Abbazia di San Ponziano – Spoleto

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L’Abbazia è fuori dalle mura di Spoleto ed è ben visibile dalla strada statale di collegamento Foligno -Terni poco lontana dal Cimitero della città

 

Storia e leggenda

Sorge al di fuori della cinta urbana di Spoleto, a poca distanza dal cimitero e dalla chiesa di San Salvatore, lungo la strada che porta a Colle Ciciano, fra boschi ed oliveti, secondo la tradizione sul luogo dove fu sepolto San Ponziano dopo il martirio o dove rotolò la sua testa tagliata.
Di certo il luogo già all’epoca era un’area cimiteriale paleocristiana.
Ponziano era un giovane spoletino che, per testimoniare la sua fede cristiana, subì il martirio nell’anno 175 d. C., durante la persecuzione ordinata dall’imperatore Marco Aurelio Antonino.
Narra la leggenda che il giovane, di famiglia agiata, fu arrestato, sottoposto per la sua fede a tortura, al giudice che gli chiedeva il suo nome lui rispose: “Io sono Ponziano ma mi puoi chiamare Cristiano“.
Fu poi posto nell’anfiteatro di Spoleto per essere sbranato dai leoni: gli animali però rimasero indifferenti alla sua presenza e si fecero da lui accarezzare.
Allora fu fatto camminare sui carboni ardenti, ma anche questa volta rimase illeso.
Lo segregarono senza cibo e acqua ma fu nutrito dagli angeli.
Fu infine decapitato sul Ponte Sanguinario che attraversava il torrente Tessino.
La sua testa rimbalzò tre volte e infine fece sgorgare l’acqua, nel sito dove fu eretta la chiesa a lui dedicata.
Scrive lo Iacobilli che “il corpo di lui (…..) sepolto (…..) nel campo detto Luciano, appresso le mura di Spoleto, et (appresso) al luogo, ove fu marterizzato. In esso campo fu eretta una Chiesa al suo santo nome (….) In progresso di tempo vi fu creato un Monastero, nel quale al presente (1647) vi abitarono le monache del secondo ordine di Santa Chiara. Questa chiesa fu privilegiata da molti pontefici di molte indulgenze perpetue“.
Un titolo epigrafico, posto nella cripta di San Ponziano, ricorda la matrona Procula, spectabilis foemina che, probabilmente nel VI secolo, rinvenne il luogo dove, stando alla tradizione, la matrona Sincleta aveva deposto le spoglie di san Ponziano e vi fece erigere un altare.
Il luogo fu poi venerato con molta devozione dagli abitanti, tanto da diventare un cimitero cristiano, nel X secolo il luogo, noto come cenobium beatissimi martyris Pontiani; sacratissimum cymiterium, era custodito da monache penitenti.
Nell’anno 966, Baldrigo Vescovo di Utrecht, di ritorno da Roma, al seguito di Ottone incoronato imperatore, ottenne dagli Spoletini parte delle ossa di San Ponziano che recò con sé in Olanda.
Da allora nella città di Utrecht e in tutta la Diocesi, annualmente il 14 gennaio è celebrata la festa di San Ponziano.
In questo giorno non bisogna tagliare il pane col coltello: sarebbe come rinnovare il suo martirio.
Si hanno notizie dell’esistenza di un cenobio dedicato al martire già prima dell’anno mille dalle cronache del monaco cassinese Giovanni.
Successivamente, accanto alla chiesa, sorse un florido monastero benedettino femminile, la cui esistenza è documentata in epoca anteriore al Mille e certamente attestata nel 1078, come indica la nota obituaria della badessa Gerlenda contenuta nel manoscritto della Bibbia atlantica di San Ponziano, ora conservata a San Daniele del Friuli.
Dalla stessa fonte si apprende che il 28 gennaio 1080 il Vescovo Rodulfus consacrò tre altari della chiesa.
