Castello di Melezzole – Montecchio ( TR )

Il paese conserva ancora la struttura edilizia medievale di concentrica come gli anelli di un tronco d’albero. E’ inserito oggi nel contesto Orvietano anche se per tutta la sua storia è stato soggetto a Todi.

 

Cenni Storici

Il nome di Melezzole secondo un’interpretazione deriverebbe dall’abbondanza di meli che si trovano in questa terra, secondo altri deriverebbe, invece, dalla presenza di una gens Meletia romana.
Il territorio fu abitato dagli etruschi prima e dai romani poi; ciò documentato dal ritrovamento di alcune monete, un bronzetto raffigurante Giove datato intorno al II sec. d.C. e una lastra di travertino che testimonia la presa di possesso dei territori tuderti nel 42 a.C. da parte dei veterani della 41 legione mandati dai triunviri Ottaviano Lepido e Marcantonio.
Dopo le testimonianze romane si sono perse notizie storiche certe, devono trascorrere molti secoli prima che si abbiano altre notizie certe su Melezzole; le troviamo, infatti, in alcuni documenti dell’abbazia benedettina di Farfa.
In uno di essi, una sorta di elenco di beni dell’abbazia dell’anno 1112, redatto da Gregorio e Clemente, monaci del cenobio, per conto dell’abate Beraldo, in occasione della donazione fatta dal conte Rapizzo di Guazza, feudatario di Todi, troviamo menzionata “Una ecclesia in Melezole“.
In un altro documento del 1118 con il quale Enrico V imperatore confermava al monastero il possesso dei beni acquisiti, si nomina di nuovo la chiesa di Melezzole.
Nel 1112, dunque,la chiesa di Melezzole faceva parte di un fitto reticolo di monasteri benedettini, tra cui San Pietro in Vagli e San Nicolò di Avigliano, già saldamente consolidati nel territorio.
Ciò fa supporre che le origini di questi insediamenti possano essere collegate, come alcuni affermano, con le origine stesse dell’Ordine di san Benedetto, e quindi che possano risalire al VI-VII secolo o poco oltre.
L’Alvi, nel suo “Dizionario topografia tudertino”, ci dice che Melezzole nel XIII secolo venne ascritto da Todi al plebato di Santa Maria in Gallazzano,antichissima pieve.
Nel 1282, intanto, vennero stabilite da Todi per gli abitanti di questo versante disposizioni per la regolamentazione delle tariffe in materia di calce, carbone, pascolo e frascatico.
Il 7 febbraio, sempre dell’anno 1282, sei periti agrimensori del comune di Todi erano nella zona per verificare i confini del comune.
Nel 1290 Todi procedeva al censimento, ai fini fiscali, degli abitanti che popolavano le ville e i castelli del suo territorio Melezzole contava 18 “fuochi” o famiglie, ossia 80 abitanti circa.
Nel 1297, gli uomini di Melezzole vennero chiamati a fornire pietre per la ricostruzione del castello di Montemarte, luogo di aspre e secolari contese con Orvieto, posto al di là del Tevere, nei pressi della gola del Forello.
Nel 1337 lo statuto di Todi consolidava e cristallizzava, in una norma scritta, un’altra consuetudine che coinvolgeva anche gli abitanti di Melezzole: essi, insieme con gli uomini di Santa Restituta, Toscolano e Vagli, dovevano infatti assicurare la custodia armata del passo di monte Picasci, importantissimo dal punto di vista strategico perché dominava la Valle del Tevere fino ad Orvieto, e ad oriente tutto il versante da Capecchio a Todi.
La custodia ininterrotta per tutto l’anno comportava, per l’intera comunità che ne aveva l’obbligo durante il proprio turno, un notevole sforzo economico.
La postazione era, infatti, sorvegliata da quattro uomini nelle ronde notturne e da due in quelle diurne; dovevano, inoltre, avere con sé viveri per almeno quindici giorni.
Governato, secondo le leggi comunali, da un sindaco affiancato dai massari (uomini delle famiglie più rappresentative del luogo), Melezzole garantiva, ai fini militari, la manutenzione di ben cinque cavalli da guerra.
Il paese, insieme con Toscolano e Santa Restituta formava una “Castellania“, un potente sistema difensivo governata da un castellano.
Dalla fine del secolo XIV, Melezzole, come tutte le altre terre del contado di Todi, entrò a far parte della struttura economico-finanziaria del riorganizzato Stato della Chiesa.
Per la sua posizione strategica e per essere situato su un importante incrocio di strade per Avigliano, Amelia, Terni, per San Gemini e Carsulae, Melezzole ebbe rinnovata importanza con la nuova riforma giudiziaria amministrativa dei secoli XV e XVI.
Venne scelto come sede vicariale capoluogo di un vastissimo territorio che comprendeva Montecchio, Tenaglie, Salviano, Carnano, Toscolano, Santa Restituta, Torre di Ugolino, Torre Errighi e Civitella Mogliemala.
