Abbazia di Montecassino – Montecassino (FR)

In questo luogo San Benedetto ha scritto la “Regola” dell’Ordine Benedettino, una linea guida che ha cambiato sia il concetto di monachesimo sia la filosofia di vita nonché il paesaggio. I Benedettini hanno risollevato le sorti dell’Italia dopo la caduta dell’Impero Romano, hanno fatto ripartire l’economia salvando la popolazione dalla fame e dalla miseria modellando i territori attraverso la diffusione della loro inestimabile conoscenza. Montecassino distrutto due volte dalla furia umana e una volta dalla natura, ha saputo sempre rifiorire dalle sue macerie come un faro che illumina e guida l’umanità e che non si può spegnere.

 

Cenni Storici

Il monastero di Montecassino fondato da San Benedetto verso l’anno 529 dell’era cristiana sorse sulla base di una preesistente fortificazione romana del “Municipium di Casinum“;
San Benedetto e monaci che lo seguivano giunse in questo luogo proveniente da Subiaco dove era entrato in conflitto con altri monaci.
Su questo monte si esercitava ancora il culto pagano con un tempio dedicato ad Apollo e un boschetto sacro con annessa area per i sacrifici.
Reso illustre dalla prodigiosa vita e dal sepolcro del suo fondatore, Montecassino lungo i secoli ha vissuto una feconda storia di santità, di cultura, di arte per cui è celebre nel mondo intero.
Distrutto verso l’anno 577 dai Longobardi del duca beneventano Zotone, il monastero rinasce agli inizi del sec. VIII per opera del bresciano Petronace su mandato di papa Gregorio II.
S’inizia per l’abbazia cassinese un periodo di grande splendore: vi accorrono il monaco sassone Villibaldo, il monaco Sturmio discepolo di S. Bonifacio, fondatore di Fulda e del monachesimo tedesco, il duca Gisulfo di Benevento, Carlomanno fratello di Pipino, Ratchis re dei Longobardi, Anselmo futuro abate di Nonantola; nel 787 vi giunge Carlo Magno, che rilascia ampi privilegi.
Nell’883 i Saraceni invadono monastero, lo saccheggiano e lo danno alle fiamme.
Vi trova la morte il santo abate Bertario, fondatore della Cassino medioevale: i monaci superstiti riparano prima a Teano poi a Capua, e solo verso In metà del sec. X la vita monastica riprenderà in pieno grazie all’abate Aligerno.
Durante il secolo XI si succedono grandi abati: Teobaldo, Richerio, Federico di Lorena, che sarà poi papa con il nome di Stefano IX: essi elevano Montecassino a livelli di grande prestigio in campo ecclesiastico e politico, con un apice che verrà raggiunto con l’eccezionale personalità dell’abate Desiderio.
Amico e collaboratore di papa Gregorio VII nella lotta per la libertà della Chiesa, Desiderio abate e cardinale ne diverrà il successore con il nome di Vittore III: durante il suo abbaziato viene ricostruita splendidamente la Basilica e il monastero si arricchisce di codici miniati, mosaici, smalti, oreficeria liturgica di fattura orientale.
Nel 1349 avviene la terza distruzione a causa di un terremoto: dello stupendo edificio fatto erigere dall’abate Desiderio non restano che poche mura.
Nella ricostruzione successiva varie sono le aggiunte e gli abbellimenti, che danno al monastero la grandezza e la monumentalità pervenuta a noi fino al 15 febbraio 1944, quando, nella fase finale della seconda guerra mondiale, Montecassino venne a trovarsi sulla linea di scontro degli eserciti: luogo di preghiera e di studio, divenuto in circostanze cosi eccezionali anche asilo pacifico di centinaia di inermi civili, fu, nello spazio di tre ore, ridotto a un cumulo di macerie, sotto le quali trovarono la morte molti dei rifugiati.
Quanto oggi si vede è stato riedificato sull’antico modulo architettonico, secondo il programma del benemerito abate ricostruttore Ildefonso Rea: “dove era, come era“.
Le varie opere di ricostruzione e di decorazione hanno avuto la durata di un decennio e sono state esclusivamente finanziate dallo Stato italiano.
Dopo tonte vicende Montecassino può veramente raffigurarsi con l’immagine simbolica di una secolare quercia, che benché schiantata dalla bufera, rinasce sempre con intatto vigore: “succisa virescit“.
 