Il monastero aveva vaste proprietà e dipendenze a Spoleto, Perugia e Montefalco, tra cui numerose chiese con cura d’anime, come la chiesa di San Pietro in Tegularia nello Spoletino.
È documentata una disputa con il vescovo Benedetto nel 1199 per la proprietà di Sant’Apollinare.
La chiesa, nelle forme attuali, fu eretta tra la fine del XII e l’inizio del XIII secolo.
Nel 1210 si ha notizia di un’esenzione imperiale per il monastero di San Ponziano.
Nel 1235 Papa Gregorio IX scrive all’Arcivescovo di Spoleto disponendo che si risarciscano i danni subiti dal Monastero.
Papa Innocenzo IV, nel 1251, concede quaranta giorni di indulgenza nel giorno di consacrazione della chiesa e della festa del santo; l’anno seguente lo stesso Papa dispone che siano restituiti i beni sottratti al monastero, pena la scomunica.
Nel 1290, papa Nicola IV pose le suore sotto la protezione papale.
Nel 1301, il cardinale Napoleone Orsini concesse le indulgenze per coloro che visitavano la chiesa in determinati giorni di festività.
Nel 1392 vi era ancora presente una comunità religiosa femminile che seguiva la regola di San Benedetto e che ottenne la cura dell’ospedale di San Matteo.
Durante le lotte civili che alla fine del Trecento sconvolsero la città di Spoleto, le Benedettine di San Ponziano chiesero di trasferirsi a San Matteo, all’interno delle mura cittadine; tuttavia, dopo varie e complesse trattative, decisero di restare nella loro abbazia.
Anche se di Regola benedettina, nei secoli XIV e XV, San Ponziano fu scelto come luogo di raccolta di piccole comunità di religiose Agostiniane soppresse o in difficoltà, come Santa Maria della Misericordia (1353), Santa Maria Maddalena de Capatis in monte Ciciano (1389), San Paolo di Montefalco (1405), Santa Caterina de Colle Fiorito (1413) che a sua volta, nel 1371, aveva accolto le Agostiniane di Santa Chiara de Colle Petroso.
Molte di queste comunità erano di origine eremitica e avevano scelto come sede le propaggini del Monteluco e del colle Ciciano presso Spoleto.
Nel 1392 le Monache di San Ponziano, non ritenendo più sicura la collocazione periferica a causa delle guerre, chiedono a Papa Bonifacio IX che sia loro concesso un luogo in città, la richiesta non fu accolta, ma il Papa diede al vescovo facoltà di unire al monastero l’ospedale di San Matteo e concesse altri privilegi.
Ciò provocò un annoso conflitto con il Monastero della Stela, cui precedentemente era concesso il detto ospedale.
Nel XV secolo la chiesa e il monastero subirono gravi danni a causa delle guerre civili; sul finire dello stesso secolo, sicuramente prima del 1488, come attestato dalla data di un affresco inserito su un tramezzo divisorio, la chiesa fu oggetto di numerose modifiche, con la realizzazione del coro delle monache nell’area presbiteriale e avanzamento della parete d’altare.
Nel 1496 Papa Alessandro scomunica chi si appropria delle proprietà del Monastero.
Nel 1521 alle benedettine subentrarono le clarisse.
L’adozione della nuova Regola fu preparata dalle Clarisse provenienti da Santa Maria di Monteluce di Perugia, uno dei centri umbri che avevano accolto per primi la riforma dell’osservanza femminile.
Le monache di San Ponziano furono affidate alla cura spirituale dei Minori Osservanti della Provincia di San Francesco e accolsero la clausura papale.
L’adozione di una clausura rigida impose alle monache di riservare al proprio uso esclusivo il coro e la cripta, il cui accesso fu murato e interdetto ai fedeli.
