Castello di Cecanibbi – Todi (PG)

Secondo un’antica leggenda il nome del luogo deriverebbe dal passaggio di Annibale che era già cieco da un occhio per un infezione contratta nel passaggio delle paludi intorno a Firenze nel 217 a.C.

 

Cenni Storici

Il castello dista circa 5 km da Todi. Vi si arriva comodamente dall’uscita Todi-Orvieto della superstrada E 45 percorrendo un breve tratto della statale 448 per Orvieto fino a Pian di San Martino.
La strada comunale sale leggermente fino al piccolissimo borgo posto su un’altura (m.248 s.l.m.) a destra del Tevere che scorre a poche centinaia di metri nella piana sottostante.
La prima menzione dell’agglomerato la troviamo nel Liber focularium del 1290 dove è definito villa Cecanibbi facente parte del plebato di San Bartolomeo di Tevellaria con nove fuochi.
Alla fine del XIII secolo non presentava ancora la struttura di un castrum.
Una seconda attestazione Colle de Nibio, riferibile al giugno del 1311, è rintracciabile negli Annali e cronaca di Perugia in volgare dal 1191 al 1336.
Vengono narrati gli spostamenti delle truppe perugine nel contado tuderte nei mesi successivi alla famosa battaglia di Montemolino del 1310: l’insediamento probabilmente subì ingenti danni.
Le Croniche del Petti ci informano che nel 1337 la villa doveva fornire alcuni soldati a presidio di una torre posta a sorvegliare un importante passo della zona.
Nuove notizie sulla “villa Cechanibij” le troviamo nelle Sommette della libbra del 1404, del 1405 e del 1412 dove sono elencati 6 lari o fuochi (circa 30 persone).
Nel 1540 deve inviare almeno un operaio a Perugia per la costruzione della Rocca Paolina.
Dal Catalogo del Bolognini apprendiamo che nel 1571 S. Angeli de villa Cecanibii conta 376 anime di cui 240 adultes e 136 minores.
Monsignor Malvasia il 26 ottobre 1587, nell’ambito della sua visita alla comunità, parla di Cecanibij castrum.
L’origine del toponimo secondo l’Alvi (1765) potrebbe collegarsi ad uno stazionamento dell’esercito di Annibale che dopo il passaggio delle Alpi aveva perso un occhio (Castrum Ceci Anibaljs) oppure alla fondazione del castello da parte di due fratelli, Francesco e Annibale, della potente famiglia degli Atti (Castrum Cecchi Annibalis).
Le due etimologie alquanto fantasiose sono da escludere.
La spiegazione più plausibile è una terza: l’unione di due parole del latino tardo cieca o ceca (da caecus, cieco) e nibulus (nibbio).
Sostanzialmente è riferibile alla pratica venatoria della falconeria.
Ancora oggi il nibbio bruno è molto diffuso in questa area e quello reale nidifica nel vallone dell’Eremo della Pasquarella.
L’aspetto medievale del borgo nasconde probabilmente un’origine più antica.
Quest’altura si colloca in un’area ricca di testimonianze archeologiche che ne attestano una frequentazione umana senza soluzione di continuità dall’età preistorica e protostorica fino ai giorni nostri.
Lungo la sponda destra del Tevere correva un importante tracciato viario, poco studiato, che metteva in comunicazione Perugia con Todi passando per Marsciano.
Nel 1745 il Giovannelli narra che “nel castello di Cecanibio, un contadino rompendo un masso di fabrica tassellata, vi trovò alcune monete Italiche, o Etrusche…
 

Aspetto esterno

Nel piazzale antistante l’abitato un tempo si trovava un pozzo per l’approvvigionamento idrico smantellato nella seconda metà del 1900.
Si accede al nucleo più antico attraverso l’ingresso a sinistra, un doppio arco ribassato in laterizio che immette nel vicolo principale.
Nella parte interna entro una nicchia è collocata una piccola statua raffigurante San Michele, patrono di Cecanibbi, posta come ex voto da una signora del posto.
Poco più avanti si incontra un arco che immette in una piccola corte interna, vero cuore del castello. Su un concio dello stipite sinistro sono incise due croci.
Ci si trova davanti alle due emergenze architettoniche più importanti: il mastio del XIII secolo e l’ex casa parrocchiale con al pianterreno la cappella di Sant’Angelo, di proprietà privata, che conserva ancora notevoli testimonianze pittoriche originali.
Sull’architrave il monogramma IHS.
Un secondo arco di accesso risalente al 1507 (data incisa sul laterizio posto sul paramento murario della casa interna) viene ad aprirsi sulla strada che sale dal Tevere.
Questa apertura va a modificare e rinforzare l’antico ingresso trecentesco.
Nonostante le numerose sovrapposizioni succedutesi nei secoli è ancora possibile leggere le varie trasformazioni.
Da una torre di avvistamento sul Tevere, in collegamento visivo con altre simili (la Torraccia, Montemolino, Poggio Brico, Torre Piera, Torre Francisci), eretta per difendere Todi prima dagli orvietani (XI-XII secolo) e poi dai Perugini (XIV secolo) si è giunti, dopo la battaglia di Montemolino del 1310, alla costruzione di un fortilizio.
E’ ancora possibile riconoscere le tracce delle merlature sul lato settentrionale e i beccatelli che sorreggevano gli spalti per il camminamento delle sentinelle.
Contrafforti e scarpe proteggevano tutto il circuito.
Verso il fiume un fossato e un antemurale dovevano completare l’apparato difensivo.
Un accesso più tardo è quello che si apre a destra nel piazzale principale, accanto all’edicola della Madonna di Pompei; fu aperto nel XVI secolo quando l’abitato fu ampliato nella zona settentrionale ed orientale con l’aggiunta di nuovi edifici.
La mappa ottocentesca del Catasto Gregoriano evidenzia chiaramente tali trasformazioni.
Due rappresentazioni abbastanza fedeli del castello le possiamo trovare nell’affresco San Michele che schiaccia il demonio del 1577 all’interno della chiesa parrocchiale e nel dipinto del Polinori del 1629 nella Galleria del Seminario Vescovile di Todi.
 

Fonti documentative

M. LABATE, I dipinti murali della cappella di Sant’Angelo nel Castello di Cecanibbi di Todi (PG): vicende storico-artistiche e restauro, Tesi di laurea, A.A. 2010-11, Università degli Studi della Tuscia di Viterbo, Facoltà di Conservazione dei Beni Culturali.
 

Nota

Il testo e parte della galleria fotografica sono stati prodotti da Marcello Labate.
 

Mappa

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