 
 

Il Chiostro d’ingresso

Iniziamo la visita nel chiostro d’ingresso in quest’area sorgeva il tempio dedicato ad Apollo; S. Benedetto lo riadattò ad oratorio per la preghiera comunitaria dei monaci, dedicandolo a S. Martino, vescovo di Tours.
Nei lavori di ricostruzione del 1953 furono ritrovate le tracce delle fondamenta originarie di questo oratorio con la piccola abside, il cui perimetro si vede tracciato sotto il mosaico con il Cristo tra la Madonna e S. Martino su disegno del monaco F. Vignanelli.
In questo oratorio mori S. Benedetto nell’atteggiamento descritto da S. Gregorio Magno suo biografo: “in piedi sorretto da alcuni monaci dopo aver ricevuto l’Eucarestia”.
Questo episodio è ricordato dal gruppo bronzeo, al centro del giardino, opera dello scultore A. Selva del 1952 e dono del cancelliere tedesco K. Adenauer.
 
 
 

Il Chiostro del Bramante

Il chiostro nella sua serena ampiezza arieggia lo stile del grande architetto rinascimentale; realizzato nel 1595, è largo 30 m. e lungo 40 compresa la gradinata che lo unisce all’antiportico del chiostro superiore.
Al centro, la cisterna ottagonale, fiancheggiata da colonne corinzie che sostengono un’elegante trabeazione di coronamento, è perfettamente equidistante dal chiostro d’ingresso e da quello iniziato nel 1704 dell’Archivio monumentale.
Dalla balconata si gode uno splendido panorama verso Occidente con la sottostante vallata del Liri, che ospita i paesi di Pignataro Interamna, S. Giorgio a Liri, Esperia, Pontecorvo, Aquino, Piedimonte S. Germano e all’orizzonte i Monti Ausoni: verso il centro della pianura il grande stabilimento della Fiat.
Ai piedi della scalinata sono poste due maestose statue: S.Benedetto, a sinistra, rimasto quasi indenne nell’ultima distruzione, è dello scultore P. Campi di Carrara del 1735; alla sua base si legge l’iscrizione “Benedicius qui venit in nomine Domini”; “Benedetto colui che viene nel nome del Signore”.
S. Scolastica, a destra, è una copia di quella distrutta, anch’essa del Campi, con l’iscrizione “Veni colomba mea, veni, coronàberis“, “Vieni, o mia colomba, (s. Scolastica), vieni, sarai coronata”.
 
 
 