Nello stesso anno 1521 Papa Leone X scomunica chi aveva sottratto calici e altri oggetti dal Monastero. Nel 1533 Papa Clemente VII assolve le Monache di San Ponziano dallo statuto dell’assegnamento della dote; l’anno successivo le Monache rinunciano alla cura delle anime in San Gregorio.
Nel 1577 Papa Gregorio XIII scomunica chi devia l’acqua dai molini di San Ponziano e che ne sottrae la roba.
Il culto del santo conobbe ulteriore fortuna quando, in occasione del terremoto del 1703 (avvenuto nel giorno della sua ricorrenza, il 14 gennaio), mentre le vicine Norcia e Cascia furono distrutte dal sisma, Spoleto rimase quasi indenne.
Da allora San Ponziano è anche il patrono dei terremoti: si disse che la terra tremò anche durante il suo martirio e che profetizzò “Spoleto tremerà ma non crollerà“.
Fu composta una preghiera ufficiale di ringraziamento che recita: “O Santissimo nostro protettore Martire Ponziano, che in virtù del triplicato Credo da Voi proferito nel Vostro morire, ne liberasti ne anni scorsi, nel giorno anniversario gli dei vostri trionfi, da triplicate e spaventose scosse del terremoto: vi preghiamo liberacene ancora nei tempi a venire“.
In occasione della riparazione del palazzo comunale dai danni provocati dal sisma, gli fu dedicata la cappella interna in cui anticamente erano effigiati tutti i principali protettori della città.
Più ingenuamente e spontaneamente il popolino spoletino così l’invocava: “San Ponziano benedittu sarvace a casa co’ tuttu u tittu“.
In segno di ringraziamento per lo scampato pericolo, e, per invocarne il patrocinio, fu offerto un artistico reliquiario d’argento ove fu riposta una costola del Santo, portata a Spoleto da Fra Tommaso da Spoleto, che l’aveva ottenuta dal Re di Francia, nel settembre del 1702.
Esso era portato in processione quando si avvertivano lievi scosse di terremoto.
Nella prima metà del Settecento fu rinvenuto dalle monache il teschio di un giovane dell’età di circa venti anni, che una commissione di periti, il 7 dicembre 1745, identificò come la testa del santo.
Dopo il terremoto della notte fra il 4 e 5 giugno 1767 fu portata in processione per la Città la reliquia della sacra Testa, e vi intervenne la Magistratura in forma ufficiale; vi presero parte anche tutte le famiglie religiose dimoranti in Città e le confraternite di Spoleto e del contado.
Nel 1788 l’interno della chiesa fu integralmente ricostruito con forme settecentesche come confermato dall’iscrizione sulla porta, elaborato secondo il nuovo gusto neoclassico su progetto del Valadier che, probabilmente, ne disegnò anche gli altari.
Il Sommo Pontefice Pio VII, il 13 maggio 1805, procedeva alla ricognizione canonica della Sacra Testa del Martire, e la riponeva nel nuovo reliquiario conservato in questa chiesa.
Numerose opere d’arte e suppellettili sacre di proprietà del monastero furono alienate a seguito della soppressione napoleonica del 1810 e delle demaniazioni del 1860.
Dopo il 1860 chiesa e monastero passarono al Comune per poi essere acquistati, nel 1899, dalle famiglie Antonelli e Campello che, successivamente, li restituirono alle monache, che nel frattempo avevano continuato a viverci.
Dopo il terribile terremoto del 20 maggio del 1895, nonostante il forte laicismo dei tempi e i numerosi anticlericali e massoni che ricoprivano le cariche pubbliche, vi fu una imponente processione di ringraziamento con la partecipazione di tutte le Istituzioni presenti in Città.
Dal 1905 è abitato dalle canoniche regolari lateranensi di sant’Agostino, che erano già presso la chiesa della Stella a Spoleto.
Nel 1970 sono state restaurate la facciata e la cripta.
 

