Castello di Scheggia – Scheggia – Pascelupo (PG)

Punto nodale della viabilità per la Marca molto importante già prima dei Romani valorizzato poi dalla costruzione della via Flaminia.

 

Cenni Storici

Il territorio montuoso e boscoso di Scheggia fu abitato fin dall’antichità dal popolo degli Umbri, che trovarono in questa zona la collocazione ideale per il Tempio Iovis-Penninus, divinità agreste, venerata da loro.
Nei pressi del tempio furono rinvenute le famose “ Tavole Eugubine “ il più insigne documento della civiltà dei popoli italici.
Ad Ensem“, è sicuramente il nome più antico di Scheggia, lo si deduce analizzando negli Itinerari Romani “ Tabula Peutigeriena “ i nomi e le distanze delle varie località sulla Flaminia fra Nocera e Cagli; infatti tale località è mensionata a dieci miglia romane (15 Km )da Hilvillum ( Sigillo ) quindi è una “ Statio “ romana sulla strada consolare.
Il Passo di Scheggia era il più agevole fra i passi dell’Appennino che conducevano all’Adriatico ed è questo che sicuramente da tempi remoti ha favorito le comunicazioni tra le città umbre come Iguvium ( Gubbio ) e quelle adriatiche.
Con il tempo l’invidiabile posizione sulla via Flaminia le fece assumere un ruolo di rilievo; man mano che le attività religiose legate al Tempio di Giove Appennino si intensificavano, la vita civica acquistava un nuovo impulso ed incremento, ad aumentare il prestigio della citta si aggiunse il servizio delle Poste Imperiali detto “ Cursus Publicus “ lungo le vie consolari e la statio si trasformò in “ Mutatio “ con la costruzione di edifici per il personale addetto alla Posta: Stationarii ( direttori delle singol stazioni ), Stratores ( personale adibito alla cura dei cavalli, custodia della stazione e servizi più umili ), Mulliones ( Ogni Mulio aveva la cura di tre bestie di cui ne era anche responsabile ) e Hippocomi ( addetti ala cura delle stalle e accompagnamento dei viaggiatori da una stazione all’altra con il compito di riportare indietro i veicoli ).
La Statio romana “ Ad Ensem “ subì la triste sorte di tante altre città poste lungo le vie consolari, infatti durante le feroci guerre che si svolsero tra i Goti ed i Bizantini (532-552 d.C.) fu rasa al suolo e la sua popolazione si disperse nei “luci” (boschi sacri), stessi boschi che nei secoli precedenti erano stati luogo di culto del popolo Umbro e facevano da corona al Tempio di Giove Appennino.
Per porre freno alle incursioni Longobarde, i Bizantini, quasi certamente, costruirono sulle rovine della Statio Romana il Castello di “ Luceoli “ a conferma dell’importanza strategica e punto chiave dell’Appennino, ed è in questo periodo che l’esigenza di aprire un corridoio da Ravenna verso Roma la Flaminia prese un nuovo corso, invece di proseguire per Sigillo Nocera e Foligno deviava verso Gubbio e toccando Perugia Amelia e Orte arrivava a Roma.
La più antica menzione di Luceoli la troviamo nel Liber Pontificalis sul principio del pontificato di S. Gregorio Magno (592 d.c.) e da altre fonti sappiamo che fu anche sede vescovile e successivamente aggregata a Gubbio.
Tramontato il dominio Longobardo (774 d.c.) il tratto della Flaminia per Gualdo – Foligno – Orte che era stato chiuso da questi, venne riaperto comunque la città ritenne il privilegio di Stazione Postale che conservò fino al 1764 nonostante i vari tentativi dei Perugini di deviare la posta per Gubbio Perugia e Assisi.
Nell’anno 840 la città subì l’invasione dei Saraceni e la popolazione si riversò sulle montagne lasciando le terre incolte, ma le invasioni non finirono qui perché nel 907 d.c. subì il saccheggio delle orde degli Ungari.
Nell’XI secolo cessato il momentaneo pericolo di incursioni straniere, troviamo Luceoli risorta come “Schiza” (scheggia dal vocabolo greco) dagli abitanti del luogo che risentivano ancora dell’influsso dell’Impero Bizantino e la “statio romana Ad Ensem” divenne un castello nel 927.
Il nome Scheggia compare per la prima volta in un diploma che Federico I Barbarossa inviò a Bonatto suo protetto e alla fazione imperiale di Gubbio l’8 novembre 1163.
Il castello di Scheggia, nonostante le donazioni Imperiali, non rimase a lungo sotto l’influenza del Comune di Gubbio, infatti dalla Bolla di Bonifacio VIII “ Exhibita nuper nobis “ risulta che Scheggia agli inizi del 1300 era libera appartenenza della rinomata Abbazia di Fonte Avellana che tale doveva essere rimasta per un periodo di tempo abbastanza considerevole.
Il 31 marzo del 1384 Gubbio e il suo territorio compresa Scheggia passarono sotto i Montefeltro Conti di Urbino e nel 1484 divenne un libero Comune.
Il dominio dei Duchi di Urbino durò fino al 1631 quando con un solenne strumento rogato a Roma il 30 aprile di quell’anno fu devoluto alla Santa Sede.
Con Breve datata 3 marzo 1648 il papa Innocenzo X insigniva il Castello di Scheggia alla dignità di “ Terra “ arricchendola di privilegi come tutte le Terre dello Stato Ecclesiastico quindi si dotavano di proprie leggi municipali e avevano magistrati distinti in gradi ed erano direttamente soggette al Sommo Pontefice e ai tribunali da Lui costituiti nelle città metropoli dello Stato.
Durante l’occupazione Napoleonica fece parte del Dipartimento del Metauro del Regno d’Italia ( 1808-1814 ) e solo nel 1815 fu ripristinata la Delegazione Apostolica ad Urbino.
L’occupazione dell’esercito italiano nel 1860 pose fine al dominio temporale della Chiesa sulla provincia Urbinate e Scheggia fu assegnata all’Umbria come lo era da tempi remotissimi.
Nel 1878 al Comune di Scheggia fu aggregato Pascelupo lo testimonia lo stemma del comune così descritto nel decreto di concessione dell’otto novembre 1957 firmato dal presidente della Repubblica Giovanni Gronchi.
 

