Castello di Poggio Sant’Ercolano – Gualdo Tadino (PG)

L’abitato di Poggio Sant’Ercolano sorge su una collina dell’Appennino Umbro-Marchigiano tra la valle del Chiascio e del fiume Rasina. La sua storia non merita le poche rovine che rimangono.

 

Cenni storici

I Perugini che si contendevano il Castello di Compresseto con Gualdo, una volta che stabilirono definitivamente il possesso, con un atto di sottomissione sottoscritto dai rappresentanti del castello, per intensificare la propria potestà, decisero di rendere il fortilizio ancor più difeso affiancando ad esso un altro castello in posizione più soprelevata.
Approfittando della Sede papale vacante, nell’anno 1287 gli stessi costruirono un grande e ben munito castello a dispetto dei divieti papali e lo chiamarono Poggio Sant’Ercolano in onore del Patrono della città di Perugia e per abitarlo furono chiamate le genti delle località limitrofe.
Questo gesto scatenò le ire del Duca di Spoleto che si rivolse alla Santa Sede, la quale inviò una lettera di protesta intimando a Perugia l’immediata sospensione dei lavori e rivendicando il possesso delle terre.
Perugia non prese nemmeno in considerazione l’avviso tanto che nel 1289 il castello di Poggio Sant’Ercolano era terminato e il nuovo papa appena asceso al soglio pontificio con Breve del 15 marzo dello stesso anno minacciò la scomunica e la confisca dei beni a tutti coloro che vi avessero preso dimora.
I messi papali, Ventura rettore della chiesa di San Pietro di Fossato e Junito rettore della chiesa di Gaifana che si recarono al castello per la lettura del Bando, non solo trovarono le porte chiuse, ma furono malmenati, presi prigionieri e portati a Perugia.
Per la sua posizione strategica il Castello fu inserito nell’itinerario dei mercanti marchigiani diretti a Siena e Firenze i quali, partendo da Camerino, transitavano per Matelica, Fabriano, Fossato di Vico, poi salivano a Poggio S. Ercolano e da qui, attraverso Civitella d’Arno, arrivavano a Perugia, Chiusi, S. Quirico d’Orcia.
Nel 1296 subì una violentissima aggressione da parte dei Conti di Nocera e di Gubbio tanto che furono devastate le case e abbattute le torri e le mura che lo difendevano.
Furono riempiti i fossati e distrutte le “carbonaie“, fosse a ridosso delle mura in cui venivano posti carbone o altri materiali infiammabili che, se incendiati, costituivano un freno all’avanzata del nemico.
Secondo alcuni storici le “carbonaie” potevano anche essere delle strutture per la produzione di carbone, attività a cui erano dediti gli abitanti del Castello.
I rapporti tra Perugia e il Duca di Spoleto si inasprirono ancor di più nel 1309 quando fu deciso di ampliare il castello, la Santa Sede minacciò una sanzione di 1000 Marche d’argento a tutti coloro che non avessero abbandonato il castello entro 8 giorni, ma la popolazione di risposta vi si stabili definitivamente.
Il sistema di torri e castelli in quell’area era molto solido e costituiva un vero e proprio apparato di avvistamento, infatti data la loro disposizione potevano passarsi l’informazione da trasmettere a Perugia in breve tempo attraverso segnali visivi come specchi, bandiere, torce, oppure con piccioni viaggiatori.
Nel 1343 Poggio Sant’Ercolano fu addirittura sede di una residenza notarile.
Intanto la permanenza dei Papi ad Avignone, in Francia, creò una situazione di grande disordine e di anarchia nello Stato della Chiesa che nel frattempo si dissolse in tante Signorie, Domini Feudali e Cittadine in cerca di autonomia.
Papa Innocenzo VI decise allora di inviare in Italia il Cardinale spagnolo Albornoz, che vi discese nel 1353 al seguito di un esercito di mercenari per riconquistare i territori perduti e riportare in essi l’autorità papale.
La guerra fu aspra e sanguinosa: i perugini, stremati, chiesero la pace e si sottomisero alla Chiesa.
Nel 1366 Papa Urbano V fece ritorno a Roma e lo Stato Pontificio fu nuovamente ricostituito.
Riconquistate le terre occupate da Perugia, il Papa sottomise nel 1370 la stessa Città ed il 23 novembre anche il Castello di Poggio S. Ercolano giurò fedeltà alla Santa Sede.
Non passò molto tempo però, che i perugini si ribellarono ancora una volta alla Chiesa e riconquistarono la propria indipendenza.
Nel 1379 i Magistrati perugini esentarono i Castelli di Compresseto e Poggio S. Ercolano da ogni tassa per la durata di dieci anni.
Si diede ordine inoltre a tutti i gabellieri, in particolare a quelli incaricati di riscuotere la tassa sul “macinato“, di non molestare in alcun modo gli abitanti, ritenuti meritevoli di favori per la loro fedeltà e quale compenso per i gravi danni subiti dalle guerre precedenti.
Nel 1392 il Castello di Poggio S. Ercolano fu assalito dai Fuoriusciti Perugini che, scalate le mura, se ne impadronirono saccheggiandolo nonostante la disperata difesa degli abitanti.
In loro aiuto accorsero le popolazioni di Gualdo e Fossato.
Insieme catturarono molti dei Fuoriusciti Perugini e li riportarono a Perugia, ove furono giustiziati.
Per questo esempio di fedeltà il Comune di Perugia esentò il Castello di Poggio S. Ercolano per tre anni da ogni “dazio e balzello“.
