Chiesa di San Nicola – Monteleone di Spoleto (PG)

La chiesa è chiusa e inagibile dal terremoto del 1997.

 

Cenni Storici

La chiesa parrocchiale di S. Nicola di Bari è posta nella parte più alta del centro storico in corrispondenza dell’originario castrum di Brufa.
Era difatti la primitiva chiesa castellana diretta da un Prevosto e da otto Canonici. Ha origine altomedioevale sebbene nulla trapeli oggi delle fasi costruttive più antiche a seguito delle diverse ricostruzioni e cambiamenti.
I primi documenti ora noti risalgono all’anno 1310.
Anticamente dipendeva direttamente dalla Collegiata della chiesa di S. Gregorio Maggiore di Spoleto, al cui solo Capitolo aspettava il diritto di nominare il parroco.
Della più antica fase romanica restano tre frammenti del portale antico raffigurante tralci di vite intrecciati (confrontabili con quelli similari del portale di S. Agostino a Cascia) oggi reimpiegati in un vicino caseggiato di Via Pago, mentre un quarto frammento è conservato presso un privato.
Altri elementi architettonici sempre provenienti dalla costruzione originaria, fra cui alcuni lacerti scultorei con racemi e motivi vegetali, una pietra tombale e una testa di S. Nicola (databile fra il XV-XVI secolo) sono invece conservati nel chiostro della chiesa di S. Francesco così come anche l’originario fonte battesimale, posto all’interno di quest’ultima.
Con il terremoto del 14 gennaio 1703 la chiesa di S. Nicola fu quasi completamente distrutta e la parrocchialità fu temporaneamente trasferita alla chiesa della Madonna del Carmine.
La rovina dovette essere stata grande; in un registro dell’archivio parrocchiale si legge che « dopo alcuni giorni la Pisside col Santissimo Sacramento fu ritrovata, da Simone Magnavacca, vari passi lontano dall’altare maggiore ».
Dalla comunità e dal popolo fu deciso di restaurarla ma per la penuria di mezzi i lavori iniziarono solo nel 1707 e si protrassero fino agli inizi del secolo seguente e furono realizzati con i contributi della comunità di Monteleone, dei parrocchiani e dei monteleonesi residenti a Roma; il Governatore della Camera apostolica donò 1463 scudi.
Il Capitolo di S. Gregorio non potendo sostenere le spese per la ricostruzione vendette i beni che la chiesa aveva presso Eggi di Spoleto e cedette ogni diritto.
Da quella data la nomina del parroco passò direttamente al Vescovo.
La sua struttura odierna è ancora ricca di diverse opere d’arte sacra e devozionale.
Al momento la chiesa è chiusa e inagibile a causa dei danni strutturali subiti nel terremoto del 1997.
 

Il Portale e le porte

Sull’architrave della porta principale è presente lo stemma della famiglia De Rubeis raffigurante un cavallo rampante con una testa di moro con turbante e l’iscrizione “DIVO NICOLAO PATRIAE ET PAUPERUM PATRONO / 1761” ovvero “a S. Nicola Patrono della Patria e dei poveri”.
Lo stemma dei De Rubeis forse fu apposto perché la famiglia pagò in tutto o in parte la spesa sostenuta per il portale.
Un accesso minore tuttora in uso fu aperto per ragioni pratiche nel XVII secolo in corrispondenza della prima cappella laterale destra.
Su via Pago è inoltre un altro accesso provvisto di un bel portale rinascimentale del XVI secolo, recante in alto l’effigie clipeata del santo titolare.
 

