Castello di Sant’Elena – Marsciano (PG)

Le mura della fortificazione si notano sul lato destro percorrendo il tratto stradale San Valentino-Cerqueto.

 

Cenni Storici

Questo castello per una di quelle storpiature tanto comuni, dovute talora ad errori di amanuensi e talora alla difettosa pronuncia orale del popolo, è spesso, ed anche nei libri pubblici, chiamato col nome di Sant’Ellera.
Così troviamo scritto Castrum Sancte Hellere nella descrizione dei castelli e ville del perugino fatta nel 1380, e Castrum Sancte Ellere dal 1428 contribuiva con 10 fiorini allo stipendio del capitano del contado per Porta S. Pietro, cui sempre appartenne.
Verso la metà del secolo XVII furono trovate scavando in prossimità di questo castello molte pregevoli antichità, le quali dice il Ciatti “si conoscono essere state studiosamente ivi sepolte; il che forse avvenne o nell’eccidio di Perugia da Ottaviano cagionato, o nelle inondationi de’ Barbari, per timor de’ quali ciascuno procurava occultare le cose più care e più rare; ovvero nell’indrodursi la fede di Christo (il che a me pare molto verisimile) come che il vehemente zelo de’ christiani volendo affatto sepelire il culto de’ vani dei, e con quello anche gl’Idoli stessi e gli istromenti de’ loro sacrificij, qui sepellissero le cose necessarie a quei sacrifici: onde credo, che siccome i Tempi j vani di Gierusalemme furono da S. Elena consecrati alla Croce di Christo; così i Tempij de’ Gentili di Perugia ripurgati e consecrati, al vero Dio dedicati fossero; e che perciò quivi apunto sepelendo i vasi, e gli istromenti de’ riti degl’ Idolatri a S. Elena apunto, in memoria di quanto ella in simil fatto in Gierusalemme fece, il tempio fosse consecrato“.
Noi lasciando al Ciatti la più ampia libertà di pensare quel che meglio gli aggrada, passiamo ai brevi cenni di storia che abbiam potuto trovare intorno a questo castello.
La prima menzione che se ne fa dai nostri storici risale al 1280, nel quale anno furono concessi alcuni beni dal Comune di Perugia ai monaci Silvestrini venuti già ad abitare nella nostra città, i quali beni in assai buona quantità e valore si trovavano precisamente nelle vicinanze di S. Elena, quantunque il Bartoli erroneamente scriva S. Enea.
Per quali ragioni il Comune di Perugia fece simile dono ai monaci della congregazione silvestrina? Fu, dice il Pellini, perché essi molto si oprarono nel far del ponte di Deruta et nella fabrica dell’Acquedotto per condurre l’acqua di Monte Facciano nel vaso della Fonte Maggiore, la quale troviamo che alli 13 di febbraro del presente anno (1280) vi venne per lo già fatto acquedotto alle sudette parte, essendo Potestà di Perugia M. Matheo da Coreggio.
Nelle scorrerie dell’esercito imperiale sul territorio perugino (1312) non fu risparmiato il nostro castello, poiché i soldati d’Arrigo dopo la presa di Marsciano “scorsero alla Morcella, a Cerqueto Sant’Ellera et misero il tutto a rubba et a fuoco“.
Troviamo poi negli Annali Decernvirali che penuriando questo castello di acqua ed essendo perciò costretti i sua abitanti a prenderne in luoghi lontani per i loro bisogni, quei cittadini di Perugia che avevano a S. Elena i loro possedimenti, e gli stessi uomini del castello chiesero nel 1496 alla città che vi facesse un pozzo; al quale scopo il Consiglio generale accordò 12 fiorini, e non bastando questi, ordinò che i suddetti cittadini contribuissero per il resto, con patto espresso che nella bocca di esso pozzo si apponesse l’insegna del grifo.
Altra concessione di 24 fiorini ebbe questo stessa castello dalla città nel 1532 per restaurare le mura che rovinavano.
Queste mura, di cui in una notte del novembre 1639 crollò con gran fracasso una fila per 48 piedi di altezza e 140 di lunghezza, circondavano allora tutto il castello, come si può dedurre dalle quattro torri che costituivano la dimora della famiglia Sansoni e che erano poste in comunicazione fra loro da un ampio cortile, rimanendone tuttora visibili le orme nell’attuale palazzo Sansoni.
La famiglia Sansoni ora nominata, ascritta al patriziato perugino, aveva fin dal secolo XV vari possedimenti in S. Elena: risulta anzi che nei 1510 comperasse un predio in vocabolo Palazzone, che con la stessa denominazione fa anche oggi parte del patrimonio Sereni.
Si conserva sempre una pianta diligentissima che della sua villa faceva disegnare Vincenzo Sansoni, dove si scorgono otto viali convergenti tutti nel punto culminante del poggio dove si ammira tuttora lo stupendo boschetto per le caccie autunnali.
Lo stemma dei Sansoni formato da un leone rampante sormontato da una fascia con tre mezzelune all’ingiro, si vede ancora in parecchi mobili che si trovano nella villa Sereni, in un pozzo addossato alla villa stessa e nella prima pagina di un catasto intestato a Vincenzo, Alberto ed altri Sansoni, depositalo dal prof. Vincenzo Sereni negli atti del dott. Benedetto Tassi notaio perugino nel 1886.
L’ultimo rampollo dei Sansoni fu una tal Dianira della quale si conserva un ritratto, e sulla quale fino a dieci o dodici lustri or sono perdurava una strana leggenda, originata dalla sua corrottissima vita.
Questa Dianira andò sposa a Costantino nella cui famiglia pertanto si concentrarono tutti i beni dei Sansoni.
E tutto il patrimonio riunito delle due famiglie passò per compra ai fratelli Sereni, Vincenzo e Gio’ Andrea, come risulta dagli istrumenti legali 14 agosto 1809 e 16 settembre 1812 a rogito Marcarelli e Ciuffetti.
 

