Eremo di Santa Maria in Arce – Rocca Sant’Angelo di Assisi (PG)

In questo luogo, Rocca sant’Angelo, sorse uno dei primi conventi francescani, documentato in vari atti dell’archivio del Sacro Convento di San Francesco; tale convento, appartato come era, lontano dalla citta’, doveva essere un vero e proprio romitorio, uno dei primi templi della diffusione del francescanesimo.

 

Cenni storici

La chiesa di Santa Maria in Arce sorge fuori il castello di Rocca Sant’Angelo, anche detta la Rocchicciola, che alcuni studiosi hanno identificato nell’antica Roccabrizia, una località nei dintorni di Assisi presso la quale si sarebbe svolto un episodio della vita di san Francesco riferito nello Speculum Perfectionis, quando il poverello riprese un frate che sparlava di un povero.
L’intitolazione a S. Angelo farebbe supporre l’origine longobarda della Rocca e borgo abitato.
La chiesa di Santa Maria è incorporata in uno dei più antichi conventi francescani; è nominata il 14 aprile 1300 nel testamento di un certo Puccio di Ventura Ascarani, di professione calzolaio, che volendo recarsi in pellegrinaggio presso la chiesa di San Pietro in Roma, dispose numerosi legati in favore di persone e di chiese di Assisi dipendenti dall’Ordine dei frati Minori, destinandoli all’esecuzione d’immagini o per opere non meglio identificate.
Un altro documento del 1309, dà notizia di un’elargizione di 30 libre cortonesi a favore del convento S. Marie de Roccheçola, ai cui frati il Comune di Assisi concede altresì di andare ogni anno per la questua di grano e biade, “propter necessitatem et paupertatem“; è, questo uno dei primi atti civili col quale il comune di Assisi riconosceva ai francescani il diritto di andare elemosinando; tale permesso veniva accordato ai frati di S. Francesco e di S. Damiano di Assisi, a quelli di Rocca S. Angelo e dell’Isola Romanesca (Bastia).
Tra i vari lasciti ve n’è uno di 15 soldi destinato al luogo dei frati Minori “de Rocheçola“.
Altro testamento di una “sora Clara uxor olim Vangni d. Blundi“, datato 10 maggio 1312
parla di lasciti in favore di varie chiese di Assisi, “pro missi cantandis” e tra i religiosi furono ricordati anche i frati di “S. Marie nove de Roccheçola“, ai quali furono promessi 10 soldi per cantare messe di suffragio in memoria della testatrice.
La chiesa dei frati in questo caso è chiamata nuova, poichè s’intende appena costruita.
Quello di Rocca S. Angelo, appartato com’era e distante dalla città, doveva essere un vero e proprio romitorio, uno dei primissimi tempi francescani.
Di molti guardiani del “luogo” francescano della Rocchicciola se ne conoscono i nomi a partire dalla metà del Trecento.
In un documento del 1383 il convento della Rocchicciola è detto senz’altro dei Minori, così come in un altro del 1384 si dice che “Minoribus morantibus ( … ) in loco S. Marie de Roccheciola” viene fatta ancora dal Comune l’offerta di 30 libre; tale elemosina è documentata anche per l’anno 1395.
Nel 1388, frate Enrico, Ministro Generale dei Frati Minori, nomina Paoluccio Trinci da Foligno commissario sui conventi delle Carceri, S. Damiano, Farneto, Monteripido, Scarzola, Eremita, Spineta, Stroncone, Giano, Monteluco, Pistia, oltre che della Rocchicciola, così, nel 1390, oltre a S. Maria della Rocchicciola, ben altri quindici luoghi fanno parte del commissariato di Paoluccio Trinci dei “Fraticelli dediti ad una vita di eremitorio in totale semplicità e povertà“.
Questa assegnazione è però controversa in quanto secondo Don Mario Sensi i cosiddetti “fraticelli” o i clareni non dimorarono mai alla Rocchicciola, però i documenti del Sacro Convento dicono altro come abbiamo visto.
Comunque questa presenza non dovette durare a lungo poiché nel De Conformitate di Bartolomeo da Pisa, composto tra il 1385 e il 1390, la Rocchicciola è ricordata per essere uno dei nove luoghi nella custodia di Assisi.
Infatti il 3 marzo 1464 troviamo frate Giorgio de Montecalerio, custode della chiesa di S. Francesco in Assisi, e anche “curator di S. Maria della Rocchicciola“, segno evidente che l’antico convento francescano era tornato sotto la custodia e la cura dei frati Conventuali, i quali ancor oggi amministrano il conventino, oltre ad avere la “cura animarum” della parrocchia omonima, di recente loro affidata dal Vescovo della diocesi serafica.
Fu per questa assegnazione che si è protratta nei secoli che questo monastero poté salvarsi dalla soppressione dei piccoli conventi ordinata da Innocenzo X nell’ottobre 1652, infatti il luogo della Rocchicciola si salvò dalla chiusura perché il custode di Assisi lo presentò come una diretta dipendenza del Sacro Convento, preferendolo al convento di Santa Maria delle Grazie di Poreta, che apparteneva anch’esso ai frati di Assisi.
In quest’oasi di silenzio trovò pace per il suo spirito inquieto anche il poeta danese Johannes Joergensenm che qui venne più volte e sosto’ a lungo traendone ispirazione per molti suoi scritti, tra i quali Laudes Italiae.
Il convento è abitato da circa quindici anni dalla comunità di suore chiamata “Comunità Adveniat – Santa Maria in Arce“, fondata da p. Augusto Drago, un frate del Sacro Convento di Assisi.
 

