Chiesa di San Cristoforo – Fossato di Vico (PG)


 

Cenni Storici

Chiesa abbaziale del Duecento, perciò coeva alla costruzione di Fossato ai piedi del primitivo maniero, “sitam intus castrum fossati”, nonché “membrum abbatie sitrie”, come la definisce il 6 marzo 1566 il vescovo nocerino Mannelli durante la sua visita pastorale, aggiungendo che è “non mattonatam” ed inoltre “cum undecim sepulturis muratis” e 5 altari (contemporaneamente riferisce che le chiesa di San Sebastiano è “cum duo altaribus et quinque sepulturis”, quella extra castrum di San Benedetto con tre altari e due sepolture, quella di San Pietro con 5 altari e 26 sepulturis muratis).
La più antica notizia che di essa ci pervenga è del 24 giugno 1304 ed è in un atto pergamenaceo rogato “in castro Fossati in eccl. s.cti Petri” nella chiesa di San Pietro dal notaio Petrus Venturelle de castro fossati, citante il cappellano della chiesa di San Cristoforo, sorta quasi certamente nel secolo precedente: Marco di Maffuccio, cappellano della fossatana S. Cristoforo, in base ad una lettera del vescovo nocerino Giovanni che riconosce i diritti del monastero di S. Maria d’Appennino circa il possesso di una terra in “plagiis castri Fossati“, ammonisce il fossatano Anselmo di Giliolo a non molestare più il citato monastero intorno a tale terra.
Nella visita pastorale del 6 marzo 1566 il vescovo la definisce “membrum abbatie sitrie e sitam intus castrum fossati”, membro dell’abbazia di Sitria (come conferrna anche il Liber Beneficiorum) e ubicata all’intento del castello di Fossato, precisazione opportuna per non confonderla con l’omonima de Colle; aggiunge che ha cinque altari, che è “non mattonatam e cum undecim sepulturis muratis”, cioè con undici siti di sepoltura.
Anche se le carte non ce lo riferiscono, probabilmente alla chiesa appartengono anche dei monaci, ospitati nell’ampia casa contigua, cui si accede anche dalla conservata base del campanile, sovrastante il caratteristico vicolo che fiancheggia la chiesa stessa.
Come membro del Monastero di Fonte Avellana, di dantesca memoria, apparteneva all’ordine dei Camaldolesi, come già i monaci di San Pietro, uno dei più benemeriti della nostra storia per la protezione delle foreste, per la trascrizione dei codici, ecc..
La dipendenza di San Cristoforo dall’Avellana significa che era questa a procurare gli arredi sacri e a nominare di volta in volta il titolare.
Un prezioso arredo che tuttora si conserva a Fossato è la stupenda croce trecentesca alta cm 51, avente cinque figure in rilievo su ognuno dei due lati e recante la scritta “tempore domini bartoli mariani rectoris sancti loannis...” (ultima parola non decifrata).
In questo specifico caso la chiesa è denominata San Giovanni come dipendente nel ‘100 dal monastero di S. Maria d’Appennino e nel ‘300, appunto, dall’abbazia di Sitria.
Nella visita pastorale di pochi anni dopo, 12 aprile 1573, un altro vescovo (Mannelli) la definisce S. Cristoforo “de castro Fossati” e vuole che il campanile “resarciatur”, cioè sia aggiustato, evidentemente perché cadente.
Un’altra visita pastorale, ma nel 1605, conferma l’appartenenza di S. Cristoforo all’abbazia di Sitria, “cuius est membrum” e riferisce di un prete che la officia ogni giorno.
La particolarità di questa S. Cristoforo è che costituisce una delle due parrocchie storiche fossatane, ma non ha un suo territorio parrocchiale, così che i suoi parrocchiani sono cittadini dell’altra parrocchia, ovvero della pievania di S. Pietro; è dunque parrocchia soltanto quoad animas, per quel che riguarda le anime (benché possegga alcuni terreni) ed è tra le due la parrocchia minoritaria in quanto la grande maggioranza della popolazione appartiene alla parrocchia/pievania di S. Pietro.
In questo secolo ci sono le avvisaglie della crisi che diventerà definitiva nel secolo successivo; nel 1769 la chiesa, situata al rione detto la Portella ed avente per rettore un prete di Sassoferrato, risulta posseduta da un Abate Commendatario, che è anche conte e cardinale, che ha nominato parroco il citato rettore (il quale è tuttavia rimovibile ad nutum, cioè a piacere del Commendatario) e che per sua funzione ha l’obbligo del mantenimento della chiesa e di ciò che è della chiesa.
