Cenni Storici
Pozzaglia Sabina (m. 878; ab. 336) è un borgo posto in una conca boscosa ai piedi del monte Fàito (m 1225), a cavaliere fra l’alto bacino del torrente Farfa e la media valle del fiume Velino.
Il nome, secondo la tradizione e lo stemma, deriverebbe da “Pozzo Gallo“, mentre la Cronaca Farfense parla di “Puzalia“.
L’Abbazia di Farfa possedeva il suo territorio già nel IX secolo; la stessa Cronaca riferisce di terre di Pozzaglia allontanate da un abate di nome Campone nella prima metà del X secolo, periodo critico dell’abbazia, ma riacquistate dalla stessa nell’XI, come attesta il diploma di Corrado II (1027).
Successivamente la Cronaca cita donazioni fatte a Pozzaglia, che nel 1297 in una bolla di Bonifacio VIII risulta confiscata ai Colonna; questi riuscirono forse a riacquistarla dopo la morte del papa (1303).
Dalle cronache di Rieti risulta che nel 1360 Pozzaglia fu distrutta dalle truppe del comune di Roma.
Nel sec. XV Pozzaglia risulta feudo degli Orsini; nel 1632 passò ai Borghese che la tennero fino all’abolizione della feudalità.
Dal XVIII secolo è governata dai Focolari, famiglia signorile locale che manterrà le cariche amministrative fino al XXI secolo.
Nel 1798 il governo della città è affidato a Giacomo Focolari, mecenate e finanziatore delle opere del poeta Lodovico Veltri.
Nel 1818 Paolo Focolari succede al padre Giacomo e commissiona l’installazione dell’omonima croce sui monti che sovrastano la città.
Nel 1966 Lorenzo Focolari, giornalista e politico romano, rappresentò la città nell’incontro con Paolo VI.
Tra i monumenti di Pozzaglia si ricordano: la Chiesa parrocchiale di San Nicola di Bari; l’Abbazia di Santa Maria del Piano o Santa Maria di Pozzaglia, al confine con il comune di Orvinio; i resti della chiesa di Santa Maria dei Casali; i ruderi del Castello di Ofiano.
L’Arco d’ingresso all’ex castello è a sesto acuto in pietre calcaree di forma irregolare; è della prima metà del 500, ma modificato dai Santacroce.
L’arco d’ingresso al Borgo (“La Porta“) è a tutto sesto in pietre calcaree di forme irregolari; fu fatto costruire da Valerio Santacroce nella prima metà del ‘600, come attesta lo stemma sulla volta.
Patrona di Pozzaglia è S. Ulpia Candidia, martire sotto Diocleziano, ma in paese da più di un secolo si è affermato un culto molto profondo e sentito per una concittadina, Santa Agostina Pietrantoni.
Santa Agostina Pietrantoni
Nata a Pozzaglia il 27 marzo 1864, entrò a 22 anni, il 23 marzo 1886, come postulante nella Casa Generalizia delle Suore della Carità di S. Giovanna Antida Thouret, cambiando il suo nome di battesimo (Livia) con quello di Agostina.
Per otto anni svolse il suo ministero di infermiera nell’Ospedale romano di S. Spirito in Sassia, dove la sua famiglia religiosa prestava servizio fin dal 1844 chiamata da papa Gregorio XVI (e dove è rimasta fino al 2002).
Suor Agostina è ricordata per lo stile, la pazienza e la vicinanza ai malati ricoverati nei cinque saloni di sua competenza; una dedizione straordinaria verso pazienti spesso destinati solo alla morte, che suor Agostina seguiva assiduamente, anche se quelli non le risparmiavano ingiurie e violenze, in un clima sociale e politico in quegli anni (era da poco avvenuta la Breccia di Porta Pia) fortemente anticlericale.
Lavorando come infermiera nel suo ospedale romano, il 13 novembre 1894 fu uccisa con sette coltellate da Giuseppe Romanelli, un ex ricoverato allontanato dal nosocomio per il suo comportamento violento anche contro la stessa religiosa.
Suor Agostina ebbe solo il tempo di perdonare il suo aggressore, morendo poco dopo; aveva 30 anni.
La sua Beatificazione decretata cinquant’anni fa da Paolo VI (12 novembre 1972), che la definì “martire della carità“, la canonizzazione da parte di Giovanni Paolo II (18 aprile 1999) e la sua proclamazione a “patrona degli infermieri d’Italia” (2003) hanno concentrato sul suo borgo natìo una forte attenzione spirituale.
Le spoglie della santa sono custodite in una cappella della chiesa parrocchiale di S. Nicola di Bari, che conserva anche i resti della patrona S. Ulpia; sull’altare è un affresco cinquecentesco (Crocifissione).
