Castello di San Vito – San Venanzo (TR)

San Vito Castello

 
 

San Vito in Monte

 

Il paese di San Vito è diviso in due unità abitative ben distinte, una a valle, San Vito in Monte e una in alto, San Vito Castello, una terrazza da cui si gode un caratteristico e stupendo paesaggio sulla valle del Fersenone.

 

Cenni Storici

Il paese è diviso in due parti, San Vito Castello che si trova in cima al monte con un altitudine di circa 620 m e San Vito in monte che si trova in basso a circa 520 m.
Il suo nome originario era “baccano” perché, anticamente trovandosi, appunto, lungo il tragitto che collegava Perugia ad Orvieto era luogo di ritrovo per i viaggiatori che soggiornavano durante il viaggio.
Si narra che il nome era dovuto proprio al fatto che esisteva un osteria, luogo di incontro dei viandanti che godendosi il riposo e il buon vino facevano un po’ di “baccano” durante le lunghe notti di inverno.
La tradizione ci dice che il santo siciliano San Vito passò per questi luoghi…da qui il paese prese il nome di San Vito.
L’abitazione del territorio è avvenuta dal paleolitico e i reperti trovati costituiscono le più antiche tracce della presenza dell’uomo nell’Italia Centrale.
Le tracce di questi ominidi, conservate al Museo archeologico di Perugia, sono stati trovati nei pressi di San Vito nella buca del diavolo, una grotta aperta sopra un terrazzo fluviale sovrastante il torrente Fersinone.
A questi ominidi seguirono quelli più evoluti del neolitico e dell’età del bronzo, del ferro fino ad arrivare agli Etruschi che si stanziarono ad Orvieto.
La romanizzazione del territorio della montagna orvietana è documentata dal ritrovamento, anche a San Vito di tombe a volta.
Al cadere dell’Impero romano d’occidente l’Umbria fu occupata prima dagli Eruli (476) poi dagli Ostrogoti di Teodorico (493) i quali fecero di Ravenna la capitale del loro regno e dominarono la nostra regione fino a quando non vennero definitivamente sconfitti dai generali dell’imperatore di Bisanzio.
Una parte di storia del territorio l’hanno scritta i Longobardi che arrivarono nel 568 e crearono una contrapposizione tra un’Italia longobarda e un’Italia bizantina e le terre della montagna del Peglia si trovarono in pieno corridoio bizantino e ciò rinsaldò un legame con Orvieto che dura fino ai nostri giorni.
La dipendenza di San Vito dalla diocesi orvietana è attestata da un documento del 24 aprile 1213, con il quale i consoli di Orvieto, riconosciuto che nei libri nei quali erano elencate le entrate del comune non risultava nessun fodro pagato dal castello o dagli uomini di San Vita, li esentarono “da ogni prestazione, esazione, dato o fodro“, dichiarandoli soggetti soltanto al vescovo: “ad nostra maiorem ecclesiam [S. Maria] et eius mensam et ad dominum episcopum tantum“.
Nel XII secolo una famiglia di origini longobarde discendente da un conte Kaolo morto nel 988 (I Bulgarelli) guidati da Bulgarello I si spostarono dai loro possedimenti toscani si incunearono nei territori tra Perugia e Orvieto giurando fedeltà al vescovo di questa seconda ed estesero i loro possedimenti in un’ampia area fino a San Vito.
