Considerazioni storico – territoriali
Il paese di Lerchi, così come il corso d’acqua che lo attraversa cioè il torrente Erchi, richiama con evidenza il teonimo estrusco Hercle, riconducibile al culto greco di Eracle e quindi al romano Ercole (Hercules); Erchi, infatti, è una chiara declinazione del nome della divinità greca come altre che si rilevano in varie aree della penisola.
Pertanto Lerchi e Monterchi costituiscono evidenti testimonianze dell’influenza etrusca sul versante occidentale della Valle del Tevere, con il nome della divinità Hercle assegnato rispettivamente ad un piccolo corso d’acqua e ad un monticello, per sottolinearne il legame con la natura.
Il nome di Lerchi, legato in modo così evidente alla figura mitologica di Ercole, lascia supporre l’esistenza nello stesso luogo di un tempio dedicato a questa divinità, patrona del mondo agricolo e molto popolare nell’ambiente rurale.
Una divinità legata al fenomeno della transumanza che in tempi remoti e per molti secoli si è manifestato anche nell’Alta Valle del Tevere, come territorio di passaggio nella migrazione di greggi dalla Toscana verso i pascoli dell’Appennino.
Un movimento di bestiame che potrebbe aver individuato nella valle dell’Erchi un percorso preferenziale e nel centro abitato un comodo punto di sosta.
Nel mondo romano pagano la festa in onore di Ercole Trionfatore, popolare dio del sole (sol invictus), delle fonti e degli incroci viari, si svolgeva in agosto, il mese sextilis (il sesto mese dell’anno del calendario romano, che cominciava da Martius), quando il 12 del mese a Roma si celebrava un sacrificio ad Ercole Invitto presso l’Ara Maxima, il grande altare situato presso il Circo Massimo.
Tutto questo assume importanza per il fatto che in età cristiana al culto di Ercole si è sovrapposta la devozione per San Lorenzo, il martire delle stelle cadenti che si celebra ugualmente nel mese di agosto, il giorno 10.
Esempi di sostituzione del culto pagano di Ercole con quello cristiano di San Lorenzo sono molteplici, Ercole e San Lorenzo, quindi, presentano molti elementi in comune, che ne hanno favorito l’avvicendamento nella fase di cristianizzazione.
Il diacono Lorenzo, secondo la tradizione leggendaria, era oriundo della Spagna, dove peraltro è molto venerato e pure Ercole, secondo il mito, raggiunse la penisola dopo aver risalito la costa orientale della Spagna dallo Stretto di Gibilterra, dove sulle sponde opposte aveva costruito le famose Colonne che segnavano il limite del mondo conosciuto.
Inoltre il martirio di San Lorenzo, con il Santo disposto su una graticola ed esposto ai carboni ardenti ripropone la morte di Ercole, avvenuta in modo simile su una pira funeraria.
Altro importante elemento di correlazione sono i festeggiamenti che coincidono per entrambi con lo stesso periodo del solleone, rispettivamente il 12 e il 10 del mese sextilis.
Tutti questi elementi concorrono a rafforzare l’ipotesi, suggestiva quanto realistica, che anche a Lerchi potesse sorgere un piccolo tempio o più semplicemente un’ara dedicata ad Ercole che poi sia stata trasformata in chiesa dedicata al culto di San Lorenzo di cui ne è diventato il patrono.
Con questo non si intende sostenere la tesi che tutte le chiese di San Lorenzo siano state costruite sui resti di antichi templi pagani dedicati a Ercole; tuttavia per la chiesa di Lerchi vi sono concrete probabilità che le cose stiano effettivamente così, per una serie di coincidenze che altrimenti troverebbero difficile giustificazione.
Naturalmente parliamo della chiesa costruita fra l’XI e il XII sec. situata sulla collinetta che sovrasta il paese, dedicata allo stesso santo titolare della parrocchia oggi trasferita a valle al centro del paese.
Questa chiesa prese il nome di Corte Vecchia, ad indicare che in quell’area insisteva un piccolo agglomerato urbano protetto dalla Torre Biturrita che poi si è spopolato con il trasferimento a valle dei suoi abitanti; resta il fatto che l’ubicazione della chiesa di San Lorenzo di Lerchi sembra derivare dalla precisa volontà di costruire l’edificio su un luogo importante e significativo per la memoria storica del luogo, come potrebbero essere le rovine di un tempio antico, una scelta frequente nel processo di cristianizzazione delle tradizioni pagane, sottolineato in questo caso dalla sovrapposizione degli edifici di culto.
