Borgo e Rocca Ubaldini – Sassocorvaro (PU)

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Cenni Storici

Non conosciamo con precisione la data in cui l’antico borgo di Sassocorvaro sorse, adagiato sulla collina che domina la sottostante vallata. Grazie ad un documento riminese del 1061, sappiamo che in quella data, in prossimità del luogo in cui attualmente si trova il paese, era ubicato il Castello di Monte Rotondo, con le sue case padronali ed altre abitazioni, terre e vigne, le chiese di S. Angelo e S. Felicita. Il documento non fa menzione di alcun centro abitato col nome di Sassocorvaro e questo fa supporre che la sua fondazione risalga ad un’epoca posteriore al 1061. Del resto, è questa l’epoca in cui iniziavano a sorgere luoghi fortificati, quindi è ragionevole presumere che anche il Castello di Sassocorvaro non fu fondato molto tempo dopo, in una posizione strategica al punto che avrebbe consentito di tenere sotto controllo tutta la media valle del fiume Foglia. Con ogni probabilità, il primitivo castello, dotato di una chiesa parrocchiale dedicata a San Giovanni Evangelista, era situato sul poggio più alto di tutta la zona, nella località chiamata ancor oggi San Giovannino. Quando fu fondato Sassocorvaro su un rilievo più in basso, lì scese la popolazione residua. Ben presto il nuovo castello si costruì la sua chiesa parrocchiale, dedicata a San Giovanni Battista. Il centro abitato – dalla sua fondazione al Duecento – doveva essere molto piccolo e non allungato, come è ora, per tutto il crinale, quale poi si sviluppò fino al Seicento. Le poche case dovevano stare tutte ammassate in posizione sopraelevata e circondate da grosse mura .

Si fanno ipotesi diverse sull’origine del nome dell’antico borgo. Alcuni ritengono che Sassocorvaro derivi da “sasso nido dei corvi” , dato che un gran numero di questi animali si annida ancora oggi sul colle. Altri sostengono che il toponimo sia tale dal suo presunto fondatore, di nome “Corbarius”. Altri ancora ipotizzano che il paese abbia questo nome dal termine latino “corbis”, che significa “cesta”, per la caratteristica forma della sommità del colle su cui è posto.
Sassocorvaro nel XII secolo si trovava compreso nel Comitato di Urbino, con cui ebbe rapporti strettissimi nel periodo comunale.

Tra Guelfi e Ghibellini
Nel Duecento, durante le aspre lotte tra guelfi e ghibellini, il piccolo Castrum Saxi Corbari era retto da una potente famiglia locale, i Berardini, fedeli alla parte guelfa e vicari ecclesiastici. Al contrario, nel capoluogo di Urbino, prevaleva la fazione ghibellina. Quando i Guelfi di Urbino furono costretti all’esilio per opera della fazione avversa, capeggiata da Guido da Montefeltro, si rifugiarono a Sassocorvaro, dove munirono con cura la roccaforte e si difesero a lungo, sostenuti dalla popolazione del luogo e dagli aiuti inviati da Rimini e Città di Castello per volontà di Papa Martino IV.

Nel 1282, avendo avuto la meglio i Guelfi, Urbino venne colpita da interdetto papale, mentre Sassocorvaro venne premiato per la sua fedeltà ricevendo varie grazie ed esenzioni da parte di papa Onorio IV . Fu in quest’epoca che il castello venne sottratto alla giurisdizione di Urbino e sottoposto all’Abbazia di Casteldurante, mentre non molto tempo dopo, nel 1300, Papa Bonifacio VIII, ne nominò rettore Paolo da Gualdo.

