Mulino Medievale Renzetti – San Giustino (PG)


 
Da Lama sulla provinciale per Parnacciano si incontra su una deviazione a sinistra della strada un vecchio mulino ad acqua, la cui memoria si perde nel tempo.
Il mulino Renzetti, così si chiama, che prende o da il nome anche al luogo, sfrutta per il suo funzionamento la forza dell’acqua, che appositamente incanalata fa girare un meccanismo che a sua volta muove la grossa macina per frumento. Il meccanismo e il suo funzionamento hanno origine antichissime e necessitano opere idrauliche spesso complesse per creare invasi di rifornimento e meccanismi di caduta che sviluppino energia.
L’invenzione è molto antica, anche se il suo sviluppo è tuttavia medioevale dal punto di vista della diffusione. Tutte le testimonianze indicano il I secolo a.C. come periodo e l’area dell’Oriente mediterraneo come culla dell’invenzione di questa macchina. Fu solo successivamente che attraverso le colonie Elleniche si crearono le condizioni che determinarono il passaggio di questa tecnologia dai Greci ai Latini.
La diffusione di questa tecnologia però tardò ad arrivare poiché allora c’era gran disponibilità di energia muscolare, infatti alla movimentazione delle pesanti macine erano addetti non solo animali, ma soprattutto schiavi, cittadini poveri e delinquenti condannati a questa pena, ciò ritardò la diffusione del mulino ad acqua, che avvenne solo in età carolingia tra VIII e IX secolo.
La vera e propria rivoluzione di tale macchina avvenne però solo in epoca medievale poiché dal mulino fine a se stesso, venne creato un complesso costituito da diversi elementi: un edificio, una macchina, un insieme di uomini, una struttura economica concorrenti alla realizzazione di un prodotto finale, quindi un approccio ad una vera e propria attività “industriale”.
A ciò contribuirono non poco gli ordini monastici, cistercensi prima, ma soprattutto i benedettini che avviarono in alcune zone vere e proprie attività commerciali, a tal proposito va ricordato il loro intervento nella Valle del Menotre da Scopoli a Foligno dove grazie a loro nacquero un numero considerevole di gualchiere e soprattutto cartiere, basti ricordare che dalla cartiera di Pale fu presa la carta per la stampa della prima edizione della Divina Commedia che fu fatta a Foligno l’11 Aprile 1472.
Ma i mulini cominciarono ad essere impiegati a varie attività economiche infatti oltre alla macinazione dei cereali furono impiegati per l’affilatura, la concia, la forgiatura, per la canapa, per le segherie e frantoi per olive.
I mulini ad acqua possono essere suddivisi in tre tipi, uno con una ruota orizzontale, su un asse verticale, e l’altro con una ruota verticale su un asse orizzontale.
Nella maggior parte dei casi in Umbria si è trattato però di mulini con “l’accolta”, ovvero dotati di un bacino artificiale a monte dell’edificio; una vasca dove l’acqua veniva raccolta, imbrigliata e fatta esplodere, a volontà del mugnaio, con tutta la forza del suo dislivello, contro il cosiddetto “ritrecine”, una sorta di grande turbina in legno, alta più di due metri, i cui diciotto cucchiaioni sospingevano la macina dal peso di 4/5 quintali.
La ruota orizzontale (propriamente detta ritrecine) era costituita da un palo centrale nella cui parte inferiore, più grossa, erano scolpiti degli incassi, disposti radialmente e destinati ad alloggiare per incastro le pale di legno (generalmente ricurve a cucchiaio) che danno forma alla ruota.
Questo meccanismo era messo in movimento dall’acqua che, era prelevata da un fiume o torrente, attraverso uno sbarramento e veniva deviata in un canale; da qui l’acqua precipitava in una condotta inclinata (doccia) che indirizzava l’acqua a colpire tangenzialmente le pale della ruota.
Il mulino Renzetti è proprio di questo tipo ed è simile al Mulino Buccilli di Spello ed un modello fra i più diffusi. L’opera è di alta ingegneria idraulica perfettamente funzionante dove per trasmissione meccanica il movimento verticale si trasforma attraverso ingranaggi in movimento orizzontale e per mezzo di cinghie collegate ad un albero di trasmissione e delle pulegge si mettono in moto diversi macchinari, dalla macina al vaglio ai separatori, tutti gli strumenti necessari ad un completo funzionamento del mulino.
Nel medioevo il diritto di costruzione dei mulini per la macina dei cereali spettava al padrone del castello, ma altre volte erano gli abati degli ordini monastici che ne determinavano la realizzazione e in questo caso è lecito pensare che il mulino sia stato costruito su consenso della vicina Abbazia di Uselle infra Montes che possedeva i terreni circostanti.
La scomparsa di queste attività nel tempo è dovuta a diversi fattori, primo fra tutti l’avvento del vapore prima e dell’energia elettrica poi che ha determinato l’abbandono di tali attività, inoltre non è da meno lo spopolamento delle aree collinari e montane e il conseguente abbandono dei terreni produttivi.
I pochissimi proprietari di mulini che sono sopravvissuti fra innumerevoli difficoltà hanno poi subito il colpo di grazia dalle normative comunitarie che li hanno classificati fuori legge per il mancato rispetto delle norme “Igienico sanitarie”, quindi sono stati messi nell’impossibilità di produrre farine per alimentazione umana ma solo animale.
Questo ha contribuito alla scomparsa di uno dei principali elementi storici del paesaggio rurale della nostra regione che tra l’altro è ricca di acque, basti pensare che solo in Umbria sono rimasti ancora attivi meno di una decina di mulini a fronte di una presenza di diverse migliaia nel secolo scorso.
Questo ci fa capire la gravissima perdita che si è avuta dal punto di vista ambientale, infatti nel momento in cui si parla di ambiente e attività eco-sostenibili il mulino idraulico assumeva un reolo di primaria importanza nel ciclo produttivo, infatti il suo funzionamento permette un pieno rispetto della risorsa acqua, che viene sfruttata e rimessa in circolo nella sua completa interezza e integrità.
Si è interrotto un ciclo virtuoso e un sistema in equilibrio con l’ambiente e perfettamente compatibile con le altre attività che non sfruttavano le risorse, ma le mettevano in circolo.
Un valore che si è perso purtroppo per dare spazio ad attività che purtroppo oggi sempre più spesso si stanno ripensando e mettendo in discussione. Con la perdita dei mulini si cancella un pezzo della storia del nostro territorio e delle attività rurali marginali, e anche di una caratteristica del paesaggio umbro, per non parlare del prodotto pane ricco di fibra che ne usciva fragrante e caldo dai forni dei contadini che nulla ha che vedere con i prodotti del mercato attuale che escono dai forni industriali.
Un augurio quindi a Ermanno che è il tenace mugnaio del mulino Renzetti che cura da geloso custode il patrimonio culturale e storico che possiede.
 

Fonti

http://www.medioevoinumbria.it/

 

Da vedere nella zona

Abbazia di Uselle infra Montes
Chiesa di Santa Maria di Passerina
 

Mappa

Link alle coordinate

Lascia una risposta

L'indirizzo email non verrà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

È possibile utilizzare questi tag ed attributi XHTML: <a href="" title=""> <abbr title=""> <acronym title=""> <b> <blockquote cite=""> <cite> <code> <del datetime=""> <em> <i> <q cite=""> <strike> <strong>