Aspetto esterno

La chiesa di Santa Maria ha un aspetto molto semplice.
All’esterno l’edificio si presenta come una costruzione in pietra arenaria, con una facciata a capanna
che si appoggia a monte contro il convento dei frati e a valle all’oratorio di una confraternita.
Il campanile a vela è arretrato sul lato sinistro.
Sopra il portale arcuato si apre un modesto oculo in cui è inscritta una croce.
 

Interno

La chiesa di S. Maria, che conserva magnifici affreschi di scuola giottesca e perugina.
L’interno è una semplicissima aula con una copertura a capriate in vista.
A metà circa della lunghezza si leva un arco divisorio in muratura, contro il quale sono addossati due altari decorati da affreschi, uno dei quali è datato 1502.
Tra la parete di facciata e questo arco con funzione di tramezzo c’era un tempo un secondo arco trasversale, che fu rimosso con i restauri seguiti al sisma del settembre 1997.
Questo arco esercitava una funzione statica a sostegno della copertura a due spioventi del tetto; verosimilmente fu costruito insieme al tramezzo centrale, negli ultimi decenni del XV secolo.
Il presbiterio si alza di tre gradini rispetto alla navata e termina con un’abside poligonale di sette dodicesimi, che viene illuminata da una finestra a cornu evangelii.
Nei primi anni del Cinquecento al centro del presbiterio fu costruito un altare isolato in muratura
per essere decorato da una immagine mariana.
Le pareti perimetrali della chiesa sono quasi integralmente coperte da immagini sacre, che vanno dai primi anni del XIV secolo fin quasi alla metà del XVI secolo.
Contro il fianco occidentale della chiesa fu costruito nel XVI secolo un oratorio; un mattone murato sulla facciata esterna ha la data 1550.
L’oratorio era intitolato a San Paolo e ospitava al suo interno due confraternite, l’una dedicata a San Paolo e l’altra alla Immacolata Concezione.
Partendo dalla porta a sinistra troviamo in controfacciata un San Rocco e a seguire una Madonna con Bambino attribuita ad un seguace di Bartolomeo Caporali, poi un’altra Madonna con Bambino che presenta in basso una iscrizione dedicatoria:
SANCTI DE MENECARELLO F.F. 15.9” eseguito forse da Cecco di Bernardino aiuto di Dono Doni.
Nella parete di sinistra c’è la porta che introduce in un locale ad usi vari.
Prima della porta in basso troviamo San Giuseppe eseguito probabilmente da da Cecco di Bernardino aiuto di Dono Doni, in alto Madonna con Bambino tra i santi Giacomo, Caterina, Maria Maddalena e Antonio Abate che reca in basso una lunga iscrizione dedicatoria:
HOC OPUS FECIT FIERI ANGIELUS IOVANNES MAGISSTRI ANGIELI SUB A.D. MCCCCX“, affresco attribuito a un pittore locale del primo quattrocento formatosi sulla scia di Pace di Bartolo.
In basso Sant’Antonio Abate mancante della parte inferiore attribuito a Bartolomeo Caporali.
Ai lati di Sant’Antonio una croce e un San Sebastiano dove sopra è stata aperta una finestra.
Segue un grosso quadro affrescato raffigurante San Paolo, San Francesco, Sant’Antonio Abate, Madonna con Bambino e Santa Maria Maddalena ( raffigurata solo in sinopia), con dedica e datato 1393, in basso inginocchiato in un quadro a sé il committente probabilmente un frate.
Ultimi due quadri in alto prima dell’arco divisorio San Nicola di Bari, gravemente ridipinto nella testa, e Sant’Antonio Abate attribuito a Orlando Merlini.
Sulla facciata dell’arco divisorio della Navata sinistra troviamo una Madonna con Bambino tra i Santi Sebastiano e Lucia con in alto angeli reggi tenda sotto riporta una lunga iscrizione dedicatoria:
QUISTO S(anctus) SEBASTIANO FE FARE FR(at)E IOHANNE FRANSOSO QUISTA MADONA CO S(anct)A LUCIA FE FARE SALVATORE DA AUSTINO” attribuito a Orlando Merlini.
Oltre l’arco nella parete prima del presbiterio Santo Vescovo (forse San Nicola di Bari) attribuibile a Matteo da Gualdo.
Nel presbiterio a fianco dell’unica finestra troviamo dipinto un San Michele Arcangelo mentre calpesta il demonio, sotto il quale si legge la data 1528 e il nome del donatore laico a cui si deve la commissione attribuito a Giovanni di Pietro detto “Lo Spagna“.
La fronte esterna del muro di sostegno dell’arco trionfale è decorata da tarsie illusionistiche con finti marmi di gusto rinascimentale, risalenti allo stesso tempo della Maestà sopra l’altare.
Il presbiterio della chiesa rialzato termina con una tribuna absidale di sette lati coperta da una volta a ombrello.
Nulla avrebbe ostato di costruire una chiesa con l’abside rivolta a Oriente e la facciata a Occidente, secondo la tradizione; eppure fu presa la decisione di ruotare l’edificio di quasi centottanta gradi, rendendo impossibile sia il canto delle Lodi verso Oriente sia il canto del Vespro verso Occidente.
Se non fosse che l’unica finestra che dà sul presbiterio è stata aperta sulla parete rivolta a
