Castello di Montemolino – Todi (PG)

E’ un posto carico di storia e con un paesaggio stupendo, merita una visita.

 

Cenni Storici

Prende il nome dalla posizione elevata e dall’antica presenza di numerosi mulini per il grano, re Desiderio e Papa Paolo I qui fissano il confine del territorio tuderte, 757 d.C.
Il luogo fu di notevole importanza strategica per la presenza di un ponte sul Tevere, passaggio quasi obbligato per chi si recava nell’Italia centro-meridionale.
Antico feudo degli Stefanucci, seguaci di Goffredo di Buglione, nel 1190 fu parzialmente distrutto a causa dei sanguinosi scontri tra guelfi e ghibellini; il 18 aprile 1257 nel castello venne redatto l’atto di vendita della fortezza di Montemarte tra il conte Leone e i rappresentanti del Comune di Perugia, messer Venciolo di Uguiccionello e messer Fumasi di Bonaventura con la penale di 50.000 marchi d’argento per chi non lo avesse rispettato.
Nel 1295 era sotto la giurisdizione del plebato di San Lorenzo di Bubiata e contava 7 fuochi; l’anno successivo fu incrementato l’apparato difensivo con il rifacimento delle mura.
Il 13 settembre 1310 nelle vicinanze di Montemolino si combatté una cruenta battaglia tra guelfi (con l’aiuto di Perugia) e ghibellini di Todi (aiutati da Spoleto, Narni, Terni, Amelia) comandati da Bindo dei Baschi e dal duca della Valle spoletana, di origine savoiarda; è da considerarsi l’episodio più sanguinoso della secolare lotta tra guelfi e ghibellini di Todi, alcuni luoghi, nei pressi del ponte, presero i nomi di Rio Sangue e Morticcio.
I perugini, al comando di Gentile Orsini, riportarono una schiacciante vittoria sulla più potente lega ghibellina umbra: nello scontro perì anche Pietro Oliva, vicereggente del duca di Spoleto che venne sostituito dal romano Riccardo Spadatratta che però prima scese a patti con i perugini e permise l’invasione della città di Todi poi defezionò definitivamente con 100 cavalieri e passo dalla parte dei perugini.
Si racconta che ben 600 soldati ghibellini furono uccisi, feriti o fatti prigionieri.
In questa battaglia la vittoria dei Perugini si completa con il trasferimento dei conci a Corciano, dove ostentare la realizzazione delle mura come trofeo di guerra: il ponte così smontato non verrà più rialzato.
Nel 1312 Montemolino fu attaccata dalle milizie dell’imperatore Enrico VII di Lussemburgo che risparmiarono invece Castel delle Forme (difeso da Guido Della Corgna), riscattato dagli abitanti dietro un esborso di un’ingente somma di denaro.
Come lo era stato della sconfitta, Montemolino fu però per i ghibellini di Todi il campo del trionfo e della vendetta, infatti in quella circostanza buona parte del territorio perugino fu messa a sacco e devastata.
Il 13 luglio 1496, nella chiesa di Sant’Angelo all’interno del castello, fu definitivamente sancita la tregua tra gli Atti e i Chiaravalle, i firmatari erano Agamennone Stefanucci, Signore del luogo e rappresentante dei Guelfi e Cristoforo Leoni e Nicola Todeschini, per i Ghibellini.
Tra i possedimenti del castello vi erano tre ville, ciascuna delle quali dotata di propria autonomia, che furono in seguito distrutte: San Nicolò con 13 fuochi, San Valentino con 7 fuochi e San Cristoforo con 18 fuochi.
Nel 1586 al capitano Ludovico Stefanucci apparteneva Poggio Soatto, castello nei pressi di Montemolino, il cui nome, divenuto Posoàtto, è tuttavia ricordato insieme a Torre Gallo, altra località oggi scomparsa.
Oggi è di proprietà privata.
 

Aspetto

La rocca si presenta attualmente ben conservata e adibita ad abitazione privata: la porta, ad arco a tutto sesto, è sormontata da una lunetta con all’interno un affresco raffigurante la Vergine, San Michele Arcangelo e San Cristoforo.
Il mastio, nel quale si aprono alcune finestre, con resti di beccatelli alla sommità, domina la struttura castellana avvolta da un’alta cinta muraria alla quale è addossato il nucleo abitativo.
 