Nel XV secolo iniziarono le scorrerie dei Capitani di Ventura e tutto questo durò fino al secolo XVI.
Le continue guerre tra Perugia e la Chiesa Romana e le lotte tra i nobili e il popolo, avevano ridotto alcuni territori del Comune perugino in estrema miseria.
Gli abitanti dei castelli, trovandosi esposti al pericolo del passaggio degli eserciti e alle razzie delle numerose bande armate che scorrazzavano nei territori lontani dalle città, chiesero a Perugia di essere esentati da tasse e tributi.
Il 29 febbraio 1400 i Castelli di Compresseto e Poggio S. Ercolano, visto lo stato di miseria in cui giacevano, ottennero da Perugia il condono di 30 Fiorini su 40, debito contratto per l’acquisto di sale, inoltre nel 1399 ci fu una terribile pestilenza che decimò la popolazione.
Nel 1428 con l’istituzione dei Capitani del Contado i castelli di Compresseto, Poggio S. Ercolano e Casacastalda (scelta come residenza del Capitano del Contado) si trovavano nel distretto di Porta Sole e furono tassati per una somma di 8 Fiorini.
Tale istituzione fu soppressa nel 1580 e negli ultimi tempi divenne solo una carica onorifica lautamente retribuita.
Nel 1433 Poggio S. Ercolano fu esentato per tre anni dal pagamento di qualsiasi tassa per la ristrutturazione delle mura castellane.
L’anno dopo fu assalito dai gualdesi, la cui città era in quel tempo sotto il controllo di Francesco Sforza, per vendicarsi di un’ aggressione subita nel loro territorio da Niccolò Fortebracci.
Il 18 luglio 1441 il Castello di Poggio S. Ercolano fu esentato dal pagamento di 80 Fiorini.
Nel 1449 le Comunità di Pieve di Compresseto e Poggio S. Ercolano furono esentate dal pagamento di tutte le tasse.
Nel 1450 le due Comunità furono esonerate per la somma di 50 Fiorini, da utilizzare per il rifacimento delle mura castellane.
Il 23 febbraio 1455 la Comunità di Poggio S. Ercolano fu esentata dal pagamento di 25 Fiorini.
Il 3 ottobre 1455 sia Poggio S. Ercolano che Pieve di Compresseto furono sollevati da tutti i debiti che avevano contratto con la Città di Perugia e questo anche nel 1446.
Nel 14671e due Comunità furono sgravate per cinque anni dalla metà delle tasse per pagare gli operai che stavano riparando le mura.
Il 23 gennaio dello stesso anno, Perugia elargì 60 Fiorini per la costruzione di un ponte sul fiume Rasina nella valle omonima, dimostrando che la Città non trascurava le vie di comunicazione con Compresseto.
Il 22 febbraio 1490 il Consiglio Generale della Città di Perugia esentò le Comunità di Poggio S. Ercolano e Pieve di Compresseto dal pagamento di 50 Fiorini.
Nel 1517 un grave evento decretò la fine militare del Castello di Poggio S. Ercolano.
Francesco Maria della Rovere, in guerra contro il Pontefice Leone X, dopo aver riconquistato il ducato di Urbino marciò contro la pontificia Perugia, la cui difesa fu affidata a Gian Paolo Baglioni.
Le truppe, comandate dal Della Rovere, erano formate da migliaia di feroci mercenari (soprattutto tedeschi, in minor numero spagnoli, guasconi, greci e albanesi).
Insieme ai Fuoriusciti Perugini occuparono e saccheggiarono sia Sigillo che Fossato e il 7 maggio 1517 invasero il territorio di Gualdo, facendo scempio dei cittadini e delle loro proprietà.
Il Castello di Poggio S. Ercolano venne completamente incendiato e furono molti gli abitanti uccisi o fatti prigionieri per la resistenza opposta.
Il castello iniziò il suo epilogo.
La sua importanza bellica diminuì nel tempo, sia per la nuova arte della guerra ormai mutata con la scoperta della polvere da sparo, sia perché Perugia passò sotto il diretto dominio della Santa Sede, venendo quindi meno le lotte tra i castelli vicini.
Successivamente le mura del Castello, più volte smantellate e distrutte, dettero asilo alla popolazione che costruì addossate ad esse le proprie misere abitazioni.
Dalla metà del XVII al XIX secolo nei Castelli di Pieve di Compresseto e Poggio S. Ercolano avvenne l’ascesa politica e religiosa della nobile e potente famiglia dei Conti Olivieri.
Questa Casata segnò profondamente la vita delle due Comunità, insieme alle nobili famiglie dei Raspanti e degli Alessandri, originarie della parrocchia di S. Fiorenzo, nel territorio di Porta Sole.
Le tre famiglie erano legate tra loro da unioni matrimoniali.
Peste, colera, carestie e terremoti sconvolsero tutto il 1600 e il 1700, fu in questo frangente che la popolazione andò in processione al Santuario della Madonna di Montecamera e al loro ritorno videro i compaesani andargli incontro per annunciare la fine della pestilenza.
Nel 1772 la comunità contrasse debito con Perugia per una fornitura di grano, venuto a mancare per una carestia che si era avuta in quell’anno, ed un’altra si ebbe nel 1794.
Con la conquista dell’Italia da parte di Napoleone nel 1796 iniziò la storia comunale di Pieve di Compresseto che con alterne vicende durò fino al 1863.
Nel 1798 alla nomina della Repubblica Romana Poggio S. Ercolano contava la presenza del solo parroco e due famiglie illetterate.
Nel 1816 Poggio Sant’Ercolano fu aggregato a Pieve di Compresseto che a sua volta fu appodiata a Gualdo Tadino, ciò fino all’Unità d’Italia dove entrambe passarono definitivamente sotto il Comune di Gualdo.
 

