Il Paese di Castelbuono conosciuto anche come Parco della Scultura è una mostra diffusa e permanente all’aperto di opere d’Arte
Cenni storici
Le prime tracce della presenza umana nel nostro territorio risalgono all’età del ferro, testimoniate dal ritrovamento di “amigdale“, strumenti di lavoro e di caccia, di forma ovoidale, bifacciali, ottenute per scheggiatura della pietra, rinvenute sulle terrazze alte del torrente Attone, tra Bevagna e Collemancio.
E’ però con la presenza dei Romani, la centuriazione della regione e la successiva apertura, nel 220 a.c, della via Flaminia, che il luogo viene abitato in maniera più capillare.
Testimonianze significative della presenza romana nella nostra zona giungono dalle colline prospicienti Cantalupo, in particolare Castelbuono, Madonna della Pia, Castellaccio e Montarone con la presenza di urne cinerarie, rocchi di colonna e iscrizioni varie.
Dopo le distruzioni dei Goti capeggiati da Totila degli Ostrogoti guidati da Teodorico e il tentativo bizantino di estendere l’impero a Perugia, Spoleto e Narni, sono i Longobardi, nel 568 a occupare tutta la regione.
Viene creato, nel 571, da Faroaldo I, un Ducato longobardo con sede a Spoleto.
Il Ducato successivamente sotto il Re Autari si ingrandisce fino a minacciare la stessa Roma.
La pace tra Longobardi e Bizantini, nel 598, definisce il limiti del Ducato che in Umbria è incastonato tra i possedimenti bizantini e che si espande, nell’Italia centro-meridionale, fino al Ducato di Benevento.
Particolare e decisiva fu la posizione strategica del gastaldato di Bevagna posto al limite settentrionale del Ducato di Spoleto, tra i territori di Perugia, Todi, Assisi e Foligno. Rimangono ignote le circostanze che indussero a erigere il castello di Castelbuono e gli altri castelli del monte di Bevagna così com’è ipotetica la data stabilita del X secolo della sua fondazione anche se la possibile costituzione per fini difensivi, con l’incastellamento di precedenti costruzioni, appare la più plausibile. Incerte le ragioni per le quali il nome del castello compare nei primi documenti: Castrum Abbonis o Abboni, Castellum Aboni ecc.
Nel 1160 il paese risulta essere tra i possedimenti di Matteolo di Monaldo.
Nel 1177 Castelbuono insieme a Coccorone (odierna Montefalco) e Limigiano viene sottratto al Ducato di Spoleto e concesso da Federico_Barbarossa a Foligno.
Nel 1195 il castello ritorna sotto l’amministrazione spoletina.
Nel 1219, Napoleone III Rainaldi d’Antignano, a capo dei ghibellini dell’Umbria, assicura l’asservimento dei castelli di Castelbuono, Gualdo Cattaneo, Collemancio, Limigiano, Cannara e Monte Carpeno all’Impero.
I Bevanati, fedeli alla chiesa, insorgono, distruggono e saccheggiano i castelli e i possedimenti degli Antignano.
Ci vuole una breve di Papa Alessandro IV nel 1256 per ristabilire l’ordine nei territori.
Nel 1315 Castelbuono si schiera con Federico da Montefeltro diventando libero comune, anche se, i Conti d’Antignano ne torneranno signori ma solo in forma onorifica.
Nel 1395, dopo la sconfitta della lega ghibellina di Biordo Michelotti, Castelbuono entra a far parte della signoria dei Trinci di Foligno.
Sotto la dinastia folignate si alternano alla guida del castello diversi signori e nobili delle terre dei Trinci. Castelbuono non vive più l’effervescenza dell’età comunale spegnendo ogni velleità di autonomia in cambio della stabilità politica.
Nel 1424, con la fine della Signoria dei Trinci, Castelbuono insieme ad altri comuni viene concesso in proprietà privata a tenutari della Chiesa.
All’inizio del XVI secolo la potentissima famiglia Baglioni di Perugia trova nella nobiltà bevanate la possibilità di espandere il proprio dominio su un ambito e strategico territorio.
Nel settembre del 1517 Papa Clemente VII dona a Malatesta IV Baglioni, per esprimergli gratitudine dei servigi operati presso la città di Firenze, la città di Bevagna e il castello di Castelbuono che così entrano a far parte dello stato baglionesco.