Aspetto esterno

Il complesso monumentale, dedicato al Santo patrono di Spoleto, è formato dalla basilica e dal monastero benedettino, in origine maschile, e successivamente femminile.
Sopra l’arco di accesso è inserita una piccola nicchia ove è una raffigurazione, del XVII secolo, di San Ponziano, armato e a cavallo.
Della costruzione originaria restano la facciata, il campanile, l’abside e la cripta.
La facciata si presenta nella forma consueta delle chiese spoletine della seconda fase romanica, che subirono l’influsso della vicina basilica paleocristiana di San Salvatore, è evidente la familiarità con quella del San Felice di Narco.
È delimitata da due lesene con capitelli corinzi che coincidono con la navata centrale ed è suddivisa in due ordini da cornici con archetti pensili.
Sul lato sinistro si erge l’alto campanile, originario solo fino alla demarcazione relativa alla seconda cornice, l’aspetto originario era quello di un mastio di fortilizio, quale forse era, poi ingentilito dall’aggiunta della torre campanaria.
Sul lato destro si nota il profilo di una navata laterale più bassa.
Nella parte inferiore si apre il portale architravato riquadrato da una cornice musiva cosmatesca e sormontato da un arco con decorazioni scultoree.
Nell’architrave c’è l’Agnus Dei, tra un leone e un’aquila e si legge la seguente iscrizione:
SIT PAX INTRANTI SIT GRATIA DIGNA PRECANTI ESSE MEME(N)TO LUTU(N) TEMEM(ENTO) CINERECUM(UE) FUTURU(M) ACCIPIA(S) BENIA(M)LACRIMIS GENITUS(S) –Q(UE) PETITA(M);
(A te che entri in pace, a te che preghi la grazia che meriti; ricordati che sei fango e diventerai cenere; generato tra le lacrime ricevi il perdono supplicato).
Alla base degli stipiti ci sono due leoni.
Nella zona mediana si trova il rosone, di cui rimane solo la cornice esterna con bassorilievi raffiguranti i quattro Evangelisti con le relative inscrizioni e fiancheggiato da due semplici finestrine rettangolari, il cui spazio originario doveva essere riempito da altrettante bifore; le sculture si ricollegano a quelle delle facciate della Cattedrale e di San Pietro fuori le mura, a testimonianza dell’esistenza a Spoleto di maestranze operanti tra la fine del secolo XII e l’inizio del XIII, con propri caratteri e con spiccata sensibilità artistica.
La facciata si conclude con un massiccio timpano di coronamento decorato anch’esso da una cornice di archetti pensili, probabilmente realizzato nel XIV secolo.
La chiesa ha un impianto basilicale a tre navate caratterizzato da tre leggiadre absidi semicircolari terminali esterne, ornate da una serie di archetti pensili, ripartiti da tenui lesene, simili alla cornice superiore della facciata ove si rilevano inflessioni goticheggianti.
La navata centrale ha copertura con volte a crociera.
 
 
 

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Interno della chiesa

Ha pianta a tre navate, con un presbiterio sopraelevato e una cripta sottostante.
La navata centrale e il presbiterio conservano il pavimento settecentesco.
Nella controfacciata, collocato su una cantoria, si trova un organo a unico corpo sonoro contenuto in cassa lignea, probabilmente costruito da esponente dei Fedeli nella seconda metà del XVIII secolo.
Sull’altare della navata sinistra si trova una tela raffigurante l’Immacolata con Santi.
Alla sinistra dell’area presbiteriale c’è un bel Crocifisso, già sito nel refettorio, attribuito al Maestro di San Ponziano, sulla predella è dipinta la raffigurazione del santo a cavallo.
La tela dell’altare maggiore ritrae la Decapitazione di San Ponziano sul Ponte Sanguinario.
Sulla parete destra del Presbiterio una tela raffigura la Madonna col Bambino tra santi.
In fondo alla navata destra c’è poi l’urna che raccoglie le spoglie della Beata Marina Petrucciani, monaca spoletina morta nel 1501 nel Monastero di San Matteo, in odore di santità. Sull’altare della navata destra si trova una tela raffigurante San Francesco che riceve le stimmate.
 
 
 

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Coro delle Monache e Abside Centrale

A sinistra del presbiterio si apre una porta (l’ambiente non è accessibile al pubblico) che conduce alla piccola sagrestia e al coro delle monache.
Appena varcata alla porta si trovano i resti dell’arco trionfale della vecchia chiesa romanica.
Su una parete dell’ambiente successivo si trova un affresco raffigurante Sant’Onofrio a sinistra e, a destra, l’Angelo della Pace.
La successiva porta, posta di fronte, conduce alla piccola sacrestia, ricavata in corrispondenza all’abside di sinistra, doveva essere completamente affrescata, ma non ne rimane traccia.
A destra si accede al coro, che occupa lo spazio del presbiterio della chiesa romanica; vi si conserva il cranio di San Ponziano che, nel giorno della ricorrenza, è portato in processione per la città.
La parete che separa il coro dalla chiesa è quasi interamente coperta da una Crocifissione con cinque santi, da sinistra si riconoscono Sant’Antonio da Padova, la Madonna, Santa Maria Maddalena, inginocchiata ai piedi della croce, San Giovanni evangelista, un Santo francescano non riconosciuto.
Sullo sfondo è riprodotto il panorama di Spoleto; da un cartello di difficile lettura, sovrastato da uno stemma, si apprende che l’affresco è stato fatto eseguire da una monaca, dal nome illeggibile, nel 1594.
Sotto sono raffigurate alcune monache, sopra, negli archetti, altri santi non riconosciuti.
L’abside centrale doveva essere interamente affrescata, purtroppo l’apertura di una finestra ha compromesso malamente l’opera, si scorgono a malapena i resti di una Crocifissione con la figura della Madonna e il volto del Cristo ancora leggibili.
Sulla destra v’erano altri affreschi, si riconosce la testa di un Santo vescovo.
 