Aspetto

Il Castello di Poggio S. Ercolano aveva forma rettangolare, con i lati maggiori orientati da Nord a Sud perpendicolari al corso del sole; misurava circa 43 metri nei lati maggiori e 35-38 in quelli minori. Possedeva quattro torri ai quattro angoli, di cui due più sottili e più alte che misuravano circa 4,2 metri di lato; le altre due torri, più possenti, misuravano circa 6 per 4 metri.
Oggi dell’intera struttura rimangono solo due torri: quella posta a Nord-Est, ancora ben visibile, e quella situata a Sud-Est, inglobata in un fabbricato.
L’antico pozzo che si trovava al centro del Maniero, è stato interrato nella seconda metà del XX secolo.
Stessa sorte è toccata alla chiesa castellare.
 
 
 

Chiesa di Sant’Ercolano

La chiesa primitiva sorgeva all’interno del castello, la prima volta che viene nominata è in un documento del 1 settembre 1483 nel suo testamento un certo Giovanni di Agostino di Cola da Poggio S. Ercolano lasciava i suoi averi alla chiesa nella quale voleva essere seppellito.
La chiesa era molto piccola e in comunicazione con una cantina e sopra di essa si trovava la camera da letto del Parroco.
Più tardi nel 1640 per opera del Parroco Vincenzo Olivieri, la chiesa venne completamente ampliata, coperta da un’ampia volta e fornita di campanile che fu eretto su una delle antiche torri del castello.
La sacrestia fu costruita dietro la chiesa due secoli più tardi nel 1890 in occasione dei lavori di restauro dell’immobile.
Nell’immediato dopoguerra (1953) la chiesa è stata demolita e ricostruita all’inizio del paese ed è quella che vediamo oggi.
 

Fonti documentative

https://it.wikipedia.org/

F. Farabbi M. Cattaneo – Il Feudo di Compresseto e la sua Pieve – Edizioni Accademia dei Romiti – 2012
 

Mappa

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