Il Chiostro superiore o dei Benefattori

Ascesa la scalinata, si giunge nell’antiportico del chiostro superiore; nelle due nicchie di marmo bardiglio sono collocate le statue settecentesche di Urbano V, il papa benedettino che tanto si adoperò per la ricostruzione di Montecassino dopo il terremoto del 1349, dello scultore P. Campi di Carrara, e quella di papa Clemente XI, munifico verso l’abbazia, di F. Maratti di Padova.
Se si volge lo sguardo verso il basso la visione ampia e solenne è resa ancor più armoniosa dalla quasi aerea loggia detta del Paradiso, sovrastante le arcate del chiostro centrale.
Il chiostro presenta pure linee rinascimentali con colonne di granito orientale grigio cromo, costruito nel 1513 su disegno attribuito ad Antonio da Sangallo il Giovane: questo quadriportico viene chiamato chiostro dei Benefattori per le 24 statue, qui poste nel 1666, di papi e sovrani, che lungo i secoli sono stati munifici verso il monastero.
La facciata della Basilica Cattedrale, ben intonala con la linea architettonica del chiostro, è opera dell’ing. G. Breccia Fratadocchi (1952); nel timpano è lo stemma di Montecassino e dei suoi abati: un leone rampante e una torre tra due svettanti cipressi; al di sotto l’iscrizione “Benedicti numine sancta“: “Santa (la Basilica) per volontà di Benedetto“.
Dal portico tre porte bronzee immettono nella Basilica: quella centrale risale in parte al tempo dell’abate Desiderio (sec. XI) ed è costituita da una serie di formelle con lettere ageminate in argento.
Le iscrizioni, di grande valore storico, elencano i possedimenti e le chiese dipendenti da Montecassino specialmente nei secoli XI e XII.
La formella in basso a destra, fra due croci, ci attesta che i battenti furono eseguiti nel 1066 a Costantinopoli per munificenza dell’amalfitano Mauro, figlio di Pantaleone.
Le porte laterali, dono del Presidente della Repubblica L. Einaudi, sono dello scultore P. Canonica eseguite nel 1954: quella di destra reca i pannelli con i seguenti episodi: S. Benedetto riceve il re dei Goti Totila; nobilita il lavoro dei campi; svolge opera di evangelizzazione; invia i monaci a diffondere la Regola; in basso, sono raffigurati i simboli della terza distruzione di Montecassino a causa del terremoto del 1349, e della quarta dovuta ai bombardamenti del 15 febbraio 1944.
La porta di sinistra presenta nei pannelli i seguenti soggetti: S. Benedetto viene a Montecassino; presiede alla costruzione del monastero; scaccia il demonio che impedisce la rimozione di un masso; risuscita un bambino; in basso sono simboleggiate la prima distruzione provocata dai Longobardi intorno al 577 e la seconda operata dai Saraceni nell’883.
 
 
 

La Basilica

La Basilica Cattedrale è stata ricostruita secondo le linee architettoniche e decorative sei-settecentesche attribuite all’architetto e scultore C. Fanzago che lavorò sicuramente a Montecassino negli anni 1627-28 per la sistemazione del presbiterio e nel 1645 forni il disegno per l’altare maggiore.
Molto del materiale marmoreo preesistente è stato riutilizzato nel rifacimento dei pavimenti e nella intarsiatura delle pareti.
Si è perduta per sempre tutta la decorazione pittorica, sia ad affresco che su tela, presente sulle volte e nelle pareti della Basilica; la volta della navata centrale, tuttora vuota, aveva affreschi di L. Giordano iniziati nel 1677 “a suono solenne delle campane” e terminati nel 1678; pure alla scuola pittorica napoletana del 1700 appartenevano gli altri pittori che lavorarono nelle navate laterali e nelle cappelle, tra cui F. Solimena, P, De Matteis, F. De Mura: molti bozzetti originali dei perduti affreschi si possono ora ammirare al Museo.
Sulla facciata interna dove c’era un grande dipinto ad olio su muro di L. Giordano, rappresentante la consacrazione della Basilica del 1071 (il bozzetto è al Museo, ed è datato 1677), ora campeggia l’affresco di circa 50 mq. di P. Annigoni, eseguito nel 1979: “La gloria di S. Benedetto” ossia “Paradiso benedettino“: S. Benedetto è attorniato da monaci, vescovi, monache, che hanno vissuto in santità seguendo la sua Regola; in primo piano, in basso, emergono tre figure di papi: S. Gregorio Magno, primo biografo di S. Benedetto; al centro Paolo VI, che nel 1964 riconsacrò la Basilica e proclamò S. Benedetto Patrono Principale d’Europa: a destra S. Vittore III, già abate Desiderio, artefice dello splendore di Montecassino nel sec. XI.
La navata è arricchita da 4 cappelle laterali finemente decorate.
L’altare maggiore è molto ricco e movimentato nelle sculture.
Come ricorda l’iscrizione latina, dell’abate A. Della Noce (+ 1691), incisa sul cartiglio in marmo nero: i santi Benedetto e Scolastica come non furono mai separati nello spirito durante la loro vita così non lo sono con i loro corpi nella morte.
Proprio qui, al disotto della stella marmorea, verso sinistra, è posta un’urna bronzea che conserva i resti mortali dei due santi.
Questo venerando luogo, nonostante il lungo arco di secoli e le molteplici distruzioni, corrisponde a quello che lo stesso S. Benedetto fece predisporre per la sorella Scolastica e per sé.
Anche nell’ultima guerra, un ordigno di contraerea, nonostante si fosse conficcato tra i due gradini antistanti, non esplose.
Durante i lavori di ricostruzione, il sepolcro è stato aperto e i resti mortali dei due santi sono stati sottoposti a ricognizione canonica e medica, che ha riconfermato l’autenticità delle stesse reliquie.
Pure sfuggito alla distruzione è il dipinto su rame di G Cesari, detto il Cavalier d’Alpino (sec. XVII), che raffigura i santi in atteggiamento di riposo.
Dietro l’altare è il coro in legno di noce finemente intagliato da diversi artigiani tra il 1692 e il 1708; nel fondo l’organo Mascioni di Cuvio con oltre 5000 canne.
 
