Castello di Vallo di Nera (PG)

Cenni Storici

Splendido castello che domina la Valnerina. Tra le sue strette vie si è avvolti dalla magia del medioevo. Spettacolari i cicli d’affreschi delle sue chiese. Ogni anno si svolge a giugno Fior di Cacio, mostra gastronomica in cui è possibile degustare tutte le varietà di formaggi di Vallo di Nera e della Valnerina e le altre delizie della zona: la trota, il tartufo, il miele ed i salumi. Fa parte più che meritatamente dei “Borghi più belli d’Italia”.
Sorge a 467 m s.l.m. ha una popolazione di 400 unità circa. L’impianto urbano si presenta compatto, con il tipico assetto del castello di colle: un nucleo originario circolare dal quale si estendono strade anulari pianeggianti e ripide salite verso il fulcro centrale ovvero la piazza di San Giovanni Battista, ove la Chiesa Parrocchiale occupa il punto più alto del colle, dominando l’intero paese. Gli si affiancano il borgo quattrocentesco di S. Maria, poi ricompreso nella seconda cerchia muraria, realizzata per includervi gli insediamenti monastici, e il successivo borgo cinquecentesco dei Casali, sorto lungo le diverse strade di accesso del paese, nel periodo di massima espansione demografica.
Testimonianze archeologiche avvalorano la tesi dell’esistenza di remoti insediamenti riconducibili alle popolazioni autoctone di questa valle già nell’VIII secolo a.C.
Poco si conosce del periodo della dominazione romana, cui si deve probabilmente l’antico nome del borgo Castrum Valli, cioè luogo fortificato. Nel 1177 la rocca sul colle di Flezano divenne feudo del duca germanico di Spoleto Corrado di Hursligen. Nel 1216 il vecchio e primitivo Castello fu distrutto dal Comune di Spoleto.
L’8 settembre del 1217 il podestà di Spoleto, Giacomo Capocci concede agli uomini di Vallo il diritto di erigere un castello sotto la sua signoria, in cambio di protezione e difesa. Vallo entra così nell’orbita di Spoleto e s’impegna a versarle tributi e a fare guerra o pace secondo le sue direttive.
Nel 1223 Omodeo, cappellano e vicario per la Montagna per il Papa lo riacquisisce, per un breve periodo, al dominio della chiesa.
Federico II e il cardinale legato Capocci, nel 1247, confermavano il possesso del castello al Comune di Spoleto.
Nel 1522 è a capo, con Petrone da Vallo, alleatosi con Picozzo Brancaleoni di Scheggino, della rivolta dei castelli della Valnerina contro Spoleto. Dopo aver invano tentato di occupare il castello di Scheggino, la seconda volta difeso dalle donne, Petrone saccheggiò e mise a ferro e fuoco il borgo natio. Il castello di Vallo – scrive uno storico – “è preso, fatto tutto pieno di rovine e di sangue e spogliato d’ogni cosa”. Spoleto, alla testa di un piccolo contingente, inviò il governatore spagnolo don Alfonso de Cardona a trattare coi rivoltosi.
Al ponte di Piedipaterno, il 9 di settembre del 1522, ottanta armati di Petrone sbaragliarono i soldati spoletini e trucidarono il giovane governatore. Nuove truppe furono inviate a sedare la ribellione. Messo in fuga e braccato, Petrone trovò rifugio in un casolare, vi si trincerò assieme al figlio e vi finì arso vivo. Il cadavere, con le mani mozzate appese al collo, fu portato a Spoleto come trofeo e monito ai traditori della patria.
Cinque anni più tardi, nel 1527, le truppe di Sciarra Colonna e contingenti lanzichenecchi di Carlo V reduci dal sacco di Roma, 6000 uomini ostili alla Chiesa romana e avidi di bottino, nell’attraversare la Valnerina si diedero al saccheggio sistematico dei borghi e dei castelli, compreso Vallo di Nera, lasciandovi come ricompensa la peste.
Il devastato castello rinasce prontamente, come testimoniano molti architravi cinquecenteschi e l’affresco di Jacopo Siculo del 1536 nella chiesa di S. Giovanni, in cui Vallo è raffigurata con le mura intatte e le case-torri.
Il riferimento al fiume Nera è stato aggiunto dopo l’Unità d’Italia. Lo stemma attuale raffigura 3 castelli e si deve a seguito dell’unione ottocentesca con i castelli di Meggiano e Paterno.
