Chiesa Santa Maria Maddalena – Rivotorto di Assisi

La Chiesa sorge su uno dei luoghi frequentati da San Francesco appena abbandonato la casa paterna, infatti li c’era uno dei lebbrosari Comunali della città di Assisi e dove il Santo prestava la sua opera

 

Cenni storici

La chiesetta romanica (XII sec.) di Santa Maria Maddalena (in origine denominata di San Lazzaro) sorge a un chilometro circa di distanza dal Santuario del Sacro Tugurio di Rivotorto, lungo la strada che conduce a Santa Maria degli Angeli.

La chiesa vista dalla strada

La chiesa vista dalla strada

Da molti è considerata (con la chiesa di San Rufino in Aree un centinaio di metri più lontana) il luogo destinato in Assisi, al tempo di San Francesco, all’Ospedale principale dei lebbrosi.

Molti sono gli elementi che portano a stabilire che questo sia stato il luogo non solo del primo incontro di San Francesco con il lebbroso ma anche il luogo della sua scelta di vivere con i lebbrosi come ci testimoniano San Bonaventura e altre Fonti Francescane.

L’antichità della sua origine possiamo dedurla dallo stile romanico dell’edificio, quello tipico del XII secolo. La Chiesa inoltre era collegata, come abbiamo detto sopra, con la presenza dell’ospedale dei lebbrosi che sorgeva nelle sue vicinanze. La Chiesa sorge a breve distanza dalla via dell’Aree che, di origini romane, scendeva da Assisi e attraversava la valle sottostante. In epoca successiva è stata fatta passare nelle sue vicinanze anche la strada nuova che collega Rivotorto a Santa Maria degli Angeli. Il percorso di quest’ultima è stato successivamente modificato e avvicinato ulteriormente alla Chiesa in seguito alla costruzione della ferrovia (1868) e recentemente della superstrada E75 (1960). La Chiesa ora risulta gravemente penalizzata da queste arterie che transitano a ridosso e ne deturpano la facciata.
Per secoli è stata di proprietà e affidata alla cura pastorale della Parrocchia di Santa Maria Maggiore di Assisi. Dal 1941 è passata sotto la giurisdizione della Parrocchia di Rivotorto. Dal 1987, anche la proprietà è stata assegnata alla medesima Parrocchia. La Chiesa e i dipinti naturalmente avrebbero bisogno di urgenti lavori di consolidamento e di restauro. Significativo è il transito per questa luogo del Santo Padre nel suo pellegrinaggio per ì santuari della conversione di Francesco.
Attualmente la chiesa è adibita al culto e molti gruppi di pellegrini la visitano e spesso chiedono di celebrare l’Eucaristia o fermarsi per la preghiera.
 

Caratteristiche

Un duplice arco compone l’ingresso principale, posto nella facciata, arricchita nella sommità da un grazioso campaniletto, realizzato tardivamente. L’ingresso però non è praticabile per la presenza della strada. L’accesso avviene attraverso una porta laterale. La Chiesa, interamente costruita con pietre a vista, è impreziosita da un’abside che conserva ancora l’originale copertura con conci disposti a gradinata. L’interno è molto semplice e spoglio: nell’abside c’è traccia di un affresco seicentesco, assai sbiadito dal tempo, che rappresenta un Crocifisso con Santi ai lati. Sopra l’arco dell’abside vi è collocato un dipinto su tela raffigurante l’Annunciazione.

Acquasantiera Acquasantiera
Particolare dell'abside Particolare dell’abside
Croceffisione del '600 Croceffisione del ‘600

 

I lebbrosi in Assisi al tempo di San Francesco

Fortunatamente siamo a conoscenza dele norme inesorabili previste dagli Statuti Comunali per i lebbrosi in Assisi nel Medioevo. 1 colpiti da lebbra compaiono chiusi nelle loro cappe e tuniche di gattinello, stanati dai loro rifugi, inseguiti a gran corsa dai custodi del Podestà, trafelati col marcio che cola lungo il viso, dove la rabbia combatte la paura. La legge del Comune li incalza senza tregua:

