Castello di Pontecuti – Todi (PG)

Il Castello è sorto a difesa del ponte e con esso ne condividerà il nome e la storia.
Da qui, inoltre, partivano nel passato i tracciati della transumanza da Todi verso la Maremma toscana.

 

Cenni Storici

In epoca romana era un avamposto a difesa di Tudertum, l’odierna Todi.
Secondo la leggenda, il primo ponte fu costruito dall’imperatore Cocceio Nerva ( ciò è riportato nella cronaca di G.F. degli Atti: “1246 refacto el Ponte de Cuti”).
Il “Liber Focolarium” del 1290 registra la presenza della “Villa Ponte Cutis” sorta attorno al ponte e alla chiesa la cui popolazione ammontava al ragguardevole numero di 85 fuochi.
La villa diventa “Castum” nel 1313 quando viene eretta un cinta difensiva con torri e porte, una delle quali dava accesso direttamente al ponte ed il Comune vi insedia un Castellano.
Successivamente sono attestati restauri delle mura nel 1358 anno in cui il Capitano del Popolo Roberto Belforti da Volterra lascia il suo stemma sopra la porta castellana detta della Nave.
Il ponte, più volte distrutto da guerre e inondazioni, fu riparato nel 1346, nel 1362, nel
1363.
In merito alla derivazione del nome si sono fatte diverse ipotesi:
1. G.B. Alvi spiegherebbe Pontecuti come l’antico ponte romano (di cui si sono perse le tracce) a forma acuta pons acutus; “ponte acuto o aguzzo”.
2. Il ponte ha origini remotissime e non è da escludere che derivi la sua denominazione dai Gòti (pons Gotorun, “Ponte dei Gòti” o “de Guti” o “de Cuti”) che, probabilmente, lo ricostruirono.
3. Poco soddisfa, d’altra parte, la spiegazione di cos-cotis, “cote”, data la presenza di alcune cave di arenaria, una pietra dura usata per affilare i metalli, ha generato pons cotis pietra adatta a far cote.
Sotto l’arco del torrione (ora abbattuto) che vigilava l’ingresso dell’importante passaggio sul Tevere, c’era una grande pietra con l’iscrizione in lettere gotiche circa il Giudizio Universale:
A. D. MCCIIL Vos qui transitis per hoc pontem, si scitis !egere legitis talem sententiam, quam Deus iustus iudex dabit in die iudicio,: hi qui sunt ad dexteram eius venite benedicti patris mei accipite regnum at in contrarium ite maledicti in ignem aeternum.
La traduzione è la seguente:
Anno del Signore 1248. O voi che passate per questo ponte, se sapete leggere, leggete
la sentenza che Dio giusto darà nel giorno del giudizio: quelli che sono alla mia destra vengano
benedetti dal Padre mio e ricevano il regno dei cieli e quelli che stanno dalla parte opposta vadano
maledetti nel fuoco eterno
”.
La pietra si può ora vedere in cima alla gradinata del Palazzo del Comune di Todi dove è stata trasportata.
Travolto da una piena nel 1422, esso venne sostituito da una barca e, nel 1433, da altro
ponte di legno, per ordine di Francesco Sforza il quale, come narra il Filarete nel libro viri
della sua Sfarzinda, vi fece passare le truppe a piedi e a cavallo che si dirigevano contro
l’esercito pontificio.
La barca, tuttavia, rimase fino al 1617 e di essa i todini potevano servirsi senza pagare.
In quell’anno fu ultimato il nuovo ponte di sette archi, la cui ricostruzione in
pietra era stata incominciata nel 1598.
Per l’occasione fu dal cardinale Marcello Lante fatta apporre una lapide, che si chiudeva con le parole augurali: “O passeggero, se un tempo tremante e pavido, passasti sopra le acque del Tevere, lieto ora e sicuro continua il tuo viaggio attraverso il ponte riparato dal magnifico Comune tuderte”.
Gli eventi bellici del 1944 portavano ancora alla totale rovina del vecchio ponte (bombardamento
del 25 maggio), che però fu subito dopo ricostruito in maniera assai meglio rispondente alle
esigenze del traffico odierno.
Gravi danni subì da parte dell’offesa aerea anche il grazioso e caratteristico paese di Cuti, quasi a precipizio sul Tevere, con le sue viuzze scoscese tra le antiche case medievali.
 

