Abbazia del Beato Angelo – Cupramontana (AN)
Cenni Storici
L’Abbazia del Beato Angelo, anticamente denominata Santa Maria in Serra sorge ad un chilometro esatto dal centro di Cupramontana. Se ne hanno notizie già nel 1180 e si ritiene fosse stata fondata nel secolo precedente; il Menicucci ne attribuisce addirittura la fondazione a S. Romualdo. La chiesetta è dedicata al monaco Angelo Urbani, ucciso l’8 maggio 1429 a poche centinaia di metri dall’Abbazia, verso il fosso delle Cerretine, nel luogo denominato la macchia del Turco. Il suo corpo è ora conservato nella chiesa dell’Abbazia stessa. Subito dopo la morte se ne diffuse il culto, che perdura forte e sentito, nella comunità cuprense fino ai nostri giorni. Nel 1652 l’Abbazia venne soppressa per decreto di Papa Innocenzo X ed il titolo abbaziale fu trasferito al nuovo monastero di S. Lorenzo fondato all’interno della cerchia muraria di Cupramontana nel 1657. Dopo la soppressione napoleonica del 1810 l’Abbazia fu riacquistata dagli stessi monaci camaldolesi nella quale vissero fino alla seconda metà del secolo scorso. Successivamente e fino ai nostri giorni, passò sotto la responsabilità del Priore della Parrocchia di S. Lorenzo di Cupramontana. Adiacente alla Chiesa vi è lo splendido chiostro, costante meta di visitatori. Nella Chiesa spicca, per importanza, tra le opere pittoriche, la maestosa pala dell’altare maggiore dell’Abbazia (mt. 3 x 1,57), restaurata nel 1996, risulta non firmata. Dopo opportuni studi condotti su documenti d’archivio, risulta attribuita ad un certo Francesco Fiorentino operante in questo territorio tra la fine del 1400 e l’inizio del 1500. Nella parte superiore illustra l’Incoronazione della Vergine operata dalle tre persone della Santissima Trinità; in quella inferiore sono dipinti i santi delle tradizioni locali: (da sinistra) S. Lucia, S. Bartolomeo, S. Pier Damiani, S. Giovanni Battista, S. Andrea, S. Romualdo, S. Lorenzo, S. Caterina. Già oggetto di un radicale restauro avvenuto nel 1973 ed altri lavori di miglioramento eseguiti successivamente, la struttura abbaziale si presenta al visitatore quanto mai suggestiva ed intonata con lo spirito, austero, essenziale e mistico di chi l’ha fondata ed edificata. Danneggiata, però, dagli eventi sismici del 26 settembre 1997, la chiesetta è stata oggetto di un radicale intervento di recupero strutturale con i fondi stanziati nei piani di intervento della Regione Marche, per un importo di € 311.000,00. Per consentire la riapertura dell’edificio sacro, la Prefettura di Ancona ha poi realizzato, con i fondi del FEC, nell’anno 2007, l’impianto antifurto-antincendio, per una spesa di € 19.109,35 e l’impianto elettrico, per una spesa di € 26.500,00. Alcune delle opere appartenenti all’edificio sacro sono attualmente conservate presso il Museo Diocesano di Jesi; tra queste 8 sculture in legno scolpito e dipinto raffiguranti vari Santi, il dipinto su tela raffigurante “Ritratto di Monaco Camaldolese” e il dipinto su tela raffigurante “Madonna con Bambino e San Giovannino”. Architettonicamente il complesso del Beato Angelo è formato da strutture romanico-gotiche risalenti ai secoli XII-XIII, che interessano l’antico monastero a pianta rettangolare, a due piani con chiostro centrale anch’esso rettangolare. Il monastero è costruito in blocchetti squadrati di pietra calcarea e arenaria. Nel piano inferiore vi erano anticamente gli ambienti di lavoro, i magazzini e la stalla; nel piano superiore le celle dei monaci, il refettorio, la biblioteca e la “salam magnam”, aula forse per riunioni, mentre le cantine erano seminterrate. Tutto era perfettamente funzionale alla vita monastica. Il monastero è stato restaurato negli anni Settanta del Novecento e manifesta strutture basali molto antiche, quali ad esempio alcune monofore romaniche a strombo esclusivamente interno; gotico è invece il portale di ingresso al monastero, nonché il portale minore che si apre sul chiostro e permette l’accesso alle cantine. La parte superiore del monastero è stata costruita nell’anno Trecento, come ricorda la lapide sovrastante la porta situata in cima alla scala. Interessanti sono alcuni elementi dell’economia e del lavoro medievali esistenti nel monastero, come la mola per macinare il grano, le aperture fiancheggianti il portale del chiostro dalle quali si gettava l’uva nel sottostante tino, e la bocca di pietra da cui si faceva discendere nelle botti il mosto cotto. Della primitiva chiesa, cronologicamente anteriore all’attuale monastero, non restano che poche tracce: la porticina romanica e tratti delle pareti laterali. La chiesa infatti è stata del tutto ricostruita nel 1861 in dimensioni maggiori per quanto riguarda lunghezza e altezza e con l’aggiunta di due cappelle laterali di cui la sinistra ha interrotto la continuità del chiostro, del quale, nel 1942, sono andate purtroppo perdute le volte a crociera. Di interesse artistico sono la pala dell’altare, della fine del secolo XV, di arte locale; un bel tabernacolo in legno dipinto, di arte rinascimentale; una campana, di forma originale e del secolo XIV-XV, che reca in alto, in caratteri gotici, le iniziali maiuscole delle parole Ave Maria.
