Mulino di Gelagna Bassa – Serravalle di Chienti (MC)


 

Cenni Storici

Il mulino sorge sulla confluenza di tre corsi d’acqua a Gelagna Bassa: torrente Riale, il canale di restituzione della centrale elettrica, il fiume Chienti.
Il mulino per cereali risale probabilmente al 1400 (documentato nel 1600), è stato dismesso negli anni ’50 del 1900. Accanto al mulino fu costruita, intorno al 1910, un’officina idroelettrica che inizialmente distribuiva energia elettrica direttamente agli utenti finali, poi a seguito delle nazionalizzazioni degli anni ’60 del 1900, la produzione veniva ceduta integralmente all’azienda di stato ENEL.
La centrale idroelettrica è stata dismessa nel 1985.
Il mulino ha rappresentato una risorsa fondamentale per le popolazioni agricole in epoche preindustriali.
Per la sua importanza basti sapere che questo sito produttivo di Gelagna, chiamato semplicemente “Molino“, è segnalato in una mappa del 1600 esistente presso la Pinacoteca civica di Camerino.
Successivamente la costruzione dell’Officina ha consentito la fornitura di energia elettrica, detta anche semplicemente “luce” in considerazione del suo prevalente utilizzo iniziale, una vastissima zona dell’entroterra arrivando a rifornire, oltre che parte del Comune di Muccia, la quasi totalità del Comune di Serravalle di Chienti e perfino Colfiorito.
La produzione idroelettrica fu il primo grande passo verso condizioni di vita più accettabili e orientate alla modernità ed era perfettamente inserita nella civiltà prevalentemente rurale, basti pensare che l’energia elettrica veniva utilizzata anche come forza motrice per la trebbiatura dei cereali e la pressatura dei foraggi. Oggi il suo recupero darebbe di nuovo un senso al territorio ed al suo patrimonio culturale.
Il recupero del complesso produttivo rappresenta un segno di rispetto per il territorio e per le generazioni di persone che vi hanno lavorato, che vi hanno vissuto e che ne hanno tratto direttamente o indirettamente sostentamento.
Un intelligente utilizzo dell’aspetto turistico potrebbe muovere di nuovo l’economia.

I fondatori della Centrale Elettrica

Domenico Barboni con la moglie Maddalena Cimica, furono i fondatori dell’azienda elettrica “Barboni Domenico e Figli“.
Un’avventura iniziata a Muccia e a Serravalle di Chienti agli inizi del 1900.
Provenivano entrambi da famiglie proprietarie terriere ma con l’estro degli imprenditori visionari e coraggiosi.
Forse illuminati dall’Esposizione regionale di Macerata del 1905, che veicolò nei nostri territori il fermento della seconda rivoluzione industriale europea di fine ‘800, percepirono in anticipo la potenzialità dell’introduzione dell’energia elettrica in un territorio rurale ed in una società sostanzialmente dedita ad un’agricoltura arretrata e povera.
Più che l’energia elettrica nelle case portarono la “luce“, perchè era questo l’esclusivo utilizzo che si faceva allora di quella “strana forza” che correva lungo sottili fili di rame.
Precorrendo i tempi dell’elettrificazione generalizzata furono visti come audaci pionieri innovatori se non addirittura benefattori.
L’azienda, in un settore considerato ancora “terra di nessuno“, si occupava di predisporre le linee elettriche esterne, dalla centrale elettrica fino all’utilizzatore finale, compreso l’impianto interno nelle case, con le valvole fusibili a “tabacchiera“, prese di corrente in cui non si capiva ancora bene cosa attaccarci, interruttori a chiavetta o a peretta, tutto in porcellana, bachelite e legno portalampade, piatto smaltato e infine il miracolo della “lampadina“, dopo essere stata attentamente avvitata, con un gesto semplice e solenne, forse affidato esclusivamente al capofamiglia, veniva attivato l’interruttore dando finalmente luce alla stanza che, passando dalla fioca luce delle candele o dei lumi a petrolio alla luce elettrica, veniva praticamente “illuminata a giorno” con una potenza di circa 5 watt (5 candele) oggi appena sufficienti per una lampada votiva.
Le bollette venivano emesse dall’azienda non a consumo ma in abbonamento, ossia a forfait, un tot all’anno, e senza troppa fretta nella riscossione.
Oggi, dopo 50 anni di nazionalizzazione, si parla di privatizzare l’energia.
Entrambi i coniugi morirono piuttosto giovani a distanza di pochi mesi l’uno dall’altra, tra il 1929 e il 1930, lasciando quattro figli tutti minorenni e una complicata azienda da portare avanti.
 

Fonti documentative

www.ilmulinodigelagna.it
 

Mappa

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