 
 

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Cappella e Abside di destra

Le due porte laterali di destra conducono (l’ambiente non è accessibile al pubblico) ad una cappella ornata da una tela raffigurante la Madonna col Bambino coronata da angeli tra i santi Antonio abate e Bernardino da Siena.
Dalla cappella è possibile vedere quel che resta della decorazione trecentesca dell’absidiola destra: sulla calotta, al centro, San Michele Arcangelo che pesa le anime e trafigge con la lancia il demonio, a destra Santa Apollonia, sul tamburo a sinistra Sant’Onofrio riceve la comunione da un angelo, al centro Flagellazione di Cristo, a destra Crocifissione.
 
 
 

Cripta

Si accede alla cripta dalla porta in fondo alla navata sinistra.
Nell’androne, a destra, rimane una piccola parte dell’originaria costruzione, due colonne con capitelli romanici su cui poggiano archi con centine in conci ben connessi.
Nella parete di fronte rimane parte di un affresco del seicento: Madonna in gloria, tra San Francesco d’Assisi e Sant’Antonio da Padova.
Scendendo di pochi gradini si nota un notevole sarcofago, che sicuramente apparteneva all’antico cimitero di San Ponziano, assieme agli altri tre posti all’interno della cripta.
La cripta, che ha conservato l’impianto originario del XII secolo, si presenta suddivisa in tre corte navate con absidi terminali di cui la centrale, molto più ampia è a sua volta divisa in tre navatelle concluse da altrettante absidiole; la copertura è con volte a crociera sostenute da colonne.
Per la costruzione fu utilizzato molto materiale di spoglio: nella navata mediana elementi rastremati verso l’alto, usati come colonne, con capitelli di spoglio, furono accostati ai tozzi pilastri cruciformi.
Una colonna è stata riutilizzata invertendo capitello e base.
La cripta fu coperta di affreschi nei secoli XIV e XV secolo.
Il primo affresco che si incontra nella navata sinistra rappresenta la Madonna tra San Sebastiano e un altro santo, datato 148…, molto frammentario e di mano scadente; a seguire San Bernardino da Siena.
L’affresco seguente, datato 1481, rappresenta un fanciullo nudo che reca i segni di un completo martirio, con la mano destra regge il vessillo crociato, con la sinistra uno scudo su cui sono allineati gli strumenti della tortura, per molto tempo si è attribuita tale raffigurazione a San Ponziano, il santo patrono della città di Spoleto, più di recente alcuni attributi del martirio nonché la presenza di figure identificabili come ebrei, rappresentati con il tipico copricapo giallo e i nomi inseriti ai lati, hanno fatto riconoscere il piccolo fanciullo in Simonino da Trento.
Scomparso misteriosamente la sera del giovedì santo del 1475, il corpo del bambino fu ritrovato la mattina di Pasqua, orribilmente straziato, nello scantinato della casa di un ebreo.
Gli ebrei di Trento furono immediatamente accusati di aver perpetrato un omicidio rituale.
Dagli atti del processo che si svolse subito dopo risulta evidente come si fosse tentato di dimostrare ad ogni costo la colpevolezza degli ebrei.
Il piccolo Simone fu presto considerato un martire e il suo culto si andò propagando così rapidamente che Sisto IV fu costretto a proibirne ogni forma, non essendo stato ancora assodato il vero motivo della morte.
Il culto si era diffuso soprattutto nell’Italia nord orientale e in Germania meridionale, grazie anche alla vivace pubblicistica dell’ambiente umanistico di cui faceva parte Johannes Hinderbach, vescovo di Trento dal 1465 al 1486, che commissionò personalmente alcune rappresentazioni del soggetto e scrisse l’Historia beati Simonis tridentini, rimasta incompiuta.