Il breve periodo del governo Baglioni non risolleva le sorti del castello dall’inevitabile decadimento.
Con la decadenza della famiglia Baglioni, nel 1567 Castelbuono viene donato al territorio di Bevagna; immediatamente Pio V dichiara il castello soggetto alla Santa Sede.
Inizia così, con la fine delle grandi signorie, il lento ed inesorabile declino del castello, determinato anche dalle mutate condizioni sociali che privilegeranno le campagne rispetto all’autarchia dei castelli, soppiantando gli stessi con insediamenti che favoriscono gli scambi artigianali e commerciali.
Aspetto
Il borgo è cinto di mura al cui interno, in una piazza ove ci sono case con scale esterne, c’è un altra edicola del sec. XV con il Crocifisso tra la Madonna e S. Giovanni. Il Paese di Castelbuono conosciuto anche come Parco della Scultura è una mostra diffusa e permanente all’aperto di opere d’Arte
Nel Castello esistevano ben 5 chiese (S. Stefano, S. Bartolomeo, S. Pietro, S. Maria, Madonna del Rosario) rimane ora alla sommità del paese la sola Chiesa di S. Maria Assunta, dove all’interno si trovano un’edicola con vari affreschi del Fantino del 1599, altri affreschi di pittori anonimi (a destra dell’altare maggiore) del secolo XVI, con un S. Domenico aggiunto dallo stesso Fantino.
Da segnalare un curioso campanile poligonale con due archi a sesto acuto alla base, in parte richiusi.
La Maestà
L’Edicola viaria si trova sotto le mura rivolte a mezzogiorno, lungo la via che sale dal fondovalle; contro un muro nel lato opposto della strada si legge ancora l’invito a sostare in preghiera che fu scritto nel 1925 con vernice rossa, prova evidente di una devozione rimasta immutata a distanza di secoli: “Passiggero che passi per la via non ti scorda’ di saluta’ Maria“. Il Paese di Castelbuono conosciuto anche come Parco della Scultura è una mostra diffusa e permanente all’aperto di opere d’Arte
L’edicola è decorata da un affresco che ritrae una Vergine in maestà, seduta sopra un trono decorato da trafori attraverso
i quali si affacciano due angeli.
Maria stringe nella mano destra una rosa e con la sinistra sostiene Gesù bambino, levato in piedi sulle ginocchia della madre, che tiene nella mano destra un uccellino e nella sinistra un cartiglio con una scritta pressoché illeggibile.
Il trono è affiancato da due santi a figura intera.
Sulla destra (la nostra sinistra) è San Michele Arcangelo con in mano una bilancia per pesare le anime e una lancia per trafiggere il demonio, sul lato opposto è Santo Stefano con indosso la dalmatica da diacono, una palma del martirio nella destra e un libro chiuso nella sinistra; il personaggio è identificato nel protomartire dalle pietre che lo colpiscono alla testa e alle spalle.
Anche lo sguancio dell’intradosso era decorato da figure di santi venerati localmente.
La figura sulla destra è del tutto perduta.
A sinistra si conserva il terzo inferiore di un personaggio, evidentemente maschile, con gambe nude, i piedi calzati e alcuni devoti in ginocchio a invocare una grazia collettiva.
Sul bordo esterno di questo lato è una epigrafe frammentaria con alcuni nomi scritti a buon fresco, apparentemente i committenti di questa immagine propiziataria.
Nell’epigrafe si legge a fatica la parola “ROCHO“, che ci restituisce l’identità del personaggio che vi è ritratto: San Rocco, nato a Montpellier in Linguadoca nel XIV secolo, partito come pellegrino alla volta di Roma, fermatosi ad Acquapendente in soccorso dei malati di peste, ammalatosi anch’esso e poi guarito, morto in circostanze misteriose nei pressi del lago Maggiore negli anni ’70 del ‘300 e pressoché immediatamente invocato come protettore dalla morte per peste, usualmente ritratto nelle sembianze di un pellegrino che indica i segni della malattia, un bubbone all’altezza dell’inguine.
Nel 1976 Pietro Scarpellini pubblicò questo dipinto attribuendolo a Giovanni di Corraduccio, pittore originario di Foligno del quale si hanno notizie in vari centri dell’Umbria e delle Marche dal 1404 fino al 1450.
Affresco è stato restaurato nel 2000 da Dino Roselletti di Perugia che nel restauro è stato seguito dalla D.ssa Francesca Cristofani della Sopraintendenza.
