Castello di Sasso Rosso (o Sassorosso) – Assisi (PG)

La contesa del castello tra Perugia e Assisi portò ad una lunga guerra decennale sfociata nella famosa battaglia di Collestrada dove fra i soldati assisani era presente un certo Francesco di Bernardone, che in quello scontro rimase ferito e portato nelle carceri perugine, successivamente diventato San Francesco.

 

Cenni storici

Il castello fu costruito su un impervio scoglio tra guglie di pietre e profondi precipizi quasi in cima al Monte Subasio, nel versante che si affaccia sulla Valle Umbra in una posizione dominante, sono ancora evidenti tracce di una costruzione fortilizia oramai solo immaginabile.
Insieme a questo, in epoca medievale, il giovane Comune di Assisi edificò alle spalle di Capodacqua anche il castello di Sasso Palombo, entrambi nella balìa di Gabbiano, anche quest’ultimo abbarbicato ad uno scoglio sul quale erano soliti posarsi i colombi, da qui il nome, ma fra i due quello che più acquistò fama fu proprio Sasso Rosso.
Nella cultura popolare era detto di Sasso Rosso (o Sassorosso) per la particolare colorazione della pietra ricca di materiale ferroso che ossidandosi ha dato la particolare colorazione.
Così infatti si legge in un’ordinanza dell’anno 1205 nella quale si fa cenno del castello “…fuit in dicto Saxo Rubeo” dove il podestà di Perugia conferma la pace conclusa fra questa città ed Assisi.
Il castello risulta attestato nella documentazione assisana fin dall’anno 1116 nella sua forma volgare di “Sassorusso in la Valle“.
Federico Barbarossa nel 1160 lo pose come confine orientale del comune di Assisi verso Spello e per questo il luogo era sottoposto alle leggi del pedaggio: “pedagium Saxi Rubei” e chiunque transitasse in questa zona, doveva pagare una gabella.
Troviamo infatti scritto: “Pedagium saxi rubei possit colligi per civcm et comitatensem Asisii“; era stata data facoltà ai priori di procedere al regolamento di tale imposta, con l’assistenza di due uomini, scelti per ognuna delle porte della città.
Fu abitato da nobili d’antica discendenza, che avevano sempre parteggiato per la fazione imperiale.
Nel mese di gennaio del 1200 Girardo di Gislerio di Alberico, signore di Sassorosso, sentendosi insicuro per avere fomentato molte rivolte nella città aveva chiesto ai consoli la cittadinanza di Perugia, non solo perché riottoso a sottomettere il proprio castello al Comune di Assisi, ma perché preoccupato di tutelare l’incolumità di terre e altri beni, posti in territorio perugino, esattamente a Colle (oggi Collestrada).
La stessa cosa faranno, il 23 gennaio successivo, anche Fortebraccio, fratello di Girardo, e il nipote Oddone di Leonardo.
Sul documento perugino è scritto in data 11 gennaio 1200 che la cittadinanza perugina viene concessa “a Girardo di Gislerio d’Alberico castellano di Sassorosso“.
