Chiesa di San Martino – Borghetto di Tuoro sul Trasimeno (PG)

La chiesa sorge sulla piazza di Borghetto e di fronte ha una bella fontana dedicata ai pescatori del lago.

 

Cenni Storici

La chiesa è prospiciente la piazza principale dell’abitato di Borghetto.
La prima notizia su questa chiesa risale al 916, e secondo il Belforti- Mariotti, è documentata da quella data in un diploma di Berengario.
Probabilmente però il riferimento è alla chiesa dell’Abbazia di San Martino della Vena citata in una bolla di Gregorio IX del 1238 conosciuta oggi come località con il termine di “Badiaccia” costruito a breve distanza dal lago e a poche centinaia di metri dall’attuale nucleo abitato (oggi definitivamente scomparsa e sede di un camping).
Essendo il suddetto monastero costruito a breve distanza dal lago, con l’aumentare dei livelli medi del Trasimeno, che si sono succeduti negli anni, l’edificio religioso fu raggiunto più volte dalle acque, venne abbandonato e cadde in rovina e la dedica a San Martino passò allora dalla chiesa del Monastero a quella costruita all’interno del castello, a poche centinaia di metri di distanza.
L’attuale edificio è coevo al castello e l’impianto architettonico risale al XIV sec. quando sul finire del 300, il Comune di Perugia diede avvio alla costruzione con due provvedimenti rispettivamente del 1385 e del 1388 alla costruzione del castello e della fortezza di Borghetto (Castrum Burgi novi).
Per anni e fino a pochi anni fa faceva parte della Diocesi di Arezzo ed era l’unico cuneo di terreno di questa che sfociava sul lago; l’attribuzione a questa Diocesi è dovuta ad un capriccio del vescovo di Arezzo che voleva a tutti i costi uno sbocco sul lago.
L’appartenenza sino al 1961 della chiesa parrocchiale di S. Martino alla diocesi di Arezzo, ha lasciato tracce linguistiche piuttosto evidenti nel dialetto locale.
 

Aspetto esterno

Di semplice composizione “vignolesca” con lesene d’angolo, ha una porta centrale in asse e soprastante lunetta.
La lunetta ospita un dipinto recente con San Martino che dona il mantello al povero il tutto ambientato a Borghetto con la torre sullo sfondo e le rive del lago con i canneti e la classica barca da pesca locale con il fondo piatto.
Gli stipiti sono in lastre di pietra serena; superiormente un rosone ha mostra solo tinteggiata.
A sinistra del portale una lapide commemorativa dei Caduti, mentre a destra c’è una dominante croce lignea su piedistallo.
Una meridiana formata da formelle di cotto e un timpano completo sovrastante concludono la composizione della facciata.
Un piccolo campanile a vela si eleva al di sopra della parete di fondo sulla quale c’è l’abside e contiene una campana piccola fusa nell’anno 1482.
Lo stesso conteneva anche un’altra campana più grande e più antica che attualmente è custodita presso la Galleria Nazionale dell’Umbria a Perugia.
Questa fu realizzata da Girolamo di Tommaso, un artigiano di Cortona, nel 1428; subì dei seri danni nel 1922 (la campana è scheggiata alla base, presenta una fenditura laterale e una frattura sull’attacco superiore) e venne sostituita con quella che si trova attualmente sul campanile a vela, a fianco di quella più piccola, del 1482.
 

