Antico porto di Stifone – Narni (TR)
Cenni Storici
Sovrastato dalle balze rocciose su cui poggia il sovrastante castello di Taizzano, sito lungo la riva sinistra del fiume Nera era l’antico porto dell’antica Narnia, in uso, dall’epoca romana sino al XVIII secolo, per il trasporto di legname, laterizi e derrate alimentari dall’Umbria fino a Roma.
È probabile che la struttura servisse inoltre anche per un regolare trasporto di persone verso Roma, come riferisce Tacito, il console Gneo Calpurnio Pisone nell’anno 19 d.C. raggiunse la capitale imbarcandosi proprio a Narni.
Nelle vicinanze è stato scoperto il sito archeologico di un probabile cantiere navale romano, attualmente non fruibile da visitatori.
Nel 1850, in località “Orto della Molina“, venne alla luce una stele funeraria dedicata a Gargilius Ianuarius.
Nel 1914 furono rinvenuti i resti di una vasca ad uso termale, con muri di opera laterizia poi datati al II secolo d.C.
Qualche anno più tardi fu recuperato un mosaico a tessere databile all’età imperiale.
Nel 1970, dallo stesso sito, in località “Orto della Molina“, fu recuperata una seconda stele funeraria, dedicata stavolta a Pompeius Sabinus.
Il centro storico del paese fu invece edificato principalmente nel periodo che va dal XIV al XVI secolo, quando Stifone divenne il fulcro degli interessi agricoli della famiglia Silori, uno dei ceti narnesi più rilevanti, che costruì la maggior parte delle abitazioni, destinate alle numerose famiglie di contadini e artigiani che prestavano la propria opera per il “signore“.
Stifone era sin dal Medioevo noto per la numerosità dei suoi mulini ad acqua, di cui il più importante era noto come Mola Alberti, dal nome della famiglia proprietaria.
L’abbondanza d’acqua, sia di fiume che sorgiva, ha giovato molto all’economia del luogo, nei tempi passati.
Grande importanza rivestì la ferriera pontificia, sorta per raffinare il minerale estratto dalle rocce del monte Santa Croce.
Essa fu costruita nel 1707 dalla Reverenda Camera Apostolica e nel 1713 fu rilasciata a un cittadino genovese la licenza per lo sfruttamento delle miniere e per l’utilizzo della ferriera.
Negli antichi statuti delle Corporazioni, in particolare in quello dell’Arte della Lana, si riscontrano notizie su Stifone come sede, dal XIV al XVIII secolo, di alcune gualchiere, ove si eseguiva la follatura della lana.
I gualchierai, che a Stifone arrivarono ad essere nove nel XVI secolo, si tramandavano il mestiere di padre in figlio; iscritti all’Arte della Lana, corporazione soppressa solo nel 1782.
Sulle cascate dell’acqua sorgiva nelle vicinanze della Mola Alberti, su impulso dell’ingegnere Aldobrando Netti, nativo di Stifone e pioniere dell’energia elettrica in Italia, furono anche messe in funzione nel 1892 due tra le prime centrali idroelettriche italiane, utilizzate anche per illuminare la città di Narni.
Dal 1939 esse sono sommerse dall’invaso artificiale usato per alimentare la centrale ex-Valdarno.
L’invaso ha anche coperto lo sbocco di diverse sorgenti naturali, che riescono a fornire un flusso complessivo di circa 10 m³/s.
Questa conformazione economica e sociale si protrasse fino a dopo la Prima guerra mondiale, quando l’industrializzazione della provincia di Terni attrasse la manodopera di Stifone verso il lavoro operaio.
Ancor oggi Stifone è un luogo in simbiosi col Nera, le cui acque di un blu incredibile carezzano le rovine dei suoi opifici.
Scendendo verso il Nera si incontra una sorgente posta in una grotta, c’è ancora danneggiata, la pompa utilizzata per attingere l’acqua.
Vicino antichi lavatoi da cui scaturisce un abbondante flusso d’acqua sorgiva; di sorgenti nei pressi di Stifone che ne sono molte, ma la maggior parte sono ora sotto il livello dell’invaso, sono loro che conferiscono alle acque del fiume un incredibile colore azzurro.
Dell’Eremo di Santa Betta o Monastero di San Giovanni, posto sopra Stifone sull’altra sponda del Nera, rimangono pochi ruderi degli edifici e delle cisterne per l’acqua.
La piccola chiesetta conserva ancora intera la volta, il transetto, l’abside e l’ingresso, i locali adiacenti la chiesa versano in condizioni ancora peggiori, il piano rialzato dove era ubicato presumibilmente il dormitorio è praticamente crollato, mentre a piano terra si può identificare ancora un locale cucina e refettorio, con un forno per la cottura.
Come detto non sono attualmente visitabili i resti del presunto cantiere navale romano di Stifone, posti qualche centinaio di metri più a valle. È probabile che il cantiere sia nato nel corso della prima guerra punica, quando i romani si trovarono nella necessità di approntare dal nulla una grande flotta da guerra per affrontare la rivale Cartagine.