In effetti la collinetta spianata su cui sorge la chiesa, rialzata di circa 80 metri rispetto alla quota del paese, emerge con il profilo di una piccola “acropoli“; luogo ideale per collocarvi un tempio secondo la tradizione pagana, prima ancora che la chiesa cristiana.
Inoltre si consideri che la chiesa romanica risale agli inizi del secondo millennio, ma il titolo di San Lorenzo è molto più antico, per essersi diffuso in questi territori già nel VI secolo in seguito alla guerra greco-gotica, avvenuta fra il 535 e 555 d.C., conclusasi con la riconquista bizantina.
Si tenga presente che la stessa Galla Placidia era molto devota a questo Santo tanto che questo si ritrova rappresentato nei mosaici di Ravenna, nel mausoleo della stessa Galla Placidia e nella basilica di Sant’Apollinare Nuovo.
Si tratterebbe quindi di una dedicazione da far risalire alla prima fase di cristianizzazione del territorio altotiberino, tempi tormentati durante i quali ai culti antichi si sono lentamente sovrapposti e sostituiti quelli dei primi martiri.
Orientamento dell’edificio
Vi sono altri indizi importanti che permettono di sostenere con convinzione l’ipotesi dell’esistenza di un culto di Ercole nella frazione di Lerchi.
Uno particolarmente significativo riguarda l’orientamento planimetrico della stessa chiesa di San Lorenzo che, per i motivi sopra esposti, si ritiene possa ricalcare l’impianto del tempio pagano primitivo.
Se si prende in considerazione il posizionamento del Tempio di Ercole a Tivoli, ci si accorge che questo è ruotato di circa 20° a nord-est rispetto alla posizione assunta dal sole all’alba dell’equinozio.
Di certo la scelta dell’orientamento di un santuario così importante non è stata casuale.
Nell’antichità si dava molta importanza a questi aspetti, considerati prioritari nella fondazione delle città e nella costruzione degli edifici di culto.
Pertanto l’orientamento del tempio di Ercole a Tivoli deve essere stato valutato sulla base di rigorosi criteri astronomici e sacrali.
Il suo asse longitudinale, infatti, è rivolto alla levata del sole durante il periodo del solleone, quando veniva festeggiata la divinità.
Non è certo una coincidenza che anche questa chiesa presenta un asse ruotato di circa 18° e 20° in direzione est nord est.
Si consideri che i tabulati delle effemeridi dell’Alta valle del Tevere indicano che nei giorni compresi fra il 10 e il 12 agosto la direzione del sole all’alba astronomica è ruotata di 22° rispetto all’equinozio.
Se si tiene conto che in Altotevere il sole appare all’orizzonte in leggero ritardo rispetto al fenomeno che si osserverebbe a livello del mare e con orizzonte libero, si può concludere che durante la prima decade di agosto il sole sorge all’orizzonte locale sull’asse della chiesa di San Lorenzo, ruotata di circa 20° in senso antiorario rispetto alla direzione EST e presumibilmente sulla stessa linea d’asse del tempio antico.
Questo dato simbolico assume grande significativo, se si considera che per i romani il dio Ercole era la personificazione stessa del sole ed è pure dimostrato che la festa di S. Lorenzo martire assunse dai primi tempi dell’era cristiana l’emblema della festa del sole trionfante.
La differenza sostanziale fra questa chiesa e le altre cristiane dello stesso periodo, sta nel fatto che nella maggior parte dei casi il loro orientamento è in funzione dei solstizi e degli equinozi a cui è stato assegnato un sostanziale valore simbolico e l’orientamento tipico delle absidi e delle monofore nelle chiese romaniche, costruite fra l’XI e XII secolo, risponde a questo criterio.
La chiesa di San Lorenzo di Lerchi, rivolta al punto dell’orizzonte in cui sorge il sole nel periodo del solleone, assume pertanto un forte valore simbolico, che prescinde dall’esistenza o meno del primitivo Tempio dedicato a Ercole.
L’ipotesi che l’orientamento della chiesa costituisca un segno ereditato dal tempio preesistente è più che plausibile; infatti va considerato che il territorio altotiberino in età pre-cristiana costituiva già municipio romano, Tifernum Tiberinum provvisto quindi di un territorio ordinato e con una organizzazione sociale, economica e probabilmente anche religiosa, costellato quindi di edifici di culto dedicati alle diverse divinità.
Lerchi al centro di questa organizzazione non doveva costituire un’eccezione.