Occidente, di dove entra la luce nell’ora del tramonto, di conseguenza, i frati che cantavano i Vespri in chiesa avrebbero visto la luce del sole illuminare le pareti della tribuna absidale, un pò come avviene nella basilica inferiore del San Francesco di Assisi, quando la luce del sole al tramonto, nell’ora del Vespro, illumina le immagini della Madonna di Simone Martini e Pietro Lorenzetti dipinte agli altari di Santa Elisabetta e di San Giovanni Evangelista sulle pareti orientali del transetto.
A una data imprecisata, furono dipinte dodici croci di color rosso inscritte entro un cerchio azzurro, che certificavano l’avvenuta consacrazione della chiesa, cinque di queste croci sono ancora visibili, benché di una cerimonia di consacrazione non si abbia una memoria documentata, due di queste croci compaiono su due facce dell’abside poligonale.
il catino absidale è occupato da tre episodi dell’infanzia di Cristo: da sinistra, Gesù adolescente disputa con i dottori nel Tempio, la Sacra Famiglia in fuga verso l’Egitto, la Presentazione di Gesù bambino al Tempio attribuite al Maestro della Natività in Santa Chiara un pittore umbro del trecento ispirato alle composizioni giottesche nella Basilica di Assisi.
Gli affreschi della tribuna absidale si presentano incompiuti tra questi la Fuga in Egitto dove l’asino è rimasto alla stadio di disegno preparatorio e la figura della Vergine è poco più di un abbozzo; come ciò sia avvenuto non si sa, forse i dipinti non sarebbero stati ultimati per la morte del padre guardiano, o per il suo allontanamento verso un’altra sede o la morte del mecenate che fece eseguire questi affreschi, non dipende sicuramente dal pittore poiché il committente avrebbe potuto coinvolgere nell’impresa un altro pittore, incaricandolo di completare l’opera iniziata.
Sulle vele soprastanti furono dipinti tre tondi con figure a mezzo busto: da sinistra, San Francesco con in mano un libro aperto, la colomba dello Spirito Santo, Santa Chiara con in mano un libro un giglio e un ostensorio.
La metà inferiore delle pareti restò priva di una decorazione, salvo una fascia con fiori e simboli cristiani.
L’altare è decorato con una struttura che ingloba una Madonna con Bambino tra i santi Francesco e Antonio da Padova, Eterno che una iscrizione vorrebbe commissionato da Angelo di Cristoforo Canova nel 1528, opera assai debole ma dai forti caratteri spagneschi, che per la data potrebbe attribuirsi, in via ipotetica, al giovane Dono Doni, il quale, come è noto, si formò nella bottega dello Spagna.
Appeso nel mezzo della navata un Crocefisso del XIV secolo attribuito a Matteo da Gualdo.
Nel corso dei restauri della chiesa della Rocchicciola seguiti al sisma dell’autunno 1997, sul tratto iniziale della parete orientale della cella che va dalla tribuna absidale al tramezzo divisorio, sono state ritrovate le sinopie di due grandi dipinti murali con una Annunciazione e le Stimmate di San Francesco.
San Francesco in ginocchio, la gamba destra piegata a terra e la sinistra alzata, entrambe le braccia levate verso l’alto e la bocca aperta in un grido di dolore, mentre raggi luminosi lo colpivano sulle palme aperte delle mani, al petto e sui piedi nudi; l’affresco è stato attribuito a un pittore anonimo definito “Maestro di Figline” da identificarsi forse con Giovanni di Bonino.
Sulla spalla dall’arco divisorio scendendo nella parete sinistra troviamo una Crocifissione con una dedicazione:
HOC OPUS FECIT FIERI COSTANTIUS DE SBACELLO 1502” attribuita a Orlando Merlini.
Sulla parete destra troviamo un piccolo quadro con Santa Caterina affresco attribuito a ignoto pittore assisiate attivo nella seconda metà del ‘300 formatosi sulla scia di Pace di Bartolo; è sovrastato da una grande immagine con la Madonna con Bambino tra i Santi Francesco e Chiara prodotto di Scuola Giottesca attribuito ad un collaboratore del “Maestro di Figline“.
Segue una Santa Caterina dipinta da Cecco di Bernardino aiuto di Dono Doni, subito dopo un grande San Girolamo e nel registro inferiore un San Bernardino visibile solo nella testa.
Il registro superiore è andato perduto, è rimasto solo in basso il committente inginocchiato affiancato da un’immagine di Santa Maria Maddalena attribuita a Bartolomeo Caporali.
Nella parete di controfacciata di destra una Madonna con Bambino tra i santi Gerolamo e Antonio da Padova sotto la dedicazione del committente:
EVANGELISTA DE R(ubei)S“, e lo stemma della famiglia Rossi.
Si conosce il contratto dell’opera stipulato il 26 novembre 1478 tra Bartolomeo Caporali ed il notaio Evangelista di Francesco de Rossi; in esso si precisa che il pittore riceverà 9 fiorini e mezzo per l’esecuzione di una Pietà da affrescare in una casa privata a Petrignano, e di una Madonna e santi nell’altare di S. Gerolamo a Rocca S. Angelo, trattasi di questo dipinto.
Nella sacrestia ad essa annessa ebbe sede più tardi una fraternità, forse di Disciplinati, della quale reca memoria un rozzo affresco di mano popolare datato 15 novembre 1559.
 