Sono altresì di difficile individuazione i resti del porto romano, che il professor Alvaro Caponi suppone siano addirittura di origine etrusca.
Al momento (2018) l’area è nel più totale abbandono, la zona non è mai stata oggetto di approfondite indagini archeologiche né di prospezioni, ma solo di ricognizioni, e di rilievo topografico delle strutture in occasionali ripuliture della zona dalla fitta vegetazione.
Appare opportuna un’adeguata indagine archeologica della zona, interessata anche da numerose altre testimonianze di epoca romana, che ne consenta la piena comprensione e valorizzazione, per accrescere l’interesse verso un sito di notevole valenza paesistica e ambientale, ad oggi sconosciuto ai più e non adeguatamente valorizzato.
La Chiesa di Santa Marina
Il piccolo edificato ha mantenuto quasi intatte le sue caratteristiche, con abitazioni costruite per lo più tra Trecento e Seicento.
Quasi all’ingresso si trova, incastonata tra due piazzette, la Chiesa di Santa Marina.
L’attuale facciata ha un semplice portale in cotto sormontato da una finestra e da una finestrella sovrapposte.
Il campanile è a vela a doppio fornice, dispone di tre campane, è allocato lateralmente, in fondo alla parete di sinistra.
Sempre sulla parete sinistra si apre un portale, troppo elaborato e di dimensioni troppo grandi per essere una semplice porta secondaria; è probabile che un tempo fosse l’ingresso principale della chiesa, molto più piccola dell’attuale, poi, presumibilmente nel XVII secolo, ne è stato modificato l’orientamento con l’addizione di ulteriori due campate.
Interno
L’interno è a navata unica, partito in tre campate con volte a crociera, si presenta oggi in forme seicentesche, ornato da tre altari.
A sinistra dell’entrata si trova un bel fonte battesimale.
Appena dopo la porta sulla parete sinistra è posta un’acquasantiera in marmo, sulla parete sinistra del presbiterio si trova un grazioso tabernacolo ligneo.
Sopra una modesta tela raffigurante la Madonna su una nuvola tra angeli, sotto San Francesco e altri due frati francescani.
La macchina lignea seicentesca dell’altare principale incornicia un affresco di ingenua mano ove Cristo, lo Spirito Santo in forma di colomba e Dio Padre incoronano la Vergine, in basso si intravede un San Michele arcangelo, intento a trafiggere il demonio, tra le teste di Santa Rita da Cascia e San Sebastiano.
Sul lato destro del presbiterio una tela con soggetto analogo a quello dell’affresco della parete d’altare, Cristo, lo Spirito Santo in forma di colomba e Dio Padre incoronano la Vergine, in basso un Santo e Santa Marina, col pargoletto che le era stato attribuito come figlio.
Narra, infatti, la leggenda della Santa, che era figlia di un vedovo, divenuto frate alla morte della moglie, Marina fece anche lei il suo ingresso al convento travestita da uomo e col nome di Marino.
In un giorno di questua si fermarono a dormire in una locanda, proprio mentre la figlia dell’oste rimase incinta di un soldato.
Scoperta, la giovane incolpò Marino che per questo fu cacciato dal convento.
Quando il bimbo di quest’ultima nacque, lo portarono da Marino, che lo allevò come fosse suo.
Quando un bel giorno Marino fu riammesso al convento, dovette sottostare ai più duri servizi che lo fecero ammalare fino alla sua morte, nel seppellirlo, si accorsero che in realtà era una donna e fu da subito venerata come santa, anche dalla sua accusatrice, che, presa da un demonio, ne fu liberata.
La tela posta sul secondo altare di destra raffigura Santa Lucia, Sant’Antonio Abate e un Santo francescano.
Sul primo altare di destra Madonna del Rosario.
Nota
La foto dell’eremo di San Giovanni è tratta da http://utecnarni.altervista.org/il-monastero-di-san-giovanni/
La foto del cantiere navale è tratta da https://it.wikipedia.org/wiki/Cantiere_navale_romano_di_Stifone
Le altre foto della galleria fotografica sono di Alberto Monti e Silvio Sorcini, il testo è di Silvio Sorcini.
Nota di ringraziamento
Si ringrazia la diocesi di Terni – Narni – Amelia per la cortese collaborazione e per l’autorizzazione alla pubblicazione delle foto
Fonti documentative
CAPONI ALVARO, I segreti del porto etrusco e il cantiere navale di Narnia: ritrovamenti unici al mondo: Villa Pompeia Celerina, Ricerca obiettivo, 2006
https://it.wikipedia.org/wiki/Stifone
https://it.wikipedia.org/wiki/Cantiere_navale_romano_di_Stifone
http://www.londrainitaliano.it/sullantico-porto-fluviale-di-narni-facciamo-il-punto/
http://utecnarni.altervista.org/la-ferriera-di-stifone/#1760
http://utecnarni.altervista.org/il-monastero-di-san-giovanni/