Interno

Ha un’unica navata rettangolare suddivisa in tre campate con arcate di cui l’ultima su gradino contiene il presbiterio.
C’è una porta laterale sinistra, sulla zona presbiteriale, che immette nella canonica, mentre quella di destra da accesso alla sacrestia.
Entrambe hanno stipiti e architravi in pietra serena; al centro dell’architrave c’è la data incisa 1621.
Il pavimento è in cotto trafilato di forma rettangolare, di recente esecuzione.
La zona dell’altare ha un piano rialzato in travertino a lastre.
Entrando sulla destra in controfacciata acquasantiera in pietra, poi sulla parete laterale destra si nota un trittico ad affresco di fine Trecento inizi Quattrocento.
Al centro vediamo la Madonna con in braccio il Bambino, a sinistra S. Lucia.
La figura a destra è quasi completamente perduta, con ogni probabilità si tratta del santo patrono Martino di Tours, rappresentato con la spada sguainata con la punta rivolta verso l’alto.
Fino a circa 35 anni or sono l’affresco è rimasto coperto da alcuni strati di intonaco tinteggiata e da uno dei due altari laterali realizzato in tempi successivi.
L’intervento di restauro è stato compiuto dalla “RES, centro restauro” di Ponte Falcino (PG).
Il Presbiterio è squadrato e nella parete di fondo campeggia un quadro di San Martino Vescovo.
Proseguendo nella parete sinistra al centro vediamo alcune porzioni di un affresco attribuibile al pittore, originario di Tuoro sul Trasimeno, Anton Maria Garbi (1718-1797).
L’opera, che ha per tema una Adorazione dell’Eucarestia, è databile al terzo-quarto del Settecento e si aggiunge ad altre che lo stesso autore ha lasciato nel nostro territorio, a Vernazzano (chiesa di S. Michele Arcangelo, meglio nota con la più recente dedica a S. Lucia), isola Maggiore (chiesa del Gesù) e Passignano (pieve di S. Cristoforo).
L’affresco è emerso durante i saggi esplorativi compiuti nell’anno 2004 dalla “RES restauro” di Ponte Felcino (PG).
La stessa Ditta ha anche provveduto alla liberazione dall’intonaco dell’affresco appena rimesso in luce.
L’intervento finale di restauro è stato compiuto nell’anno 2005 da Vittorio Marini di Perugia che ha restaurato anche la base di un altro affresco, sottoposto al precedente, realizzato da pittore anonimo nell’anno 1567, con i proventi delle questue raccolti dalla Compagnia del Buon Gesù.
In alto a destra, incastonato in una nicchia nel muro, vediamo una tela, da attribuire anch’essa alla mano di Anton Maria Garbi, in cui è presentata la Vergine che tiene disteso sulle ginocchia il Bambino e tra le dita una rosa.
L’opera era collocata, sino al 1785, all’interno della Maestà, dedicata appunto alla devozione della “Madonna della rosa“, che si trovava fuori le mura del castello, sull’incrocio che porta al Cimitero.
Sulla parete di fondo a sinistra dell’ingresso un Fonte Battesimale in pietra sormontato da due sportelli di legno.
 

La vicenda del quadro della Madonna della rosa

La ragione della presenza nella chiesa parrocchiale di S. Martino al Borghetto di questo quadro della Madonna la possiamo scoprire leggendo le notizie raccolte da Don Dario Alunno in un suo ultimo libro, pubblicato postumo nel Dicembre 2005.
Nella seconda metà del Settecento era presente, all’incrocio nei pressi del Cimitero, ove attualmente è collocata un’edicola, la Maestà della Madonna della rosa.
Era una piccola cappella, adorna di articoli devozionali, con panche, mobili, arredi vari, in cui le devote alla Madonna avevano apposto nel tempo degli ex voto.
Erano i parroci di Borghetto ad averne cura, visto che si trovava nei pressi delle mura del castello, ma il terreno su cui era costruita apparteneva al Granducato di Toscana.
Il pievano, Don Antonio Municchi, si sentì autorizzato, per poter rispondere alle necessità dei poveri, a venderne tutto il contenuto superfluo.
Ne seguì, come si può capire, un vero pandemonio che coinvolse oltre ai parroci di Terontola e Borghetto anche le due comunità.
Il 22 Novembre 1785 si riunirono il Vicario di Arezzo e il Vescovo di Cortona per trovare una soluzione.
La strada che seguirono fu quanto meno singolare: decisero, infatti, di far abbattere la Maestà e di distribuire il materiale ai due popoli di Terontola e di Borghetto.
La comunità che avesse deciso di ricostruirla avrebbe potuto farla propria.
I Borghigiani sono i primi a rispondere e in breve prende forma l’attuale edicoletta che si trova nei pressi del Cimitero.
Sembra, però, scrive sempre Don Dario, che i Terontolesi non si siano arresi tanto facilmente a questa evidenza e abbiano rivendicato la proprietà del quadro portandolo all’interno della loro Pieve.
Pare, seguendo sempre la memoria orale, che per quattro o cinque volte l’immagine della Madonna, collocata di sera a Terontola, le mattina successiva sia tornata al suo posto nell’edicola al Borghetto, prelevata nottetempo da alcuni abitanti del paese.
Alla fine i Terontolesi cedettero ed quadro restò all’interno dell’edicola, finché i Borghigiani decisero, per salvaguardarlo dalle intemperie, di collocarlo nella chiesa di S. Martino, dove ancora si trova.
 