Aspetto

Scheggia aveva sei torri, chiaramente rappresentate, seppure schematicamente, insieme alle mura ed alla porta dell’angolo sudorientale della cerchia muraria (quest’ultima anche nella carta della Diocesi di Gubbio del Giorgi, del secolo XVI), in una carta della Biblioteca Apostolica Vaticana (Codice Barberino Latino 4434, f. 66 r.).
Una di esse (già nel secolo XVII adattata a torre campanaria) era corrispondente all’attuale campanile, in cui si vedono ancora due bocche da fuoco per archibugi, una seconda, ora mutila, si identificava, invece, con l’attuale sede della Croce Rossa, mentre, la terza, era, naturalmente, quella “maestra” (in pietra arenaria della Salita della Lama), altissima, bastionata e spettacolare, nella quale ha trovato degna quanto insolita collocazione la sede comunale: una delle più belle torri, con tanto di gogna, dell’intera nostra fascia appenninica.
La città aveva, poi, altre importanti torri sparse per il territorio castellano: una, trecentesca molto alta e tuttora presente, a difesa dell’abbazia di Sant’Emiliano, un’altra a guardia del lato meridionale del castello di Pascelupo (ora mutila e trasformata in abitazione civile) ed una terza, antichissima e poderosa, con tanto di barbacane, a difesa dell’eremo di Monte Cucco o di quanto ad esso preesisteva, forse un presidio militare dell’Ordine religioso e cavalleresco dei Templari.
Una quarta torre di vedetta sorgeva, assai significativamente, nella località La Torretta.
I suoi ruderi testimoniano come essa fosse costituita da pietra arenaria.
Una tradizione popolare vuole che, dalle diverse torri della curia del castello di Scheggia, in caso d’allerta, fossero repentinamente scambiati segnali sonori (grida) e visivi (fumo) d’allarme.
Il centro del paese (escludendo le adiacenti espansioni edilizie avvenute dal 1950 in poi) è costituito da un vero e proprio nucleo centrale, agglomerato e compatto (dentro le mura) e da una seconda zona esterna chiamata ancora oggi “Il Borgo” (fuori le mura) che si sviluppa lungo l’odierna via Sentino.
Ancora intatto si trova “l’arco etrusco” così erroneamente e comunemente denominato, che rappresenta una delle antiche porte medievali di accesso dell’antico castello.
 

Fonti documentative

http://www.protadino.it/

D. Pio Paolucci O. S. B. Silv. – Scheggia Note Critico Storiche- Parte I

https://it.wikipedia.org/

 

Da vedere nella zona

Abbazia di San Bartolomeo ed Emiliano in Congiuntoli
Abbazia di Santa Maria di Sitria
Abbazia di Fonte Avellana
Percorso ” I templari del Monte Cucco “
 

Mappa

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