Castello di Fossato di Vico (PG)
Cenni Storici
I più antichi reperti archeologici che testimoniano la presenza umana in epoca Italica rinvenuti in territorio fossatano sono costituiti da manufatti bronzei che risalgono al VI sec. a.C. e provengono tutti dalla montagna, dagli Appennini, testimonianza che la vita allora si svolgeva lassù, dove tra l’altro, favoriti dalla situazione orografica, si incontravano gli Italici dei due opposti versanti, i popoli pastorali e transumanti della cosiddetta “facies appenninica”.
Nel Trecento, cioè circa due millenni dopo, quella che è oggi cima Aiale (campum crescionis nel Medioevo) e divide i territori di Fossato e Fabriano, nonche l’Umbria dalle Marche, è definita in una pergamena luogo “ubi consueti per antiqua tempora fieri iustitia” cioè luogo ove fu solito nei tempi antichi amministrare la giustizia.
Dunque uno dei pochi punti della lunga catena appenninica nel quale Umbri e Piceni e tanti altri popoli degli opposti versanti appenninici s’incontravano, scambiavano prodotti, stipulavano patti sotto la garanzia di qualche divinità.
Questo accadeva in epoca pre-romana, in quanto in epoca romana la giustizia viene amministrata ad Helvillum, corrispondente all’attuale Borgo o via F. Venturi, cioè in paese.
Helvillum quindi è la Fossato di epoca romana, importante per la sua posizione sulla via consolare Flaminia e la ritroviamo in tutti e quattro gli Itineraria pervenutici dalla romanità, cioè nell’ordine il Gaditano (o vasi di Vicarello), l’Antonino, il Gerosolimitano o Bordigalense, la Tabula Peutingeriana.
Per l’Antonino ( II sec. d. C.) era un vicus aggiungendo che era un “diverticulum ab Helvillo – Anconam”, mentre per l’Itineraria Gerosolimitano (prima metà del IV sec. d.C.), era l’unica mansio tra Fano e Roma.
Era dunque un insediamento transitatissimo e con servizi idonei al traffico che vi si svolgeva sulla principale arteria centro-italiana a 124 miglia da Roma che scavalcava gli Appennini nel punto più facile di tutto il nord-est umbro.
A sottolineare ulteriormente l’imponenza di Helvillum basti aggiungere che le località lungo la Flaminia oggi limitrofe di Fossato, negli Itineraria o non compaiono mai, come nel caso di Sigillo e Costacciaro, o compaiono solo una volta, come nel caso di Gualdo, definita Ptanias nel Gerosolimitano.
Il territorio fossatano è perciò ricco di testimonianze dell’epoca romana, ma tra esse spicca il rinvenimento di un tempio del II secolo a.C. alla dea Cupra venuto alla luce nel 1868 al Borgo in voc. Aia della Croce e ricco anche di quella lamina con la scritta in lingua umbra e caratteri latini ora al Museo Archeologico di Perugia.
Helvillum presumibilmente scompare durante la lunga guerra goto-bizantina, conclusasi proprio in questa area nel 552 d.C. nella la Battaglia di Tagina nella quale trovò la morte lo stesso re dei Goti Badwila, chiamato anche Totila,con la vittoria dei Bizantini i quali sono i presumibili fondatori del castello di Fossato, quella Rocca alto-medievale di cui sul vertice del colle (m 581 slm) resta il rudere chiamato Raccaccia, utile ad accogliere i sopravvissuti, ma soprattutto a fungere da guardia alla Flaminia, come rivela lo stesso termine greco (la lingua dei Bizantini) di “Fossaton”, significante fortificazione in altura.
Siamo nell’epoca delle invasioni barbariche e nel 569 sono i Longobardi a calare in Italia e ad occuparla, eccezion fatta per il cosiddetto corridoio bizantino, quella striscia di terra tra Ravenna e Roma che i Longobardi contenderanno ai bizantini per circa due secoli.
Fossato, frontiera bizantina, ha proprio il compito d’impedire che i Longobardi, padroni della Flaminia da Terni a Gualdo compresa, avanzino ed arrivino ad occupare Scheggia, dove comincia quella strada Amerina (parche passa per Amelia, l’Armeria dei Romani) costruita per mantenere i collegamenti tra Ravenna e Roma, impediti sulla Flaminia dalla citata occupazione longobarda.
L’insediamento, dunque, come posto di confine non poteva non rimanere influenzato da entrambi i contendenti, tracce dei quali restano tuttora nel suo territorio; è decisamente longobardo, dopo la sua origine bizantina, da quando diventa un fendo dei Conti di Nocera, Contea costituita nell’anno 850 come emanazione settentrionale del longobardo Ducato di Spoleto.
