Eremo della Pasquarella – Acqualoreto

L’eremo è in buono stato di conservazione fino al 2012 era abitato da una donna che si era ritirata a vita eremitica

 

Cenni Storici

Piccolo santuario a 13 km. da Todi sulla SS 448 (Todi – Baschi), è segnalato con un cartello che dice: “Area escursionistica della Pasquarella“.
La strada si snoda sotto il ponte e costeggia il fosso detto di Rigoverci, più conosciuto come fosso della Pasquarella.
Vi si celebrano tre feste: per l’Epifania, la domenica in Albis e l’ultima domenica di maggio.
La sua storia è interessantissima e ricca di leggende, di credenze popolari, di miracoli. La sua fondazione risale al sec. XI e si trova in un’area sacrale sotto il pianoro di Scoppieto, dove, qualche anno fa, sono stati scoperti i resti di un tempio italico risalente ai sec. IV-III a.C.
La prima occupazione delle grotte presenti in loco è da parte da eremiti siriaci nel VI – VIII secolo d.c. sicuramente la fondazione dell’Eremo è dovuta a San Romualdo grande riformatore e fondatore di numerosi eremi nati intorno all’anno 1000.
La Pasquarella infatti fa parte di un gruppo di 12 conventini camaldolesi che sorgevano lungo le sponde del Tevere; di qualcuno appaiono i resti quando il lago artificiale di Corbara abbassa il livello, degli altri non resta più traccia.
Insieme a S.Fortunato di Todi è l’unico ad essere giunto fino a noi.
Il suo primo nome era S.Maria de Scopulis o dello Scoglio ( da cui deriva Scoppieto).
Nel XIII sec. la Pasquarella era un “beneficio“.
Spesso le grandi famiglie latifondiste erigevano cappelle e monasteri dotandoli di benefici, cioè di terre, e conservandone il patronato, nonché il diritto di nominare un rettore che quasi sempre era un membro della famiglia. I benefici erano esenti da tassazioni.
Il beneficio della Pasquarella era di 500 ettari e aveva il suo corpo maggiore nei pressi del castello di Acqualoreto in vocabolo “casa dell’Eremo” trasformato in “casa dell’elmo“.
La Pasquarella fu patronato di due grosse famiglie: i conti di Montemarte (pare che ne siano i fondatori) e i Fredi, residenti a Civitella, che si ritirarono a Todi nel 1400.
L’affresco della chiesina dell’eremo è una Epifania: il culto dei Magi inizia nel XII sec. quando Federico Barbarossa ne scopre le reliquie a Milano e le fa trasferire (con una enorme e solenne processione) a Colonia (1162) dove viene eretta appositamente la cattedrale.
Sono questi gli anni delle Crociate e del diffondersi del culto di Cristo-Bambino e di Cristo-Re.
Con l’abbandono di Civitella da parte dei Fredi, inizia per il santuario un periodo di decadenza.
Alla fine del XV sec. Todi è inglobata nello Stato Pontificio; la Pasquarella divenne commenda della curia romana e fu praticamente abbandonata. Vi si celebrava la messa solo per l’Epifania e si pensava di sconsacrarla, ma la gente continuava a recarsi nell’eremo.
Nel 1800 il beneficio fu smembrato e venduto; tra gli acquirenti il principe Tommaso Corsini.
Gli ultimi abitanti furono degli eremiti questuanti, che andavano girando nei periodi di raccolta per la manutenzione della chiesa e il loro sostentamento.
Si ha notizia di un furto di paramenti sacri nel 1814: pare che l’autore ne fosse l’eremita che doveva trasferirsi all’eremo di S. Illuminata di Guardea che aveva bisogno di farsi delle camicie.
Alcuni eremiti ebbero fama di guaritori.
Nel giugno 1873 fu nominato priore della chiesa di S.Valentino del castello di Acqualoreto, Don Giuseppe Bernardi, nativo di Baschi, il quale ebbe l’intuizione e il desiderio di riaccendere la devozione per la Madonna della Pasquarella.
Egli stesso scrisse delle poesie, delle sacre rappresentazioni sul tema dell’Epifania (si trovano presso l’archivio diocesano di Todi) e una breve storia del monastero.
Nel 1880 Don Giuseppe fece fotografare, per la prima volta, l’affresco dell’eremo.
Il 28 agosto 1892 le sacre immagini del Bambino e di Maria furono “incoronate” dal vescovo Giulio Boschi con una festa suggestiva alla quale presero parte circa 4000 persone. Per l‘occasione fu composto ed eseguito dal musicista Cesare Manganelli, un “Mottetto per l’incoronazione di Maria Vergine della Pasquarella“; la composizione è conservata presso la Biblioteca del Conservatorio di S.Cecilia a Roma.
Alcuni addetti all’ambasciata francese presso il Vaticano, che erano in villeggiatura in zona, donarono al parroco una pianeta di lama d’oro.
Nel 1897 Don Giuseppe decise di ampliare la chiesina, la spesa fu sostenuta interamente da lui stesso, non volendo pesare troppo sulle famiglie già in difficoltà per le sterili annate agrarie.
 

