pestilenza.
Alla morte di Francesco di Alviano, nel 1478, gli succedette il figlio Bartolomeo, giovane di 23 anni che però dette gran prova di se come condottiero e stratega nella guerra che Sisto IV e il Re di Napoli mossero contro Firenze.
Prese poi parte anche alla guerra ad Otranto contro i Turchi e, nel1482, contro Ferrara e Venezia. Nelle sue lunghe assenze, lo sostituiva nel governo dei suoi feudi e possedimenti il fratello Bernardino I il quale resse con mano di ferro le signorie.
Nel gennaio del 1484 si riacuirono le contese tra Todi ed Amelia e, in quell’occasione, Bartolomeo d’Alviano occupò Todi, diventandone governatore.
Dieci anni dopo, alla calata di Carlo VIII di Francia, gli amerini,con l’aiuto luogotenente del re De Bertanie, attaccarono i due castelli di Attigliano e Guardea che, poco difesi,si arresero subito e quindi furono incamerati nella comunità di Amelia.
Fino al 1500 Attigliano, insieme ai paesi vicini, come Lugnano, Mugnano e Alviano passò più volte dal dominio di Amelia a quello di Todi, per poi tornare sotto il dominio di Bartolomeo d’Alviano fino alla sua morte, il 7 ottobre 1515.
Nel 1516 Pantasilea Baglioni, vedova di Bartolomeo tornò in Umbria per riprendersi le terre e i castelli del marito, ma il nipote di Bartolomeo, Corrado d’Alviano detto Consolo, se ne era nel frattempo impossessato.
Dopo alterne vicende si giunse a un compromesso con la spartizione dei domini tra Consolo e Livio, figlio di Bartolomeo e Pantasilea.
Nel 1527 Attigliano fu devastata da quattromila uomini capeggiati dal bandito Maramado, unitosi ai Lanzichenecchi per il sacco di Roma.
Nel 1531, morto Livio, figlio del famoso condottiero Bartolomeo d’Alviano, Attigliano passò in dote a sua sorella, che si sposò con Pietro Paolo Monaldeschi della Cervara, ma poi divenne parte del Ducato di Castro, dominio di Pierluigi Farnese, che, nel 1545, per meglio governare il ducato di Parma e Piacenza, lo lascia al figlio Ottavio.
Dopo appena due anni, il 10 settembre 1547, Pierluigi fu ucciso a Piacenza, ma Ottavio riuscì a salvare il ducato.
Il 23 giugno 1551 il Papa Giulio III, in contrasto con Ottavio, dichiarò decaduto il Duca Orazio, suo fratello che, nel frattempo aveva preso possesso dei feudi nella Teverina.
Il 9 settembre 1553 lo stesso Giulio III incamerò ancora una volta i beni che i Farnese possedevano nello Stato Ecclesiastico: tra questi espressamente nominati Alviano, Attigliano e Guardea.
Ne fu nominato commissario Pietro Paolo Monaldeschi, marito di Porzia d’Alviano.
Il 20 aprile 1570 Ottavio Farnese cedette a Gian Rinaldo Monaldeschi i feudi di Alviano e di Attigliano per 50.000 scudi.
Da un atto del 10 luglio 1570 risulta però che i signori di Attigliano erano, in quel momento, i fratelli Fantino, Bartolomeo e Settimio Petrignani; o la precedente vendita era stata parziale o ce ne era stata un’altra, a pochi mesi dalla precedente, da Monaldeschi ai Petrignani: mancano, però, riscontri documentali.
Agli inizi del XVII secolo Attigliano torna di nuovo possesso diretto della Camera Apostolica e, verso il 1630, fu da questa venduto ancora ad un Monaldeschi: Paolo.
Alla morte di Paolo,il 25 febbraio 1644, Urbano VIII fece alienare tutti i beni a lui spettanti, compreso il feudo di Attigliano, al marchese Marcello Raimondi di Genova per 230.000 scudi: egli, dopo sette anni, lo vendette per 265.000 scudi a Donna Olimpia Pamphili, principessa di San Martino del Cimino, la cui famiglia ne mantenne il possesso per più di cento anni.
Attigliano trovò un periodo di relativa tranquillità quando divenne possesso degli Orsini, con cui restò per altri cento anni.
All’arrivo dei Francesi la debole resistenza che fu facilmente travolta e sulla piazza fu innalzato l’albero della libertà e, nel 1799, insediato il Governo provvisorio della terra di Attigliano, “incominciato il giorno 1° settembre“.
Con decreto napoleonico del 17 giugno 1809, l’Umbria fu unita all’impero francese, Attigliano entrò a far parte del Dipartimento del Trasimeno, nel Circondario di Todi.
Dopo la Restaurazione, nel 1816, risulta essere un luogo baronale, compreso nel territorio della Delegazione di Spoleto, nella Provincia dell’Umbria.
Nel riparto territoriale del 1817 e in quello del 1827, insieme a Penna, è un appodiato della Comunità di Giove, sottoposta al governatore di Amelia.
In questo periodo, l’amministrazione della Comunità fu affidata ad un gonfaloniere e a due anziani.
Nel 1831 Attigliano fu occupato e presidiato dai romagnoli ribelli allo Stato Pontificio.
Nei successivi riparti del 1833 e nel 1858 è un comune, unito ad Amelia, luogo di residenza del governatore ed appartenente al Distretto di Terni nella Delegazione di Spoleto, prima, alla Provincia di Spoleto poi.
Nel 1858 Attigliano fu acquistato dal Principe Borghese.
Nel settembre 1860 l’Umbria fu occupata dalle truppe sardo-piemontesi di re Vittorio Emanuele II e, con plebiscito del 9 novembre, annessa al Regno d’Italia.
Il 17 dicembre del 1860 fu emanato da Napoli un decreto di annessione dell’Umbria,con capoluogo Perugia; Attigliano comune autonomo e scelse come emblema, un gonfalone in pesante velluto, diviso in bande, una bianca ed una verde con al centro uno scudo sormontato da una corona baronale sovrastante un tiglio e un mitico ippogrifo.
Nel 1870 ci fu una disastrosa inondazione; per lo straripare del Tevere anche Roma fu in parte inondata, Attigliano fu sommerso in molti punti anche da tre metri di acqua limacciosa.
Il Tevere scelse con prepotenza il letto del più piccolo torrente Vezza, abbandonando il suo che da secoli si era formato sotto quella ripa a cui si affaccia il paese.
Il 10 marzo 1874 è inaugurata la linea ferroviaria Orte-Orvieto, transitante anche per Attigliano, 16 agosto 1888 è la volta della Attigliano-Viterbo PortaFiorentina, nel 1894 prolungata fino a Roma.
Nel 1902 il Municipio con le scuole furono trasferite della sede in Piazza della Rocca vicino all’orologio al nuovo edificio “al Prato” ora piazza Umberto I.
Nello stesso anno è stata restaurata e ingrandita la chiesa Parrocchiale che dal 1897 i capofamiglia di Attigliano già volevano fuori dalle mura Castellane.
Nel 1927 fu assegnato alla Provincia di Terni.
Durante il regime fascista ebbe analoghe sorti degli altri comuni italiani, con l’abolizione del sistema elettivo e la presenza di un podestà di nomina regia che assommava in sé le funzioni esercitate dagli organi amministrativi di origine elettiva e quelle del sindaco, in qualità di ufficiale di governo.
Caduto il regime fascista, il Regio Decreto 4 aprile 1944 n. 111, ripristinò il sindaco e la giunta municipale, attribuendo ai prefetti il compito di provvedere temporaneamente alla nomina di sindaci e assessori in attesa di poter indire le elezioni per la ricostituzione delle amministrazioni locali.
Con il decreto legislativo luogotenenziale del 7 gennaio 1946 n. 1, fu ricostituita l’amministrazione comunale su base elettiva.
Successivamente ha seguito le vicende degli altri comuni umbri.
Nel 1954 fu inaugurata l’apertura della provinciale Bomarzo-Viterbo che ha assicurato il primo collegamento interregionale; nel 1964 la “conquista” del Casello Autostradale sulla A1 che ha collegato Attigliano con il circuito di comunicazione della rete autostradale nazionale.
 