Di stirpe longobarda, infatti, sono definiti gli ascendenti di quel Vico che, come figlio del Conte di Nocera, nel 996 ottenne dall’imperatore Ottone III il formale riconoscimento del vicariato su quello che intanto ha latinizzato il nome in “castrum fossati” e sulle aree ad esso limitrofe.
Il “di Vico” è aggiunto al nome di Fossato soltanto nel 1862, per distinguerlo da altri Comuni omonimi presenti sul territorio.
E’attorno alla metà del sec. XII, presumibilmente, che i nobili successori di Vico scompaiono dalla storia di Fossato, per motivi che tuttora s’ignorano e gli subentrano i Bulgarello a lungo ed erronea-mente confusi con gli omonimi conti di Marsciano.
Nel periodo di circa un secolo in cui sono signori di Fossato, essi, che rappresentano il ponte di passaggio dall’età feudale all’età comunale, fanno vivere al castello le fasi più intense della sua storia.
Nel 1187 sottomissione a Gubbio, subita dai Bulgarello molto malvolentieri.
Nel 1208 sottomissione a Perugia, che si sta affermando come città dominante, ma stavolta voluta dai Bulgarello i quali, anzi, nella storia delle sottomissioni, sono gli unici che riescano ad imporre condizioni alla dominante stessa.
Nel 1251 vendita per 4.000 libre, ancora voluta dai Bulgarello del castello di Fossato e dei suoi uomini a Gubbio; consapevoli che l’epoca dei signori feudali sta declinando perché si sta affermando quella dei Comuni, prima di uscire di scena cercano di rastrellare soldi come possono.
Contemporaneamente si vendicano, per cosi dire, della indigesta sottomissione a Gubbio del 1187, in quanto effettuano la vendita e riscuotono subito la cifra pattuita, ma sono ben certi che gli eugubini non si godranno il castello di Fossato, sia perché sanno che Perugia non rinuncerà al suo principale bastione di nord-est, e tanto meno a favore della rivale Gubbio, sia perché, con un’astuzia che ai compratori sfugge, redigono un atto di vendita che, se fosse impugnato davanti a un giudice, si rivelerebbe falso nella sostanza (non a caso l’atto é considerato, per il suo diversificarsi rispetto agli altri, uno dei più interessanti della Diplomatica medievale umbra e va anche detto, per inciso, che contiene il più antico elenco nominativo, a quanto finora risulti, che un castello faccia dei propri abitanti, motivi per i quali è esposto in copia nella sede comunale).
Nel 1259 infatti, cioè otto anni dopo, troviamo il nostro castello saldamente e definitivamente sotto il dominio e la protezione del grifo perugino, come si vede anche nello stemma di Fossato; lo decidono una guerra tra le parti, a cui Fossato non partecipa pur essendo l’oggetto del contendere, nonché un “laudum” conclusivo di Città di Castello scelta come arbitro dalle due parti stesse.
I Bulgarello, come quasi certamente avevano previsto, spariscono dalla scena di Fossato; sotto di loro, come tutto lascia credere, era stato però costruito, ai piedi di quello primitivo, il secondo “Castrum Fossati”, cioè l’attuale paese o centro storico che ancora oggi ammiriamo.
Come periodo della costruzione, si pensa ipotizzare fondatamente la prima metà del sec. XIII.
Nella seconda metà del XIII secolo, invece, certamente in uno degli anni tra il 1259 e il 1266, Fossato diventa un libero Comune e si dota gradualmente di quegli Statuta, che sono tra i più antichi dell’Umbria, con i quali si autogoverna fino al sec. XIX.
Gli Statuti vengono pubblicati “Publicatio statutorum” nel cuore del castello dal Vicario alla presenza di testi, il 13 maggio 1386.
Le “Reformantie” avvenute a più riprese iniziano nel 1394 per terminare nel 1510.
Statuti e Riformanze conviventi un unico corpo manoscritto, son oggi conservati in due preziose copie, una pergamenacea e l’altra cartaccia, della prima metà del ‘500.
Il ‘300 è il secolo in cui s’intensifica il fenomeno delle mercenarie Compagnie di ventura, però per Fossato non si registrano fatti militarmente clamorosi e pare che il castello non sia mai caduto in mani nemiche.
La posizione in cima a un colle, la cinta muraria con le sue sedici torri, gli accorgimenti difensivi che si leggono negli Statuti, uniti al coraggio degli abitanti ne fanno una fortezza di leggendaria inespugnabilità.