Il giovane Comune di Assisi ritenne questo un grave atto provocatorio da parte di Perugia tanto da muovere guerra; fu, infatti, la sottomissione di Sassorosso ai Perugini il motivo scatenante della guerra decennale che sfociò nella battaglia di Collestrada, resa famosa dalla presenza, fra i combattenti di parte assisana, di Francesco di Pietro di Bernardone.
Come sappiamo Perugia vinse la guerra ma chi pagherà a caro prezzo le conseguenze di questo conflitto fu proprio il castello di Sassorosso, in gran parte distrutto dagli Assisani, che avevano inteso, ciò facendo, punire chi era passato dalla parte dei Perugini.
Ai signori del castello, peraltro, i consoli della città e il camerario del comune di Perugia riconfermeranno ospitalità e protezione nel novembre del 1203, mentre minacceranno gli Assisani di non far tregua con essi, se questi non risarciranno Leonardo e Fortebraccio di Gislerio Alberici, capi della dissidenza nobiliare assisana, per i danni loro inferti.
II 31 agosto 1205, Giovanni di Guido Pape, podestà di Perugia, ordinando la pace tra Perugia e Assisi, stabilirà ancora che gli Assisani risarciscano, i signori di Sassorosso, e ricostruiscano, innanzitutto, la loro torre nella forma e nelle dimensioni precedenti nonché il loro palazzo.
Gli Assisani non obbediranno, però, all’ingiunzione dei Perugini e si faranno forti, del dettato del diploma ad essi inviato dall’imperatore Filippo II (zio paterno di Federico II) il precedente 29 luglio 1205, col quale si proibiva espressamente la riedificazione di rocche e castelli: “nulla arx iterum in civitate Asisii amplius redificetur“.
Di fatto però il castello successivamente fu ricostruito (forse nel 1209) e tornò nelle mani degli Alberici (Fortebraccio Gisleri fece da testimone in un atto di donazione stipulato ad Assisi nel 1229) nel 1240 però Sassorosso fu coinvolto nella lotta tra Papato e Impero.
Furono questi gli anni in cui si compiva il destino di Sassorosso, segnato, direttamente o indirettamente, da Federico II.
Il castello doveva aver dato rifugio ai fautori di parte imperiale, pertanto fu preso di mira dalla Chiesa: esso costituiva un pericolo continuo per il potere del Pontefice Papa Innocenzo IV, essendo i suoi signori “infideles et inimicii Ecclesiae“, pertanto nel 1244 il castello venne distrutto proprio per ordine della Santa Sede, venendo così a scomparire uno dei più forti baluardi ghibellini della città di Assisi.
Il colpo di grazia ci fu nella battaglia tra l’esercito della lega e gl’imperiali, intervenuti in difesa di Spoleto, avvenuta il 31 marzo 1246 nella piana tra Foligno e Spello, dove le truppe imperiali ebbero la meglio su quelle della lega asserragliate a Sassorosso e lungo il fosso Renaro; del castello da quel tempo non rimasero che macerie.
Sui primi del sec. XVI si parlerà ancora di una rocca di Sassorosso, ma si tratterà ormai soltanto dei ruderi di quello che era stato un castello certamente importante, per la sua posizione strategica, al tempo di Federico II.
Oggi è nel territorio del Comune di Assisi nel Parco Regionale del Subasio.
 