Non si sa come siano andate le cose, ma dalla storia si sa che gli abati commendatari, inviati dall’alto a porre rimedio a situazioni di crisi, sono quasi sempre risultati più dannosi dei mali che dovevano curare.
Di fine ‘700 è un documento riguardante le due entità ecclesiali ed è interessante anche perché costituisce una delle poche memorie della chiesa di S. Cristoforo, dopo la dispersione del suo archivio.
Si trova nell’archivio storico di Gualdo Tadino ed è un Registro manoscritto di epoca napoleonica, preceduto dall’intestazione Libertà – Uguaglianza, parole a cui fa seguito il titolo: Registro Civico di tutti i Cittadini, e Cittadine della Pievania di S. Pietro, e della Parrocchia di S. Cristoforo della Terra di Fossato, e suo Territorio fatto l’anno 1798 e primo della Repubblica Romana.
All’interno sono elencati famiglia per famiglia gli abitanti di tutti gli insediamenti del territorio, ognuno con il suo nome e la sua età.
L’800, possiamo definirlo il secolo della sua decadenza; un documento del 29 mano 1809 parla di sospensione della chiesa e del suo cattivo stato, mentre da un altro documento del 14 maggio 1810 si apprende che l’Abbate di S. Maria di Sitria non nomina il parroco di S. Cristoforo e che è nelle intenzioni del vescovo di sopprimere la Parrocchia.
Una scritta parla di un restauro nel 1820, che sicuramente non salva i frammenti di affreschi tre-quattrocenteschi oggi ridotti a quasi niente e già allora senz’altro in via di scomparsa; tale restauro, anzi, è probabilmente responsabile dell’abbattimento del transetto (rovinato dall’umidità che penetra da est nella chiesa), che completava la pianta a croce latina.
Nel 1836, con Decreto di Gregorio XVI, l’abbazia di Sitria, ordine camaldolese di osservanza benedettina, viene incorporata a quella di S. Croce di Fonte Avellana, che naturalmente incorpora anche i beni di Sitria, consistenti a Fossato in diversi fondi rustici fino a questo momento amministrati dalla parrocchia di S. Cristoforo.
Una visita pastorale del 1868 fa presente che sia la casa parrocchiale che la chiesa hanno bisogno di essere riparate.
Nel 1875 un’altra visita pastorale afferma che alla chiesa, in cui è anche una cappella di S. Biagio, al sostentamento del parroco, alle spese per il culto ed alla casa parrocchiale, deve provvedere il monastero di Fonte Avellana.
Ma nessuno interviene e nel 1876 S. Cristoforo viene definitivamente abbandonata ed il suo titolo finirà alla chiesa di Borgo costruita negli anni ’20 del XX secolo.
Il 28 ottobre 1915 viene, con Decreto luogotenenziale, chiusa definitivamente al culto e dalla Direzione Generale del Fondo per il Culto (Ministero di Grazia e Giustizia e dei Culti) viene nel 1936 ceduta gratuitamente al Comune, con annessi orto e casa canonica.
Spogliata di tutto, diventa pressoché una discarica, un contenitore via via di qualunque cosa non si sappia dove mettere, ci finiscono fascine, giornali, galline, attrezzature della Pro Loco, eccetera.
Apparteneva alla chiesa di S. Cristoforo anche la bella acquasantiera in pietra rinvenuta in una stalla nei pressi della chiesa medesima.
Intorno agli anni ’90 del XX secolo è tuttavia restaurata la copertura a capriate lignee e nel 2005 sono proseguiti gli interventi a cura della Sovrintendenza di consolidamento e restauro.
 

Interno

Conserva i primitivi avelli per le sepolture nel caratteristico pavimento in leggera discesa.
La copertura (restaurata) è a capriate lignee, abside poligonale gotica (seminterrata), un transetto laterale (di quello sulla parete opposta, che permetteva una pianta della chiesa a croce latina, resta le traccia dell’ampio arco ora murato), frammenti di affreschi tre – quattrocenteschi, un altare di stile settecentesco, tracce di un restauro del 1820.
Appartiene ed essa, portatale anticamente dai monaci dell’Avellana, anche la stupenda croce trecentesca ora in provvisoria custodia della parrocchia di Borgo: è alta cm. 51, ha cinque stupende figure in rilievo su ognuno dei due lati e reca la scritta “tempore domini bartoli mariani rectoris sancti loannis …” (ultima parola non decifrata).
 

Fonti documentative

Luigi Galassi – Guida storica di Fossato di Vico – 1995
Luigi Galassi – Le Cinquanta chiese della storia Fossatana – 2006
 

Mappa

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