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L’abbazia è un complesso di struttura romanica-gotica, già priorato camaldolese, costruito al finire del XI secolo. L’abbazia è ricordata una prima volta nel 1180, quando il suo priore, Gisone, presenzio all’atto di aggregazione della vicina abbazia di S. Elena all’Eremo di Camaldoli. Nel 1198 è documentata la sua appartenenza alla Congregazione Camaldolese, della quale rimase cenobio importante per almeno sette secoli e dipendenza fino ai primi decenni del Novecento. L’abbazia ebbe notevole sviluppo nel sec. XIII durante il quale, per donazioni e acquisti, aumentò in modo considerevole il suo patrimonio e vide sorgere nelle vicinanze un gruppo di abitazioni che prese la consistenza e il nome di villa a cui dette anche il nome: Villa Sancte Marie in Serra. Lasciti testamentari da parte dei Conti d’Accola, residenti nel vicino sovrastante castello, in particolare da Corrado l’ultimo dei detti conti, nel 1285. L’abbazia ebbe giurisdizione su alcune chiese tra cui quella di S. Venanzo di Majano, in territorio di Cingoli, giurisdizione ereditaria del conte d’Accola in un documento del 1369.; intero bene – giurisdizione – secolo XIV – XIV, Il priore Giovanni ebbe il singolare privilegio di partecipare, tra i cardinali, vescovi e generali di Ordini religiosi, al famoso Concilio di Pisa del 1409 che tentò di porre rimedio al grande scisma d’Occidente con l’elezione di papa Alessandro V. Un suo monaco Angelo Masaccio della famiglia Urbani, subì il martirio ad opera della setta eretica dei Fraticelli. L’evento segnò lo sviluppo dell’abbazia non più sul piano economico e civile ma su quello religioso. L’abbazia che ne raccolse e custodì le spoglie, divenne subito meta di pellegrinaggi. Nel 1492 l’abbazia prese a chiamarsi “di S. Angelo” e la nuova denominazione Abbatia Sancti Angeli venne a sostituire più frequentemente quella originaria di Abbatia Sancte Marie in Serra. Nel ‘500 la giurisdizione dell’abbazia si allarga sui priorati di S. Salvatore di Poggio Cupro e di S. Giorgio di Monteroberto, nonche sulla chiesa di S. Andrea, mentre parte delle sue rendite venivano devolute per il sostentamento dei monaci del vicino Eremo delle Grotte. L’abbazia veniva unita, sul piano amministrativo, a quella di San Severo di Perugia, anch’essa Camaldolese. Per l’importanza del monastero, oltre che per i meriti personali, in tale secolo fu elevato alla dignità di abate il priore Lorenzo Adiari, di Firenze, il quale ricoprì contemporaneamente la carica di vicario generale dell’Ordine per la Marca. Nel 1638 fu priore del Beato Angelo l’illustre cuprense Sabastiano Torelli, poi abate e procuratore generale dell’Ordine, il quale fondò nel 1657 il monastero di S. Lorenzo in Masaccio. Nell’anno 1657 furono trasferiti titolo abbaziale e cura d’anime del Beato Angelo. L’abbazia continuò ad ospitare un monaco o un converso, con scopi di vigilanza e amministrazione per un altro secolo ancora, mentre l’officiatura della chiesa ad opera dei Camaldolesi di S. Lorenzo si protrasse fino alla fine del secolo XIX e, ad opera dei Camaldolesi di Fonte Avellana, fino al terzo decenno del secolo XX. Demolizione delle volte a crociera del chiostro, purtroppo abbattute nel 1942 quando fu rifatto il pavimento del loggiato superiore. Il bene nel 1973 è stato restaurato con un intervento di consolidamento strutturale. Il giorno 26 settembre 1997 ha inizio una crisi sismica che provoca nell’edificio i seguenti danni: fessure diffuse sulle pareti laterali. Il 14 luglio 2003 la Conferenza Servizi chiede l’integrazione del progetto che prevedeva il restauro statico dell’intero complesso. Il monastero era stato soppresso nel 1652 per bolla di Innocenzo X, che sciolse i monasteri con meno di undici monaci. I beni della chiesa passarono nel 1815 all’appannaggio del principe Eugenio. L’abbazia del 1942 e giuridicamente autonoma, eretta ente morale e la chiesa officiata dal parroco di S. Lorenzo a motivo degli antichi vincoli tra le due chiese.