Castello di Montone – Montone (PG)
Cenni Storici
L’origine di Montone è medievale.
Montone é uno dei castelli del sistema difensivo di età feudale che a partire dal IX secolo sorsero sulle alture prossime alla strada che da Tifernum, l’attuale Città di Castello, conduceva nella piana di Gubbio, in questo caso, quella più corta che s’addentrava nella zona di Bagnolo (S. Faustino) e arrivava al Forum Julii Concubiense (Pietralunga) e di lì alla antica Eugubium.
Molto probabilmente Montone sorge dove era l’antico castello Aries, dalle genti arietane che l’abitarono.
Tra le famiglie superstiti di quelle antiche genti ebbe grado eminente quella dei Fortebracci a cui si attribuisce la fondazione del castello che, distrutto dai Goti, venne riedificato attorno al 1000.
Nelle Riformagioni di Firenze a c. 35 nel libro delle Relazioni degli Ambasciatori, si legge che il grande Braccio nel 1410 nel dare una risposta agli stessi, dichiarò che i suoi antenati s’erano trovati presenti 600 anni prima alla edificazione del Castello di Montone (l’antico Aries - Ariete, montone).
Attendibile o meno la dichiarazione di Braccio, sappiamo per certo che in quel tempo dominava nella nostra zona la famiglia dei Marchesi del Colle, poi di Monte S. Maria, la quale possedeva alcuni castelli.
Montone è nominato per la prima volta con la qualifica di « Castrum », in un contratto enfiteutico del 1121, dove si dice che aveva un castaldo, certo Raniccio, e un borgo inferiore e si parla di possedimenti terrieri appartenenti alla Pieve e posti tra le proprietà dei citati Marchesi del Colle e il Monastero benedettino di Camporeggiano.
Del 1170 abbiamo un atto notarile riferito alla donazione da parte della contessa Odolina, a conferma di quella fatta precedentemente dal Marchese Arrigo, di un terreno per la costruzione della Chiesa di S. Croce “in castro Montone”.
Nei periodi ricordati, altri documenti ci fanno supporre che i Marchesi del Colle non possedessero più come feudo Montone.
Difatti leggiamo, ad esempio, che Papa Innocenzo II nel 1136 confermò al Vescovo di Perugia molti possedimenti tra i quali « Castrum de Montonio ». Arriviamo al gennaio 1200 quando i figli di Leonardo, Fortebraccio e Oddone chiesero a Perugia di essere annoverati tra i suoi cittadini.
In questo periodo Montone doveva reggersi a libero Comune con propri Consoli, Consigli e Statuti.
Infatti nel 1216 il Comune si sottomise alla città di Perugia e a firmare l’atto furono due Consoli montonesi.
Da questa sottomissione, in cui forse non furono estranei i Fortebracci, la storia del paese resterà legata a quella di Perugia per 200 anni.
Intanto la famiglia Fortebracci cresceva in potenza.
A Montone dominavano due famiglie quella degli Olivi , appunto, quella dei Fortebracci.
Perugia non era sempre troppo tenera con i montonesi e in occasione della riforma dei propri Statuti nel 1279, costrinse Montone a fare altrettanto, poiché, si affermava, quelli in vigore ledevano la giurisdizione perugina.
Fatto è che ci fu una sollevazione montonese capeggiata dagli Olivi e nel 1280 avvenne un grave fatto di sangue.
Con l’aiuto di uomini concessigli da Tano degli Ubaldini, Faziolo Olivi entrò in Montone e trucidò alcuni membri della famiglia rivale, tra i quali Fortebraccio e la moglie, Rosso col figlio e Gezzolo, nepote.
Scamparono e si rifugiarono in Perugia i tre figli del Rosso, e cioè Oddone, Braccio e Griffolo, il primo dei quali fu il bisnonno del grande condottiero Braccio.
I Fortebracci fuorusciti abitavano in Perugia a Porta S. Angelo e godevano della fiducia dei maggiorenti della città.
A dimostrarne la nobiltà raggiunta basterà accennare che nel 1316 Oddone di Rosso era capitano dei Perugini.