 
 

La Cripta

La Cripta fu realizzata nel 1544, al tempo dell’abate G. Scloccheto da Piacenza, con uno scavo nella viva roccia della montagna; tutta questa area corrisponde al coro superiore dei monaci e alle due cappelle della Pietà e dell’Assunta.
La decorazione cinquecentesca con affreschi di Marco Pino del 1557 e stucchi e grottesche, deterioratasi con il tempo, fu sostituita nel 1913 con l’attuale opera in mosaici nelle volte e in sculture lungo le pareti, della scuola d’arte benedettina del monastero di Beuron in Germania, fondata e diretta dal monaco Desiderio Lenz.
Quasi tutta la decorazione è quella dell’ante guerra.
Lungo le scalinate a si notano in bassorilievo, su pietra locale, due processioni di monaci i e monache, che idealmente si dirigono verso l’altare.
Nel piano della Cripta si incontra la Cappella di San Mauro discepolo prediletto di S. Benedetto raffigurato in un altorilievo in marmo mentre benedice con una croce gli ammalati mentre la volta è finemente decorata in mosaico.
Sotto il mosaico con l’immagine della Madonna e il Bambino, sono scolpiti i santi fondatori dei vari rami dell’Ordine benedettino: S. Guglielmo fondatore di Montevergine, S. Romualdo di Camaldoli, S. Roberto di Citeaux, S. Giovanni Gualberto di Vallombrosa, S. Silvestro di Fabriano, S. Bernardo Tolomei di Monte Oliveto, S. Francesca Romana delle Oblate di Tor de’ Specchi.
La volta centrale è la sola parte integralmente ricostruita a seguito del crollo di quella precedente.
Sul lato sinistro dell’arco centrale sono raffigurati i papi Leone XIII e Pio X, sotto i quali avvenne il restauro della cripta; sull’altro lato gli abati L. Tosti e B. Krug, che ne promossero il rinnovamento, mentre il monaco, con la barba, è il già menzionato D. Lenz, fondatore della scuola d’arte beuronese.
Sull’altare sono collocati i santi Benedetto e Scolastica in estasi, due statue bronzee del monaco di Montecassino F. Vignanelli, fuse nel 1959.
Tutta l’area della cripta è circondata dal coro in granito di Svezia e su di esso gira il fregio a bassorilievo in marmo di Candoglia, opera del monaco A. Gresnicht, che ritrae monaci in processione che si recano a venerare il loro Patriarca.
Nei mosaici delle lunette da un lato sono le allegorie dei voti monastici con la formula della professione “Suscipe me Domine…” e dall’altro le figure bibliche di Mosè e Davide, che rendono culto a Dio con il sacrificio e la lode dei salmi.
L’altra cappella è dedicata a S. Placido discepolo di Benedetto, che è raffigurato sull’altare tra due angeli con un altorilievo in bronzo.
Alle pareti episodi della vita del Santo, mentre sulla volta c’è una delicata decorazione in mosaico.
A fianco, sotto il finestrone semicircolare, sono simboleggiati gli Ordini cavallereschi del medioevo, ispiratisi nelle loro costituzioni alla Regola benedettina: Ordine Gerosolimitano, di Calatrava, dei Templari, Teutonico, di S. Giacomo, di S. Maurizio; alla fine il bassorilievo di papa S. Celestino V, eremita e poi fondatore dell’ordine monastico dei Celestini.
 
