Castello di Pietrafitta – Piegaro (PG)


Il paese ha perso gran parte della sua struttura medievale, ma è ben tenuto e accogliente.

 

Cenni Storici

Il primo insediamento, ad opera di braccianti che lavoravano le terre dei monaci, avvenne verso la metà del XII secolo.
A quell’esiguo numero di casette da loro costruite sul fianco del colle, dove migliore era l’esposizione e minore il pericolo d’inondazione e di frane, si aggiunsero col trascorrere degli anni e dei decenni altre case e successivamente anche alcune botteghe artigianali.
Il vescovo di Perugia, per soddisfare le richieste degli abitanti, non solo fece erigere la chiesa, che prese il nome di S. Maria del Piano, ma provvide pure ad inviarvi un sacerdote con fissa dimora, affinché … “custodisse la chiesa e la plebe commessagli“.
Il nome della località è di indubbia derivazione geologica, un cosiddetto “geonimo“, da collegarsi non solo all’intima struttura della collina su cui è sorto l’insediamento (rocce sedimentarie clastiche psammitiche, cioè pietre arenarie tenere, gelive), ma anche alle numerose cave di pietra esistenti un tempo nella zona. L’estrazione dell’abbondante pietra e la sua lavorazione possono aver avuto un ruolo determinante nella genesi del nome.
Pertanto l’etimologia del toponimo dovrebbe essere la seguente: Petrafite o Petraficte o Petraficta come pietra finta, falsa, poco dura, in riferimento appunto alla costituzione geologica del colle su cui sorge il paese.
Nel censimento del 1282 Pietrafitta era ancora classificata villa e la sua popolazione ammontava a 48 focolari. Soltanto verso il 1340, con la costruzione delle mura e della possente torre d’angolo, tuttora ben conservata nella parte basale e media, potè fregiarsi del titolo di castrum, cioè castello.
Nel 1352, durante la cosiddetta “guerra di Bettona” tra le milizie dell’arcivescovo Giovanni Visconti, cui si unirono le schiere dei ghibellini locali, e l’esercito perugino rinforzato da contingenti fiorentini e senesi, Pietrafitta fu assalita dalle soldataglie del conte Nolfo di Urbino.
Malgrado la notevole disparità di forze, gli abitanti e i pochi soldati di guardia si difesero accanitamente, contrastando al nemico ogni metro di terra.
Durante la lotta una delle tante pietre lanciate dai difensori colpì alla testa il fuoriuscito perugino Filippo di Cecchino di messer Vinciolo, vice comandante delle truppe assalitrici, che morì ai piedi della torre.
Alla fine, però, il numero prevalse sul valore e il castello fu conquistato.
Il conte Nolfo, il cui scopo era quello di portare aiuto a Bettona assediata, dovette però interrompere la sua marcia e tornarsene indietro perchè i perugini gli avevano precluso ogni via.
Alcuni anni dopo il fatto d’arme ora narrato, fu costruito l’ospedale, benefica istituzione a capo della quale c’era un priore che durava in carica un anno e che al termine del mandato doveva rispondere del suo operato.
Le spese di gestione erano abbondantemente coperte dai lasciti di pie persone e dalle rendite dei terreni, che costituivano “i beni dell’hospitale“.
Nel 1403 il Consiglio generale di Perugia, oltre la torre, i merli e i parapetti della Badia dei Sette Fratelli che, a seguito di vari interventi effettuati nel XIV secolo, si era trasformata in una vera fortezza, smantellò parzialmente anche la torre di Pietrafitta per impedire che potessero servirsene i nemici della città, qualora fosse caduta nelle loro mani.
Nessun’altro avvenimento degno di nota interessò il paese fino al 1798, quando, in seguito alla conquista dell’intero Stato pontificio da parte delle armate francesi e la conseguente suddivisione del territorio in dipartimenti e questi in cantoni, Pietrafitta, insieme a Oro, Macereto e Gaiche venne inclusa nel cantone di Panicale.
Nel 1817, in applicazione del motuproprio di papa Pio VII, relativo alla concentrazione dei centri minori, la località fu dichiarata “appodiato” del comune di Piegaro.
Tale termine, derivante dal latino medievale e indicante “annessione di un possesso al dominio altrui“, fu nello Stato pontificio usato nel suo generico significato di “appoggiato“, “unito“, in quanto la comunità conservò gran parte della sua autonomia.
La fine del potere temporale della Chiesa e l’annessione dell’Umbria al Regno d’Italia determinarono la scomparsa dell’appodiamento.
Soppressa la comunità come ente autonomo, Pietrafitta fu annessa al comune di Piegaro, di cui divenne frazione.
 