Questa attribuzione comportava, la presenza di un magistrato che amministrava la giustizia ed avere anche una sede giudiziaria con cancelliere ed ufficiali esecutori, ciò si traduceva in accresciuto prestigio nei confronti degli altri castelli.
Il castello era amministrato da un consiglio di anziani, da un sindaco e da massari che costituivano “L’Universitas hominum”.
Nel 1327 il territorio di Todi venne occupato da Ludovico il Bavaro e i castelli contribuirono a sborsare la somma di ben 14.000 marche d’argento affinché si allontanasse.
Nel 1494 Carlo VIII scendeva in Italia per la sua e la nostra “Guerra del gesso“, tutta combattuta tra un accampamento e l’altro segnati, appunto, dal gesso.
Tremila soldati si accamparono tra Santa Restituta, Toscolano e Melezzole, al campo delle Puzzole, e a questa gente di montagna toccò di sfamarli, e quando se ne andarono, questi paesi contribuirono a pagare la bella somma di 1400 ducati d’oro per liberare alcuni ostaggi che avevano preso in pegno.
A Melezzole toccarono 200 ducati, 200 a Toscolano mentre Santa Restituta se le cavò con 140 monete d’oro.
A queste costose invasioni si aggiungevano le gabelle imposte da Todi; ai sindaci ed ai massari della Castellania, sotto pena di 50 scudi d’oro, fu chiesto di fornire 25 travi di quercia e di castagno della lunghezza di 5 piedi (circa 2 metri), per costruire il camminamento nei rivellini tra le porte di Via Piana e Via Amerina per rinforzare le fortificazioni.
Nel 1530 Todi si sottomise alla Chiesa la quale aumentò il carico fiscale introducendo anche una nuova tassa di un ducato “per ciascun fuco fumante” cioè per ogni famiglia.
Fu a questo punto che Melezzole ricorse presso la curia del governatore di Todi con un esposto-denuncia in cui venivano messe in evidenza le tremende condizioni di vita del castello, rese ancor più dure dall’esosità degli esattori comunali.
L’istanza fu accolta dal Comune che intervenne presso il legato pontificio con sede a Perugia in favore degli abitanti di Melezzole.
Uno degli ultimi fuochi di rivolta popolare si registrò ancora tre anni dopo, in seguito ad un breve papale che imponeva nuove tasse alla comunità dello Stato della Chiesa per pagare il soldo delle truppe che combattevano lontani dalle loro terre, e non tanto per difendere una patria comune bensì per interessi particolari del papa Paolo III.
Gli scalchi o birri del bargello di Todi infransero i sogni di ribellione di Melezzole e Civitella secondo l’ordine dei priori di Todi. Si procedé ad arresti, perquisizioni, confische ed anche a pene corporali, finché non sopraggiunse la calma e con essa la riconferma dell’autorità centrale.
La Rivoluzione francese alterò i rapporti che legavano il paese a Todi che divenne con il decreto della Consulta straordinaria degli Stati romani del 2 agosto 1809 capoluogo di un vastissimo circondario che fu diviso in 8 Cantoni (Todi, Massa Martana, Baschi, Orvieto, Acquapendente, Ficulle e Marsciano).
Si trattava di un territorio immenso, esteso dal lago di Bolsena ai confini con Spoleto, Deruta, Otricoli, Terni, male amalgamato, in cui erano costrette a convivere secolari inimicizie.
Al quarto cantone, quello di Baschi, vennero assegnati Alviano, Poggio, Guardea, Santa Restituta, Toscolano, Tenaglie, Montecchio, Melezzole, Collelungo, Civitella dei Pazzi, con le frazioni di Salviano, Morre e Morruzze.
La difficoltà di amalgamare questo territorio è espressa in un documento che il Relatore scrisse dicendo: “Melezzole e Collelungo non hanno comunicazione con il Cantone di Baschi per i monti che le tagliano fuori; possono comodamente riunirsi a Todi………il capoluogo di questo cantone non può continuare ad essere Baschi non essendo posta questa commune al centro del circondario, ma fuori affatto dalla comunicazione colle altre“.
Di fatto di questa osservazione non se ne face nulla, solo a Melezzole fu assegnato un ufficiale di stato civile per la grande distanza che la separava dal capoluogo.
Quando venne ristabilito i governo pontificio, gran pane dell’assetto territoriale napoleonico venne conservato per volere del cardinale Consalvi.
Solo Melezzole, però, fu registrato come “frazione di Acqualoreto, appodiato di Baschi, soggetto a quella podesteria: distretto e diocesi di Todi, delegazione di Perugia“.
Oggi Melezzole, con le borgate Pantanelli e Colle, fa parte insieme con Tenaglie del comune di Montecchio in provincia di Terni, eretto in ente autonomo con decreto legislativo del 6 marzo 1948, dopo il distacco dal comune di Baschi.
 