Nel 1240 durante la lotta tra Guelfi e Ghibellini quest’ultimi sostenuti da Federico II, San Vito subì la devastazione da parte dei conti di Rotecastello.
Nel 1276 il paese era ancora privo di abitanti e in pessimo stato, ma essendo strategico per la difesa verso Perugia, il vescovo di Orvieto emanò disposizioni e concesse incentivi affinché tornasse ad essere popolato e si preoccupò di ricostruire le opere difensive.
Nel 1295, i magistrati di Orvieto, in forza del loro officio, e con il consenso del capitano del popolo, “nominaverunt et elegerunt Bartucium Marini in castellanum Castri S. Viti” per tre mesi e con lo sti-pendio di 8 libbre di denari e 10 soldi, obbligandolo a condurre con sé per la custodia del Castello “tres sergentes” ad ognuno dei quali sarebbero andate 3 libbre e 5 soldi.
Nel 1315, Orvieto per poter disporre di un munito caposaldo antiperugino, ordinò la costruzione di una torre, impiegandovi la metà dei guadagni spettanti al vescovo.
I Bulgarelli, si erano trasformatisi da vassalli del vescovo di Orvieto in alleati di Perugia.
Dopo l’occupazione del Castello di Poggio Aquilone nel 1384 da parte del perugino Biondo di Bulgaro che lo tenne per 25 anni assoggettando altri castelli della sfera orvietana, il vescovo Perrotti, durante questi anni turbolenti,per riparare alle distruzioni patite dalle terre della montagna, dette impulso alla costruzione della chiesa di S. Giovanni di Civitella, che provvide di rendite e, a seguito della visita pastorale dell’ottobre del 1357 fece erigere la chiesa parrocchiale di San Vito.
Questo evento fu immortalato in una lapide dedicatoria che ancora si può leggere alla base del campanile: “Nell’anno del Signore 1358, sotto il pontificato di papa Innocenzo VII, questa chiesa fece fare Ponzio (Perotti) vescovo di Orvieto e vicario dell’Urbe sotto il titolo di S. Vito e dei suoi compagni“.
Dell’antica chiesa, bombardata dai tedeschi nel 1945, oggi non restano che le mura perimetrali e il campanile che ha una campana del 1500 fusa a Perugia.
Successivamente passò alla famiglia dei Monaldeschi che assunsero un ruolo importante nella storia orvietana.
Fu conteso dalle fazioni di questa famiglia in lotta tra loro e subì l’ultima distruzione nel 1505 ad opera di Sforzino Baglioni.
Dal 1751 fu dominio dei signori Mariani e Viti che avevano costruito la loro residenza nella vallata sottostante il Castello (dov’era il centro abitato e abitavano gli attuali palazzi, oggi di proprietà dei Sigg. Cornelli, Manieri, Ottaviani e Comunità Montana).
Poi le due famiglie si unirono, come si vede dallo stemma gentilizio posto sul frontespizio del palazzo.
San Vito in Monte fu comune fino al 1929 e comprendeva Pornello, Poggio Aquilone, Palazzo Bovarino e Ospedaletto; poi con la creazione della provincia di Terni fu unito a S. Venanzo.
 