Braccio di Rosso capitano di Castel Durante, Francesco di Oddone lo troviamo podestà diverse volte ad Orvieto e Siena dove fu anche Capitano del Popolo ; suo fratello Guido fu podestà di Firenze e molto benvoluto da quei cittadini, mentre il figlio di questi, Oddone, padre del grande Braccio, ne fu Capitano del Popolo.
Da Oddone e Giacoma Montemellini, nacque il I luglio 1368 in Montone Andrea Braccio.
Già a 22 anni, per rialzare il prestigio della sua famiglia, tentò un colpo su Montone e ne divenne padrone, ma nel 1394 era tenuto prigioniero alla Fratta su ordine di Biordo Michelotti, padrone di Perugia, che peraltro acconsentì a rimetterlo in libertà in cambio di Montone.
Braccio andò a Sansepolcro al servizio dei Fiorentini serbando sempre vendetta contro i perugini per l’onta subita.
Alla morte del Michelotti, avvenuta nel 1398, rinacque nei fuorusciti la speranza di riconquistare il territorio perugino e Perugia stessa.
Ma le aspirazioni dei Fiorentini, del Papa e del Duca di Milano tennero in continua altalena le sorti della città della quale nel 1400 divenne signore il Duca di Milano.
Alla morte del Duca, ritornò in possesso del Papa.
Per la storia di Braccio e di Montone occorrerà ricordare che in quel periodo Re Ladislao di Napoli aveva posto l’assedio a Roma in piena anarchia a causa dello scisma.
Braccio si pose al servizio di questo Re e occupò diverse località dell’Umbria. Ritornò al servizio dei fiorentini quando Ladislao si mosse contro Firenze e lo inseguì sino in Umbria, fermandosi a Città di Castello (luglio1409) che gli tributò festosi onori.
Ne segui uno scontro alla Fratta con le truppe di Ladislao guidate da Cesare da Capua che fu clamorosamente sconfitto.
Braccio aveva tre figli, ma il più importante per la storia di Montone fu quello legittimo di nome Carlo.
Alla morte di Braccio, il Papa cercò di recuperare tutte le terre perdute e vi riuscì anche con Montone sebbene molto tardi.
Soltanto il 26 settembre 1477 il duca Federico tentò l’assedio e con l’aiuto di Roberto Malatesta, la cui sorella era sposa di Carlo, riuscì a far capitolare Montone che passò ufficialmente e definitivamente sotto la S. Sede ed ebbe fine la contea dei Fortebracci.
Ha inizia così la vita di Montone sotto la diretta giurisdizione del Governatore di Città di Castello.
Dominavano allora in questa città i Vitelli e sebbene i due paesi fossero sotto il medesimo Governatore, le comunità continuavano ad avere una propria forma amministrativa contadi e distretti ben distinti con relative entrate fiscali.
Ci fu perciò qualche controversia per via di confini sino a quando nel 1518 i Vitelli ebbero da papa Leone X la contea di Montone.
Nel 1607 Montone fu elevato a rango di Marchesato in favore dei Vitelli.
La Contea e il Marchesato dei Vitelli durarono sino al 1640 quando la S. Sede non volendo più il proprio territorio spezzettato in Signorie, ormai fuori del tempo, deliberò di annettere Montone alla provincia dell’Umbria.
Il 17 dicembre 1640 venne nominato il primo Governatore Pontificio nella persona di Paolo Rufo di Fermo, monsignore della Camera Apostolica.
Non troviamo in questo periodo fatti rilevanti se non casi di peste e un notevole calo della popolazione intorno agli inizi del XVIII secolo, emigrata altrove per non sottostare ai forti balzelli.
Occorre arrivare al gennaio 1798 quando le truppe della Repubblica Cisalpina abbattono lo Stato pontificio e proclamano la Repubblica democratica.
Il popolo elegge i suoi rappresentanti e in piazza venne innalzato l’Albero della Libertà.
Il 30 giugno dell’anno successivo Montone viene occupata dalle truppe austriache in nome di S. Maestà imperiale regia apostolica.