Neanche Francesco Sforza, nel 1442, riuscirà ad impadronirsi del castello seppur forte di circa 5000 cavalli e 2000 fanti.
Nel 1500, invece, il Valentino, cioè Cesare Borgia, fratello di Lucrezia e figlio del papa Alessandro VI, diede di notte la battaglia a Fossato prese di forza il castello, e lo mise a sacco, così come nel 1517 fanno notevoli danni al castello i cappelletti, le truppe mercenarie internazionali di Francesco Maria della Rovere Duca di Urbino.
Fossato ottiene il formale riconoscimento da parte della città dominante, di poter nominare da sé il Vicario del castello, cosa che d’altronde faceva fin dalle origini del libero Comune, unico nell’esercizio di tale autonomia tra i castelli del Contado Perugino, mentre nella seconda metà del secolo raggiunge la superficie comunale attuale, con graduali acquisti da privati della montagna in area purelliana, tra le proteste durate a lungo con Sigillo, che su tale montagna ha delle mire.
Dopo il saccheggio ad opera del Valentino, si prosegue con un pesante coinvolgimento del castello nella guerra tra i Baglioni Giampaolo e Carlo detto il Bargiglia; nel 1501 Fossato è spettatore di tradimenti, di impiccagioni davanti alle sue porte, di evacuazioni notturne di massa, fatti e misfatti destinati a costellare tutto il primo quarantennio del secolo, finché, nel 1540, le truppe di Paolo III non s’impadroniscono dell’Umbria, di Perugia (la guerra del sale) e perciò anche di Fossato, mettendo fine alle gloriose liberà comunali e inaugurando tre secoli abbondanti di potere pontificio, coincidenti con quelli economicamente e culturalmente più poveri della stolta dell’Umbria, fatta forse eccezione per i secoli delle invasioni barbariche.
Nell’anno di sottomissione alla Chiesa, redatto in Gualdo l’11 maggio 1540, Fossato chiede ed eccezionalmente ottiene di poter continuare ad auto-amministrarsi con suoi Statuti e Riformanze.
Dal 1808 al 1814, il castello vive l’epoca napoleonica e Fossato è nel Regno d’Italia e nel Dipartimento del Musone avente per capoluogo Macerata.
A Osteria (che non si chiama ancora del Gatto), c’è la dogana napoleonica ed è questa l’occasione in cui intorno all’osteria e alla dogana comincia a svilupparsi l’insediamento che oggi conosciamo.
Appena dopo la dogana c’e il confine con l’altro dominio napoleonico, l’Impero di Francia, che si estende nei territori ex pontifici, fino a Roma ed oltre; andare a Gualdo da Fossato, perciò, significa entrare in un altro Stato.
Nel 1915 e nel 1945 scoppiano le due guerre mondiali con la pesante partecipazione fossatana nei due conflitti poi gli anni difficili del ventennio fascista, il resto è storia dei nostri giorni.
Personaggi illustri
Tra i più noti Fossato annovera:
– Melchiorre da Fossato (sec. XV) insegnante di grammatica all’Università di Perugia.
– Il Cardinale Pantalissi-Armellini (sec. XV-XVI) nato a Fossato nel 1469, divenuto poi potente ecclesiastico e morto nel 1527 durante il sacco di Roma da parte dei lanzichenecchi.
Fu segretario di Giulio II e del Sacro Collegio, adottato da parte di Leone X nella sua potente famiglia (i Medici), protonotario apostolico poi chierico di camera e segretario apostolico, cardinale, Legato della Marca, pro-legato dell’Umbria e più tardi della Francia, Camerlengo arcivescovo di Taranto su nomina di Clemente VII e pro-vice cancelliere, si pensa dunque che se non fosse morto sarebbe diventato il prossimo Papa.
– Cesare Gherardi (nato nel 1677 e morto nel 1623) insegnate di Diritto Canonico a Perugia e Fermo, uditore del cardinale Borghese, canonico di S.Maria Maggiore e di S.Pietro, Soprintendente dello Stato, cardinale e Vescovo di Camerino.
– Filippo Angeli (sec. XVII) professore di grammatica nello Studio di Padova.
– Simone Calandrini (sec. XVIII), Capitano al servizio della Serenissima Repubblica di Venezia.
– Fratelli Venturi (sec. XIX), di cui il medico e scrittore di medicina Luigi, il vescovo Mariano e l’avvocato nonché anche sindaco di Fossato Filippo.
Fonti documentative
Luigi Galassi – Guida Storica di Fossato di Vico – 1995
https://it.wikipedia.org/
http://www.inumbria.net/
http://www.comune.fossatodivico.pg.it/