Area archeologica di Attidium – Fabriano (AN)


 

Cenni Storici

Diverse sono le ipotesi sulla derivazione del toponimo di Attiggio. Potrebbe derivare da Atys, vocabolo greco riferito alla divinità mitologica vicina a Cibele, dea della terra e della fecondità. Romualdo Sassi ipotizzò invece che il toponimo derivasse da Attus o Attius, della famiglia gentilizia Attidia. Terza ipotesi è la derivazione di Attiggio dalla congregazione religiosa dei Frates Atiedii.

Ciò che è certo è che il sito di Attidium fu frequentato dalla fine del Neolitico fino all’età imperiale, anche se non in maniera continua. La sua vicinanza al valico appenninico di Fossato di Vico e la sua collocazione in ambiente medio collinare devono aver favorito l’insediamento umano. Nel 1959 una campagna di scavo diretta dalla Soprintendenza ai Beni Archeologici delle Marche ha portato alla luce un deposito archeologico che ha rivelato la presenza di alcune buche da palo ed un focolare della fase finale del neolitico, uno strato dell’età del rame, alcune buche da palo del Bronzo Medio, un abitato piceno del V sec. a. C. ed alcuni materiali funerari di età romana.

Prima della romanizzazione nel territorio appenninico dell’alta valle dell’Esino vi erano stanziate comunità picene, celtiche e probabilmente anche umbre. In particolar modo doveva essere legato ad Attidium il collegio sacerdotale dei Fratres Atiedii di cui parlano le Tavole Eugubine, famoso testo sacrale umbro composto da sette tavole bronzee rinvenute nel XV secolo, tutt’ora conservate nella cappella del Palazzo dei Consoli a Gubbio. Si tratta di una congregazione religiosa di sacerdoti che esercitavano il culto della triade (Marte, Giove e Cerere), che potrebbe essersi insediata nel territorio di Attidium prima di emigrare nella città di Gubbio. Secondo questa ipotesi dunque Attidium deve esser stato un importante centro religioso.

Sulle prime fasi dell’età romana si ha poca documentazione vista l’assenza di rinvenimenti. Sembra comunque inevitabile che anche in quest’epoca la zona di Attidium fosse frequentata e dunque l’assenza di testimonianze si può imputare alla mancanza di scavi sistematici.

Siamo infatti a conoscenza del processo di romanizzazione dell’area, avvenuta con la “battaglia delle Nazioni”, combattuta durante la terza guerra sannitica nel 295 a.C. nei pressi del centro di Sentinum (Sassoferrato), in cui i Romani si scontrarono con la coalizione di Sanniti, Etruschi, Umbri e Celti. I territori incamerati da Roma vennero sottoposti a presidio con un sistema di colonie e prefetture, divenendo poi, con la Lex Flaminia del 232 a.C., oggetto di distribuzione ai veterani dell’esercito. In realtà le comunità umbre sembrano non aver subito questo trattamento, diventando invece comunità alleate dei romani (civitas foederatae). Dunque anche Attidium deve esser diventata città alleata ai romani, riuscendo così a mantenere una relativa autonomia politica ed amministrativa, almeno fino alla guerra sociale, agli albori del I sec. a.C., quando questa area fu assorbita e le sue città trasformate in municipia affini a Roma.

La prima testimonianza di età repubblicana sembra essere, allo stato attuale, l’epigrafe attualmente conservata a palazzo Fornari a Fabriano, databile alla fase pre-municipale degli inizi del I sec. a.C. . Soltanto dopo il 90 a.C., data proposta per l’acquisizione della municipalità da parte delle comunità umbre, si può parlare di un centro romano a tutti gli effetti, la cui fioritura e sviluppo urbano si collocano però in piena età imperiale, tra il I e il II sec. d.C..

Il territorio di Attidium in età imperiale divenne parte della VI Regio, Umbria et Ager Gallicus, una delle regioni in cui l’Imperatore Augusto nel I secolo d. C. aveva diviso l’Italia. Questa regione comprendeva due territori distinti: da una parte l’attuale Umbria posta ad est del Tevere, dall’altra l’Ager Gallicus. Questo era il territorio che i Romani avevano conquistato ai Galli Senoni, i quali precedentemente avevano invaso i Piceni. Si tratta delle attuali Marche settentrionali. La presenza degli Attidiati tra i popoli di questa regione è testimoniata da Plinio il Vecchio, che ne parla nella Naturalis Historia.

I documenti epigrafici, di cui alcuni tuttora visibili nell’atrio di Palazzo Chiavelli, attestano soprattutto le magistrature, il tipo di costituzione vigente, la tribù di appartenenza, Lemonia, ed alcune indicazioni sulle famiglie gentilizie, in particolare sui Camurii.

Ad Attidium venne applicato lo schema tipico dell’ordinamento municipale romano, i cui organi deliberanti erano rappresentati dall’ordo (il consiglio comunale), dal popolo e dai magistrati.

L’ordo era formato dai decuriones, in genere 100-110. Il limite minimo d’età per accedere alla carica era di 25-30 anni, era necessario essere nati liberi, offrire garanzie di moralità, godere dei diritti civili, essere cittadini del luogo e non esercitare mestieri infamanti. Il consiglio comunale si radunava nella curia, normalmente posta nel foro. Tra i compiti dei decuriones vi era quello di determinare i giorni delle feste religiose, conferire onori a persone benemerite ed erano competenti in materia finanziaria e patrimoniale.

La popolazione era composta da più categorie. La più numerosa era quella dei cives, nel caso di Attidium chiamati municipes, cioè coloro che erano cittadini di pieno diritto iscritti alla tribù Lemonia. Vi erano poi gli incolae, ovvero i “quasi cittadini”. Si trattava della popolazione preesistente all’arrivo dei romani.

Vi erano poi i magistrati cittadini, eletti dalle assemblee popolari. Ad Attidium il collegio dei magistrati supremi, chiamati quattuorviri, era formato da quattro persone: due quattuorviri iure dicundo e due quattuorviri aedilicia potestate. I quattuorviri iure dicundo (o giusdicenti) erano magistrati eponimi in ambito cittadino, come i consoli a Roma. Avevano compiti di varia natura, tra cui la convocazione del consiglio comunale, delle assemblee popolari, appaltare le opere pubbliche e amministrare le finanze comunali. I quattuorviri aedilicia potestate avevano compiti analoghi a quelli degli edili a Roma. Tra i loro compiti la cura e la manutenzione di strade, corsi d’acqua e luoghi pubblici.

Infine ad Attidium sono menzionati anche i patroni del municipio. Il patronatus era un rapporto di clientela pubblica: il patronus era un personaggio di rango elevato che curava gli interessi della città presso il governo centrale.

Per approfondimenti maggiori: www.attidium.it

 

Mappa

Link alle coordinate

Lascia una risposta

L'indirizzo email non verrà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

È possibile utilizzare questi tag ed attributi XHTML: <a href="" title=""> <abbr title=""> <acronym title=""> <b> <blockquote cite=""> <cite> <code> <del datetime=""> <em> <i> <q cite=""> <strike> <strong>