Castello di Collalto Sabino – Collalto Sabino (RI)

Per capire l’arretratezza del posto basti pensare che nei primi anni ’50 chi non aveva la macchina poteva raggiungere Collalto Sabino solo a piedi o a dorso di mulo; qualche anno dopo, mentre si inaugurava l’era dei viaggi nello spazio, veniva istituito un servizio giornaliero di posta con una corriera che saliva e scendeva lungo la tortuosa strada bianca.
Persino le attività commerciali non funzionavano con lo scambio fra merce e denaro, ma erano ancora improntate al baratto dei modesti prodotti dell’economia di montagna: castagne, funghi e cereali minori (sorgo, segale).

 

Collalto

Dal 2002 è uno dei “Borghi più belli d’Italia” (m 980; ab. 500), situato nel settore meridionale della provincia di Rieti, al confine geografico del Lazio con l’Abruzzo; fanno parte del comune le due frazioni di Ricetto e San Lorenzo.
Confina con i comuni di Carsoli (AQ), Collegiove, Marcetelli, Nespolo, Turania e Pescorocchiano, situati tra la Marsica, la valle del Turano e l’alta valle del Salto.
Il territorio di Collalto Sabino fa parte della Riserva naturale dei Monti Navegna e Cervia (Monti Carseolani).
Le valli del Turano e del Salto sono separate da una coppia di maestosi rilievi calcarei allineati: il monte Navegna (m 1508) a nord e il Monte Cervia (m1436).
Le loro forme disegnano dei paesaggi ampi e solitari in cui il tempo sembra seguire una scansione particolare; intorno, una cerchia discreta di paesini e piccole frazioni.
Le grandi faggete, i castagneti, i boschi di querce sono frequentati dal lupo e dal gatto selvatico e nel sottobosco germogliano fioriture di orchidee, violette e narcisi.
I cieli sono solcati dal volo armonico dell’aquila reale e di notte del maestoso e silenzioso gufo reale.
L’acqua scorre tumultuosa nei fossi dell’Obito e di Riancoli.
Il territorio è attraversato da una rete di sentieri e tratturi, testimonianza di una viabilità rurale diffusa, oggi a disposizione anche degli escursionisti. La storia del borgo di Collalto risale all’epoca dei Longobardi, che nell’Italia centrale e meridionale detenevano i ducati di Spoleto e di Benevento, e al periodo della distruzione della colonia romana di Carseoli, che sorgeva presso il borgo di Civita di Oricola e in località Bosco di Sesera.
Dopo questa distruzione vennero le scorrerie dei Saraceni, che indussero i pochi abitanti rimasti nel luogo a costruire una primitiva torre di difesa attorno alla quale si costituì poi il nucleo abitato di Collalto Sabino.
Nel sec. X questo divenne sede di gastaldato e nell’XI fu proprietà dell’Abbazia di Farfa, che qui stabilì un proprio monastero benedettino.
In seguito l’Abbazia cedette il borgo alla nobile famiglia Berardi della contea dei Marsi, con l’obbligo di corrispondere un canone annuo alla comunità religiosa.
Ma scorriamo la storia di Collalto come è sintetizzata in due grandi lapidi presenti al centro del borgo sul Palazzo Latini:
Un’alta torre simbolo di signoria si ergeva su questa antica dimora dimora della famiglia feudale dei Collalto: Torre Federiciana, Torre Ghibellina, Torre Sabina, a cavallo del XII e XIII sec. Durante la dominazione sveva, nel territorio feudo dell’abbazia di Farfa, Collalto nasceva e si organizzava, protetto da mura più ristrette delle attuali e formato da questa dimora, da poche altre intorno e sopra uno sperone di roccia, da una vedetta fortificata, probabilmente edificata durante la precedente dominazione normanna (XI sec.). Nella regione territorio strategico di confine tra Regno di Sicilia e Stato della Chiesa, era un’isola sotto la giurisdizione e la sovranità eminente dell’Imperatore del Sacro Romano Impero, a cui solo doveva fedeltà. Federico II di Svevia (1194-1250) si garantiva così le comunicazioni tra il suo regno, l’Italia del nord e l’Europa, senza passare per Roma. Al tempo dei conflitti tra l’Imperatore ed i Papi per il controllo dell’Italia settentrionale, dal XIII al XV secolo i signori di Collalto: Pandolfo, Rainaldo, Roberto, Odone, Giovanni, Ludovico, imparentati con i Conti Mareri e con molta probabilità consanguinei dei Conti dei Marsi infeudati nel Carseolano, esercitarono diritti feudali su molti paesi compresi tra la Valle del Turano e quella del Salto. Nell’agosto del 1268 i militi di Collalto parteciparono alla battaglia di Tagliacozzo a fianco di Corradino di Svevia, nipote di Federico II, contro Carlo I d’Angiò re di Sicilia. Con gli Angioini (XIII sec.) e con gli Aragonesi (XIV-XV sec.) l’importanza politica e strategica di Collalto si ridusse sempre più a motivo delle alleanze tra Regni di Sicilia e di Napoli e Stato della Chiesa. A partire dal XVI sec. lo Stato della Chiesa consolidava i