L’Affresco del castello

Il borgo medievale per tutto il medioevo fu un avamposto difensivo nell’area di influenza tuderte in direzione nord.
L’affresco fu voluto per difendere il castello: la scelta di erigere questi dipinti sulle porte di ingresso delle città aveva una valenza spirituale contro l’assalto del maligno che in quei tempi si manifestava con il ciclico diffondersi di epidemie.
In questo caso la volontà è stata dettata anche da un secondo motivo; recita l’iscrizione che Antonio di Francesco, probabilmente scampato dalla furia delle acque sottostanti del fiume Tevere, per la grazia ricevuta commissionò l’opera.
Il dipinto rappresenta la Madonna in trono col Bambino, alla sua destra, San Michele Arcangelo con ai piedi uno stemma che si pensa possa essere della famiglia Stefanucci ed, alla sua sinistra, San Cristoforo.
La presenza di quest’ultimo è stata voluta probabilmente dal committente salvatosi dall’annegamento, infatti il santo godeva speciale venerazione presso i pellegrini, in suo onore sorsero istituzioni e congregazioni aventi lo scopo di aiutare i viaggiatori che dovevano superare difficoltà naturali di vario genere.
Il patrocinio di Cristoforo era inoltre specialmente invocato contro la peste.
La presenza di San Michele si spiega invece con il legame della comunità di Montemolino all’angelo-guerriero di Dio al quale, ancora oggi, è dedicata la parrocchiale.
Per la sua caratteristica di “guerriero celeste” San Michele è patrono degli spadaccini,dei maestri d’armi, dei doratori, dei commercianti, di tutti i mestieri che usano la bilancia, i farmacisti, pasticcieri, droghieri, merciai.
L’affresco, di indubbia ed eccelsa qualità tecnica che ha consentito la sua conservazione fino ai nostri giorni, è opera di un pittore della metà del XV secolo che ha molto meditato sul capolavoro lasciato da Masolino da Panicale nel 1432 a san Fortunato a Todi.
E’ stato attribuito nel 1989 da Filippo Todini al Maestro di Rasiglia, allievo e collaboratore di Bartolomeo di Tommaso anche se oggi, alla luce del recente intervento, sia la qualità esecutiva che stilistica sembrano appartenere ad un artista più dotato.
Intervento di indubbia valenza conservativa e storica per tutta la comunità tuderte perché si tratta dell’unica immagine sacra del XV secolo arrivata fino ai nostri giorni a difesa dei castelli.
Il restauro è stato realizzato dal dott. Luca Castrichini e diretto dal dott. Giovanni Luca Delogu della Soprintendenza per i BB.AA.SS.EE.AA. dell’Umbria.
 

Il ponte sul Tevere

Il ponte di “Montemolendinum” è citato da Quirino colono nell’assedio di Porsenna a Todi.
Nel I secolo a.C. è documentato in questo luogo l’insediamento della Gens Aufidena.
Le sorti di Montemolino furono sempre legate al ponte e all’attraversamento del Tevere; fu più volte guastato e rifatto (nel 1284; nel 1296, ad opera dei “continenti laici“, detti anche “mantellati” o “pinzocati“) fino alla totale sua rovina nel 1310.
Tale distruzione era ricordata in lettere gotiche da una lapide, apposta, dieci anni dopo, dal parroco Panunzio sopra la porta della superstite torre, che si ergeva a guardia del ponte:
Viator qui ad loca Ecclesiae pergis vel ex ipsis Tudertum, Fulgineum, Spoletum Romamque petis, disce quod hic Pons Montis Molini vocatur a castro eiusdem nominis propter molendina quae vides; per quem constructum, anno Domini MCCLXXXII Petrus Aragoniae rex contra Carolum Siciliae regem pergens cum exercitu suo transivit et apud quem anno MCCCX, die XIII septembris ab exercitu perusino ferox proelium factum cum Tudertínis. in quo dux Spoliti occubuit cum magna sociorum clade et proximorum castrorum ruina. Hoc te scire volui. Perge et vale”.

Viandante, che rivolgi i tuoi passi verso i domini della Chiesa o da essi ti dirigi a Todi, a Foligno, a Spoleto e a Roma, sappi che questo ponte è detto di Montemolino dall’omonimo castello e dai molini che tu quivi intorno vedi: per tal ponte (dopo la sua costruzione) passò con l’esercito, nel 1282, il re Pietro di Aragona, allorché marciò contro Carlo angioino, re di Sicilia; e sappi che in questi paraggi il giorno 13 di settembre del 1310, avvenne una feroce battaglia tra perugini e todini: in essa cadde da valoroso il duca di Spoleto con grande strage dei suoi e con grave rovina dei circostanti castelli. Questo ho voluto che tu intendessi: riprendi ora il cammino e sta bene”.

Nel 1323 la proposta di un restauro cadde nell’indifferenza del Consiglio comunale; altrettanti vani furono i propositi degli abitanti di Marsciano, che più di tutti comprendevano la necessità di ripristinare un passaggio indispensabile allo scambio delle merci tra la Toscana e l’Umbria meridionale.
Nel 1590 il vescovo Angelo Cesi credette opportuno aggiungere al traghetto di Montecastello un’altra barca per meglio assecondare il flusso del commercio, furono quindi autorizzate “barche” tirate da funi e gabelle a favore di Todi e Monte Castello; ma quelli di Montecastello, offesi nei loro meschini interessi, protestarono con estrema violenza tanto che le donne di Montemolino una notte tagliarono il canapo alla barca di Monte Castello.
Fu così che la barca fu riportata al piano di Pantalla.
La controversia risorse durante l’episcopato del cardinale Altieri, il quale (ben altrimenti disposto, nel sopportare i soprusi, di quanto lo fosse il suo bonario predecessore) fece imprigionare i notabili di Montecastello e diede precisi ordini a che la “barca di Todi” restasse a disposizione di quelli che ne avessero bisogno.
Nei secoli successivi, onde favorire una circolazione più incisiva delle merci, fu costruito un nuovo ponte, decisione non gradita dagli abitanti di Monte Castello di Vibio che immaginavano già le sventure che avrebbe portato.
Nel 1867, dopo sette anni dal progetto del commissario Pepoli, si costruì la strada Montemolino-Marsciano; dal progetto era, tuttavia, escluso il riattamento del ponte.
Bisognerà aspettare il 1924 perché al guado di Montecastello venga sostituito, un po’ più in alto di quello di un tempo, il ponte che attualmente si vede.
 

Fonti documentative

D. Amoni – Castelli Fortezze e Rocche dell’Umbria – 2010

http://www.iltamtam.it

Franco Mancini – Todi e i suoi castelli – 1960

http://www.umbriaecultura.it

 

Da vedere nella zona

Chiesa di San Michele Arcangelo – Montemolino di Todi
 

Mappa

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