La Signoria dei Brancaleoni
Nella prima metà del XIV secolo, Sassocorvaro dovette subire lo strapotere dei Brancaleoni. Gli abitanti del castello mal sopportavano il dominio tirannico della famiglia signorile e molti preferirono abbandonare il luogo in cui erano nati per rifugiarsi nella vicina Repubblica di San Marino, la quale, tra il 1320 e il 1343, concesse licenza piena agli abitanti di Sassocorvaro di trasferirsi in quel libero stato. Nel 1347 i soprusi e il malgoverno dei Brancaleoni non erano evidentemente più tollerabili, dato che venti terre, con alla testa Sassocorvaro, si rivolsero al Comune di Perugia per chiedere aiuto contro i dominatori. Sassocorvaro e le altre terre sottomesse ai Brancaleoni ottennero così la protezione di Perugia, finché, nel 1356, il cardinale d’Albornoz riuscì a sottomettere i Brancaleoni alla Santa Sede e tolse loro terre e castelli, tra cui Sassocorvaro, per annetterli alle proprietà ecclesiastiche. Nel 1394, tuttavia, i Brancaleoni recuperarono le loro terre in cambio della promessa di fedeltà alla Chiesa. Papa Bonifacio IX nominò vicari apostolici i nobili Pierfrancesco, Gentile e Galeotto Brancaleoni, che si divisero i domini. Non molto tempo dopo, ancora una volta, gli abitanti di Sassocorvaro si sollevarono. Pierfrancesco fu allora privato di tutti i suoi averi e fu sostituito dai nipoti Galeotto, Bartolomeo ed Alberico, che promisero di rispettare gli usi e i privilegi goduti dagli abitanti in altri tempi. Ma di lì a poco, Sassocorvaro, posto com’era tra i possedimenti dei Montefeltro e dei Malatesta, avrebbe cominciato a suscitare molteplici interessi di dominio. Nel 1424 Guidantonio da Montefeltro , appoggiato da Papa Martino V, mosse guerra ai Brancaleoni, i quali, affatto disposti a rinunciare ai propri possedimenti, chiesero aiuto ai Malatesta, tradizionali avversari degli urbinati. Grazie all’intervento dei riminesi, Sassocorvaro rimase in possesso dei Brancaleoni ancora per qualche tempo, fino a quando, nel 1430, Guidantonio occupò di nuovo il castello e cacciò definitivamente da questa terra chi per anni ne era stato sgradito tiranno.

I Montefeltro e i Malatesta
La cacciata dei Brancaleoni non riuscì a porre termine alle lotte tra i Montefeltro e i Malatesta di Rimini per il possesso del territorio di Sassocorvaro. Il castello, disputato con tanto accanimento, perché sorgeva in una felice posizione di dominio e controllo sul territorio sottostante, passò più volte dall’uno all’altro dei contendenti. Ogni battaglia era occasione di distruzione e saccheggio del borgo e l’antica rocca fu varie volte parzialmente distrutta e riedificata durante le alterne vicende della contesa. I Montefeltro e i Malatesta si disputavano anche il controllo sui territori vicini a Sassocorvaro, che erano stati un tempo dominio dei Brancaleoni. Così, quando nel 1442 il Castello di Montelocco rifiutò di assoggettarsi ai Montefeltro e chiese l’intervento dei riminesi, venne assalito dagli urbinati. Fu il primo scontro frontale tra due personaggi che sarebbero diventati acerrimi nemici: Federico da Montefeltro – non ancora succeduto al padre, ma già abile combattente nell’esercito feltresco – e Sigismondo Pandolfo Malatesta. Le perdite furono gravi da entrambe le parti, ma a farne le spese maggiori fu il Castello di Montelocco, che fu totalmente distrutto.A distanza di soli quattro anni, la stessa sorte toccò anche a Sassocorvaro, ancora per opera dei Malatesta, le milizie dei quali, il 26 agosto del 1446, assalirono Sassocorvaro, saccheggiando il borgo per poi darlo alle fiamme insieme alla rocca, quasi completamente distrutta. Nel frattempo, alla guida del Ducato di Urbino – dopo che, nel 1444, Oddantonio, succeduto al padre Guidantonio e fregiato per primo del titolo di duca, era stato assassinato – era subentrato Federico. Nel 1447, anche a lui Papa Niccolò V rinnovò la concessione di Sassocorvaro, di cui era già stato nominato vicario apostolico Oddantonio nel 1443. L’investitura da parte del pontefice diede a Federico una ragione in più per tentare di riconquistare il castello. Nel 1456 formò una Lega col re di Napoli, lo Sforza di Pesaro e Papa Giulio II, per cacciare i Malatesta da tutto il Montefeltro.Sigismondo, intanto, fortificava i suoi castelli e in particolare la rocca di Sassocorvaro che, dopo averla lui stesso incendiata, dovette ricostruire quasi dalle fondamenta. Nel 1458 Federico investì Sassocorvaro con un violentissimo bombardamento delle sue artiglierie, ponendovi l’assedio e dirigendo personalmente l’azione guerresca. Gli abitanti resistettero ostinatamente, ma dovettero infine arrendersi, quando il castello fu messo di nuovo a ferro e fuoco e le truppe ebbero dal duca il permesso di fare il più largo bottino. Federico riuscì ad impadronirsi del castello, ma non restava di esso che un cumulo di macerie e, volendo installarvi un suo presidio, il duca fu costretto a predisporre dei ripari di vimini e altri materiali di fortuna. Sebbene lo avesse sconfitto, Federico non era riuscito a domare definitivamente l’avversario, tanto che, solo pochi mesi dopo l’eccidio, tra il 1458 e il 1459, Sigismondo Malatesta riconquistò Sassocorvaro e, con l’aiuto degli abitanti del luogo, iniziò i lavori per ricostruire la fortezza. Di lì a poco, però, Papa Pio II investì nuovamente Federico del dominio su Sassocorvaro e, contemporaneamente, scomunicò Sigismondo a causa della sua politica spregiudicata.Nel 1463 la battaglia che si svolse presso il fiume Cesano pose definitivamente fine alle lotte per il predominio su Sassocorvaro. In quell’occasione, infatti, Federico da Montefeltro sconfisse una volta per tutte Sigismondo Pandolfo Malatesta e si impadronì del castello, che nel 1464 il papa gli riconobbe in feudo.

