Convento di San Francesco – Casteldilago di Arrone (TR)

Il Convento ad oggi è in parte utilizzato come caserma dei carabinieri, in parte come sede del Parco Fluviale del Nera.

 

Cenni Storici

Il convento di San Francesco ha origine da una prima comunità di francescani che s’insedia nella Valnerina e precisamente ad Arrone, dopo la predicazione di Francesco a Narni, a Terni e nel Ternano, probabilmente a partire dal terzo decennio del secolo XIII, ma della primitiva costruzione oggi non resta nulla; è documentato per la prima volta nel 1291, dai “Registri vaticani” risulta che, tra il 5 e il 9 giugno di quell’anno, con una bolla di Nicolò IV “Licet is“, ricevette l’indulgenza assieme ad altri centri della Valnerina.
È poi menzionato nell’elenco di Conventi francescani redatto da Paolino da Venezia, intorno ai primi decenni del secolo XIV.
Il 3 settembre 1379 Vanna di Arrone lascia 4 fiorini d’oro per dipingere Sant’Orsella e il suo Martirio.
Nel 1458 Margherita di Angelo lascia 60 anconitani per una pittura della Madonna col Bambino.
La chiesa è menzionata, successivamente, nel 1542 dagli statuti di Arrone, quando compare a segnare i confini col territorio comunale di Casteldilago, posti proprio sul sagrato della stessa.
Una pergamena del comune di Sant’Anatolia, datata 23 febbraio 1594, fa riferimento alla presenza nel convento di un ciborio ligneo a tempietto del secolo XVI, forse opera degli Angelucci di Mevale, con sulle porticine le immagini, quasi miniate, della Pietà e di due Angeli porta-incenso.
I notai Antonio Bartoletti e Angelo De Angelis, in data 30 marzo 1594, sentenziarono, in nome della Camera Apostolica, un’ammenda di 100 scudi a 34 giovinastri di Casteldilago, che tumultuosamente avevano violato il sacro domicilio del Convento, offendendo il padre guardiano frate Girolamo (“turbatim rumorem impetum insultum fecerunt offensionemque verbis“).
Il 15 ottobre 1652, Innocenzo X emanò la bolla “Instauranda”, che sopprimeva i Conventi con meno di dieci religiosi: ebbe così fine la storia francescana del luogo.
Il 29 gennaio 1659 i beni del convento sono ceduti al seminario di Spoleto.
Nel 1696 l’ex Convento compare nell’elenco dei beni del catasto di Casteldilago.
Il 2 novembre 1712 il vescovo Carlo Giacinto Lascaris trova il complesso in precarie condizioni, a seguito di ciò l’anno successivo è rifatto il tetto, come attestato dalla data iscritta in una pianella.
Dopo l’Unità d’Italia, col decreto Pepoli il bene divenne demaniale e il 14 dicembre 1881 fu acquisito dal comune di Arrone, che lo finalizzò alle necessità dell’adiacente cimitero.
Le complesse vicende costruttive del convento son durate fino all’inizio del secolo XX: nella chiave di volta della porta, sul fianco meridionale del Convento, oggi ingresso alla caserma dei carabinieri, è leggibile infatti la data 1911.
Durante l’epidemia di spagnola del 1918-1920 fu adibito a lazzaretto, poi divenne abitazione del custode del cimitero.
Negli anni ’50 del secolo scorso il complesso fu abbandonato e cadde in rovina, invaso dai rovi, è stato recuperato solo alla fine del secolo, con lavori ultimati nel 2003.
Oggi è in parte utilizzato come caserma dei carabinieri, in parte come sede del Parco Fluviale del Nera.
La chiesa è adibita a sala polivalente.
 

Aspetto esterno

La chiesa di San Francesco in Casteldilago si presenta nelle forme assunte tra il XIV e il XVII secolo, è preceduta da un portico a tre fornici, i cui archi poggiano su pilastri; superiormente si estende un loggiato, che presenta la stessa scansione del portico.
Le caratteristiche di questo avancorpo lo fanno ritenere un’aggiunta posteriore al nucleo originale della chiesa.
La tecnica muraria è in blocchetti di pietra calcarea, malamente squadrati, ad eccezione dei pilastrini del portico della chiesa, ed allettati con malta di scarsa coesione.
Quasi inesistenti le decorazioni esterne, salvo le modeste cornici d’imposta degli archi del corpo anteriore della chiesa e del portale d’ingresso archiacuto, con archivolto piuttosto semplice, sormontato da una croce di San Maurizio.
Il campanile a vela a doppio fornice è collocato sopra il presbiterio, è di epoca successiva.
 

