Torre degli Upezzinghi – Caprona (PI)

Chi è diretto a Pisa e transita nella provinciale “Lungomonte“, è impossibile non rimanga colpito dalla torre che sovrasta, in un’irreale precario equilibrio, una sottostante cava.

 

Cenni storici

Sullo sperone roccioso a monte del paese di Caprona spicca la “Torre degli Upezzinghi“, copia ottocentesca della torre dell’antico castello esistente alla metà dell’XI secolo e smantellato da Firenze nel 1433.
L’estrazione di pietra dalle cave capronesi ha progressivamente trasformato il paesaggio della cittadina.
Quando lo sperone roccioso era ancora sostanzialmente integro era possibile scorgere intorno alla torretta i resti del forte medievale.
Il suddetto castello era collocato ai piedi dello sperone roccioso su cui sorgeva la torre di avvistamento, che permetteva la comunicazione con le strutture fortificate circostanti, cioè la Rocca della Verruca e le torri di Uliveto, per il controllo della stretta zona di terra posta fra il fiume Arno e la propaggine meridionale del Monte Pisano.
L’estrazione di pietra dalle cave capronesi ha progressivamente trasformato il paesaggio.
Quando lo sperone roccioso era ancora sostanzialmente integro era possibile scorgere intorno alla torretta i resti del forte medievale.
Fino agli anni cinquanta, inoltre, a qualche centinaio di metri a ovest dei suddetti ruderi erano visibili le mura di un palazzo la cui costruzione, voluta da Cosimo I, non venne mai portata a termine: l’edificio era popolarmente noto col nome di “Palazzaccio“.
Oggi la torre versa in condizioni fatiscenti, ma nonostante il degrado, la sua posizione sull’orlo di un precipizio scavato dall’uomo, la rendono una curiosità paesaggistica di forte impatto.
Il castello di Caprona subì una sortita ad opera della lega guelfa di Toscana, formato soprattutto da Lucchesi e Fiorentini il 16 agosto del 1289 che assalì e le truppe ghibelline del comune di Pisa, allora retto da Guido di Montefeltro, che vide i primi vincere dopo un assedio durato otto giorni.
 

Curiosità

Alla battaglia per la presa di Caprona, combattuta il 16 agosto 1289, prese parte anche Dante Alighieri in prima persona arruolato nelle schiere di Nino Visconti: il poeta era uno dei quattrocento cavalieri e 2000 pedoni della milizia fiorentina che posero l’assedio alla piazzaforte pisana.
L’Alighieri cita la circostanza nel XXI canto dell’inferno della Divina Commedia vv. 94-96 e si compiace ripensando ai ghibellini sconfitti, usciti dal castello tra le schiere dei vincitori:
Il sommo poeta così recita:

Per ch’io mi mossi e a lui venni ratto;
e i diavoli si fecer tutti avanti,
sì ch’io temetti ch’ei tenesser patto;

così vid’io già temer li fanti
ch’uscivan patteggiati di Caprona,
veggendo sé tra nemici cotanti.

(Inferno, XXI, 94-96)

Allora mi mossi e lo raggiunsi rapidamente;
e i diavoli si fecero tutti avanti,
così che io (Dante) ebbi paura che non rispettassero i patti;

allo stesso modo vidi temere i fanti (Pisani)
che uscivano dal castello di Caprona secondo i termini della resa,
vedendosi stretti da tanti nemici. (Fiorentini e Lucchesi).

L’episodio fa riferimento alla paura che i soldati pisani, usciti “patteggiati” cioè dopo aver negoziato la resa, mostravano di fronte alla numerosa schiera di soldati fiorentini.
Dante paragona i pisani ai diavoli, che rinunciano ai loro bellicosi propositi, arrendendosi per avere salva la vita.
 

Fonti documentative

http://www.fototoscana.it/

https://it.wikipedia.org/

 

Mappa

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