 
 

La chiesa Primitiva di San Martino

Appena entrati dalla porta originaria di accesso (detta “dei Frati” perché da li uscirono in processione i frati sopravvissuti al violento terremoto del 1349 che abbandonarono l’Abbazia) al monastero si trova la primitiva chiesa dove San Benedetto affrontò i resti pagani distruggendo gli idoli e convertendo il Tempio di Giove in una chiesa dedicata a San Martino di Tours, il fondatore del monachesimo in Francia nel 4 ° sec.
La Chiesa doveva essere di grandezza modesta, circa 7 x7 metri e capace di contenere circa 30 monaci. Al posto dell’altare di Apollo costruirono un oratorio dedicato a San Giovanni Battista.
L’oratorio rettangolare aveva dimensioni più grandi di circa 7,6 x 15,25 metri e sarebbe diventato alla fine il luogo di sepoltura per Santa Scolastica e San Benedetto.
Le chiese che seguirono così come la Cattedrale di Montecassino che vediamo oggi furono tutte costruite sullo stesso identico luogo del primo umile oratorio.
San Benedetto fece un duro lavoro, incluso quello manuale tenuto in grande considerazione.
I monaci stessi costruirono le strutture originali del primitivo monastero usando gli alberi ed altri materiali recuperati dal sacro boschetto sulla collina.
San Benedetto fece altri miracoli durante la costruzione della prima abbazia di Montecassino incluso quello che viene considerato il miracolo più grande: “Scrivere la Regola“.
Questa fu la sua “Sacra Casa” fino alla morte avvenuta intorno alla metà del 6° secolo.
Furi dalla chiesa un’edicola costruita su un pietra dove pare il santo, mentre a pregava, vi cadde e il masso diventò molle come una spugna per non ferire il Santo e vi rimasero impresse le forme del ginocchio e di un gomito.
 
 
 

Scalinata dei Reperti

Dalla base dell’antica torre che costituisce la parte più vecchia del monastero si sale al Chiostro del Bramante attraverso una lunga scalinata dove ai lati sono stati murati i vari reperti archeologici di varie epoche che sono stati rinvenuti nella costruzione della prima chiesa e nelle fasi successive di restauro.
 
 
 

Il Museo

l’ingresso al Museo si trova a destra uscendo dalla Basilica; di rilevante importanza per la storia artistica di Montecassino.
Tra le colonne del porticato capitelli medievali del sec. VIII e IX e resti di colonne di ville della “Casinum” romana.
Un caratteristico ambiente a crociera, sorretto da possenti pilastri, fa da ingresso al Museo; si visita subito un piccolo chiostro medievale ricostruito con antiche colonnine e capitelli a gruccia del sec. XIII.
Al centro una vera di pozzo romano del II sec. d.C. sul quale l’uso di funi e catene hanno lasciato profonde scanalature.
Nella cappella, dedicata a Sant’Anna e risalente al 1420, notevole è l’affresco del sec. XIII con Cristo pantocratore tra Santi e nella fascia mediana S. Benedetto, S. Scolastica e S. Mauro.
Il coro a tarsie lignee è del sec. XVII.
 
 
 

Il Cimitero di guerra

Volgendolo sguardo verso destra, si nota il Cimitero degli oltre soldati polacchi, che persero la vita nei combattimenti precedenti la liberazione di Montecassino, avvenuta il 18 maggio 1944.
Sul monte, a loro memoria, s’innalza un obelisco in travertino con la seguente significativa iscrizione: “Noi soldati polacchi abbiamo dato il corpo all’Italia, il cuore alla Polonia e l’anima a Dio per la nostra e altrui libertà“.
Il Comandante del Reggimento sopravvissuto alla tremenda battaglia, finita la guerra rientrò in patria, ma lasciò scritto che alla sua morte la sua sepoltura avvenisse con i suoi uomini ed è così che ora riposa in questo cimitero (insieme anche a sua moglie che anch’essa riposa accanto al marito).
Sullo sfondo domina il monte Cairo con i suoi 1690 m. di altezza.
 

Fonti documentative

Pubblicazioni Cassianesi – Abbazia di Montecassino – 2017

http://www.abbaziamontecassino.org

 

Mappa

Link coordinate: 41.491014 13.813651

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