Altri luoghi a lei dedicati sono la Cappella della Rifolta presso l’antico mulino all’ingresso del paese, dove da giovane ella si recava a pregare, e la casa natale che, trasformata in museo, conserva molti oggetti originali di uso comune.
Santa Agostina Pietrantoni, patrona delle infermiere e infermieri d’Italia, è festeggiata il 13 novembre.
Pietraforte
Pozzaglia Sabina ha due frazioni; in quella di Pietraforte sono da vedere due chiese: S. Stefano Protomartire, citata nel 1252 in un inventario ecclesiastico reatino, oggi di aspetto seicentesco per gli interventi dei Santacroce feudatari del paese, come è inciso in un angolo della chiesa (1645); è a navata unica, soffitto a cassettoni e tre altari circondati da finte colonne e sormontati da trabeazioni barocche con raffigurazioni floreali.
La pala dell’altare maggiore (S. Elena che scopre la vera croce) è del senese Raffaello Vanni, della scuola di Pietro da Cortona; nei due altari secondari sono una Madonna del Rosario con Santi e un Martirio di Santo Stefano.
S. Antonio da Padova, del 1655, fu chiesa privata dei Bonanni vassalli della rocca di Pietraforte; l’interno è a navata unica con soffitto a capriate.
Sull’altare è una raffigurazione barocca a motivi floreali.
Nella parete dell’altare, lapide con stemma dei Bonanni e statua di S. Antonio del ‘600.
Montorio in Valle
L’altra frazione di Montorio in Valle (m 913, 70 ab.) è in posizione dominante sulla valle del Turano.
La trecentesca parrocchiale di S. Stefano Protomartire ha un bel portale in travertino con lunetta del ‘400 e sull’altare un affresco della Madonna del Rosario di Vincenzo Manenti.
Dal Belvedere in contrada “La Pianella” si ha un ampio affaccio sulla valle e sulla dorsale dei monti Navegna e Cervia.
Il sito è anche un importante punto d’interpretazione geologica del paesaggio, dove l’esame delle forme dei rilievi e delle rocce che li compongono può aiutare a capire i lunghi e complessi meccanismi che hanno formato le montagne italiane come appaiono oggi.
All’uscita del paese una stradina a sinistra in leggera salita porta in circa 40 minuti di cammino (2 o 3 km) alla grotta o eremo di San Michele, a circa 1.000 metri di altitudine.
Grotta o Eremo di San Michele
E’ una piccola chiesa rupestre costruita all’interno di una grotta, nella quale secondo la tradizione l’Arcangelo guerriero avrebbe ucciso il drago.
Oggi questo territorio fa parte del Cammino di San Benedetto.
Secondo la tradizione il culto diffuso per San Michele in molti luoghi alti e scoscesi d’Italia iniziò sul Gargano nel 490 d.C., in occasione di una delle prime apparizioni dell’Arcangelo (7 maggio), durante la quale invitò a consacrare le cavità rocciose alla devozione cristiana (“dove la roccia si apre, il peccato dell’uomo può essere perdonato“).
E’ però possibile che questa pratica tragga origini anche dal più antico culto di Ercole, divinità protettrice delle greggi del mondo pastorale centro-meridionale, venerata nelle grotte e nei luoghi di ricovero degli armenti.
La grotta naturale, a chiusura della quale è stata innalzata una parete in pietra che costituisce il lato dell’edificio sacro, è citata negli atti delle visite in Sabina dei cardinali Odescalchi e Corsini.
La data di costruzione della chiesetta è ignota; la parete è in stile romanico, all’interno l’altare principale ha una statua lignea dell’Arcangelo; a destra di questo un altro altare minore reca un mosaico carolingio.
Dentro una nicchia poi vi è l’Ossario detto degli Eremiti, che potrebbe essere costituito dai resti dei defunti qui sepolti prima della realizzazione del cimitero di Montorio avvenuta nel XIX secolo.
Ogni anno la prima domenica di maggio nella grotta si celebra la Santa Messa.
La “Gerarchia Cardinalizia” di Giovanni Bartolomeo Piazza così descrive l’eremo:
“Sant’Angelo, chiesa campestre lungi dal Castello circa un miglio, posta nella scoscesa spelonca di un monte, con un solo Altare, in cui nelle festività di San Michele Arcangelo nel mese di Maggio, e di Settembre vi si celebra, con gran concorso di Popolo.
Eravi anticamente un Monastero, hora mezzo desolato dalle ingiurie de’ tempi, del quale ve n’è restato qualche parte, che serve per abitazione di un Romito“.
Fonti documentative
Santiebeati.it
Unionecomunialtasabina.ri.it
Nota
Il testo è di Stanislao Fioramonti, le foto sono di Patrizia Magistri; la visita è stata effettuata il 7 giugno 2020.
Mappa
Link alle coordinate Grotta di San Michele: 42.169590 12.983923