Cenni storici
Non si ha conoscenza della data precisa di erezione della chiesa, ma si suppone che questo sia avvenuto tra l’XI e il XII secolo; il Muzi nei sui scritti la cita come San Lorenzo di Corte Vecchia o di Lerchi, dapprima la pone alle dipendenze della Pieve di S. Paterniano di Cagnano, ma in seguito alla sua soppressione passò alla Pieve di Sant’Andrea di Celle.
La conferma della prima dipendenza da S. Paterniano di Cagnano (Plebatu Caniani) è confermata dalle trecentesche Rationes Decimarum dove viene citata come “Ecclesia. S. Ley de Betorita” e paga una decima di XX libre.
La definizione “Betorita” è riferita alla torre posizionata poco più a monte della chiesa e ampiamente descritta in questo sito.
La chiesa deve aver svolto la sua funzione religiosa fino alla fine del XVI secolo, dopodichè l’agglomerato abitativo che la circondava si è spostato progressivamente a valle e si è provveduto alla costruzione di un nuovo edificio religioso visto che questo rimaneva fuori mano nonché scomodo.
La chiesa fu parrocchiale come si evince dalle relazioni delle Visite patorali, infatti nella Vista del Vescovo Codebò del 9 giugno 1718 viene così definita e la trovava in buono stato.
La chiesa situata in località “Betorita” è appunto definita come parrocchiale e viene accolto dal Rev. Domenico Scappi che lo accompagna nella visita.
L’altare maggiore è dedicato a San Lorenzo e il Vescovo lo trova in ordine e ben dotato, poi si sposta nell’altare laterale dedicato a Santa Monica e anche per questo non trova nulla da eccepire; questo altare risulta associato alla Confraternita dei Cinturati e Cinturate istituita il 12 gennaio 1656 aggregata alla Beata Maria Vergine della Consolazione nella chiesa di San Giacomo Maggiore di Bologna.
A questo altare c’è un legato che obbliga il parroco a celebrare 12 messe l’anno, una al mese per l’anima del defunto Onofrio Marinucci di Citerna il quale ha lasciato un testamento rogato dal notaio il 19 settembre 1600.
Anche nella Visita del Vescovo Muzi del 7 Maggio 1827 la chiesa risulta parrocchiale con il rettore Domenico Paolucci.
Anche in questo caso il Vescovo trova l’altare maggiore ben tenuto e lo stesso dicasi per quello laterale dedicato a Santa Monica, ben fornito di suppellettili.
Da questa visita risulta che questo altare aveva diversi legati oltre a quello di Onofrio Marinucci che obbligava il parroco a 12 messe l’anno, infatti un altro legato, dietro testamento, obbligava il parroco a dire diverse messe il giorno della festa di Santa Monica, nonché altri obblighi; inoltre ancora un altro testatario, Giuseppe Pedini, aveva espresso la volontà di recitare messe per la salvezza della sua anima, il giorno della festa di Santa Monica, San Tommaso, Sant’Agostino e San Nicola da Tolentino.
Dal controllo che il Vescovo esegue sui libri delle Morti, Matrimoni e Battesimi si scopre che in quella data la parrocchia gestiva una popolazione di 230 anime.
Con il tempo ha vissuto uno stato di abbandono fino a che poi è stato venduto a privati ed ora è inserito in un Parco di Archeologia Arborea che custodisce vecchie varietà locali di piante da frutto ed ecotipi della zona che altrimenti andrebbero in estinzione.
La chiesa pare non sia mai stata sconsacrata per cui paradossalmente risulta ancora utilizzabile a scopo liturgico.
Per fortuna la ex casa parrocchiale e la chiesa sono abitate e ben tenute quindi per ora la sopravvivenza è ben garantita.
Aspetto esterno
La chiesa si affaccia dall’alto della collina sulla vallata del Tevere con una veduta straordinaria; l’ingresso dell’edificio è sopraelevato rispetto al piano stradale di diversi gradini che coincidono con l’ingresso della casa addossata ora adibita ad abitazione, questo ingresso è coperto da un tetto che copre tutta la scalinata.
Sulla porta della chiesa è rimasto una parte di vecchio intonaco con ricami che inglobano la scritta “San Lorenzo” difficilmente leggibile perché sbiadita dal tempo.
La finestra che illumina l’interno è allineata con la porta ed è posta al disopra del tetto delle scale.
Sul fianco sinistro vi è una finestra che illumina il presbiterio oltre che una capanna aperta in muratura, mentre nella parete opposta è addossata l’abitazione.
