Santuario Madonna della Rosa – Ostra (AN)

Cenni Storici

A breve distanza dal centro di Ostra, in una ridente valle circondata da colli ubertosi, esisteva in epoca immemorabile, un’edicola in cui veneravasi una immagine della Vergine, dipinta su rozza parete, ai piedi della quale scorreva un ruscello di limpida acqua. Dal vago fiore che la Vergine Benedetta tiene nella mano sinistra, i fedeli cominciarono ad invocarLa col dolce titolo di “Madonna della Rosa”. Iddio, che in ogni tempo e luogo vuole l’esaltazione della Madre sua, stabilì che, col titolo di “Mistica Rosa” Ella divenisse oggetto di particolare culto, strumento di grazie e di strepitosi prodigi. Nel 1666, dalla mano devota di una pia fanciulla, venne posto davanti alla Santa Immagine, in un giorno di maggio, un candidissimo giglio, in segno di filiale amore. Il Fiore, con grande meraviglia di tutti, rimase per mesi e mesi, fresco e olezzante come se allora fosse stato reciso dalla pianta. Da allora, folle immense di fedeli accorsero ai piedi della Vergine Santa e i miracoli si ripeterono e si moltiplicarono. Per il grande afflusso dei pellegrini, la modesta e disadorna edicola, due anni dopo venne trasformata in una graziosa chiesetta. Le acque del ruscello, strumento di tanti prodigi, vennero quindi raccolte in un pozzetto ai piedi dell’altare di Maria, ed anche oggi, come allora, i fedeli rimangono sorpresi dal fatto che il volume dell’acqua si mantiene sempre al livello di cm. 80 sia d’estate come d’inverno qualsiasi quantità se ne attinga. La fama dei prodigi operati dalla Madonna della Rosa, giunse fino al Soglio Pontificio, ed il Rev.mo Capitolo Vaticano, nel 1726, concesse alla miracolosa Immagine, l’onore della solenne Incoronazione, ed alla Cappella il titolo di SANTUARIO. Ben presto, aumentando sempre più l’afflusso dei fedeli, anche la chiesetta si dimostrò insufficiente, per cui sorse l’idea di costruirne una più grande. L’unanime ed ardente desiderio, in breve volgere di tempo divenne una consolante realtà. Nel 1748 si gettarono le fondamenta e, sei anni dopo, l’ampio e maestoso tempio era condotto a termine. Esso è costruito a croce greca, in stile corinzio, diviso in tre navate e a somiglianza di quello di Loreto, racchiude in sé la Cappèlla della Madonna. Finalmente, tra il 1887 e il 1891, su disegno del Conte Francesco Vespasiani, Architetto dell’Esposizione Vaticana in Roma, potè costruirsi l’artistico campanile e l’armonica e monumentale facciata. Vederlo questo Santuario in sullo sfondo del viale, sembra un’apparizione di sogno che desta al nuovo pellegrino una sensazione di celeste fragranza e al devoto di tutti i giorni il dolce senso di ritrovarsi in un angolo il più caro della sua casa.

