Castello di Morleschio – Civitella Benazzone


 

Cenni Storici

Il castello di Morleschio (m. 360) si trova tra le dolci colline di Civitella Benazzone lungo la strada che da Casa del Diavolo porta a Santa Cristina di Gubbio.
L’anno di origine è incerto si presume nel XII secolo.
Nel 1402 le truppe pontificie di Bonifacio IX (1389-1404), occupavano il castello di Morleschio il quale, subito dopo, capitolò ai popolani perugini.
Gravemente danneggiato, ottenne, nel 1452, lo sgravio di 25 fiorini per riparare le mura.
Dal 1436 appartenne al nobile Agamennone I di Giacomo Arcipreti il quale, dopo aver ricoperto la carica di governatore pontificio a Città di Castello, ritornò a Perugia e divenne frate dell’Osservanza di San Francesco.
 

Aspetto

L’impianto dell’ edificio è di matrice castellana con cinta muraria e torrione con feritoie.
Passando sotto un arco ogivale sormontato da broccatelli si arriva nella piazza ove si affacciano le antiche costruzioni in pietra arenaria; fa parte del complesso anche la chiesa di Sant’Andrea Apostolo ove sono visibili affreschi del XIV secolo.
 
 
 

Il Tabernacolo di Morleschio

All’interno della chiesa di Sant’Andrea di Morleschio è conservato un antico tabernacolo che da Guerrino Lovato e Giorgio Foresti è stato attribuito ad Andrea Palladio e Gerolamo da Santacroce; il primo ha realizzato il progetto, un ignoto intagliatore veneziano lo ha costruito intorno al 1550 ed il Santacroce lo ha dipinto.
Secondo gli autori il Palladio nel 1547 progettò per Giangiorgio Trissino all’Ospedale del Santo Spirito in Saxia vicino al Vaticano, due Cibori marmorei alti circa 10 metri che poi furono realizzati; quello della chiesa venne demolito nel 1674 ed il tabernacolo è tuttora disperso e l’altro Ciborio è ancora sul posto nell’Ospedale, ma privo del tabernacolo.
Si suppone che questo tabernacolo, finito e salvato a Morleschio sia esattamente quello di Palladio, citato dalle fonti assieme al ciborio marmoreo “come ligneo dorato e figurato e con cupola, ora assente“.
Questo viene citato per l’ultima volta da Antonio Cioia di Roma che lo indica presente dal 1601 al 1835 “altare con sua tribuna sostenuta da quattro colonne e tabernacolo simile operato il tutto d’Andrea Palladio Architetto“.
La bellezza armonica e curatissima dell’insieme rimastoci ci informa parecchio sull’autorevole attribuzione.
Quattro timpani di proporzionata fattura sono sostenti da arricciate mensole ornate dalle quali piovono festoni appesi.
Nel timpano un fregio con patera classica a nascere due rami di vite di elegante fattura come il fregio sottostante con l’aquila traianea imperiale, ma anche giovannea cristiana, portante due ampie firmati tranci di vite eucaristica.
Aquila e tralci che troviamo ripetuti al di sotto, all’interno della magnifica porta, tipo villa Barbaro a Maser, ornata di due collane di perle e di ovoidali fusi.
Quest’ultimo fregio con la seconda aquila, poggia su di un esile timpano orizzontale che sormonta gli stipiti di una porta interna che è quella del tabernacolo stesso dove è dipinto il Risorto.
Altri festoni pendono ai lati di questa porta che come gli altri verticali hanno, tra le altre figurazioni, doppi calici con l’ostia sacra: il pane è il sacro corpo, come l’uva è il sacro sangue, qui come vite e vino.
Al di sotto troviamo un fregio orizzontale di tralci, con al centro una testa alata di Cherubino, l’Eterno.
Questo prospetto è identico architettonicamente sui tre lati.
Al di sotto del tempietto vi è lo zoccolo elegante sul quale poggia, e, sul fronte sono dipinti sull’oro in piccoli ovali i santi patroni di Roma Papale, San Pietro e San Paolo con due angeli adoranti dipinti in quadrate cornici nei rispettivi lati.
Al centro, una vistosa frase dal Vangelo di San Giovanni in latino e in rima:
HIC DEUM ADORATE IN SPIRITU ET VERITATE. (Qui adorate Dio in Spirito e Verità).
Gli evidenti rimandi a San Giovanni l’Evangelista tradiscono una committenza di qualcuno, devoto per omonimia al Santo evangelista, in questo caso Giovan Giorgio Trissino mecenate di Palladio e colui che lo ribattezza neoantico e classico con questo nome olimpico, Palladio.
I due eleganti e umanissimi angeli di Girolamo da Santacroce con i gesti della Speranza e della Fede che vanno verso il Cristo Risorto, di umana anatomia verginale e volto parlante, si muovono in un primaverile paesaggio con luce mattutina che segna l’alba al nuovo mondo cristiano.
Qui il messaggio del paesaggio come stato d’animo e simbolo di paradisi in terra di Giovanni Bellini, arriva integro fino alla metà del ‘500.
La descrizione combacia perfettamente con il manufatto di Morleschio.
Questo tabernacolo veneto, per quanto di circa 25 anni prima di quelli grecheschi, ci indica che le iconografie poste dalla controriforma erano le medesime almeno in tutta Italia.
II maestro Lavato insieme al dott. Foresti, dopo lunghe ricerche, hanno ipotizzato che il prezioso Tabernacolo sia giunto a Morleschio grazie alla grande famiglia veneziana dei Grimani, mecenati e amici del Palladio, che aveva rapporti con la famiglia degli Oradini, proprietaria del Collegio che possedeva la chiesa e il castello di Morleschio.
Il cardinale Grimani sembra sia passato da Venezia per Roma, per poi essere inviato a Perugia dal Papa, per sedare le rivolte dei Perugini e in quell’occasione forse ha portato con sé il Tabernacolo, che in origine doveva trovarsi presso il Grande Ospedale del Santo Spirito in Saxia in Vaticano, dove si trovano i due “cibori” progettati dal Palladio.
 

Curiosità

Da Morleschio partiva la cosiddetta via del fuoco attraverso la quale, passando per Civitella Benazzone, Ponte Pattoli e Cordigliano, i contadini trasportavano legna da ardere a Porta Sant’Angelo per le necessità pubbliche e private della città di Perugia.
 

Bibliografia

Guerrino Lovato Vincenzo Catani – El Greco I tabernacoli italiani di Bettona e Castignano. Due straordinari capolavori emersi dal buio

http://turismo.comune.perugia.it

http://www.paesaggi.regioneumbria.eu

 

Nota di ringraziamento

Ringrazio Angela Fratellini per avermi fornito le foto del Tabernacolo e i relativi documenti per realizzare la descrizione.
 

Da vedere nella zona

Abbazia Celestina
 

Mappa

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