Chiesa dei Santi Quirico e Giulitta – Lapedona (FM)
Cenni Storici
Le chiese dipendenti dal Priorato di S. Leonardo
Notizia certa è che tra il personale del Monastero di San Leonardo, oltre i monaci, c’erano tre cappellani; mentre altri cinque monaci erano dislocati in altrettante chiese dipendenti. Individuare il servizio di cura d’anime, demandato ai cappellani, non dovrebbe essere cosa difficile. Nell’ambito giurisdizionale del distretto del Volubrio esistevano il romitorio di Sant’Antonio a Capotenna, l’eremo di San Chiodo, o S. Claudio, scavato nella roccia presso il fiume Tenna, di fronte alla contrada Valleria, e l’oratorio di S. Romualdo al Palazzetto. La dedica alla Santa Croce della chiesa di Robbiano suggerisce anch’essa un rapporto con i monaci avellaniti. Nei pressi di queste cappelle dimoravano anche alcune famiglie di vassalli e di lavoratori; necessitando essi di assistenza spirituale, il monastero inviava loro i propri cappellani per la messa festiva ed altre incombenze. Queste chiese che, certamente, esistevano tra la fine del sec. XIII e gli inizi del sec. XIV, non figurano nelle ricevute delle “Rationes Decimarum” del triennio 1290-92, perché le decime erano corrisposte per tutte dal Priore dell’Eremo di San Leonardo. Parimenti non figurano nel lungo elenco di chiese che il Pievano di Montefortino rimise nelle mani di Alberico, vescovo di Fermo, con la famosa “convenzione di spoglio” del 22 gennaio 1301, perché, fin dal 1294, il papa Celestino V aveva riconosciuto e costituito la “Diocesis nullius Avellanensis” con la completa esenzione di chiese e monasteri propri dal vescovo locale. Alcune perplessità sorgono nella individuazione delle altre “Chiese dipendenti” in cui sono dislocati altri “cinque monaci”. La distinzione dei tre cappellani da questi cinque monaci ci induce a pensare che fossero chiese ricadenti fuori del territorio di Montefortino. Infatti, se si fa il confronto tra le chiese ricordate in questo elenco e quelle nominate nel decreto del vescovo Liberto, emerge che in questo documento e in successivi privilegi pontifici sono state sempre omesse le chiese di S. Croce prope Asum, S. Maria ad M. Granarium, S. Quirico e S. Giacomo di Lapedona, S. Pietro di Lapedona e S. Quirico in Platea de Firmo. Il numero delle chiese quadrerebbe con i riferiti cinque monaci, rettori delle chiese dipendenti. Il motivo della omissione potrebbe ricercarsi, appunto, nel fatto che esse appartenevano al Priorato di San Leonardo. Esse non dipendevano direttamente dalla Abbazia madre, ma solo per il tramite del nostro Priorato cui erano riservati atti giuridici molto importanti, come la nomina dei rettori delle chiese dipendenti. Per la dipendenza delle chiese di Lapedona dal Priorato del Volubrio si veda l’atto di procura con cui il Priore di San Leonardo, Fra’ Rinaldo Boniscambi, col consenso dei suoi monaci e di altri interessati, autorizza la vendita delle chiese di S. Pietro, S. Giacomo e S. Quirico, con delega in favore del converso Fra’ Matteo. Il Priore di San Leonardo, Don Angelo Baldini da Gubbio, il 3 luglio 1432, confermò la nomina di D. Bartolomeo Dome-nicucci da Gubbio a Priore della chiesa di S. Quirico in Platea di Fermo, proposta dai Priori delle chiese di Lapedona, affermando che tale nomina definitiva gli competeva e gli spettava per antica consuetudine, poiché il Priorato di S. Quirico di Fermo fu sempre considerato membrum del Priorato di San Leonardo.
tratto da “Istituzioni Monastiche dei Secoli XI-XII ai pie’ dei Sibillini” di Giuseppe Crocetti