propri confini ad est di Roma. I Savelli si impadronivano di Collalto, smembravano il feudo e iniziavano la costruzione e fortificazione del castello, proseguita dai Soderini e dai Barberini. Contro lo strapotere dei Savelli, Latino di Collalto (XV-XVI sec.) organizzava, con altre 73 famiglie, la magnifica Comunità di Collalto. Con Leonardo di Collalto (XVI sec.), figlio di Latino, la famiglia feudale prese a chiamarsi Latini e le generazioni successive mantennero dignità e terre, dando uomini illustri, vanto della Sabina: Alfonso (1678-1759) magnifico Priore di Collalto; Carlo (1713-1786) professore di Filosofia e Teologia, Cavaliere dello Speron d’Oro e Conte Palatino; Alfonso (1761-1840) dottore in Fisica e Medicina Governatore di Collalto; Carlo (1797-1841) teologo e professore in Giurisprudenza, Canonico e Vicario Generale di Rieti; Vincenzo (1802-1882) professore nell’Ateneo Romano e Accademico dei Lincei, sepolto a Roma in San Lorenzo in Miranda; Bartolomeo (1816-1861) medico chirurgo, Capitano della Guardia Nazionale, morto nella difesa di Collalto nel 1861; Giuseppe (1856-1938) Prelato Domestico di Sua Santità, Conte di Monteromano, Barona della Manziana, Promotore di Giustizia del Sant’Uffizio, professore di Diritto Penale. Il 13 febbraio 1861 Collalto, di fede liberale, fu assediato da soldati raminghi borbonici; si difese strenuamente, ma sopraffatto, fu messo a ferro e fuoco.
Nel ricordo dell’Ing. Antonio Latini (1894-1986) e di Miretta Faccio Latini (1906-1992) il figlio Gian Piero restaurò su progetto dell’Arch. Alessandro Latini (1939-1999).
Non c’è futuro per chi dimentica il proprio passato. Collalto Sabino, A. D. 2001
“.
La particolare posizione del borgo, al confine tra lo Stato pontificio e il regno normanno di Napoli, ne fece un punto strategico, a controllo della valle del Turano e della piana del Cavaliere, visitato anche dall’imperatore Federico II di Svevia in viaggio verso Rieti.
Allora il borgo godette di maggiore autonomia dai feudi che lo circondavano, acquisì il diritto di battere moneta e ampliò le fortificazioni esistenti con la costruzione di un castello.
In questo periodo, dopo le battaglie di Benevento e di Tagliacozzo (1268), fu costruita una prima cinta muraria.
Nel 1297 il nuovo re di Napoli Carlo D’Angiò cedette il borgo allo Stato Pontificio, in seguito divenne feudo baronale di famiglie nobili fino al 1860. Il 13 febbraio 1861 Collalto fu conquistato da truppe borboniche del gen. Saverio Luvarà, per essere in una posizione strategica ben difendibile e adatta alla guerriglia contro i “piemontesi“, dopo che lo stesso giorno Re Francesco II di Borbone si era arreso a Gaeta.
Infatti con la resa di Gaeta il Conte di Trapani, zio di re Francesco II, organizzò a Roma una “associazione religiosa” che era di fatto l’organismo cospirativo superiore che organizzava e coordinava la guerriglia nell’ex regno.
Le truppe di questo “esercito” erano composte da soldati borbonici che continuavano a combattere in più zone del Meridione e da reparti dell’esercito pontificio che non accettavano l’esito del plebiscito del novembre 1860, che sanciva l’annessione della Sabina al Regno d’Italia.
Secondo alcune stime il contingente del gen. Luvarà arrivò a raccogliere oltre 10 mila combattenti, che per circa quattro anni opposero una tenace resistenza ai piemontesi lungo tutto l’appennino meridionale.
Oltre ai contingenti borbonici e papalini, tra i “colonnelli” del generale Luvarà vi erano diverse compagnie di volontari sotto il comando di Luigi Alonzi (1823-1864), ex sergente del battaglione Cacciatori della Guardia reale, più noto come il brigante Chiavone, precedentemente distintosi nella difesa dell’Abbazia di Casamari.
L’intera truppa guidata da Chiavone contava 20 ufficiali, un medico, 59 sottufficiali e caporali, 7 trombettieri e 343 soldati, per un totale di 430 uomini.
L’occupazione di Collalto fu uno dei primi episodi della resistenza civica (borbonica e papalina) all’avanzata delle truppe piemontesi, definita impropriamente “brigantaggio“. Nei primi anni ’50 chi non aveva la macchina poteva raggiungere Collalto Sabino solo a piedi o a dorso di mulo; qualche anno dopo, mentre altrove si inaugurava l’era dei viaggi nello spazio, veniva istituito un servizio giornaliero di posta con una corriera che saliva e scendeva lungo la tortuosa strada bianca.
Più che allo scambio fra merce e denaro, l’attività e i ritmi del paese e dei centri vicini erano ancora improntati al baratto dei modesti prodotti dell’economia di montagna: castagne, funghi e cereali minori (sorgo, segale).
Il sindaco rendeva note le sue ordinanze per mezzo dei banditori che giravano con la tromba per vicoli e piazze.
 

