Tomba Romana – Cortaccione

Il sito archeologico di recente scoperta merita dovuta considerazione per l’importanza che ricopre e andrebbe valorizzato e reso fruibile per ampliare il livello di utenza

 

Cenni Storici

Nel 1986 durante gli sterri per una condotta idrica furono rinvenuti casualmente blocchi di pietra sagomati. Gli scavi archeologici condotti negli anni successivi dalla Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Umbria hanno portato alla luce un grande recinto funerario romano di metri 39 x 37, costituito da un muro in opera cementizia con parametro in reticolato sormontato da grandi blocchi di pietra lavorati a bauletto per un’altezza complessiva di metri 1,90.
All’interno del recinto funerario si è rinvenuta la camera sepolcrale, coperta in origine con una volta a botte solo in parte conservata.
La camera misura metri 7,35 x 6,35 e doveva raggiungere un’altezza di metri 3,70.
E’ costruita in opera cementizia con paramento in laterizi ed ha pianta rettangolare ed elevato con sezione ad omega.
All’esterno la volta è rivestita con uno spesso strato di malta idraulica molto ben conservata e resistente, in facciata restano tracce di intonaco soltanto per pochi centimetri di altezza, mentre nel resto della muratura in elevato, sono inseriti molti chiodi di ferro, usati per farlo aderire meglio.
Il pavimento della camera è in cocciopesto e le pareti sono rivestite di intonaco bianco.
Su quella di destra sono raffigurati a graffito due cervi.
All’interno della tomba sono stati rinvenuti due sarcofagi in pietra locale, chiusi in origine con una lastra di marmo, contenenti le ossa di un uomo e di una donna; rientrano in una tipologia piuttosto semplice a cassa liscia con orli stondati e cuscino interno.
La mancanza di corredo funebre e le tracce evidenti di forzature dei sarcofagi indicano che la tomba fu depredata già in antico.
Sopra il pavimento si sono rinvenute alcune lucerne risalenti al III – IV secolo d.C. e due anelli di bronzo.
In asse con l’ingresso delle tomba è posto anche l’ingresso del recinto, di cui sono visibili gli stipiti e la soglia in pietra.
Davanti alla camera sepolcrale, sopra un basamento, è un’ara funeraria in calcare, priva di iscrizione e apparato decorativo.
Tra questa e l’ingresso del recinto si è rinvenuta una fontana circolare composta da una vasca (Labrum) in marmo di Luni, inserito in una struttura in laterizio e con una cisterna quadrangolare sottostante; all’interno della vasca è visibile la bocchetta in bronzo per la fuoriuscita dell’acqua.
Nella si annetteva la tubatura ( fistula acquaria ) di piombo che portava l’acqua alla fontana.
E’ stata documentata per la lunghezza di 8,5 metri ed ha un diametro di 7,5.
La fistula è contrassegnata da un’iscrizione fusa a rilievo in due righe sovrapposte M. FALCIDIUS / LEBINTHUS FEC con fogliolina di piombo applicata alla fine della prima riga, contrassegno ripetuto per cinque volte.
Si tratta di un marchio di fabbrica con l’indicazione del plumbarius che ha curato la fabbricazione della fistula M( arcus) Falcidius / Lebinthus fec(it).
Davanti all’ingresso del recinto, su un piano di calpestio, sono state rinvenute undici monete degli imperatori Costanzo II, Valentino I, Valente e Graziano ( IV sec. d.C. ).
Si tratta evidentemente di un gruzzolo nascosto, presso l’ingresso della tomba, in un momento di difficoltà, da qualcuno che non poté tornare a recuperarlo.
Il monumento funerario fu costruito agli inizi del I sec. a. C. e rimase in uso fino al IV sec, d.C. come attestano le lucerne rinvenute all’interno.
Dopo la metà del IV sec. d.C. il recinto venne forse usato per allevare animali, dal momento che l’ara, ora ricollocata nella sua posizione originaria, fu rinvenuta sistemata a chiudere l’ingresso.
Il complesso funerario appare di notevole interesse sia per le dimensioni che per le caratteristiche strutturali e non trova molti confronti nel mondo antico, anche se si possono ricordare il recinto nella necropoli di Aquilea e il recinto dei Concordi a Borreto ( Reggio Emilia).
Il complesso funerario affacciava su un’asse viario trasversale della suddivisione agraria imposta al momento di fondazione della colonia latina di Spoletium, nel 241 a.C. ed era verosimilmente inserito in un’area di necropoli, più vasta non ancora esplorata.
Resti di un’altro monumento sepolcrale con copertura a volta sono infatti stati localizzati negli immediati dintorni.
La costruzione di un monumento funebre di questa portata aveva lo scopo evidente di sottolineare il prestigio dello sconosciuto personaggio ivi sepolto, verosimilmente proprietario di un grande fondo agricolo da ubicare nell’area.
Particolare interesse è la forma a Ω della tomba, che presenta nell’imposta della volta un ampliamento di circa un metro verso l’esterno sia su due lati lunghi che in quello posteriore, creando intorno alla tomba una specie di scivolo, probabilmente per migliorare il deflusso delle acque.
I fenomeni di interramento dell’area per l’apporto alluvionale del torrente Cortaccione dovettero iniziare già in antico, come si deduce dalla costruzione di due strutture di contenimento ai lati della parete di ingresso della tomba.
Alla base dei due muri si denota la presenza di una canaletta, realizzata con due coppi contrapposti, che assicurava il deflusso delle acque.
I processi di interro continuarono nei secoli, fino a sommergere completamente la tomba e a innalzare il livello della falda idrica che al momento dello scavo arrivava a coprire i sarcofagi all’interno.
E’ stato pertanto necessario, a conclusione dell’indagine archeologica e contestualmente alla realizzazione della copertura protettiva, scavare trincee di drenaggio lungo il perimetro della tomba, convogliando le acque in tubazioni di deflusso che le adducono ad un fosso naturale.
 

Bibliografia

Cartellonistica in loco
 

Da vedere nella zona

Chiesa di Santa Maria di Reggiana
Chiesa di San Giovanni Battista – Eggi
Chiesa di San Pietro – Spoleto
 

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