Tra le numerose vestigia medioevali, sono degni di nota molti tratti della cerchia muraria, il torrione principale ed altre torri lungo le mura, le due porte di accesso del castello, le chiese e gran parte dei sui edifici che, recentemente restaurati, costituiscono uno dei migliori esempi di restauro e conservazione dell’aspetto urbanistico originario. Le torri palombare costituiscono un elemento peculiare del paesaggio; costruite originariamente con funzioni di difesa, hanno in seguito svolto un importante ruolo nell’economia agraria della zona, in quanto permettevano un’organizzazione verticale delle funzioni: in basso la stalla, sopra l’abitazione, più in alto i granai e, in cima, la colombaia che forniva concime per i campi e carne per gli abitanti. La moderna strada carrozzabile, realizzata nel secolo scorso, ha alterato notevolmente l’assetto viario originale e giunge nei pressi della porta secondaria, diventata perciò principale, sopra il cui portico coperto, un tempo usato per il mercato, si trova l’antica sede comunale, ora utilizzata per servizi e per l’archivio storico. Per ammirare la struttura originaria del borgo occorre recarsi lungo l’antica strada per Mucciafora, un tempo unica via di accesso al castello attraverso la porta principale dominata dal possente torrione.
Il Castello è dotato di tre splendide chiese all’interno delle mura e due appena fuori.
S. Giovanni Battista domina il paese sulla parte più alta del colle. Originariamente romanica (sec. XIII), fu ampliata e in parte ricostruita intorno al 1575 (la data è incisa sull’angolo sinistro della facciata). A questo periodo risalgono la facciata con il campanile, il portale e il rosone. All’interno, l’affresco del catino absidale è una splendida opera del 1536 di Jacopo Siculo, dedicata alla Morte della Madonna. Sul fronte dell’arco il maestro ha dipinto una delicata Annunciazione e le figure di S. Sebastiano e S. Rocco a grandezza naturale.
La chiesa francescana di S. Maria è stata iniziata nel 1273 e si presenta con un bel portale gotico e un campanile turrito. L’interno sorprende per la quantità di affreschi che ancora la adornano, opera di artisti di scuola giottesca. Tra questi, spiccano la Processione dei Bianchi, dipinta da Cola di Pietro nel 1401 (l’affresco è una delle fonti più complete del movimento penitenziario dei Bianchi che attraversò l’Italia nel 1399) e il Martirio di Santa Lucia, di un pittore di Camerino del XV sec. Nella possente torre quadrata, sono ancora i campanari a suonare le campane con i piedi, su scale di accordi immutati nel tempo.
La terza chiesa intra moenia è quella dedicata a S. Caterina, eretta nel 1354, in cui oggi trova spazio un piccolo auditorium. facente parte di un complesso abbaziale di cui restano pochi resti. La facciata della chiesa è caratterizzata da un portale di linea rinascimentale e da un campanile a vela con due campane sovrapposte. L’interno, a navata unica, custodisce un pregevole altare (staccato dal muro) con una ricca cornice; un affresco del XV secolo raffigurante “Modonna con Bambino e Santa Caterina”; frammenti di affreschi del XV secolo ed un Paliotto d’altare con motivi floreali e raffigurazioni dell’Immacolata Concezione, Santa Caterina e San Nicola da Tolentino.
Appena fuori la cinta muraria si trovano la chiesa di San Rocco o Immagine del Trivio, nel borgo cinquecentesco di Casali, che custodisce affreschi del XVI sec.; poi, lungo la vecchia strada per Castel Felice, oggi poco più che un sentiero, l’Immagine delle Forche o Madonna della neve del XV sec., poco più di una cappella a navata unica, con caratteristica volta a botte ornata da numerosi affreschi del 1494, attribuiti allo spoletino Jacopo Zampolini, racchiusi nell’interno, a navata unica, con caratteristica volta a botte.
Il territorio di elevato pregio paesaggistico ed artistico comprende i castelli e le ville di Meggiano, Piedipaterno, Geppa, Paterno, Monte Fiorello, Piedilacosta, La Pieve, Le Campore, Borbonea, Roccagelli.

Intero articolo creato da Silvio Sorcini

 

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