Aspetto del Borgo

Il centro storico del paese, centrato sul castello, è davvero delizioso ed è caratteristico anche per le molte lapidi che, sui muri dei maggiori palazzi, ricordano episodi o personaggi notevoli del luogo.
Eccone alcune:
Niuno maggior di Carlo Latini surse per l’avanti tra noi!” (Angelo Maria Ricci, Elogio istorico, 1841). In questa sua casa paterna il giorno 9 marzo 1797 nacque CARLO LATINI Erudito Storico Giurista Teologo Uditore del Nunzio Apostolico Gabriele Ferretti presso il Re di Napoli Canonico e Archivista del Capitolo della Cattedrale di Rieti per il quale scrisse mirabili Costituzioni Vicario Generale dei Vescovi di Rieti Timoteo Maria Ascensi Gabriele Ferretti e del Cardinale Benedetto Capelle “Niuno maggior di Carlo Latini surse per l’avanti fra noi”: Autore di Istituzioni di Diritto Civile Canonico e Criminale che ebbero diffusione internazionale. Tenne nel Seminario di Rieti la cattedra di Diritto Civile e Canonico e quella di Teologia Dogmatica e Morale dando impulso ad una tradizione di alto valore spirituale e scientifico. Morì a Rieti il 21 marzo 1841 è sepolto nella Cattedrale Basilica di Rieti. Gian Piero Latini pose a memoria imperitura e incitamento alle virtù patrie civili e morali. Collalto Sabino 29 luglio 1995“.

In questa casa visse il Dottor Bartolomeo Latini, Capitano della Guardia Nazionale, a tutti caro per la sua dottrina, affabilità, cuore, patriottismo,barbaramente ucciso il 13 febbraio 1861 da brigantesca soldataglia prezzolata da chi non voleva l’unità d’Italia”.
* “A mio padre Gian Pietro Latini, agro-economista innamorato dell’Africa e di questo borgo incantato. A mia madre Anna Giulia Enrici Latini, impareggiabile maestra di vita per me e la nia amata sorella Federica. Al padre dei miei figli e mio paziente marito Peter Robert Erwin Heilbron mio tutto. Ai miei adorati figli Lorenzo e Margherita Heilbron Latini, perché guardino al futuro ricordando il passato e trasmettano l’amore per questi luoghi alle generazioni che verranno. Sabina Latini Heilbron. Collalto Sabino, A. D. MMXIV
“.

In questa casa nacque addì 1 aprile 1828 Padre Nicola Basili dei Preti della Missione. Sacerdote esemplare, Superiore della Congregazione in Roma, Direttore delle Figlie della Carità a Siena, valente professore di Filosofia, Teologia, Diritto Canonico, serenamente passò a miglior vita addì 28 maggio 1896 a Siena. Povero volle vivere, fulgido esempio di sacerdozio missionario, lasciò vivo rimpianto e retaggio inestimabile di fede, carità, Dottrina tipicamente apostolica. Collaltesi ricordando ispiratevi. Pro Aris et Focis. 20 agosto 1961“.
Collalto Sabino fa parte della Comunità montana del Turano ed è attraversata dal Cammino di San Pietro Eremita.
I suoi prodotti principali sono castagne, formaggi e miele, ma vanta anche prodotti tipici locali: gnocchetti di farina di grano e granturco; zuppa di fave; fettuccine ai funghi porcini; pizza ‘de ‘nfrasco’ cotta sotto la brace; sagne strappate.
 