Arte

Le linee snelle ed armoniche della costruzione, il disegno di ogni particolare, dotato sempre di semplicità e di buon gusto, la leggera colorazione del mattone roseo, la precisione inappuntabile della muratura, fanno del tempio una delle più belle costruzioni architettoniche della regione nel secolo scorso. Lo stile neo-classico vi trionfa pur con qualche leggera sfumatura di barocco. La facciata è a due ordini e presenta un piacevole gioco di masse pure e nitide, messe in chiaro rilievo dalle luci e dalle penombre delle colonne di granito del portale maggiore, dal leggero sporgersi delle mezze colonne e dalle lesene, dalla classica trabeazione che delimita i piani, dagli attici che definiscono le navate laterali della nicchia-tempietto che rinserra al centro della faccia una buona copia a tutto rilievo della miracolosa effigie della Madonna della Rosa, infine dal suo finestrone cinquecentesco e dal timpano a semicerchio che chiude il corpo centrale della fronte: tutto questo dà l’effetto di una ridente costruzione che, attraverso la trasparente limpidezza della forma, nasconde il peso della materia per mostrare il monumento della fede. Il campanile, mirabile sintesi di eleganza e di robustezza insieme si innalza maestoso sulla valle e poggia su di un solido basamento, ingentilito peraltro dal cinquecentesco finestrone: sul primo piano di forte aggetto, si sovrappongono altri due ordini arricchiti di paraste e di trabeazioni classicheggianti; al di sopra della cella campanaria su leggero basamento contornato da volute, si slancia la cuspide di ricordo gotico, coronata da una maestosa palla che domina superba, con la sua croce, il tempio sottostante. L’interno del sacro edificio è di un gusto architettonico che va dal tardo rinascimento agli albori del barocco: la pianta è a croce greca con semicupola al centro, poggiante su quattro paraste corinzie che reggono la trabeazione e i pennacchi; all’aula grandiosa e dalle linee nobili e solenni, esprimenti un largo senso di sintesi, si aggiungono le due navate laterali con arco a pieno centro, dando così alla limpida euritmia delle forme, un giuoco suggestivo di ombre e di luci; luce che si diffonde ovunque dalle ampie finestre, determinando quell’atmosfera serena propria del Rinascimento. La sobria decorazione eseguita dai fratelli Bedini, dà al pellegrino una larga sensazione di ricchezza e di eleganza. La Cappella della Madonna, rinchiusa come prezioso cofano entro il Santuario, tutta avvolta nella penombra per la fioca luce che piove indirettamente dall’esterno, presenta una atmosfera di cripta basilicale. Alla vecchia e barocca decorazione architettonica che contornava la miracolosa effige della Vergine, oggi si sostituisce un nuovo altare-custodia su disegno dell’architetto Garlati. Il nuovo monumento degnamente arricchisce e corona il Santuario della “Rosa” per la sua forza di concezione e per la esuberante ricchezza di fantasia decorativa. Il suo classico stile, armonica sintesi dei vari motivi architettonici del tempio, danno al pellegrino la pura gioia di vedere assiso il caro simulacro della Vergine su un trono che soddisfa le esigenze della pietà e dell’arte.

Ex voto

Nella ricerca di nuove fonti per la conoscenza della religione e della pietà popolare, un posto di rilievo spetta agli “ex voto”, oltre che a santini, medagliette, edicole, ecc.. Le tavolette come altri ex voto sono testimonianza di eventi ed hanno un chiaro significato di richiesta d’aiuto o di riconoscenza e gratitudine per un “intervento” sovrannaturale. Molto spesso le tavolette si riferiscono a fatti drammatici, ma anche fatti di vita di tutti i giorni.

La letteratura sugli ex voto è assai vasta.
Scritte votive sono presenti anche nell’antichità e tutte le culture conoscono l’esistenza di questa forma di “pietà popolare”. Tra quelle che conosciamo e che ci interessano, annoveriamo alcuni esemplari che appartengono al Santuario Madonna della Rosa. Esse rappresentano momenti di vita quotidiana rurale e cittadina, testimonianze di grazie implorate e di grazie ricevute. Ostra, con il suo Santuario, possiede circa la metà di tutte le tavolette di un vasto territorio senigalliese e dello iesino. Le tavolette si distribuiscono cronologicamente nell’arco di quattro secoli. La parte del leone spetta ai secoli XVII e XIX, mentre settecento e novecento sono rappresentati da una bassa percentuale. Le tavolette rispecchiano la realtà socio-economica di un territorio che si fonda e si regge, in larga misura, sull’agricoltura. Chi “scrive” sulle tavolette e si rivolge a chi? Un forte protagonismo appartiene alle classi subalterne, ai ceti popolari in genere. Sulla tavoletta si stabilisce un “dialogo” fra Dio e uomo. Nel caso che ci interessa tra l’uomo e la Madonna, che nella tavoletta viene sempre raffigurata nella fascia superiore. Alla Madonna ci si rivolge con precise finalità di ringraziamento (per voto ottenuto) in relazione ai casi più diversi della vita quotidiana, insidiata da mille rischi (incidenti, malattie, cadute rovinose, liti, agguati, guerre), dai quali si è usciti sani e salvi. Le storie raccontate attraverso le tavolette vanno oltre il fatto accaduto. Esse diventano “storia” che si inserisce nella più grande storia del Santuario, costituita appunto da tante piccole storie. La tavolette è anche “racconto” d’una storia mai scritta. E’ anche, e forse soprattutto, “documento”. Tranne casi particolari, si può dire che il fenomeno della raffigurazione votiva del miracoloso evento, illustrato dal pittore locale, appartenga ormai ad un tempo diverso. La riconoscenza per la grazia ricevuta (P.G.R.) non viene meno, ma sembra voler privilegiare un altro tradizionale filone di ex-voto, quello dell’oggetto di valore metallico (cuori d’argento, collane e gioielli d’oro, ecc.). Le tavolette esistenti nel Santuario Madonna della Rosa sono state tutte restaurate dalla Ditta Nino Pieri di Urbino, con il benestare della Soprintendenza per i Beni Artistici e Storici delle Marche con sede in Urbino. Il restauro è stato possibile effettuare, grazie ad un generoso contributo da parte della Fondazione Cassa di Risparmio di Jesi, alla quale va il nostro più sincero ringraziamento.