Il culto fu ufficialmente abrogato nel 1965.
La rappresentazione del fanciullo, venerato principalmente nel Trentino, nella cripta di San Ponziano è unica in Umbria ed è sorprendente trovarlo in una chiesa che era allora (1481) monastero femminile benedettino, mentre il culto del santo era particolarmente caro ai Minori Osservanti, che promossero la causa di Simonino poiché essa ben si adattava ai contenuti antiebraici della loro predicazione e in modo particolare alla lotta all’usura.
Del resto la loro influenza sul monastero era così forte che alcuni decenni dopo esso era già in mano alle Clarisse.
Non è certo per caso che sia raffigurato vicino a San Bernardino da Siena, santo dell’osservanza minoritica.
Sin dalla fine del XIII secolo il prestito su pegno era infatti esercitato esclusivamente dagli ebrei, cui già nella prima metà del Quattrocento gli Osservanti strapparono il monopolio istituendo i Monti di Pietà e Frumentari.
Nel clima fortemente antiebraico fomentato dagli Osservanti e dalla predicazione popolare, anche a Spoleto furono prese misure discriminatorie nei confronti degli ebrei e nel 1469 comparve il primo Monte di Pietà.
Studi recenti hanno stabilito che Simonino era invocato anche come santo terapeuta contro l’anemia mediterranea.
Dal punto di vista stilistico l’opera è attribuibile a Bernardino Campilio da Spoleto, eseguita nel 1481, caratterizzata da una linea di contorno incisiva, da colori chiari e vivaci, spesso reperibili in questo artista di raggio squisitamente locale.
Da segnalare che in questo San Simonino l’ombelico contiene un triangolo e nel dirimpettaio è raffigurato come un occhio.
A seguire San Sebastiano, con in basso il piccolo committente inginocchiato, accompagnato dalla scritta: QUESTA (FIGURA) A<F(ACTA)> FARE ANTONIO DE [MARINO DE CELLA], DIE XXVII SEPTE(MBRE) <1479>; poi una Madonna in trono con Bambino, opera di un ignoto pittore umbro di ispirazione giottesca, convenzionalmente chiamato Maestro di San Ponziano, di qualità non comune, come si rileva nel sicuro impianto delle figure e nella ricercata architettura del trono; in basso si scorgono i ganci per reggere la lampada ad olio, segno di particolare devozione, tutto intorno si notano segni dei chiodi dove erano ex-voto.
Sotto alcune piccole figure di difficile interpretazione, probabilmente ex voto di guariti dall’anemia mediterranea.
A seguire San Rocco, recante la legenda: Q(UE)STA A F(ACTA) F(ARE) ANTONIO DE MARINO DE CELLA, 1479; poi un’altra Madonna in trono con Bambino, attribuibile forse a Paolo da Visso e comunque ad un discreto pittore della seconda metà del Quattrocento.
Segue ancora una Madonna in trono con Bambino, datata 1478 e attribuibile a Bartolomeo da Miranda, infine un altro Simonino da Trento, di iconografia e di mano del tutto simile all’’antistante, si legge la scritta frammentaria: /QUESTA (FIGURA)] A F(ACTA) FARE TOMASO DE BARTFO/OJ DE M(ORI)CONE.
Ai piedi del bimbo, volutamente sfregiate come simbolo odiati, s’intravedono le teste di alcuni ebrei, riconoscibili dai copricapi gialli; di uno di questi volti rimangono solo i peli della barba bianca, è identificato da una scritta superstite MOISE tracciata a tempera all’altezza della tibia destra.
Altri resti di lettere visibili su due berretti gialli potrebbero essere letti come TOBIA, a destra e SAMUELE, a sinistra.
Una delle figure sfregiate sembra corrispondere ad un viso femminile, a giudicare almeno dalla veletta che lo incornicia; potrebbe trattarsi di una certa giudea Brunetta.
Nella seconda, terza e quarta navata sono disposti tre sarcofagi anepigrafi con coperchio a schiena d’asino.