Aspetto

In assenza di tracce evidenti e di scavi archeologici, per capire come era fatto il castello dobbiamo ricorrere ale fonti documentative che parlano di un castello che aveva il lato di “trenta piedi della misura perugina” ed era di forma quadrata, con mura alte otto piedi e una torre di venti.
Come si può vedere dai resti i castelli erano due: uno più in alto e uno più in basso a breve distanza collegati tra loro.
Ora non resta che qualche misera traccia delle mura perimetrali.
 

Gi Alberici (gli Scifi) Santa Chiara e il Francescanesimo

Gli Alberici, nobili di Sassorosso erano parenti stretti con la famiglia di Santa Chiara, poiché anche essi appartenevano alla famiglia Scifi (cognome di Santa Chiara).
Chiara nasce dal conte Favarone di Offreduccio degli Scifi e da Ortolana, entrambi appartenenti ai “boni homines” (classe nobile) di Assisi.
Dalla Storia di Assisi al Libro Secondo Cap. VII si legge:
Chiara degli Scifi, nata di Favorino conte di Sassorosso, castello posto sur una pendice del Monte Subasio, e d’una gentildonna di nome Ortolana che vuolsi dell’antica e nobil casa dei Fiumi.
Nacque codesto miracolo di santa l’anno 1194.
Della fanciullezza e della prima adolescenza di lei si narrano cose, che a noi, razza svigorita, debbono parere poco credibili.
Perocchè, sebben fosse nata tra gli agi e le grandigie signorili, ella ne fu schiva, oltre ogni dire: de’ poverelli fu tenerissima, e per amor loro toglievasi di bocca pur le vivande che a mensa l’erano apposte: e come che innocentissima, fe’ di sue membra quel governo che delle loro appena fecero gli anacoreti più rigidi
“.
Si narra che nel periodo in cui Chiara manifestava cambiamenti del proprio vivere ed essendo affascinata dal messaggio di Francesco la famiglia per dissuaderla da tale intenzione l’allontanò da Assisi e la fece ospitare nel castello sul Subasio segregandola per un periodo di tempo, ma come poi la storia ci racconta il tentativo risultò, per fortuna, vano.
Monaldo di Leonardo di Sasso Rosso non tardò a seguire la regola di San Francesco tant’è che fu uno dei primi seguaci, sua figlia Monna Filippa, compagna d’infanzia di Santa Chiara, fu la terza suora che la seguì nella via della penitenza ed è una preziosa testimone al processo di canonizzazione della Santa stessa.
Essa afferma infatti “che la cognosceva da la sua pueritia et che stette sempre con lei“.
Filippa entrò nell’ordine delle clarisse nel 1215; quest’amicizia con la famiglia di Santa Chiara, la decisione della figlia e l’ardente parola di San Francesco fecero si che lo stesso Monaldo di Leonardo si facesse frate minore.
Le cronache lo ricordano spesso; Tommaso da Celano parla di lui quando rievoca il ritorno di San Francesco dal suo viaggio d’oltremare, dicendo che il Santo aveva con sé “fratrem Leonardum de Assisio“.
La “Legenda Monacensis S. Francisci” definisce Leonardo “virum nobilem de Assisio“.
Di lui è noto quell’episodio, per cui, procedendo San Francesco sull’asino e frate Leonardo a piedi, per un lungo cammino, il Santo, rivolgendosi al suo compagno, disse queste parole, testimoniando l’antica e nobile sua discendenza: “Non frater, non convenit ut ego equitem, tu venias pedes, quia nobilior et potentior in saeculo fuisti” – “Non è bello che io vada a cavallo e tu, che fosti assai nobile e potente, a piedi”.
Il 31 luglio del 1220 “Dominus Monaldus Leonardi” dona per la costruzione della Basilica in onore di San Francesco, un pezzo di una sua selva posta sulla piaggia del colle.
Il figlio di Leonardo risulta, dalle testimonianze raccolte negli atti notarili, anch’esso assai ricco.
È in questo luogo, al di sopra di ogni violenza e rancore di fazione, che penetrò l’ideale francescano: sono infatti di Filippa, castellana di Sassorosso, le parole che ricordano la morte di Santa Chiara, poiché essa stessa provvide alle ultime esequie: “Passò di questa vita al Signore Madonna Clara, veramente chiara senea macula, senea obscurità de peccato, alla clarità de la eterna luce“.
 

Fonti documentative

Gemma Fortini D. Otello Migliosi – I castelli di Assisi – 1970
Francesco Santucci – ASSISI AL TEMPO DI FEDERICO II – ATTI ACCADEMIA PROPERZIANA DEL SUBASIO Serie VI – n. 23 – 1995
 

Come arrivare

Il castello è raggiungibile da Assisi in auto fino all’Abbazia di San Benedetto al Subasio poi soltanto a piedi seguendo il percorso 54 della Carta dei Sentieri del Monte Subasio.
Da Spello in auto fino alla Madonna della Spella poi a piedi per il sentiero 60 fino a Fonte Bregno e poi sentiero 54.
 

Informazioni utili

La Carta dei Sentieri del Parco del Monte Subasio in scala 1:25000 è reperibile in edicola a Spello o presso la sede CAI di Foligno è in vendita; la Carta è predisposta per l’utilizzo con GPS ed è scritta sia in lingua italiana che in inglese.
 

Mappa

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