Abbazia dei SS. Ruffino e Vitale – Amandola (FM)

Foto 2012 – Esterne e chiesa interne

 

Foto 2012 – Cripta

 

Foto 2012 – Ipogeo

 

Cenni Storici

Altra abbazia diametralmente opposta rispetto a quella dei Ss. Vincenzo ed Anastasio è il complesso di S. Ruffino e Vitale, lungo la sponda destra del fiume Tenna.

Il Ferranti (1891) afferma che, in un documento del 20 luglio 1267, i signori di Monte Pasillo (località adiacente a Comunanza), vendendo al Comune di Amandola 180 famiglie con il castello ed il monte di Marnacchia, vollero mantenere intatti i diritti che il monastero aveva su tali beni; dieci anni dopo tale situazione si ripeteva per i beni venduti dai signori De Smerillo.
Queste considerazioni hanno suggerito a Crocetti (1995) che questo monastero fosse di giuspatronato della famiglia di Monte Passillo imparentata, fra l’altro, con i De Smerillo.

Non esiste documentazione antecedente a quella riportata dal Ferranti se non per congiunzioni artistiche rilevate nel tempio ipogeo, grotta, o come riportato da Piva (2003), nella cripta di una primitiva chiesa sulle cui fondazioni è stato successivamente costruito l’attuale complesso risalente all’epoca romanica.

E’ questo un ambiente primitivo, coperto a botte e scavato nel tufo la cui unica apertura è costituita da una finestrina posta nella zona absidale; sulle sue pareti è scritta una delle pagine artistiche più antiche della regione che viene messa in relazione con l’analogo percorso liturgico della cripta di S. Vincenzo al Volturno (824-842): una lunga teoria di santi, in parte identificati dal nome, a grandezza quasi naturale e con il palmo delle mani rivolto verso gli astanti, incedono al centro dell’absidiola, ossia verso la mano benedicente dell’Eterno, intersecandosi con l’altro percorso ortogonale al precedente indirizzato, ma le condizioni delle immagini ne rendono difficile la lettura, verso un Arcangelo inscritto in un clipeo (Piva, 2003) come nella già citata cripta di S. Vincenzo.

L’assenza del monastero nell’elenco dei possedimenti menzionati nella concessione in enfiteusi del 977 farebbe supporre una datazione intorno all’XI secolo (Piva, 2003); si discosta da tale ipotesi la Romano (1994) che esprime invece una datazione più tarda, vicino alla metà del XII secolo, in ragione delle caratteristiche di accentuato geometrismo della decorazione affiancate “… ad una tendenza alle proporzioni allungate…” .

La chiesa soprastante romanica, si articola in tre navate distinte da colonne di cui la centrale ricoperta da capriate e le laterali, in origine, da crociere; un alto presbiterio è accessibile mediante una recente scalinata centrale, mentre ai lati due aperture conducono alla cripta sottostante. Questa è caratterizzata da cinque navatelle, di cui quelle laterali più ampie con volte a crociera sostenute da tozze colonne terminanti con pulvino decorato a foglie angolari. Nell’abside centrale, in un contenitore, i resti umani di quello che la tradizione vuole sia S. Ruffino, venerato da chi è portatore di ernia.

La facciata rimaneggiata, si compone di un portale ai cui lati sono ricavate due finestre mentre quella sovrastante è stata aperta nel XVIII secolo.

La zona absidale, sottoposta a restauri nella parte alta, è composta da un abside centrale scandita da paraste e chiusa in alto da una cornice decorata a beccatelli e denti di sega e due absidi laterali di cui, quella di sinistra, completa, mentre la controlaterale solo accennata (si scorgono ancora nell’angolo fra la torre e la chiesa residui in pietra che farebbero supporre un’altezza simile all’abside principale).

Lungo il fronte sud si sviluppa il convento disposto su due piani di cui quello superiore adibito alle celle monastiche; racchiude un cortile centrale con unico ingresso esterno nella parete est; la torre quadrangolare del XIII secolo, di cui un restauro è documentato nel 1429, permette il collegamento fra il convento e l’edificio religioso; nel prospetto est è ancora visibile lo stemma del Comune di Amandola.

L’Ipogeo

La presenza di una enigmatica grotta eremitica o ipogeo, posta sotto il piano basso della chiesa, suggerisce l’esistenza di un insediamento risalente all’epoca romana sul quale verso il Mille sarà innalzata l’Abbazia. È costituita da una grotta scavata nell’arenaria e diventata un primitivo luogo mistico. Comprende un vano absidato a levante prospiciente alla cripta romanica e con volta a botte. Di grandissimo interesse il ciclo pittorico tardo-imperiale di stile orientale con figure di santi o di defunti in atteggiamento statico di arcaica bellezza; l’umidità ne ha sbiadito i colori e i piloni in pietra, inseriti per questioni statiche della sovrastante Abbazia, ne hanno deturpato la fisionomia. Sul suo utilizzo sono state formulate varie ipotesi: un luogo di culto pagano, forse della dea Bona, protettrice delle acque e delle messi; una sala termale d’epoca romana per la cura delle malattie della pelle utilizzando le vicine acque sulfuree; un’area sepolcrale paleocristiana di un’importante famiglia romana, destinata a custodire i resti mortali due bambini commemorati assieme ai defunti della loro famiglia.

Il Culto di S. Ruffino

Nell’ambiente contadino vicino al complesso monastico, all’inizio del ‘300 si affermò il culto di San Ruffino, invocato da chi soffre di ernia e festeggiato il 19 agosto con un enorme concorso di fedeli. Non ci sono documenti che parlano di questo santo ma la tradizione popolare racconta che era un giovane contadino del luogo che in una sola notte arò più di cento moggi di terra con grande fatica a beneficio dei contadini.
Sotto le reliquie dell’altare della cripta esiste un foro da attraversare a carponi per tre volte invocando con fede la guarigione dell’ernia.

Tratto da: GuidAmandola – Scoprire la citta’, vivere l’ambiente

Le foto sono state autorizzate verbalmente dal Parroco Benedetto Tosolini in data 05-06-2015, al solo scopo di far conoscere questa Abbazia ed attirare turisti ignari della sua esistenza

 

 

Mappa

Link coordinate: 43.007696 13.403158

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