San Francesco alla Rocchicciola dallo Speculum Perfectionis

Andato il beato Francesco a predicare in un luogo dei frati presso Rocca di Brizio, accadde che, nel giorno stesso in cui aveva da predicare, si presentasse a lui un tale, povero e ammalato.
Preso da grande compassione, Francesco cominciò a parlare al suo compagno della povertà e della malattia di costui.
Il compagno però rispose: “Fratello, è vero che costui sembra povero, ma forse in tutta la provincia non esiste un uomo che, nel desiderio, sia più ricco di lui“.
Subito il beato Francesco lo rimproverò duramente, sicché il compagno disse la sua colpa.
E il beato Francesco riprese: “Vuoi fare, riguardo a questo, la penitenza che ti dirò?“.
Replicò il compagno: “La farò volentieri“.
Francesco riprese: “Va’, svesti la tonaca e gettati nudo ai piedi del povero e digli in qual modo hai peccato contro di lui, denigrandolo, e digli che preghi per te“.
Il compagno andò e fece tutto quello che il beato Francesco gli aveva indicato.
Fatto ciò, indossò la tonaca e tornò dal beato Francesco.
E il beato Francesco gli disse: “Vuoi sapere in che modo hai peccato contro costui, anzi contro Gesù? Ebbene, quando vedi un povero pensa a Colui nel nome del quale egli viene, Cristo che prese sopra di sé la nostra povertà e infermità. La povertà e infermità di costui è, infatti, come uno specchio nel quale dobbiamo vedere raffigurate e considerare con sentimento di pietà l’infermità e povertà che il Signore nostro Gesù Cristo portò nel suo corpo per la nostra salvezza“.
 

Fonti documentative

F. Santucci, L’antico convento francescano e la chiesa di S. Maria della Rocchicciola di Assisi, in
San Francesco patrono d’Italia“, a. LXI (1981), n. 2, pp. 75-78.
N. Cavanna, Assisi e dintorni, Assisi 1953, pp. 175-176.
L’episodio di Roccabrizia è riportato dallo Speculum perfectionis, in Fonti Francescane. Terza edizione rivista e aggiornata, Padova 2011, pp. 1037-1038.
Elvio Lunghi – Immagini degli Spirituali – Il significato delle immagini nelle chiese francescane di Assisi, Edizioni Il Formichiere 2019
 

Nota di ringraziamento

Ringrazio il Prof. Elvio Lunghi per il contributo alla compilazione del testo e per aver fornito parte della galleria fotografica.
 

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