Che debba il Podestà, un mese dopo il principio del suo incarico, fare scrupolosa ricerca dei lebbrosi nella città e nel contado. E se qualche lebbroso dimora nella città e nel contado, che da questi luoghi sia scaccialo e dai castelli e dalle ville. E badino i sindaci delle ville e i castelli a denunziare i lebbrosi. Che nessun lebbroso osi entrare in città o andare per essa, e se qualcuno sarà trovato, possa ognuno percuoterlo impunemente

Quindi ogni cittadino che trovava un lebbroso fuori del recinto ospedaliero aveva il diritto di percuoterlo a sangue e anche di ucciderlo. Una testimonianza dell’orrore che i cittadini provavano per i lebbrosi si ha nella stessa vita di San Francesco. Tommaso da Celano ci ricorda che il Santo, al tempo della sua vanità, quando dall’alto della città mirava nel piano quelle fosche case di morte, provava un grande ribrezzo:

La vista dei lebbrosi infatti, come egli attesta, gli era prima così insopportabile, che non appena scorgeva a due miglia di distanza i loro ricoveri, si turava il naso con le mani

Chi assisteva i lebbrosi negli ospedali, aveva il diritto di andare armato; i lebbrosi potevano vendere i beni solo fra loro; entrando nell’ospedale dei lebbrosi dovevano rinunciare a tutto.
Erano gli statuti della civiltà di allora che sanciva questi diritti e questi doveri.
 

San Francesco e i primi compagni al servizio dei lebbrosi

Che l’incontro con i lebbrosi sia stato il primo passo, l’inizio dell’avventura di Francesco, lo conferma egli stesso proprio all’inizio del suo Testamento:

Il Signore diede a me, frate Francesco, d’incominciare a fare penitenza così: quando ero nei peccati mi sembrava cosa troppo amara vedere i lebbrosi e il Signore stesso mi condusse tra loro e usai con essi misericordia. E allontanandomi da essi, ciò che mi sembrassi amaro mi cambiato in dolcezza di animo e di corpo. Poi stetti un poco e uscii dal mondo

Nella memoria del Santo l’abbraccio al lebbroso o meglio, il porsi al servizio dei lebbrosi e la vita condivisa con essi, occupano un posto determinante tanto da essere considerata come la tappa iniziale della sua conversione. Secondo il Testamento sembra quasi che nella memoria di Francesco quell’esperienza avesse preso il posto dell’incontro con il Crocifisso di San Damiano:

l’esser cioè passato da un incontro con un Crocifisso dipinto su una tavola di legno ad un Crocifisso “vivo e presente” in quel volto o in tutti quei volti sfigurati dalla lebbra.

San Bonaventura ci tramanda che Francesco, prima della conversione:

Aborriva non solo la compagnia dei lebbrosi, ma perfino il vederli da lontano. Dopo, a causa di Cristo crocifisso, che, secondo le parole del profeta, ha assunto l’aspetto spregevole di un lebbroso, li serviva con umiltà e gentilezza, nell’intento di raggiungere il pieno disprezzo di sé stesso. Visitava spesso le cose dei lebbrosi; elargiva loro generosamente l’elemosina e con grande compassione ed affetto baciava loro le mani e il volto

Anche i primi discepoli di Francesco facevano con lui a gara in questo eroismo della carità. Da principio abitavano per lo più in lebbrosari o poco discosti da essi, e rendevano agli ammalati i servigi più abbietti con grande umiltà e devozione. Il Santo Fondatore desiderava che di tempo in tempo tutti i suoi frati si dedicassero a questo servizio considerato il fondamento della santa umiltà. Perfino ai nobili e alle persone delicate che si presentavano per essere ammessi all’Ordine Francesco faceva riflettere che avrebbero dovuto abitare nei lazzaretti e servire umilmente i lebbrosi. Nella Regola ordinava anzi, che in caso di evidente necessità, i frati potessero raccogliere elemosine per i lebbrosi.
 

Come arrivare

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Bibliografia

(P. Egidio Canil, OFM Conv. Guardiano e Parroco di Rivotorto)