Lago Aiso – Capro di Bevagna (PG)

L’origine del lago, conosciuto anche come lago dell’Abisso o dell’Inferno, è legata ad una leggenda e secondo la tradizione popolare non ha fondo e vi vivono misteriosi pesci con un occhio solo.

 

Cenni storici

Nella piana ai piedi del colle della SS. Annunziata, in vocabolo Avelle, ci sono tre polle d’acqua, denominare rispettivamente Aiso e Aisilli.
In una di queste polle di proprietà di Renzo Lopparelli nel 1990 per lavori di ampliamento di un laghetto da pesca alimentato da sorgiva naturale, apparvero dei reperti archeologici che inizialmente non attirarono l’attenzione delle istituzioni.
Nell’estate del 2000, in considerazione dell’abbassamento dei livello delle acque, causato dalla siccità, il proprietario volle fare lavori di ripulitura più accurata dell’area e vennero alla luce tratti di mura e di travertino.
Fu fatta una segnalazione al sindaco e ci fu l’intervento della Soprintendenza ed alcuni reperti furono trasportati nei magazzini del Comune.
Altre campagne di scavi fatte nel 2004-2005 produssero altri interessanti ritrovamenti fra cui frammenti di terrecotte, di statue marmoree e monete, che si trovano attualmente parte a Ponte S. Giovanni nei magazzini della Soprintendenza e parte al Museo di Perugia, in via Garibaldi.
Questo era sicuramente un luogo di culto in uso tra la fine del II sec. a. C. e il IV sec. d. C dagli scavi effettuati sono venuti fuori due bracci di un portico, che circoscrivono uno spazio con al centro una grande vasca circolare, dove ancora si raccolgono le acque della risorgiva.
L’ambiente più intatto presenta un pavimento a mosaico costituito da un tappeto di tessere bianche ornato da tre file di tessere rosa.
L’antica Mevania dal IV sec. a. C. aveva un ruolo preminente tra il popolo umbro, specialmente in campo religioso.
In questa pianura ci doveva essere una via triumphalis pavimentata con pietra del Subasio a cura del collegio sacerdotale dei magistri Valetudinis ( o Movemviri) per favorire una frequentazione a scopi culturali dei diversi santuari rurali, dove l’acqua aveva un ruolo centrale, replicato all’opposto da un sistema di vasche su cui si reggeva l’area sacra mevanate di viale Properzio.
In entrambi i casi, il modello ultimo di questi santuari si identificava nello stesso lacus del Clitunnus descritta da Plinio come un insieme di risorgive.
La principale divinità venerata nel santuario dell’Aisillo va probabilmente identificata in Valetudo nel suo duplice rapporto con le sfere della sanatio e della victoria per cui c’era l’interesse di tutto il collegio sacerdotale mevanate verso tale luogo.
Le acque hanno sempre affascinato l’uomo fin dall’antichità per la carica misteriosa che sprigionano, per quella potenza intesa come la manifestazione di un’entità sconosciuta, sacra, soprannaturale spesso chiamata numen.
Una divinità femminile come Valetudo, in un contesto santuariale dove la prevalente presenza dell’acqua dovette caricarne il culto anche di valenze curative e forse oracolari, va anche vista come contrappeso al deus Clitunnus.
La zona sacralizzata e la monumentalizzazione della risorgiva suggeriscono un possibile confronto con il lacus del Clitunnus.
Il tutto può essere confermato dalla via processionale di età augustea, che partiva dalle sorgenti del fiume per arrivare al santuario ispellare di villa Fidelia, attraversando Mevania.
Il sito fu frequentato fino a quando, in età costantiniana, iniziò un processo di cristianizzazione anche nel territorio umbro.
 