Aspetto

Il paese conserva ancora una grande torre con l’arco di accesso al vecchio borgo fortificato, nel quale troviamo archi gotici ed edifici in laterizio.
 

Chiesa castellare di Santa Croce

La chiesa parrocchiale di S. Croce posta vicino alle mura castellane, anticamente membro della pieve di S. Maurino, esisteva fin dalla metà del secolo XIV, e così l’altra chiesa intitolata a S. Elena, della quale non appaiono più tracce, essendo forse incorporata nella casa parrocchiale.
Ambedue queste chiese sono registrate in un catalogo delle chiese territoriali, compilato verso il 1350 e che si conserva nell’archivio di S. Pietro.
Non si sa quando la chiesa di S. Croce venne smembrata dalla chiesa di S. Maurino; ma è cosa certa che dal 1569 in poi, essa è sempre stata conferita dal vescovo.
C’è ancora un’altra chiesetta detta la Madonna del Ponte, e nella quale in passato furono rinvenute delle ossa e dei crani; il che mostra forse che vi si seppellivano i confratelli defunti della Compagnia del Sacramento, per cura della quale la chiesa è stata sempre officiata.
 

Interno

La chiesa è ad una sola navata con sei nicchie lungo le pareti, tre per lato; ognuna contiene una statua, la prima quella di San Vincenzo Ferrer con la tromba in mano, segue una Madonna, Sant’Antonio da Padova, Sant’Elena con la Croce proveniente dalla Valgardena, una tela con il Cristo trionfante che tiene la croce con la sinistra ed ai lati Sant’Elena e un’altra Santa, infine la statua di Sant’Antonio abate.
Sopra la porta d’ingresso l’organo con la cantoria.
 

Fonti documentative

Ascenzo Riccieri, Memorie Storiche del Comune di Marsciano fino a tutto il secolo XVI- 1814

https://it.wikipedia.org/wiki/Sant%27Elena_(Marsciano)

F. Cavallucci – Marsciano Territorio e nuclei urbani: un’indagine – 1984

http://www.comune.marsciano.pg.it/pagina1940_santelena.html

 

Mappa

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