Chiesa di Santa Maria Assunta

La primitiva chiesa parrocchiale situata fuori le mura, col titolo di S. Maria del Piano, di proprietà del vescovo di Perugia, rimangono soltanto alcuni ruderi. Quella attuale, dal titolo di S. Maria Assunta, fu costruita nel 1866-1870 da Lorenzo Valiani a proprie spese, essendo stato minimo il contributo dei fedeli.
E’ di stile rinascimentale e vi si può ammirare un Crocifisso ligneo del Seicento, la cui caratteristica è costituita dalle spine del capo, le quali non formano una corona, come si è soliti ammirare in altre opere artistiche sia pittoriche che scultoree, ma una calotta.
Questo particolare potrebbe assumere uno speciale significato alla luce dei più recenti ritrovamenti archeologici in Palestina.
Sembra, infatti, che nell’antichità ad alcuni condannati, fra cui Gesù Cristo, venisse imposto come supplizio una calotta di spine e non una corona secondo quanto tramandato dall’iconografia cristiana.
Il grande Crocifisso apparteneva al convento di Cibottola e, quando questo fu soppresso e dispersi gli arredi sacri, fu portato, di notte, a Pietrafitta, dove è oggetto di particolare venerazione.
 

Chiesa della Madonna del Fosso

La chiesa della Madonna del Fosso, costruita nel 1548 fuori le mura e ridotta a cappella nel 1925, contiene un affresco attribuito a Tiberio d’Assisi, raffigurante la Madonna con il Bambino tra S. Sebastiano e S. Rocco.
 

Curiosità

Il castello di Pietrafitta era noto nel tardo medioevo per la cosiddetta “Fiera della Badia“, manifestazione già celebre agli inizi del secolo XIV, tanto che l’ordine veniva tutelato dallo stesso capitano del contado e dal vicario del podestà di Perugia.
 

Pietrafitta oggi

Il paese cominciò a riacquistare importanza verso la fine del secolo XIX, allorché la Società Terni prese a sfruttare i notevoli e poco profondi giacimenti di lignite (estrazione a cielo aperto) che occupavano il fondo dell’antico lago Tiberino.
Ma soltanto dopo la seconda guerra mondiale, con la costruzione della centrale termoelettrica “Città di Roma”, lo sfruttamento divenne sistematico e portò in poco più di venti anni all’esaurimento quasi completo dei banchi.
Per tale motivo, dopo aspre polemiche non del tutto sopite, è iniziata la costruzione di una centrale polivalente, costituita da due gruppi da 75 megawatt, alimentata a carbone e caratterizzata dalla tecnologia del “letto fluido“.
 

Museo Paleontologico

Durante gli scavi per l’estrazione della lignite sono emersi numerosi resti di fossili di animali che popolavano l’area e che oggi costituiscono una esatta testimonianza della fauna che viveva attorno al bacino lignitifero e, indirettamente, dell’ambiente circostante.
I fossili ritrovati appartengono a vertebrati del Pleistocene inferiore come l’elefante (Elephas meridionalis), il rinoceronte (Dicerorinus jeanvíreti), il cervo (Euctenoceros dicranios) e inoltre resti di Emys orbicularis, la tartaruga acquatica ancora oggi vivente in Italia; rari invece i reperti fossili di pesci.
 

Fonti documentative

S. Pistelli G. Pistelli – Memorie di una Terra – Piegaro e i suoi Castelli – Città della Pieve 1992
 

Da vedere nella zona

Castello di Cibottola
Abbazia dei Sette Frati
 

Mappa

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