La Leggenda e la Verità

La Verità

Secondo la leggenda il lago si sarebbe creato per lo sprofondamento di un casolare di un contadino blasfemo che trebbiava nel giorno di Sant’Anna.
il tema della voragine e dello sprofondare caratterizza la tradizione popolare successiva al periodo romano.
La tradizione orale e scritta, che si rinviene a partire dal 1500, è ricchissima di leggende che descrivono voragini ed aie sprofondate, nonché origini miracolose di laghi e pozze d’acqua.
L’origine delle voragini, in genere, costituisce l’esito di un diretto intervento divino o con maggiore frequenza l’azione di qualche santo che sanziona l’infrazione ad un divieto.
I motivi narrativi sono molti, anche se il più frequente è quello dello sprofondamento e dell’origine miracolosa e improvvisa di una polla d’acqua come conseguenza della punizione per la trebbiatura nel giorno di festa.
Altro particolare dei temi narrativi è che i laghi così formati sono spesso considerati senza fondo o costituiscono il corridoio per l’inferno, argomenti questi che fanno ipotizzare una continuità di tradizioni tra la culto pagano (le divinità ctonie – divinità generalmente femminili legate ai culti di dèi sotterranei e personificazione di forze sismiche o vulcaniche) e quello cristiano.
Tali temi si rinvengono in aree diverse e non contigue e ciò porta a pensare che, debba esserci stato, a livello di culto o semi-culto, un’elaborazione ed una successiva larga diffusione, per cui, in zone diverse e molto distanti tra loro, si possa essere stabilmente collegata l’origine miracolosa di laghetti alla violazione del riposo festivo.

La Leggenda

La leggenda che parla del lago Aiso ha una comune sostanza e numerose varianti, qui ne propongo due:

I Versione

Secondo una leggenda, nota fin dal ‘600, nel punto dove adesso c’è il lago, un tempo viveva un ricco contadino di nome Chiarò, poco propenso alla carità cristiana e alle cose di Chiesa.
Chiarò pensava solamente al lavoro e a guadagnare più soldi possibile e se ne infischiava anche delle feste religiose; al contrario, la moglie era donna pia e caritatevole.
Il giorno della festa di S. Anna, che per tradizione contadina veniva dedicato esclusivamente al riposo e alla festa della madre della Madonna, Chiarò volle trebbiare il grano nell’aia obbligando al lavoro anche i suoi braccianti.
A un certo punto una voce di un angelo avvertì la moglie di scappare con tutte le sue cose perché di lì a poco la casa sarebbe sprofondata.
Spaventatissima la donna prese con sé i due figli piccoli e si diede alla fuga, mentre la casa s’inabissò nel sottosuolo con il marito e tutto il resto al suo interno.
Quando si voltò vide però che era inseguita dal corso d’acqua che aveva causato lo sprofondamento della cascina.
In quel momento l’angelo le parlò di nuovo invitandola ad abbandonare il bimbo più piccolo perché questi crescendo sarebbe diventato malvagio come il padre.
Fu così la donna riuscì a mettersi finalmente in salvo.
Proprio nel luogo in cui fu lasciato il bambino si è formato il lago più piccolo chiamato Aisillo.
Secondo la narrazione popolare ogni anno, il giorno di S. Anna, chi si reca sulle rive del laghetto può vedere attraverso l’acqua le travi della casa sommersa con gli arredi della cucina e può anche udire la voce di Chiarò che guida le cavalle
”.