Il Conte Ottaviano degli Ubaldini
Intorno al 1470 Federico decise di donare il territorio di Sassocorvaro, oltre che quello di Mercatello, ad Ottaviano Ubaldini, che fin dal 1447 aveva chiamato presso di sé ad Urbino, perché fosse suo fraterno consigliere. Il 23 agosto del 1474, Sisto IV, con bolla papale, investì Ottaviano del titolo di conte e gli riconobbe ufficialmente, dietro il pagamento di un censo annuo pari a una tazza d’argento, la signoria sul feudo di Sassocorvaro. Ottaviano era nato, probabilmente nel 1423, a Gubbio, da Aura, figlia naturale del Conte Guidantonio da Montefeltro e da Bernardino della Carda, capitano del conte. Ottaviano sarebbe dunque stato nipote di Federico da Montefeltro, ma qualcuno sostiene che lo stesso Federico non fosse figlio di Guidantonio, bensì degli stessi genitori di Ottaviano e dunque, accettando quest’ultima ipotesi, bisognerebbe ritenere che i due fossero fratelli. Di certo Ottaviano e Federico vissero due esistenze parallelee furono sempre molto legati, tanto da essere ritratti uno di fronte all’altro, con le stesse proporzioni, in una lunetta marmorea realizzata da Francesco di Giorgio Martini. Ottaviano, prima di essere investito del possesso della Contea di Sassocorvaro, era stato il braccio destro del duca e il reggitore dello stato in assenza di Federico. A quell’epoca, Federico e Ottaviano formavano di fatto una diarchia, come riconobbe Leon Battista Alberti, che li definì “i due principi dell’Umbria”. Quando intraprese i lavori di costruzione della nuova Rocca di Sassocorvaro, l’Ubaldini – che era stato l’anima della corte ad Urbino, circondandosi, dotato com’era di una spiccata sensibilità umanistica, di artisti di ogni parte d’Europa – si servì delle esperienze culturali accumulate nelle corti italiane, nelle quali era vissuto da ragazzo, e nella vivacissima corte urbinate. Furono chiamati gli architetti più eccellenti e Ottaviano si avvalse, per il disegno dell’opera, dell’insigne senese Francesco di Giorgio Martini, che in quegli anni lavorava al Palazzo Ducale ed aveva ricevuto da Federico l’incarico di edificare o ristrutturare un complesso di circa centoventi fortezze in tutto il territorio feltresco. La ragione per cui, nel corso dei secoli, la figura di Ottaviano è rimasta nell’ombra, va ricercata nel fatto che, dopo la morte di Federico, al conte, uomo ricco di interessi in campo astrologico ed alchimistico oltre che letterario, fu ingiustamente attribuita la responsabilità per le sterili nozze tra Elisabetta Gonzaga e Guidubaldo da Montefeltro, del quale il padre Federico aveva lasciato al fido Ottaviano la tutela. Nel 1498, quando lo stesso Ottaviano morì a Gubbio senza figli, Sassocorvaro tornò al Ducato di Urbino. Nel 1502, con l’invasione del territorio urbinate da parte delle truppe di Cesare Borgia, la fortezza di Sassocorvaro fu fatta munire dal nuovo signore con ogni cura, ma, sfumata in breve tempo la potenza dei Borgia per la morte di Papa Alessandro VI, il Duca Guidubaldo ritornò in possesso di tutti i suoi possedimenti e Sassocorvaro fu assegnato nel 1504 a Gianandrea de’ Bravis di Verona, in segno di riconoscimento della fedeltà dimostrata verso la famiglia dei Montefeltro.