Aspetto

Di tanta storia e di tante vicissitudini oggi rimane poca traccia, del vecchio castello restano solo tratti di mura, sei torrioni, cinque cilindrici e un sesto a pianta pentagonale, e il portale d’ingresso del XV secolo, recentemente restaurato, che mantengono intatto l’antico fascino medievale.
 
 
 

La Piazza della Rocca

La Piazza della Rocca è sovrastata da un campanile che reca sul frontale un singolare orologio, che fino a qualche tempo fa aveva una sola lancetta e a dodici ore, ora la lancetta non c’è più.
Al centro della piazza principale vi è la Fontana dei delfini, modellata da Ramperti da Amelia nel 1885, con il duplice scopo di favorire l’approvvigionamento idrico della popolazione e di ornare lo spazio antistante.
I materiali usati per questa opera provengono dalla vecchia cava di S. Eugenia.
 
 
 

La Chiesa di San Lorenzo Martire

La Chiesa di San Lorenzo Martire, risale al 1983, si fregia di vetrate artistiche concretizzate attraverso l’uso del mosaico e di un portale di bronzo realizzato dalla scultrice Nadia Rognoni.
Nel giardino antistante il sagrato è presente un monumento bronzeo realizzato dalla scultrice Annita Mechelli a celebrare l’AVIS Attigliano.
In periferia, al di là della stazione ferroviaria, si trova la Chiesa della Madonna delle Grazie, nata tra la I e la II guerra mondiale.
Contiene un quadro della Madonna dipinto su tegola oggetto di devozione dei familiari dei combattenti.
Sempre in periferia si trova il Parco di Studio e Riflessione, inaugurato nel maggio 2008, precedentemente chiamato “Parco del Messaggio di Silo“.
 

Fonti documentative

LAURA PICA, Attigliano nella Storia d’Italia 1861 – 2011Sul filo della memoria, di testimonianze
e documenti nel 150° anniversario dell’Unità

https://it.wikipedia.org/wiki/Attigliano

 

Nota

La galleria fotografica ed il testo sono stati realizzati da Silvio Sorcini.
 

Mappa

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