Nota

S. Vito in Monte è famosa per le sue acque ferruginose e solfuree che scaturiscono da sempre da una sorgente nei pressi del paese.
Analizzate agli inizi dell’ 800 dal Prof. Texeyra Giuseppe, che ne determinò le proprietà curative: anemie, catarride, stomaco, ecc…, sono state utilizzate anche da insigni personaggi quali Papa Leone XIII, che quando era arcivescovo di Perugia, nel 1895, veniva qui a “ritemprare nell’aria e nell’acqua la sua vita” come inciso su una lapide all’interno della chiesa parrocchiale.
 
 
 

Chiesa di San Vito

L’attuale parrocchiale dedicata a San Vito, venne eretta negli anni a cavallo tra il XIX ed il XX secolo in luogo e sulle ceneri dell’originaria chiesa castellana dedicata alla Madonna del Monte Carmelo del XVIII sec., di proprietà della famiglia Viti, su progetto di Paolo Zampi.
Con decreto dell’ottobre 1892, emanato dal Vescovo di Orvieto, Mons. Bucchi-Accica, la sede parrocchiale di San Vito venne trasferita dall’originaria chiesa alle porte del castello, pericolante, scomoda e divenuta troppo piccola per contenere la popolazione, ad un nuovo edificio da realizzarsi in Loc. Baccano, dove aveva sede il municipio, accanto ai palazzi signorili e alle botteghe, e dove si concentrava ormai la vita sociale.
Terminate le opere strutturali, nell’ottobre 1898, iniziarono le lavorazioni delle terrecotte decorative, realizzate dalla fabbrica perugina “Angeletti e Biscarini”.
Come ricordato anche da una epigrafe commemorativa posta di fronte alla chiesa, alla realizzazione del nuovo tempio contribuì economicamente anche Papa Leone XIII, che durante il suo episcopato a Perugia era solito recarsi in vacanza a San Vito, “per rinfrancare nell’aria e nell’acqua di S. Vito in Monte la sua vita operosa“.
La chiesa fu consacrata il 14 settembre 1901.
Il prospetto principale della chiesa, lasciato incompiuto per mancanza di risorse economiche, fu completato nel 1926, con le decorazioni in terracotta dello scultore Pietro Guaitini.
Come ricorda anche una epigrafe commemorativa posta di fronte alla chiesa, la “facciata del tempio parrocchiale” fu inaugurata e benedetta dal Cardinal Bonaventura Cerretti, cittadino orvietano, il 26 settembre 1926.
Dopo il crollo di parte della volta della navata centrale, la notte del 2 dicembre 1972, con conseguente temporanea chiusura al pubblico, la copertura dell’edificio fu rifatta con struttura in cemento armato e tavelloni.
L’edificio, già danneggiato dagli eventi sismici del 1984, è stato consolidato e restaurato nel 1992.
 

Aspetto esterno

Edificio in muratura continua coperto con volta a botte e crociera.
La facciata a doppio spiovente, completata nel terzo decennio del ‘900, si presenta rivestita in cortina di mattoni laterizi, stretta tra due paraste cantonali; il portale d’ingresso con lunetta, affiancato da monofore laterali, ed il sovrastante rosone, presentano anch’essi cornici e decorazioni in terracotta, così come il cornicione sagomato di coronamento.
Il campanile a vela è collocato sul retro dell’edificio, sul lato sinistro.
 

Interno

Si presenta con chiari caratteri neoromanici; l’impianto a croce latina è costituito da un’unica navata, intonacata e tinteggiata, coperta con volta a botte, sviluppata su due campate sorrette da pilastri poligonali, addossati alle pareti laterali; il transetto è voltato con tre crociere a tutto sesto, mentre l’abside pentagonale è sormontato da un catino poggiato su pilastrini di sostegno.
Il presbiterio e le cappelle laterali formate dai bracci del transetto sono sollevati dall’aula con un doppio gradino e protetti da balaustre in cotto; in terracotta decorata sono anche i tre altari, il maggiore ed i due laterali nelle cappelle, realizzati dalla rinomata fabbrica perugina “Angeletti e Biscarini”, così come le altre decorazioni, il fonte battesimale, le basi, i capitelli ed i fregi di pilastri e semi-pilastri, gli stemmi, che abbelliscono l’ambiente liturgico, introdotto da una bussola lignea.
Con alabastro sono invece decorate le finestre del tempio.
La chiesa conserva una tela che rappresenta la Madonna con Bambino, S. Vito Martire, Modesto, Crescenza e Santa Caterina d’Alessandria, appartenente all’antica chiesa del Castello (forse dei primi del ‘600); un organo a canne del ‘700 appartenente al Duomo di Orvieto, acquistato nel 1945 dal parroco di allora Mons. Antonio Cinelli.
 

Fonti documentative

Pietro Caruso – San Venanzo le sue Frazioni la sua Gente ieri e oggi – 1996
Osvaldo Panfili Lido Pirri – Storia dei Luoghi della Montagna orvietana : Vol I – 1994

http://necrologie.repubblica.it/

http://www.lafornacevacanze.it/

 

Da vedere nella zona

Chiesa della Madonna dell’olivo
 

Mappa

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