Leggende

Le leggende intorno alla sua origine sono diverse: secondo una leggenda di Civitella, la Madonna sarebbe stata trovata dopo una tremenda inondazione del Tevere.
Un’altra leggenda popolare racconta che la Madonna, in sella ad un cavallo, giunta sotto la parete rocciosa chiamata “Scoglio della Salve Regina” (perché i fedeli provenienti da Acqualoreto, Morre, Morruzze, Civitella, lì giunti recitavano la Salve Regina) che si trova davanti alla Pasquarella, con un balzo oltrepassò il burrone e si portò nell’attuale sito dell’eremo.
Un’altra storia racconta che nelle grotte che circondano l’attuale chiesina, un tempo vivesse una banda di ladri (il Forello era tristemente famoso per i briganti).
Dopo il rientro da una spedizione molto fruttuosa, uno dei ladri, ferito a morte, chiese di ricevere i sacramenti, fu chiamato il prete di Acqualoreto, al ritorno fu inseguito dai ladri che lo volevano costringere a rivelare la confessione del compagno morto.
Il sacerdote resistette alle terribili minacce e fu libero.
I ladri avevano fatto ciò per essere sicuri del suo silenzio circa il loro nascondiglio; pochi giorni dopo scoprirono l’immagine della Madonna e si convertirono tutti.
Ma la credenza più diffusa è quella, secondo la quale, alcuni abitanti di Acqualoreto, trovata l’immagine, la portarono nella loro chiesa parrocchiale.
Dovettero fare ciò più volte perché la Madonna veniva ritrovata sempre sul greto del fosso.
Molto singolare è la storia riguardante l’assegnazione del santuario alla parrocchia di Acqualoreto, dal momento che si trova nel territorio di Civitella. Poiché i due paesi se ne contendevano il possesso, fu deciso di organizzare una “gara di processioni” partenti dalle rispettive parrocchie: il gruppo che fosse arrivato per primo avrebbe avuto l’eremo; vinse Acqualoreto.
Nel suo piccolo libro sulla storia dell’eremo, Don Giuseppe parla di un fenomeno miracoloso: “il sudore della Madonna e del Bambino“, fenomeno ripetutosi negli anni 1890, 91, 92, 97, 1900, alla presenza sua e di molta gente, indipendentemente dal clima, dalla piovosità o presenza più o meno numerosa di gente.
Così egli scrive: “E’ sul principio un sottile velo acqueo, somigliante all’appannamento di un cristallo, che comincia a comparire sul volto della Madonna e del Bambino, al Gloria della prima Messa; velo che a mano a mano va ingrandendosi e trasformandosi in minutissime goccioline, le quali si addensano, crescono e al fine si risolvono scorrendo in giù a piccoli rigagnoli. Il volto della Vergine appare sotto, questo sudore, lucido e rubicondo simile a faccia di persona stanca e anelante da lungo cammino. Siffatto fenomeno si riproduce più o meno copioso e alle volte non si riproduce affatto. Si è riscontrato nei giorni di gagliarda tramontana e in quelli di umido scirocco; tanto sotto una grande che una minima affluenza di popolo. Anzi alle volte il sudore si è verificato in un giorno asciutto e non in un giorno di pioggia, nel concorso di pochi individui e non in quello di grande folla. Il più copioso e veramente eccezionale fu quello avvenuto la domenica in Albis del 1897.
Asciugato dal sottoscritto più e più volte con un fazzoletto bianco il volto della Madonna e del Bambino, istantaneamente il sudore si riproduceva e in tale abbondanza che si dovette al fine desistere, perché il fazzoletto era saturo d’acqua come se fosse stato immerso in una fontana. Questo sudore non si è mai riscontrato nel gruppo dei Magi e loro seguito né in S.Giuseppe. Il muro dell’abside è interamente asciutto e l’esterno, esposto all’aria libera, è foderato di pietre levigate abilmente connesse
“.
 