Nel 1809 iniziò l’Impero francese in Italia e segnò, sino al 1814, la fine dello Stato pontificio.
Anche Montone ebbe i suoi « Maire », la soppressione delle Confraternite e dei Monasteri, l’istituzione obbligatoria del cimitero, ecc.
Ma le campagne militari condotte dai francesi di Napoleone, favorirono la diffusione di quelle idee di libertà e rinnovamento, che troveranno sbocco nel Risorgimento italiano.
Dopo il Congresso di Vicina (1815), tutti gli Stati ripresero l’antica loro attività.
A Montone venne ricostituita la Magistratura come prima, sotto l’egida della S. Sede.
L’11 settembre 1860 entrano in Montone le truppe del Corpo d’Armata Nazionale comandato dal gen. Fanti.
Da allora Montone segue le sorti del Regno e poi della Repubblica d’Italia.
Per la guerra d’indipendenza contro l’Austria, anche Montone diede il suo tributo di sangue.
Merita ricordare Giuseppe Polidori che appena ventitreenne si arruolò volontario nelle truppe piemontesi, partecipò alla battaglia di S. Martino, alla spedizione dei Mille, combatté a Calatafini, in tutta la Calabria ed entrò in Napoli.
Altro tributo di sangue alla guerra 1915-18 dove ben 35 montonesi diedero la vita sul campo, altro ancora alla guerra del 1940.
Numerosi giovani parteciparono alla Resistenza contro i nazifascisti nel 1944.
Vicino Montone agiva la brigata proletaria d’urto San Faustino.
Nella notte del 6 maggio ’44 i partigiani di questa brigata disarmarono il presidio della guardia nazionale repubblicana fascista a Montone.
Ne seguì una rappresaglia che dette luogo ad un violento scontro a fuoco con i tedeschi vicino la chiesa della Madonna delle Grazie.
Caddero alcuni tedeschi e anche il Tenente Aldo Bologni, comandante del nucleo partigiano, amico del grande invalido Venanzio Gabriotti, che il 9 maggio cadde sotto il piombo fascista sul greto del fiume Scatorbia a Città di Castello.
Braccio Fortebracci
Andrea d’Oddo, detto Braccio, è il maggiore esponente della famiglia montonese dei Fortebracci.
Conte di Montone, conestabile del Regno di Napoli e governatore d’Abruzzo, divenne signore di Perugia nel 1416 e negli anni successivi il reggente di un dominio esteso a tutta l’Umbria, a parte delle Marche e al Principato di Capua.
Braccio aveva infatti mirato a costituire una signoria sovraregionale in grado di rivaleggiare con quella milanese degli Sforza e con a capo la città di Perugia.
Non poté però portare a termine il suo progetto perché morì nel 1424 nella battaglia dell’Aquila, proprio quando si apprestava a consolidare il suo potere attraverso la conquista della città abruzzese. Durante gli anni del suo dominio, Braccio commissionò in più città importanti opere di architettura e di ingegneria: fece edificare la rocca di Todi; fece restaurare quella di Montone, poi decorata da artisti di fama come i perugini Baldassarre Mattioli e Pietro della Latrina e il ferrarese Antonio Alberti; ordinò la costruzione a Perugia della loggia di collegamento tra la sua residenza e la cattedrale; fu responsabile della realizzazione di un canale emissario del lago Trasimeno per facilitare il deflusso delle acquee consentire la bonifica della piana circostante.
Braccio deve la sua fortuna di condottiero ad una particolare tattica di combattimento basata sul continuo alternarsi in battaglia di piccoli drappelli di soldati.
Gli uomini d’arme che si avvalsero di questo metodo vennero detti “bracceschi”.
Ad essi si contrapposero gli “sforzeschi“, seguaci di Muzio Attendolo da Cotignola detto lo Sforza, che, dopo essere stato compagno d’armi di Braccio, ne divenne acerrimo nemico.
Fonti documentative
Depliant di Montone
Camera di Commercio industria Artigianato e Agricoltura di Perugia – Monografie Comunali N° 10 a cura di Eliseo Carini . Perugia 1976