Molto particolari le quattro colonne, costituite da materiali di risulta che fronteggiano l’Abside della navata centrale.
Due di esse, quelle posteriori, non sono cilindriche ma coniche.
Forse erano le mete di un circo, le colonne intorno alle quali i cavalli o le bighe facevano la curva. Poiché a Spoleto non c’è mai stato un circo, si suppone che provengano da quello di Mevania (Bevagna).
La colonna anteriore destra è montata con il capitello rovesciato e posto in una specie di buca, a livello più basso del pavimento.
Si tratta di un capitello realizzato in stile composito, che si differenzia degli altri per il fatto di essere ben conservato e di non essere stato adattato all’altezza tra il pavimento e il soffitto a volte.
Secondo talune interpretazioni il rovesciamento simboleggia l'”anticristo” o il diavolo. Alcuni, con più fantasia, osservando il capitello rovesciato, ci han visto due grandi occhi aperti e una bocca spalancata, leggendo nell’aspetto antropomorfo una raffigurazione del Santo Patrono.
Un’altra interpretazione indica questo punto come il luogo che, in seguito alla decollazione, la testa mozzata del santo avrebbe miracolosamente raggiunto, effettuando tre lunghi balzi, da qui avrebbe preso a zampillare una fonte di acqua purissima.
In quel luogo sacro, sempre secondo la tradizione agiografica, sarebbero state costruite successivamente la tomba e la chiesa romanica intitolata al santo martire di Spoleto.
Probabilmente, molto più prosaicamente, si tratta di una installazione “alla buona“.
Chi ha trovato una mezza colonna l’ha messa col capitello in basso, perché dava più stabilità.
La mezza colonna superiore, poi, proviene da altro ricavo, infatti è diversa dalla parte inferiore.
L’altare che era sotto l’abside è stato spostato.
Nell’abside centrale Crocifissione con due Marie e l’animula portata in cielo, di un pittore umbro del secolo XIV, identificabile nello stesso Maestro di San Ponziano, la croce è stranamente disegnata a Y, forse per motivi prospettici, l’animula portata in cielo da due angeli è, probabilmente, l’unica raffigurazione di San Ponziano presente nella cripta.
In Maddalena e Maria, la Maddalena sembra osservare qualcosa in basso, Maria sembra protendere le mani, anch’essa verso qualcosa posto in basso, la presenza di due fori sul muro porta ad ipotizzare che qui, su di una mensola, fosse distesa la statua lignea di San Ponziano, opera dello stesso maestro che ha affrescato l’absidiola, hanno così senso l’atteggiamento della Maddalena che guarda amorevolmente il martire e della Madonna che protende pietosamente le mani verso la testa recisa di Ponziano.
Da notare che la statua ha la testa recisa dal corpo, non è un danneggiamento, è stata scolpita proprio così.
Nell’absidiola seguente una Trinità: sullo sfondo il Padre, insolitamente raffigurato di aspetto giovanile, il Figlio in croce, lo Spirito Santo simboleggiato dalla colomba, insolitamente posata sulla croce anziché in volo.
Sulla sinistra sono raffigurate un gruppo di donne oranti, a destra un gruppo di uomini.
Da taluni critici l’affresco è attribuito al Maestro della Dormitio di Terni o al suo seguace Maestro del Trittico di Terni.
Nella volta Quattro angeli, curiosa e di difficile spiegazione la presenza di un triangolo rosso sulla loro testa; nel muro a destra Sant’Onofrio e San Girolamo, tutte opere di un pittore umbro della prima metà del secolo XV, di carattere tardo gotico, da taluni identificato come il Maestro di Eggi.

Nella parete di fronte a questa abside Madonna con Bambino, di un pittore umbro di buona qualità della prima metà XV secolo, che ricorda Bartolomeo da Miranda; a fianco una grata.
Nel pilastro altra Madonna con Bambino, attribuibile ad un pittore umbro di scuola spoletina affine a Jacopo Zabolino di Vinciolo; l’affresco ha una particolare lucentezza, sembra che sia stata aggiunta cera d’api all’impasto.
Nella navata di destra c’è una grande figura di Angelo con due oranti, affresco opera del Maestro di Fossa, pittore spoletino tra i migliori umbri della metà del Trecento, la presenza di polvere d’oro e polvere di lapislazzulo conferiscono un particolare colore e brillantezza alle ali.
Ai piedi dell’angelo un Pellegrino e una Bizzoca, inginocchiati e oranti, accanto a loro sono presenti interessanti iscrizioni graffite medioevali: un vero e proprio album di visitatori.
Vi si leggono i nomi di religiosi e laici, come un FR. VUCCUNELLO LIBIER DE LIEGR., MICHAEL DE GUBIO, che fu a S. Ponziano nel 1515 e 1516; un FR. SCOSSO; un FLORENTIUS DE RENO che vi fu nel 1467; un altro che fu di passaggio il 17 dicembre 1490.
Sulla sinistra, parzialmente erasa, c’è la firma di un MARTINELLU DA MADRINA (Macerino) del secolo XV.
La più frequente è una certa CATARENA DE MONTE che ricorre più volte, forse ad opera di qualche spasimante.
La scritta più interessante del gruppo, forse da riferire alla stessa Caterina, solcata con buona grafia del secolo XV e che sembra uscire a mo’ di fumetto dalla bocca della bizzoca, recita in rima: BENE E PEGGIO CHOCHA / CHI MAI AMO BISOCHA / CHE PORTANO FEDE POCHA / AL MIO PARERE.
Si può cosi tradurre: “Sbeffeggia bene e peggio chi s’innamora di una bizzoca, ché sono di poca fede a mio parere“.
Sulla parete sinistra dell’absidiola sono visibili due disegni preparatori.
 
