Convento dei Cappuccini di San Pietro – Portaria di Acquasparta (TR)

Il convento salvato dalla cava sprofonda nell’abbandono.

 

Cenni storici

Il complesso dei Cappuccini fu fondato tra il 1580 e il 1584 a ridosso dell’antica chiesa di San Pietro, risalente ad Arnolfo ( anno 962 ), è posto sul monte Scoppio, conserva ancora l’ antico organismo a due piani, ed è costruito su un terrazzamento artificiale, probabilmente di origine Romana, di un’alta e scoscesa rupe, costituendo un tutt’uno con essa e con la sua conformità ricca di bosco ceduo e misto formato da cerri, roverelle, carpini e lecci.
A proposito del cenobio dei francescani Cappuccini di Acquasparta, oggi ridotto a brandelli di mura, si riporta quanto scritto da padre Bernardino da Colpetrazzo, religioso vissuto e morto in detto luogo nel 1594 nella sua opera “ Historia ordinus fratrum minorum Capuccinorum (1525-1593)”:
«Relatione del convento de’ frati capuccini di Portaria.
II convento de’ frati minori detti capuccini della terra di Portaria è situato in una selva dell’ecc.mo signore duca Cesi, un miglio lontano da detta terra; non si ritrova per scrittura, né per altra relatione, chi habbia fondato detto convento, e solo per tradittione si ha che, prima vi cominciassero ad habitare i padri capuccini, vi fosse un eremita con una picciol chiesa detta S. Pietro, con una stanzetta per sua habitatione; e doppo la sua morte vi e traditione, fosse un beneficio senza cura a pro del signore Girollamo Cerinelli, dell’istessa terra; et hoggi e poseduta dal signor Ottavio Montani, del medesimo luogo; qual beneficio rende al presente 30 scudi l’anno.
II detto romitorio fu dato a’ padri capuccini, e vi cominciorono ad habitare circa l’anno 1535; lo spirituale sta sotto il vescovato di Spoleto, et il temporale è dell’ecc.mo signore duca Cesi, quale, per essere in suo dominio, si ha riservato la proprietà della selva et orto; e, per la picciolezza di detta stanza e chiesa, l’anno 1611, a spese in maggior parte dell’ecc.ma signora Isabella Liviani, fu fatta la chiesa et altre stanze, et ultimamente l’anno 1642 vi furono aggiunte 4 infermerie e perfettionato secondo il nostro povero stato a spese dell’ecc.mo signore duca Cesi hoggi vivente, divotissimo della nostra Religione e singolarissimo benefattore di questo convento, quale sta sotto il suo dominio.
Il convento contiene 18 celle, 4 infermarie; non ha entrate perpetue né temporali, né altre proprietà di beni stabili; e si sostentano con limosine soministrateli dalla pietà di quei popoli e terre convicine; non ha ospitio né dentro né fuori di detta terra.
Vi habitano hoggi i sottoscritti padri sacerdoti: il r. p. guardiano, p. fra Benedetto da Città di Castello, p. fra Francesco da Monte Buono, p. fra Francesco da Stroncone, p. fra Michel Angelo da Todi, p. fra Bernardino da Vuallusita; chierico: fra Giovanni Battista da Capriglia; laici: fra Lorenzo d’Amelia, fra Nicolò da Leonessa, fra Pietro da Passignano, fra Gioseppe da Capriglia e fra Alessio da Colle Maggio.
Noi infrascritti attestiamo, con il mezzo del nostro giuramento, haver fatta diligente inquisitione e recognitione dello stato del suddetto convento, né habbiamo tralasciato di quelle esprimere che habbiamo stimate esser confurme alla mente di Sua Santità e tenore della costitutione; et in fede habbiamo sottoscritta la presente di nostra propria mano, signata con il solito siggillo, questo di 26 gennaro 1650.
Io fra Benedetto da Città di Castello, guardiano de’ capuccini, confermo ut supra
Io fra Michel Angelo da Todi confermo come di sopra
Io fra Bernardino da Vallussita confermo ut supra
»
(Cronaca manoscritta di frate Bernardino da Colpetrazzo).
Nel convento “cappuccino” di San Pietro, stando alle cronache, fiorirono molti frati morti in odore di santità, riportati dal Milj nella sua “Vita di San Gemine”, si citano: il padre Evangelista da Canobio, Generale dell’Ordine, morto in Perugia nel 1595; il padre Egidio da Turri (Todi), Provinciale, morto nel 1558; il padre Bernardino da Colpetrazzo (Todi), morto nel 1594, «vi fece molti miracoli»; il padre Nicola da Massa Martana, morto nel 1624, grande taumaturgo.
Il convento è stato per anni minacciato dall’adiacente cava della Colacem che intendeva estendere l’area di estrazione, tanto da scatenare una causa giudiziaria tra la ditta e il Ministero dei Beni Culturali affiancato da Italia Nostra che è durata 26 anni e conclusasi con la rinuncia al giudizio della ditta Colacem.
Di fatto quello che non ha distrutto la cava sta crollando inesorabilmente per l’abbandono e per l’incuria di chi avrebbe dovuto recuperare il bene.
 

Da vedere nella zona

Castello di Portaria
Chiesa della Madonna dell’Olivo
Romita di Cesi
 

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