Interno

L’interno, del tipo a fienile, è a navata unica coperta con tetto a due falde, sorretto da capriate lignee a vista, sicuramente non originali, perché un’iscrizione, dipinta sulle pianelle del tetto, si riferisce ad un restauro eseguito nel 1713.
È caratterizzata da un presbiterio quadrato, coperto da una volta a crociera costolonata, la retrostante sagrestia della stessa forma e di dimensioni pressoché uguali, è aggiunta posteriormente.
L’ambiente originario molto semplice, con pavimento in cotto e capriate in vista, fu arricchito alla fine del secolo XVI da due altari, decorazioni a stucco e pitture manieristiche.
Sulla parete sinistra è visibile uno dei pochi resti della decorazione pittorica preesistente alla ristrutturazione tardo cinquecentesca, una malridotta Madonna col Bambino, poco più di una sinopia, riferibile alla fine del XIV secolo o agli inizi del successivo.
L’altare di sinistra, del Terz’Ordine francescano femminile, contiene una cornice vuota, è stata con ogni probabilità trafugata la tela raffigurante la Madonna e i Santi Chiara e Francesco, citata dalle fonti.
Nella retrostante parete riemergono resti della decorazione preesistente, il primo affresco è irriconoscibile, il secondo raffigurava, probabilmente, la Madonna in trono col Bambino, rimangono bel visibili le piccole figure dei committenti oranti, in alto a destra una testa di Sant’Antonio da Padova, opere del tardo XV secolo.
Sotto l’altare è rimasta una parte della mensa del più vecchio altare, decorato con un finto paliotto in tessuto ornato e con una Crocifissione, presumibilmente del XVI secolo; sul fianco sinistro si legge la scritta:
HOC OPUS.F. F.SO / CIETAS .TERTII ORDINIS / FRANSCI. D.CAS.TRO.LACI / ET ARRONIS.1575.
L’arco trionfale è decorato con i resti di un’Annunciazione, a sinistra l’Angelo Annunziante, a destra la Madonna Annunziata, al centro, probabilmente v’era Dio Padre, ma non ne resta traccia; sui piedritti si aprono due nicchie ove sono poste, a sinistra, la statua di Sant’Antonio abate, che mantiene la cromia originale, a destra Sant’Antonio da Padova, che invece la cromia l’ha persa.
Sotto il primo si legge la scritta SOCIETAS. DIVI ATONII. D. CASTRO. LACUS. F.F., un’iscrizione, a destra del santo, indica che queste opere furono eseguite nel 1584.
Nel presbiterio, sulla parete di sinistra, opera molto guasta, San Francesco che riceve le stimmate.
Nella parete di fondo Isaia e Davide sono affrescate ai lati di una ricca cornice che conteneva una tela raffigurante l’Immacolata Concezione, ora trafugata, ma documentata da vecchie foto.
Sulla sommità della bella cornice corre la scritta BER.NUS BURG.IS. ET. BAR.BAS. PISAUR.SIS F. OPUS, indica gli autori delle decorazioni del presbiterio, il primo è identificabile in Bernardino Coldarchi di Borgo San Sepolcro, a lui spetta il merito degli affreschi, il pesarese Barnaba è autore dei pregevoli stucchi.
Sulla parete di destra un affresco raffigura un giovane San Valentino con in mano Casteldilago.
Nelle vele erano affrescati gli Evangelisti, rimangono San Luca e San Matteo, un terzo, frammentario, non è più riconoscibile, il quarto è completamente scomparso; sulle costolature rimane parzialmente una decorazione a festoni floreali.
Sulla parete destra si apre una nicchia poco profonda, ove, inquadrati da una falsa architettura, vi sono affrescati in alto la Madonna Assunta, in basso San Michele Arcangelo, la Madonna della Quercia, un santo vescovo, probabilmente San Nicola e San Felice.
In alto a destra si legge la scritta:
ANNO A CRISTIANA SALVI / 1578 DIE 20 MEN / SIS MARTIIS.
A sinistra rimane parte della preesistente decorazione, raffigurante un frammento di Madonna, probabilmente dei primi anni del XVI secolo, e una Madonna col Bambino, molto guasta, del secolo precedente.
In controfacciata sono visibili le tamponature del rosone e della porta di accesso alla perduta cantoria.
Il fabbricato conventuale, che si estende sul fondo meridionale della chiesa, comunica con essa attraverso la sacrestia e si sviluppa su tre piani.
Al piano seminterrato si trovano due locali già adibiti a magazzini o a rimesse, mentre al piano terra si situano, oltre ad un grande locale con camino, già cucina dei frati, dei locali adibiti ad “offizine“, a “refettorio” e “sala capitolare“.
Una scala adduce al piano superiore, dove sono situate una serie di stanze, erano il dormitorio del Convento.
 

Fonti documentative

PETRALLA MARIO, VIRILI MIRO, SAPORI GIOVANNA La chiesa e il convento di S. Francesco di Arrone – Casteldilago storia – architettura – decorazione Edizioni Thyrus 2007

http://www.fratellofrancesco.org/www.fratellofrancesco.org/pdf/valnerina_orme.pdf

 

Nota di ringraziamento

Si ringraziano le gentili signore Rosella Giovacchini e Cristina Flamini, si ringrazia il sindaco del Comune di Arrone per aver autorizzato la pubblicazione delle foto.
 

Nota

La galleria fotografica ed il testo sono stati realizzati da Silvio Sorcini.
 

Mappa

Link coordinate: 42.579148 12.765407

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