Interno

Presenta una pianta disposta su un’unica navata, provvista di 10 cappelle laterali e di propri altari (oggi ne restano due) con un pavimento in cotto realizzato in anni recenti, e coperta da un artistico soffitto ligneo a cassettoni ricoperto da tela dipinta a tempera con motivi floreali.
L’altare principale presenta una mensa eucaristica donata da Mons. Raffaele Forconi e riconsacrata il 3 luglio 1941 da Settimio Peroni, Vescovo di Norcia. In alto è la tela settecentesca di S. Nicola in atto di risuscitare i bambini, mentre ai lati entro nicchie sono rispettivamente da sinistra a destra, le statue di S. Leonardo e di S. Barbara.
Sia il soffitto predetto sia l’organo soprastante l’ingresso principale sono opera dei radicali restauri operati nella prima metà del XIX secolo, sotto il pontificato di Pio IX.
Ne sono testimoni le insegne araldiche dipinte a tempera sopra gli sportelli raffiguranti, partendo da sinistra, la comunità civica, il papa regnante e il vescovo di Spoleto, Giovanni Sabbioni (Fermo, 26 maggio 1779 – Spoleto, settembre 1852) che tenne la diocesi dal 12 febbraio 1838.
In più punti delle pareti laterali, sotto le ottocentesche ridipinture a tempera, emergono tracce di decorazioni più antiche.
Fra le diverse opere presenti, si segnalano in particolare due tele, opere d’importanti artisti della scuola romana attivi fra il XVII e il XVIII secolo.
Fra le tele degli altari, se ne segnalano due provenienti dalla pregevole scuola romana e per le strette relazioni del territorio con la capitale.
La prima, collocata nella seconda cappella di sinistra, sotto l’indicazione di “Agricolarum” o cappella di S. Isidoro, protettore degli agricoltori, raffigura la decollazione di S. Giovanni Battista fra S. Antonio di Padova, S. Isidoro e la Maddalena è attribuita al pittore Giuseppe Ghezzi (Comunanza AP, 1634 – Roma, 1721).
La seconda, raffigurante l’Annunciazione, è probabile opera di mano dell’artista romano Agostino Masucci (Roma, 1691 circa – 19 ottobre 1758) realizzata nel 1723 e ora conservata in S. Francesco.
Una curiosa menzione và infine fatta per un’altra tela, parte residua superiore di un’opera originariamente più ampia raffigurante San Girolamo (in veste cardinalizia) fra i santi Cristina, Antonio, Barbara e Biagio.
In corrispondenza di quest’ultimo, una grossa lacuna del supporto pittorico testimonia l’antica consuetudine di strapparne piccoli lembi, ritenuti utili nella credenza popolare per curare tutte le malattie della gola.
 

Rituale del farro

A questa chiesa è legato in modo indissolubile il rituale del “Farro di S. Nicola” che si svolge da tempo immemorabile il 5 dicembre di ogni anno, nella vigilia della ricorrenza del Santo, patrono del paese.
In tale circostanza, il parroco aiutato da alcune donne prepara nella canonica della chiesa di S. Nicola una minestra di farro condita con sugo di magro, cotta in un grande caldaio appeso sul focolare e distribuita a mezzogiorno agli abitanti di Monteleone, a cominciare dai bambini, destinatari privilegiati, che per l’occasione anticipano l’uscita dalla scuola.
Nella giornata anche il consiglio comunale si riunisce in seduta straordinaria per assumere un atto particolarmente significativo per la comunità e in serata tutti i capifamiglia si ritrovano a una cena per festeggiare il Santo.
Il rituale vuole ricordare il miracolo che la tradizione attribuisce a S. Nicola che compì passando per Monteleone.
Una leggenda narra che Nicola, vescovo di Bari, passando per il paese durante un viaggio vi trovò la popolazione sopraffatta dalla povertà e i bambini affamati. Egli aveva con sé un po’ farro nella bisaccia e cominciò a distribuirlo, ma difficilmente il frumento sarebbe bastato per tutti; invece i chicchi si moltiplicarono al contatto delle mani del Santo e furono sufficienti a dare ristoro a ognuno di quei poveri indigenti.
La tradizione fu perpetrata fino ai nostri giorni ed è per questo che gli abitanti del paese umbro posseggono ancora il soprannome collettivo di mangiafarre e farrari de San Nicola.
Il farro ha sfamato intere generazioni di abitanti della montagna e il suo uso, dimenticato nell’ultimo secolo, ha invece ripreso vigore da circa una quarantina d’anni, grazie ai pochi agricoltori che ne avevano continuato la coltivazione e grazie a questa singolare tradizione.
 

Fonti documentative

Don A. Corona – Monteleone guida Storico Turistica –

http://www.monteleonedispoletoeventi.it/

http://berenice.over-blog.it/

 

Da vedere nella zona

Castello di Monteleone
Fonte di Nempe
Chiesa della Madonna delle Grazie
Chiesa della Madonna di Castelvecchio
Chiesa di Santa Maria de Equo
Biga Etrusca
Chiesa di San Francesco
Chiesa della Madonna della Quercia
 

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