I Doria di Genova
La signoria di Gianandrea de’ Bravis non durò a lungo. Una volta estintasi questa famiglia, Guidantonio, memore dei grandi servizi resi alla sua famiglia dal celebre genovese Andrea Doria, gli diede in feudo il Castello di Sassocorvaro. Andrea Doria era diventato amico di Giovanni della Rovere, prefetto di Roma, entrando nella milizia pontificia. Sembra che Andrea, spostatosi alla corte di Guidubaldo da Montefeltro, si fosse innamorato di Giovanna, moglie di Giovanni della Rovere. Avendo, nel 1502, salvato la donna dalla cattura da parte del Valentino, in seguito, il nuovo duca di Urbino, Francesco Maria I della Rovere- succeduto nel 1508 a Guidubaldo da Montefeltro, morto senza lasciare eredi – non avrebbe potuto non essere grato ad Andrea Doria, il quale richiese l’investitura della piccola Contea di Sassocorvaro a un ramo collaterale della famiglia nella persona di Filippino Doria, il suo braccio destro. Il tutto avvenne col consenso del papa Giulio II, espresso attraverso la bolla del 18 maggio 1510. I Conti Doria risiedevano a Genova e visitavano di tanto in tanto il loro feudo di Sassocorvaro. Per più di un secolo durò la presenza della famiglia genovese in Sassocorvaro e questo governo viene ricordato come un periodo giusto e sereno per la popolazione. Nel 1522 Francesco Maria, revocò a Filippino l’investitura, accusandolo di infedeltà, ma già nel 1535 Sassocorvaro tornò ai Doria nella persona di Filippino II, grazie alla concessione di Guidubaldo II della Rovere. Alla morte del conte, Sassocorvaro restò in mano del figlio Giovan Tommaso, ancora minorenne, di cui era tutrice la madre Peretta Doria. Il vecchio duca urbinate Francesco Maria II della Rovere, al pari di Giantommaso Doria, era destinato a morire senza eredi maschi e se nel 1626 la Santa Sede si annetterà la Contea di Sassocorvaro, nel 1631 si approprierà di tutto il Ducato di Urbino.

La Santa Sede
Con il passaggio del ducato alla Santa Sede, l’amministrazione di Sassocorvaro fu affidata al governatore dello Stato di Urbino, Monsignor Berlingerio Gessi. Da quel momento in poi, per evitare che la Rocca Ubaldinesca, il monumento più importante del paese, andasse sempre più deteriorandosi, i vari pontefici la concessero in enfiteusi a diverse famiglie o personaggi legati alla Santa Sede, fino alla dichiarazione dell’unità nazionale, quando il territorio e la rocca vennero in possesso dello Stato italiano.

 

Mappa

Link coordinate: 43.780930 12.495626

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