 
 

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Monastero

Oggi completamente ristrutturato e adibito ad accoglienza è ornato da un arioso chiostro e da un bel giardino.
All’interno del monastero è custodito il teschio di San Ponziano, che ancora oggi viene portato in processione il 14 gennaio.
La reliquia è esposta fino alla domenica successiva in occasione delle celebrazioni per la festa del martire-patrono.
La tradizione popolare vuole che durante tale periodo si senta il pianto delle monache private della loro sacra reliquia.
Nella sala capitolare del monastero è conservato un grande affresco datato 1482 che rappresenta la Madonna con il Bambino tra i Santi Benedetto e Ponziano, patroni di Norcia e Spoleto.
Il complesso comprende una casa d’accoglienza che occupa alcuni locali del monastero.
È una moderna struttura ricettiva che mette a disposizione degli ospiti mini appartamenti, camere, ristorante, bar e sala conferenze.
 

Fonti documentative

ANGELINI ROTA GIUSEPPE, Spoleto e dintorni. Spoleto, Panetto & Petrelli, 1905
CORDELLA ROMANO, Simonino da Trento e un graffito scherzoso sulle pareti di S. Ponziano, in Spoletium n. 34 -35 1990
DELPRIORI ALESSANDRO La scuola di Spoleto Immagini dipinte e scolpite nel Trecento tra Valle Umbra e Valnerina QUATTROEMME, 2015
FARNEDI G., TOGNI N. I monasteri benedettini in Umbria 2014
FAUSTI LUIGI, Le Chiese della Diocesi di Spoleto nel XIV secolo secondo un codice del XVI secolo, Archivio per la storia ecclesiastica dell’Umbria, Foligno, 1913
GENTILI LAMBERTO, Spoleto formato cartolina. Album di storia urbana 1890-1940, Spoleto, Associazione pro Spoleto, 1986.
GENTILI LAMBERTO, GIACCHÈ LUCIANO, RAGNI BERNARDINO, TOSCANO BRUNO, L’Umbria – Manuali per il territorio – Spoleto – Edindustria Roma, 1978
GUARDABASSI MARIANO, Indice-guida dei monumenti pagani e cristiani riguardanti l’istoria e l’arte esistenti nella provincia dell’Umbria, Perugia, G. Boncompagni, 1872
GUARINO FRANCESCO E MELELLI ALBERTO Abbazie Benedettine in Umbria edizione Quattroemme
JACOBILLI LUDOVICO, Vite de’ Santi e Beati dell’Umbria, 1656.
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SENSI MARIO (a cura di) Itinerari del Sacro in Umbria
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Passiones di Pontianus e Concordius presbyter in Leggendario di San Felice di Narco, conservato presso l’Archivio Diocesano del Duomo di Spoleto
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Archivio monastico, con carte inedite a partire dal secolo XII, conservato alla Sezione di Archivio di Stato di Spoleto

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https://www7.tau.ac.il/omeka/italjuda/items/show/811

 

Nota di ringraziamento

Si ringrazia la gentilissima Madre Superiora per aver consentito di effettuare foto in ambienti normalmente non aperti al pubblico e la loro pubblicazione.
 

Nota

Il testo è stato realizzato da Silvio Sorcini.
 

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