Attraverso le immagini rappresentate l’edicola ha un sensibile valore “politico” al tempo della signoria dei Trinci, posta per accogliere i viandanti che salivano al castello e proteggere gli abitanti dai pericoli esterni, soprattutto dalle ricorrenti epidemie di peste.
Anche le altre figure Sacre rappresentate hanno un valore simbolico, infatti alla Vergine Maria e a Santo Stefano sono dedicate le due chiese già presenti nello Statuto del 1345 e la figura di San Michele è sicuramente legata alla presenza dei Longobardi.
Non sappiamo quando e chi abbia fondato Castelbuono, ma trovare un tardivo San Michele a protezione dell’ingresso al castello è una spia che può indicarne un’origine in quella direzione, trovandosi Castelbuono nei confini del ducato longobardo di Spoleto.
Le fonti
Proprio sotto l’abitato di Castelbuono esistono ancora le vecchie fonti che servivano il paese, sia per l’abbeveraggio del bestiame, sia per lavare la biancheria e sia per l’approvvigionamento idrico degli abitanti in quanto all’interno del castello non esisteva una sorgente.
Sono state in uso fino a qualche decenni fa ma ora con lo spopolamento pressochè totale del paese sono ridotte in cattivo stato anche se la sorgente ancora è attiva.
Per fortuna una persona di buon cuore si è adoperata a tagliare l’erba e gli arbusti fin sulla strada soprastante per permettere alle persone di avvicinarsi alle vasche che altrimenti sarebbero state irraggiungibili.
Parco della scultura
Questo è il titolo scelto per presentare le opere installate nel 2012 nel Parco della Scultura di Castelbuono.
L’idea dell’arcobaleno è data dalla struttura naturale a semicerchio o cavea dei teatri greci del territorio di Bevagna su cui verrà nel tempo realizzato il parco.
E d’Arte perché ancora prima dell’intervento degli artisti, questi luoghi sono già delle vere e proprie opere d’arte, luoghi che sono di una bellezza non rara ma unica.
Il progetto del Parco della Scultura di Castelbuono di Bevagna (Pg) non vuole essere o divenire solo un museo a cielo aperto sulla scultura, ma ha la pretesa di diventare un serbatoio dove la scultura, l’ambiente, i prodotti realizzati dagli abitanti del territorio e la spiritualità facciano coltura e contribuiscano a dare valore aggiunto alla qualità della vita di chi ci vive o visita questi luoghi.
Il duro momento che vive l’umanità evidenzia ancora di più tutto il valore di cui è impregnato il progetto dove pure il visitatore sarà chiamato nel tempo a essere non solo un fruitore d’arte, ma a vivere questi luoghi utilizzando workshop, mostre, proiezioni di film, incontri dibattiti su varie tematiche, degustazioni di vini, olio extra vergine o altri prodotti del territorio.
Nel progetto ci sarà pure il Museo dei Bozzetti delle opere installate e una Biblioteca sulla Scultura.
Venire nei luoghi del Parco della Scultura di Castelbuono del Comune di Bevagna offre la possibilità di vedere i mille colori di cui si vestono i nostri boschi durante l’anno, le armonie cromatiche con cui le nostre colline piene di vigne incantano gli occhi e il palato con il sagrantino, il colore dell’oro del grano nella nostra preziosa pianura carica delle sature acque del Clitunno.
Questi sono luoghi dove il cielo, le colline e i monti nutrono attraverso la cultura, la storia, la qualità dei prodotti e la spiritualità l’anima di chiunque percorre i suoi sentieri.
Questa è la terra dove la natura ha parlato a Francesco di Assisi dettandogli la sua regola e gli uccelli gli hanno raccontato la gioia con cui ringraziano ogni attimo della giornata con il canto il loro Creatore (Predica agli uccelli di Piandarca).
Questi sono luoghi carichi di storia e storie dove gli uomini, con il duro lavoro, hanno addomesticato le colline rendendole coltivabili, usato la terra per i mattoni con cui costruire case e monumenti, dove tutto questo amore per la natura ha fatto sì che fosse mantenuto il piacere del buon vivere.
Fonti documentative
Elvio Lunghi – Dipinti e sculture a Castelbuono di Bevagna – 2025
http://www.prolococantalupocastelbuono.com
http://www.umbriaonline.com/