Il castello baronale

Il borgo divenne feudo nel 1350 e baronìa dal 1440.
I primi signori furono della casata dei Collalto che diede il nome al paese; ad essi subentrò la famiglia Mareri che iniziò la costruzione del castello.
Nella prima metà del ‘500 il borgo passò alla famiglia romana Savelli.
Nel 1564 Cristoforo Savelli, perseguitato dai creditori, vendette il castello al suocero Roberto Strozzi, figlio di Piero, famoso banchiere fiorentino e oppositore dei Medici.
Lo Strozzi voleva restaurare l’edificio ma la sua morte improvvisa costrinse la sua famiglia a venderlo a un altro nobile fiorentino, Alfonso Soderini.
I Soderini furono proprietari del castello per due generazioni, lo ristrutturarono come fortezza in grado di opporsi alle armi da fuoco e anche ampliarono e abbellirono la parte residenziale, ma sempre per i debiti nel 1641 Nicola Soderini dovette mettere all’asta il castello, che finì al card. Francesco Barberini, nipote di Urbano VIII, al prezzo di 102.000 scudi; egli lo siglò come “possedimento personale” facendone una propria residenza estiva.
La trattativa fu condotta dal fiduciario del cardinale, il nobile G. B. Onorati di Jesi.
Allora il castello fu del tutto restaurato e abbellito, le stanze rivestite di marmi preziosi, pavimenti a mosaico e soffitti a cassettoni.
Migliorie furono apportate anche nel ‘700, quando la proprietà passò ai Barberini principi di Palestrina, ma la gran parte degli arredi fu asportata dall’invasione napoleonica del 1798-1799.
La guarnigione francese lasciò la fortezza l’11 aprile 1803 e dopo la sconfitta di Napoleone il castello, ridotto molto male, tornò ai Barberini, che decisero di venderlo nel 1858 al polacco conte Corvin-Prendowski, discendente del re d’Ungheria Mattia Corvino, che lo restaurò totalmente.
Nel 1861 il castello fu in parte danneggiato dall’attacco al borgo delle truppe borboniche e papaline che resistevano contro l’esercito piemontese.
Alla morte del conte Prendowski, che aveva sposato la marchesa Cavalletti, il castello fu ereditato dal fratello di questa, Giuseppe Cavalletti che, non avendo eredi diretti, alla soglia della vecchiaia stipulò un vitalizio, in cambio della proprietà del castello, con il capitano dei carabinieri locali Ottavio Giorgi; questi, nuovo proprietario della struttura, aveva sposato una ricca ereditiera americana, Claire Monfort, dalla quale ebbe due figli: Diana e Piero.
I Giorgi-Monfort restaurarono il castello e negli anni precedenti la Seconda Guerra Mondiale vi ospitarono personaggi di rilievo del mondo politico e artistico: il principe ereditario Umberto di Savoia, Umberto Nobile, Ettore Petrolini, il pittore-scultore statunitense di origine norvegese Hendrick C. Andersen.
Nel 1988, alla morte di Piero Giorgi-Monfort, il castello fu acquistato da Massimo Rinaldi, discendente da una delle più nobili famiglie del borgo, che operò un radicale restauro.
Dal 2013 il castello è di proprietà del gruppo finanziario maltese Global Capital. La rocca conserva il suo aspetto sei-settecentesco (a cui risale l’ultimo periodo di utilizzo militare del castello) articolato essenzialmente sulla torre centrale quadrata affiancata da due torri angolari rotonde e da una serie di baluardi esterni.
Il palazzo baronale, indipendente dalla rocca, è raccordato a quest’ultima tramite scalinate; l’interno del castello accoglie anche un grande parco con un pozzo d’epoca.
Al XV secolo risale invece la cinta muraria che racchiude il paese.
Poco fuori dell’abitato è il convento di Santa Maria, con splendido portale cinquecentesco.
 

Fonti documentative

Collalto Sabino – in Lazio, Guide Turistiche Regionali, I. G. De Agostini, Novara 1976. Cartellonistica della Riserva Regionale Naturale del Monte Navegna e Monte Cervia.
 

Nota

Il testo è di Stanislao Fioramonti, le foto di Patrizia Magistri; la visita è stata effettuata il 14 ottobre 2017.
 

Mappa

Link alle coordinate: 42.137269 13.047651