Aspetto

Dalla pianta del Catasto gregoriano del 1819-21 possiamo agevolmente ricostruire la storia urbanistica del castello, contandone i cerchi concentrici quasi come se leggessimo gli anni di un albero dal suo tronco tagliato.
Il luogo non venne ideato inizialmente come castrum lungo la linea di confine e nel 1290 la zona era dominata dal castello di Fratta Loreto che contava quasi il doppio degli abitanti di Melezzole.
Tra la fine del XIII secolo e gli inizi del XIV, si ha un’espansione demografica e, conseguentemente quella edilizia; si costruì una linea periferica compatta di case, una addossata all’altra, con le pareti esterne, verso la campagna, del tutto prive di aperture, fatta eccezione per la feritoie con l’aggiunta di torrioni e muraglie solo dove le abitazioni si interrompevano.
Il castello appare casi imperniato su tre cerchi concentrici che partono dalla piazza centrale dove esisteva una torre oggi, purtroppo, scomparsa, che rappresentava il cassero, situato a pochi metri dall’antichissima chiesa di San Biagio.
Sul lato nord della cerchia esterna un poderoso torrione domina l’unica via d’accesso al castello, sopra l’arco d’ingresso presenta un medaglione in pietra con l’aquila che tiene con le zampe un drappo, murata qui per simboleggiare l’appartenenza di questo territorio alla potenza tuderte e probabilmente inserito nel 1557 per ordine di un decreto priorale imposto a tutti quei castelli che risentivano della dominazione della città di Todi.
All’interno di esso, entro una nicchia, ancor oggi, si possono leggere tracce cinquecentesche di una Madonna Protettrice delle vie del borgo, sicuro rifacimento di un precedente affresco che li si trovava almeno dal 1337, quando Todi impose a tutti i castelli di far dipingere l’immagine di Maria Madre protettrice all’interno delle porte.
Le mura furono riparate e fortificate nel 1456.
 

Fonti documentative

Giorgio Comez e Modesto Fiaschini – Melezzole Torre Errighi Fratta Loreto Storia di tre castelli medievali – 1989
 

Mappa

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