Rocca di Monte Acuto o Roccaccia – Treia (MC)

I ruderi del castello sono sul versante del Monte Acuto dove sorge l’Eremo di Santa Sperandia.

 

Cenni descrittivi

La rocca di Monte Acuto, detta la Roccaccia, ancora segna il confine tra i territori di Treia e Cingoli.
Il castello è a circa 740 metri s.l.m. su una formazione rocciosa posta a Nord est dalla cima tra la valle del torrente Rudielle e quella del Rio Torbido, L’intero complesso si trova oggi allo stato di rudere con poche strutture in elevato ancora visibili, numerosi interramenti dovuti ai materiali di crollo ed una sovrapposta vegetazione. Restano in piedi pochi ruderi fra cui una torre ed i resti di una muratura angolare in prossimità di un profondo fossato che rappresenta il limite del castello verso questo lato
Il fossato, scavato nella viva roccia: un calcare bianco utilizzato anche per la costruzione, presenta pareti di notevole altezza ed è in parte occupato da materiale di crollo.
Sono attualmente individuabili due livelli interni, separati da una volta a botte di cui rimane una evidente traccia sulle murature interne
 

Cenni Storici

Sull’origine di questo castello oggi chiamato con disprezzo “La Roccaccia” poco o nulla sappiamo se non che esso probabilmente sorse sulla scia del grande esodo causato dalle invasioni barbariche nel Piceno, fuga che portò gradualmente le principali città romane della zona a spopolarsi in favore di luoghi più sicuri e facilmente difendibili come le vicine montagne. Sicuramente la sua fortificazione ed erezione a castro vero e proprio ebbe consacrazione durante la guerra fra bizantini e longobardi essendo quei luoghi fortemente interessati dal corridoio bizantino.
La Rocca di Monte Acuto quindi fu fin dall’inizio un fortilizio a difesa e controllo dell’imbocco della cosiddetta Valle del Rio Lacque, quell’arteria cioè che, partendo da Grottaccia, si insinua fra i monti costeggiando il torrente Rio Lacque in direzione San Severino Marche.
Tale funzione fu mantenuta anche dopo la guerra goto-bizantina, fino a diventare autentico baluardo di confine tra i comuni di San Severino Marche, Montecchio (oggi Treia) e Cingoli. Le notizie più antiche le troviamo nello Statuto di Cingoli del 1325. Da una pergamena conservata nell’archivio dell’Accademia Georgica, dell’8 febbraio 1157, apprendiamo della vendita del Castello di Monteacuto ai Consoli di Montecchio da parte di Albrico e dei suoi nipoti. Nel dicembre del 1191, Anselmo di Matteo, che nel frattempo ne era divenuto il proprietario, restituì ai Consoli di Montecchio il castello. Nel 1254 il Comune di Montecchio acquistò da Domenico di Albrico e dai suoi nipoti la selva situata intorno al castello di San Lorenzo ed il territorio “Montanae Montis Acuti posit in curia districtus Castri Monticuli“.
Nelle riformanze di Treia del 1457 si dice che al castello erano annessi due monasteri femminili presso cui si ricoveravano malati di ambo i sessi che non potevano essere curati all’interno della città. Oggi di detti Monasteri rimane solo una chiesetta alle falde del Monte Acuto detta Santa Maria dell’Ospedale.
Numerose sono le leggende che aleggiano su questo Castello o Rocca, come la tessitrice misteriosa che tesse nei sotterranei del castello con un telaio d’oro, oppure della gallina dalle uova d’oro, o del serpente (messo dal demonio) a guardia del tesoro nascosto nelle segrete del castello
Una delle probabili origini di tante leggende, spesso legate alla presenza demoniaca, può essere attribuita al fatto che il signore del castello, Grimaldo di Aureliano, fu un vero e proprio signore della guerra che mise a ferro e fuoco il contado montecchiese con la sua banda, come testimonia un documento del 1191 conservato presso l’Accademia Georgica.
Di notte usciva dal maniero, scendendo verso la valle del fiume Potenza attraversando con i suoi mercenari le campagne circostanti, razziando cascine, mulini fortificati, incendiando, passando a fil di spada chiunque gli si opponesse, sequestrando donne e uomini che rinchiudeva nelle stanze del maniero finchè la comunità non pagava adeguato riscatto, e nonostante ciò non sempre i poveretti uscivano vivi dalla prigionia come attestato in una pergamena del 1191 conservata nell’accademia Georgica di Treia.
Pergamena che espone una querela fatta dai Consoli di Montecchio all’allora rettore della Marca Gottibaldo contro Grimaldo di Aureliano e suo nipote, accusati di scorrerie e brutalità di ogni genere a capo di una compagnia militarmente organizzata….”Collectis militibus, peditibus et sagittariis”.
Di fatto Grimaldo di Aureliano non fu mai arrestato, anzi arrivò persino a ricoprire cariche pubbliche.
 

Bibliografia

http://bikersgiant.blogspot.it/

http://www.marcamontana.it/

 

da vedere nella zona

Eremo di Santa Sperandia
Eremo di Sant’Angelo – Avenale di Cingoli
 

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