La leggenda

Narra la leggenda che un dragone molto simile a un orribile coccodrillo con due ali e un’enorme bocca, essendo uscito dalla sua tana, che si apriva alle pendici dei monti di Titignano, giungesse, seguendo gli argini del fiume, fin sotto Pontecuti, con gran terrore degli abitanti.
Genti armate sarebbero accorse allora da Todi a dar la caccia al mostro: il quale, ferito a morte e addentato da un nugolo di mastini, avrebbe trovato, come sicuro parente del demonio, una meritata fine nella vorace rabbia del fuoco.
Altra storia, più recente, ma assai meno gloriosa, è quella delle pecore che il todino Manlio Mantilacci ci racconta con molto brio:
“Nel sec.XIX (così egli scrive) diminuito il traffico delle ricche diligenze sulla strada maestra che attraversa Pontecuti e i vicini boschi, alcuni ceti della popolazione si erano ridotti a un livello di vita assai miserevole.
Una sera, nell’ora del crepuscolo, scende sul paese, proveniente dagli alti pascoli dell’Appennino,
una fiumana di groppe lanute che si reca a svernare in maremma.
Passa attraverso le case, al cospetto di tutto il popolo ammirato: dinanzi alla chiesa curva bruscamente a sinistra, si restringe sotto il breve arco, si comprime nell’alveo del ponte e scorre via silenziosa verso il suo lontano destino.
E fino a qui niente di male.
Sennonché la vista di tanta grazia di Dio accende la cupidigia di uno dei presenti, il quale si trasferisce e affonda in un pertugio che immette in una cantina situata sotto l’arco e da lì, non visto, tira a sé prima un’innocente agnella, quindi una pecora e certi capretti, che tutti sospinge nell’antro oscuro.
Svanisce ormai nella notte quell’immenso gregge, lasciando dietro sé cortine di polvere, lezzo di sudore e stallatico, quando l’uomo, assicurato il ricco bottino, ritorna fra la gente che si sta ritirando nelle proprie case.
Nel castello esisteva un ospedale, detto di San Leonardo, e un convento di monache intitolato a Santa Maria di Cuti.
Dell’antico paese rimangono le mura e la Porta della Nave (l’arco quattrocentesco è caduto sotto gli spezzoni dei bombardieri americani); numerose, tuttavia, le nuove case: anche la chiesa la parrocchiale, dedicata a San Leonardo, è stata ricostruita in altro luogo, fuori le mura.
I cronisti ricordano presso Pontecuti la Torre Bottona, il Convento del Corpo di Cristo (di esso non si ha più traccia) e quello di San Giacomo de Scolca o de Cutis, appartenente prima ai francescani osservanti e poi ai riformati, che lo tennero fino alla soppressione del giugno 1810.
Questo è stato recentemente restaurato e riportato alla primitiva forma quattrocentesca.
 
 
 

Chiesa di San Leonardo

Una prima menzione della chiesa di San Leonardo si ha nella Rationes Decimarum del 1277 e compare con il nome di “San leonardi de Pontecuti”.
L’originaria Chiesa parrocchiale, in stile romanico, fu distrutta durante i bombardamenti dell’ultimo conflitto mondiale, nell’aprile-maggio 1944; le macerie rovinarono nel Tevere sottostante, e di essa non rimangono ormai che poche pietre basamentali.
L’edificio attuale, finanziato dal provveditorato alle OO. PP. di Perugia. fu collocato in posizione più elevata e fuori le mura, è stato costruito negli anni appena seguenti ed inaugurato nel 1952 come dice una targa dedicatoria conservata all’interno.
Si tratta di un impianto a navata unica, intonacata e tinteggiata, introdotta da una bussola lignea, coperta con doppia falda sorretta da capriate lignee, e due cappelle laterali voltate a botte, costituito in pietra calcarea proveniente dalle cave di Titignano e Camerata.
 

Aspetto esterno

Le pareti esterne si presentano in blocchi squadrati di pietra calcarea bianca e rosa; in particolare, la facciata a due spioventi, stretta tra due cantonali, è caratterizzata dal portale con lunetta decorata, montato su cinque gradini esterni in travertino e dal sovrastante rosone.
Il campanile a vela, anch’esso in pietra, è collocato sul muro di separazione tra la navata e la sacrestia, sul lato destro del fabbricato.
Sullo stesso fianco si trova anche la casa canonica.
 

Interno

La chiesa si presenta a navata unica.
Il presbiterio è sollevato di un solo gradino e termina in un’abside semicircolare coperta a catino; l’altare maggiore, così come i due laterali, è realizzato in travertino e collocato su pedana.
 

Fonti documentative

F. Mancini – Todi e i suoi castelli – 1960
AIUR – Agenzia Umbria Ricerche – Todi e i suoi Circuiti del Paesaggio – Febbraio , Luglio 2004

https://it.wikipedia.org

http://necrologie.repubblica.it

http://archeoumbria.altervista.org

Si ringrazia la Diocesi di Orvieto – Todi per la disponibilità e per aver concesso l’autorizzazione alla pubblicazione delle foto degli interni della chiesa.
 

Mappa

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