La Cappellina

La città di Ostra, denominata Montalboddo fino al 1881, ha nutrito sempre una speciale e fervidissima devozione verso la Madre di Dio. Ce lo testimoniano le numerose Cappellette che, erette in suo onore fin dai tempi antichi nelle strade circostanti l’abitato, racchiudevano dipinta nel muro la Sacra Immagine della Madonna. Una di tali Cappellette, dette anche “Maestà” o “Figurette”, sorgeva ai piedi di un colle, ricoperto di ulivi e vicino una fonte di limpidissima acqua; proprio dove oggi sorge il Santuario. Nel 1666, dalla mano devota di una pia fanciulla, venne posto davanti alla Santa Immagine, in un giorno di maggio, un candidissimo giglio, in segno di filiale amore. Il Fiore, con grande meraviglia di tutti, rimase per mesi e mesi, fresco e olezzante come se allora fosse stato reciso dalla pianta. Folle immense di fedeli accorsero ai piedi della Vergine Santa e i miracoli si ripeterono e si moltiplicarono tanto che la Cappellina è incapace di contenere le folle dei pellegrini, si costruisce così la prima Chiesuola, grazie ad abbondanti elemosine ed offerte. La Sacra Immagine di Maria viene collocata in una nicchia tutta ornata di stucchi dorati; quattro angeli scolpiti ed adoranti decorano il nuovo tabernacolo (sino al 1948), nella volta a botte, saggiamente scandita da festoni barocchi di stucco dorato, grandeggia al centro l’incoronazione della B.V. Maria, nella lunetta dell’archivolto sopra l’altare è dipinta la discesa dello Spirito Santo; nei sei riquadri attornianti la gloria centrale sono raffigurai a destra, la Natività di Maria, la sua Presentazione al Tempio, e l’Annunciazione; a sinistra, la Visita a S. Elisabetta, la Purificazione di Maria e la Fuga in Egitto: questi affreschi sono dell’illustre pittore Amantini di Urbania: sotto i misteri della Vergine e ai quattro lati del soffitto, il rinomato Clemente Maioli Romano dipinse i quattro evangelisti: agli angoli, nei quattro medaglioni, troneggiano i quattro Padri Occidentali, a nord S. Gregorio Magno, ad est S. Girolamo, a sud S. Agostino, ad ovest S. Ambrogio. Il 15 luglio 1668, il Rev.mo Mons. Marazzani, Vescovo di Senigallia, inaugura la Cappella e vi celebra la prima Messa: sacerdoti e fedeli aumentano a dismisura, per questo il 27 maggio 1671 viene eretto un secondo altare nell’attigua Sacrestia.

1 SETTEMBRE 1726
Con decreto del Capitolo Vaticano, il Rev.mo Mons. Domenico Bartolomeo Castelli, con diadema dato dallo stesso Capitolo, incoronava solennemente l’immagine della Madonna della Rosa e del bambino Gesù.
3 SETTEMBRE 1730
Sempre Mons. Castelli poneva intorno al capo della Vergine, quale gloriosa aureola, 12 stelle d’oro e 6 intorno al Capo del Bambin Gesù.

La devota e mistica chiesetta venne rinchiusa nel nuovo tempio, costruito in 6 anni, dal 1748 al 1754, in modo che dove prima vi era la porta d’ingresso, venne poi innalzato l’attuale altare maggiore dedicato alla SS. Vergine Annunziata. La Cappella, tutta avvolta nella penombra per la fioca luce che piove indirettamente dall’esterno, presenta un’atmosfera di cripta basilicale. L’ultimo lavoro di completamento del Santuario è stata la costruzione del nuovo altare marmoreo nella Cappella nel 1948. Alla vecchia e barocca decorazione architettonica che contornava la miracolosa effige della Vergine, oggi si sostituisce un nuovo altare-custodia su disegno dell’architetto Luigi Garlati.

Per approfondimenti maggiori: www.comune.ostra.an.it

 

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