Jacopone da Todi

Fra i più importanti personaggi che hanno frequentato l’eremo merita senza dubbio ricordare Jacopone da Todi, al secolo Jacopo de’ Benedetti , che nacque in una nobile famiglia tuderte, presumibilmente tra il 1230 e il 1236. Esercitò la sua professione di notaio nella cittadina, e nel 1267 sposò la contessina Vanna, figlia di Bernardino di Guidone di Coldimezzo. Un anno dopo durante una festa di ballo, crollò il pavimento e nel tragico evento perì la giovane moglie Vanna. Questo fatto cambiò la vita a Jacopo de Benedetti, che decise di dedicare la sua vita alla spiritualità. Si ritirò nel piccolo eremo oggi conosciuto come Santa Maria della Pasquarella, a Rioverci, sulle sponde del Tevere. Nel 1278 scelse di entrare nella corrente rigorista dell’Ordine dei Minori francescani, presso il Conventino di Sant’Angelo in Pantanelli , già fondato da San Francesco d’ Assisi, sempre lungo il Tevere verso Orvieto. Il Convento detto di Pantanelli è conosciuto anche per lo scoglio sul Tevere dove S.Francesco parlava ai pesci.
Jacopone da Todi, è conosciuto non solo per la sua vita da mistico , ma è noto soprattutto come poeta e famose sono le sue Laude. Le più famose sono “Il pianto della Madonna” e “Stabat Mater” , quest’ultima presumibilmente scritta proprio nel convento di Pantanelli.
Il poeta, traduce l’ansiosa passione umana in figure potentemente drammatiche, poste di fronte al mistero della saggezza divina.
Promotore della corrente francescana dei poveri al seguito di Celestino V, venne pero’ giudicato troppo rigorista da Bonifacio VIII , successore di Celestino V, e per questo fu processato a Palestrina , condannato all’ergastolo, ed imprigionato nel carcere conventuale di San Fortunato a Todi. Solo con la morte di Bonifacio VIII, (1303) fu liberato, vivendo poi gli ultimi anni a Collazzone nell’ospizio dei Frati Minori annesso al Convento di San Lorenzo delle Clarisse, morì la notte di Natale del 1306.
Restano di lui le belle Laude e lo straordinario messaggio di partecipazione al dolore espresso potentemente nello Stabat Mater.
 

Nota di ringraziamento

Si ringrazia la Diocesi di Orvieto-Todi per la disponibilità e per aver concesso le autorizzazione alla pubblicazione.
 

Fonti

Tratto da http://www.baschilibera.it/

http://www.tenutadifiore.it/

 

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