II Versione

Un possidente di campagna detto Chiarò aveva la casa e l’aia nel luogo ove ora è l’Aiso.
Chiarò era un miscredente, e il giorno della festa di Sant’Anna (26 luglio) stava coi contadini a battere allegramente il grano nella sua aia.
S’incontrò a passare di lì un frate (qualcuno dice che era invece S. Pietro).
Il frate si fece a rimproverare Chiarò di quella sfacciata e scandolosa violazione del giorno santo. Questi rispose con le beffe.
Allora il terreno dove era la casa e l’aia co’ battitori sprofondò e le acque vennero subito a riempire quel vuoto.
La moglie di Chiarò rimasta libera da quella rovina, fuggiva via portando in collo il suo bambino ravvolto nelle fasce.
Una di queste le strascinava dietro, e dove toccava terra venivano fuori le acque in gran copia.
Il frate le disse che se voleva salvarsi, doveva buttar via quel figliuolo, che un giorno sarebbe diventato più tristo di suo padre.
La pia donna ubbidì: dove cadde il bambino la terra si aperse e vi nacque subito un’altra, ma assai più piccola fonte, detta l’Aisillo.
Ogni anno nel giorno memorando, si sentono, chi ben ascolti, grida di disperazione venir su dal profondo dell’Aiso e chiamando a nome tre volte l’empio dannato, c’è da vederselo scappar fuori dalle acque
” (Anonimo, 1885).
 

Il Culto di Sant’Anna

la festa di Sant’Anna è ricordata il 26 luglio, essa cade nel mezzo dell’estate, ma la tradizione la vuole anche, in un periodo di mutamento climatico: ovvero un iniziale passaggio dal secco all’umido, con l’arrivo delle prime piogge estive.
In sostanza il giorno di Sant’Anna inserisce una breve finestra d’autunno nel cuore dell’estate. L’importanza della figura della santa e del giorno ad ella dedicato all’interno della cultura rurale italiana, ma soprattutto dell’area appenninica, è rilevante.
Sant’Anna è nominata solo in testi apocrifi, il suo culto inizia a diffondersi in occidente verso la fine del trecento e si afferma ufficialmente a partire dal 1584.
Il patronato generalmente attribuitole, deriva dal fatto che la santa, moglie di Gioacchino, partorì la Madonna in età molto avanzata senza particolari difficoltà ed è per tale ragione che rappresenta la protettrice delle partorienti; ella viene invocata soprattutto in situazioni di parto rischioso, per il buon andamento della gravidanza ma anche per problemi di sterilità.
Il patronato di Sant’Anna nei confronti della gravidanza e del parto è largamente documentato.
Il complesso mitico rituale connesso a Sant’Anna ed al suo giorno festivo, tuttavia, non si limita alla sola gravidanza, infatti alla santa è attribuito anche un patronato nei confronti della terra e delle attività agricole; queste peculiarità sembrano esulare da quell’orizzonte completamente femminile in cui sembrava esplicarsi la potenza sacrale della santa.
In tale ambito, nella tradizione popolare, è fortemente radicata la proibizione della trebbiatura nel giorno suo festivo, pena una sventura che colpisce i suoli coltivati e le attività connesse; da qui nasce uno stretto legame tra la tradizione popolare del culto di Sant’Anna e la formazione di voragini (sinkholes) in aree di pianura coltivate e da ciò si giustifica la presenza della frequenza del toponimo “Sant’Anna” nelle aree suscettibili ai fenomeni di sprofondamento.
Il motivo narrativo della trebbiatura proibita nel giorno di Sant’Anna è molto diffuso nella realtà popolare dell’area appenninica italiana con leggende similari documentate nella tradizione orale e scritta dell’Abruzzo, della Campania, dell’Emilia Romagna, del Lazio, del Molise, della Toscana, dell’Umbria e che si estendono anche più a nord raggiungendo la Valle d’Aosta (e che vengono riportate perfino dalla Provenza); ne sono state raccolte più di cinquanta.
La tradizione popolare di queste regioni è ricca, in particolare, di leggende sulle origini miracolose di laghi, pozze o polle d’acqua che scaturiscono dallo sprofondamento avvenuto.
 

Fonti documentative

A Falsacappa G. Mariotti P. Porzi – Bevagna gemma del piano; immagini insolite e storie inedite – 2013

http://www.nostrofiglio.it/

https://it.wikipedia.org/

http://www.isprambiente.gov.it/

 

Da vedere nella zona

Convento della SS. Annunziata
Lago Aisillo luogo di Culto Romano
 

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