 
 

Enigmatica scritta

In un edificio davanti la chiesa si può notare un’enigmatica iscrizione facente parte di un architrave che apparteneva alla vecchia casa; la stessa venne rialzata e intonacata nei primi anni ’60 del Novecento dalla famiglia Athos Pazzaglia che, meritoriamente, lasciò bene in luce l’antica pietra che poggia su due robusti stipiti ora coperti dall’intonaco.
La scritta è:

y 18 h 11 s

Il punto di partenza è il segno centrale identificabile come l’h minuscola (lettera HETA dell’alfabeto greco) del monogramma YHS (abbreviazione contratta del nome di Gesù in lingua greca)”.
L’asta dell’h, sormontata da un trattino orizzontale, raffigura la croce.
Sopra questa lettera, al centro del monogramma, è collocato un vistoso segno orizzontale di abbreviazione.
La prima lettera a sinistra dell’iscrizione, che a prima vista potrebbe sembrare una f (iniziale di fatto), può essere letta come imitazione mal riuscita di una y (con le estremità storte).
L’ultima lettera potrebbe essere confusa con la cifra 3, ma si tratta di una s.
Sembrerebbe un tentativo maldestro di riprodurre un monogramma originale d’epoca medievale realizzato in scrittura gotica minuscola.
I segni che fiancheggiano la lettera h sul lato sinistro corrispondono ad una cifra, esattamente 18 (con il numero 1 appena accennato).
Sul lato opposto, il segno che somiglia ad una W molto schematizzata porrebbe corrispondere al numero 11.
La soluzione adottata dall’estensore pare un po’ strana, ma tutta l’iscrizione rivela, in effetti, una tecnica molto elementare.
Come si può notare, i due blocchi di cifre sono inseriti all’interno del simbolo yhs.
Ciò può dipendere dal valore protettivo e apotropaico (cioè in grado di allontanare gli influssi malefici) attribuito alla formula, in alternativa impiegata come segno di benedizione sulla casa; a tutti i nomi sacri era attribuito valore magico-religioso, soprattutto alla sigla YHS / IHS (Jesus hominum Salvator – Gesù Salvatore degli uomini) oppure I(n) H(oc) S(igno) sottinteso (vinces) .
Quello di Borghetto pare, quindi, un caso emblematico.
In territorio viterbese, sia il simbolo IHS, sia l’indicazione dell’anno di costruzione (nel caso di Borghetto il 1811), ricorrono usualmente sugli architravi delle porre che danno sulla via pubblica.
In almeno un caso coesistono e s’intersecano.
Esempi del genere sono noti anche in Umbria.
La devozione del nome di Gesù, poco popolare durante l’Alto Medioevo, si diffuse in Europa a partire dal secolo XIV e soprattutto riel secolo successivo, grazie all’opera di San Bernardino da Siena (1380-I444). Egli fece del trigramma IHS (Gesù Salvatore degli uomini) un vero e proprio stemma elaborando una creazione pregna di simbolismo mistico che sarà uno strumento molto efficace per la diffusione di questa devozione.
Le iniziali IHS vennero inserire dal santo all’interno di un disco solare (simbolo del Cristo) a dodici raggi (che rappresentano i dodici apostoli).
Questo stemma, dallo stesso S. Bernardino inciso su una tavoletta di legno, veniva mostrato e distribuito durante le prediche e la gente se lo portava a casa per appenderlo.
 

Fonti documentative

Don Edoardo Vignali – Cronistoria della Parrocchia di S. Martino di Borghetto dall’anno 1929 –Comitato “Sagra del Pesce” di Borghetto Comune di Tuoro sul Trasimeno 2006

http://www.chieseitaliane.chiesacattolica.it/chieseitaliane/schedaca.jsp?sercd=3579

http://www.tuoro.movimentolento.it/it/resource/poi/chiesa-di-san-martino/

http://www.prolocotuorosultrasimeno.it/borghetto/

 

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