La parete di fondo è molto alta poiché si trova sullo strapiombo della collina e presenta un campanile a vela posto fra due falde del tetto sfalsate poiché l’abitazione è stata aggiunta in seguito.
Al centro del muro compare una finestra con un terrazzo, altre piccole finestre e due feritoie originali; una doveva servire ad illuminare un’area conventuale presente nell’edificio in epoca medievale, l’altra era la feritoia della parete d’altare della chiesa.
Interno
L’interno è a navata unica con due altari uno maggiore e l’altro nella parete destra dedicato a Santa Monica; il tetto è a capanna.
In controfacciata sopra la porta c’è un ballatoio in legno con quattro specchi decorati a fantasia e al disotto a destra dell’ingresso si conserva un’acquasantiera in pietra.
L’altare di destra in pietra è sovrastato da una tela con committente “Joseph de Pedonibus” e la data 1686 raffigurante la Madonna con Bambino che porge la cintola a Sant’Agostino e a Santa Monica, Santa a cui è dedicato l’altare; in alto a destra della Vergine San Giuseppe e a sinistra Santa Maria Maddalena, sotto le anime salvate dal fuoco del Purgatorio; sopra questo altare vi è un baldacchino pensile.
L’altare maggiore è avanzato rispetto alla vera profondità della chiesa e questa riduzione della navata è dovuta alla Controriforma che stabilì le regole di come dovevano essere strutturati gli altari soprattutto quelli maggiori, non più isolati dai fedeli ma parte di essi con eliminazione di balaustre o quant’altro delimitasse gli spazi e in questo caso proprio con la ridefinizione della navata che subì un accorciamento.
Il tabernacolo come da regole fu collocato in posizione centrale sull’altare maggiore, venne adottato come forma ordinaria di riserva eucaristica, divenendo il punto focale dell’architettura sacra di stile barocco.
Il locale posteriore così ottenuto divenne una sorta di sacrestia.
Ora tutta la parete è decorata con motivi floreali, ma in origine la cornice sopra l’altare doveva contenere una tela che fu trafugata prima della vendita del bene.
Sopra la cornice di stucco campeggia un baldacchino pensile colorato con la colomba dello Spirito Santo che irradia la sua luce.
Questa parete divisoria però ha letteralmente oscurato la feritoia che era orientata al solleone, unica testimonianza della trasformazione del sito pagano a quello cristiano.
Sulla parete sinistra delle lapidi mortuarie a memoria di personaggi del posto, una tela con San Francesco e un’altra cornice vuota dov’era un’altra tela trafugata.
La figura di San Francesco qui è di casa in quanto siamo sull’antica direttrice che conduce alla Verna e poco distante da qui c’è l’Eremo del Buonriposo dove il Santo era solito fermarsi e sostare.
L’interno della chiesa è ora adibito a mostra di frutta antica e di prodotti ottenuti dalla lavorazione della stessa.
La cosa interessante è che sul portale della chiesa nella pietra sono presenti numerosi graffiti con croci e date fra cui spicca una 1350 e altri graffiti di difficile lettura.
Questo fa pensare che questa chiesa fosse luogo di passaggio di pellegrini che a loro modo lasciavano il segno tangibile della loro presenza.
Nota di ringraziamento
Ringrazio di vero cuore la proprietaria dell’Azienda agricola privata Parco di Archeologia arborea Isabella Dalla Ragione che con cortesia e pazienza mi ha accolto e mi ha permesso di documentare la sua proprietà, spero di averla soddisfatta con questo mio modestissimo lavoro.
Ringrazio altresì l’Ing. Giovanni Cangi per le notizie fornite e la sua smisurata preparazione sulla lettura storica del territorio.
https://archeologiaarborea.it/
Fonti documentative
Giovanni Cangi – Lerchi – Il paese, il territorio, la storia, dall’antichità al medioevo – Architettura e territorio Quaderni, 03 Polo Tecnico Franchetti-Salviani di Città di Castello
Muzi – Memorie storiche ed ecclesiastiche di Città di Castello
Pietro Sella – Rationes Decimarum Italiae nei secoli XIII e XIV Umbria – 1952
Archivio storico Diocesano di Città di Castello, Archivio Vescovile, Visite Pastorali, reg. 18, cc. 368v – 370r
Visita Pastorale Vescovo Muzi del 7 Maggio 1827 n. 29
Mappa
Link alle coordinate: 43.473488 12.191805