Chiesa della Madonna di San Nicola – Vitorchiano (VT)


 

Cenni Storici

Nota al popolo come chiesa delle Monache si trova fuori della cerchia delle mura, in Via Borgo Cavour a qualche centinaio di metri dal paese, sulla strada per Viterbo, vi è annesso un monastero di monache clarisse.
La Chiesa della Madonna di San Nicola e l’annesso monastero furono edificati nella seconda metà del XV secolo.
La nuova struttura fu consacrata e dedicata alla Madonna di San Nicola il 10 maggio 1533.
Ad essa apportarono un contributo costruttivo di rilievo, artigiani lombardi che operarono a Vitorchiano in quel periodo.
 

Aspetto esterno

La facciata, a conci di peperino, è a capanna con rosone al centro leggermente strombato, con ai lati, due finestre rettangolari, ed in alto, il monogramma di San Bernardino.
Il portale di ingresso, suddiviso in varie specchiature, è sopraelevato su tre scalini decrescenti, con gli stipiti e l’architrave scanalato, ed è sormontato da una lunetta affrescata.
L’affresco quasi completamente perso, lascia chiaramente visibile il volto della Vergine al centro e gli angeli incoronanti disposti ai suoi lati.
A destra della Vergine, in basso, si intravede un santo barbuto, probabilmente San Nicola, a sinistra un santo imberbe, forse San Giovanni Evangelista.
L’affresco, per lo stile è inquadrabile al XVI secolo.
Sul tetto, dietro l’abside, spunta un piccolo campanile a vela con due campane che sembra provengano dall’antica e vicina Ferento.
 

Interno

L’interno della chiesa è a navata unica con copertura a capriate lignee.
Il presbiterio è sopraelevato con una balaustra in peperino che separa l’area sacra da quella destinata ai fedeli, e presenta, al centro, un’edicola d’altare in stucco dorato.
La parete di fondo è caratterizzata da un profondo catino absidale con calotta, completamente affrescato, così come affrescate sono tutte le pareti della chiesa.
Sul lato sinistro della parete di controfacciata si trova un altare caratterizzato da un’arcata realizzata a trompe-l’oeil, al cui interno è la raffigurazione della Vergine col Bambino, assisa sulle nubi, tra San Martino vescovo e Sant’Antonio Abate, come si deduce dalle iscrizioni poste ai loro piedi.
Ai piedi della Vergine è una iscrizione sulla quale compariva la data di realizzazione dell’opera, il 1550, ora non più leggibile.
A sinistra, in prossimità dell’entrata della chiesa è collocata la lapide tombale, del XVII secolo, di ambito viterbese, apposta dalla famiglia Orlando di Vitorchiano, in onore di Orlando Ciriaco.
Il sepolcro marmoreo è costituito da due pilastri semi addossati scanalati, i quali sorreggono una trabeazione con timpano curvo spezzato, alla cui sommità è posto lo stemma con i simboli della casata costituito da un elmo militare con cimiere sul quale è una stella con cartiglio che recita HAC DUCE.
L’elmo poggia sulla testa di un cherubino posta al centro, in alto, di una cornice a volute.
Sulla sinistra della parasta laterale è collocato un medaglione entro cui è affrescata, con le tonalità del rosa, una figura di donna.
Insieme ad un altro medaglione simile, doveva essere un motivo decorativo del primo altare a sinistra, ora scomparso.
Lungo la parete sinistra la narrazione degli affreschi, realizzati tra il XVI e il XVIII secolo, si svolge su tre registri.
Sul registro superiore, inscritti in tondi che si alternano a putti e festoni, sono dipinti i Profeti dell’Antico Testamento.
Sul registro di mezzo, sono invece dipinte, entro otto riquadri per ciascuna parete, scene della vita di Gesù.
Sul registro inferiore, infine, sono rappresentati entro altari e riquadrature, varie rappresentazioni di carattere religioso con scene di Santi, della Vergine e di Gesù, spesso accompagnati dalle figure dei committenti o da blasoni di famiglie del luogo o del Comune di Vitorchiano.
Al registro inferiore un altare mostra un affresco del XVII secolo raffigurante San Silvestro papa tra San Tommaso di Villanova, mentre fa l’elemosina ad un povero, e San Giorgio che sta colpendo il drago.
In alto, sulle nubi, la Madonna tra San Marco e San Liberato.
Sulle paraste laterali, entro due ovali con cornice a volute, è rappresentato a sinistra San Vincenzo Martire, con il libro e la palma del martirio; sotto il medaglione è lo stemma bipartito della famiglia dei committenti, Fiore di Silvestro insieme al marito Cinzio, con un leone rampante e tre gigli.
A destra San Guglielmo di Aquitania, con indosso l’armatura militare.
Sotto la figura del Santo è un cartiglio con iscrizione latina: S. GVILLEMVS DVX/ AQVTANIAE ET/ COMES PICTAVIENSIS/ ORD.S S. AVGVSTINI.
Di seguito le scene sono disposte su due registri, separate da finte cornici marmoree.
In alto è rappresentata una Processione che esce da una Basilica, opera del XVI secolo, di ambito umbro, avvicinabile al Pinturicchio.
In basso è raffigurata la Leggenda del bambino che, con in mano una conchiglia, spiega a Sant’Agostino che cercare di capire la Trinità era come cercare di mettere dentro essa tutto l’oceano.
In basso, in un cartiglio, con un’iscrizione sacra in latino.
Sulla parasta laterale destra è invece affrescato San Sebastiano alla colonna, trafitto dalle frecce, opera del XVI secolo attribuibile a Giovanni Francesco d’Amelia.
Ancora su due registri sono affrescate le scene seguenti: in alto è una Processione con Santi e angeli, mentre in basso è rappresentato l’Assedio di Vitorchiano, anche queste attribuibili a Giovanni Francesco d’Amelia.
L’altare sulla parete sinistra del XVI secolo di ambito viterbese in prossimità del presbiterio, fu commissionato da Maria Guerra di Torre nel 1585, come attesta l’iscrizione posta entro le riquadrature rosse facenti parte alla base della decorazione a candelabro dei pilastri:
IO MARIA DOTAVIT/ GUERRA DE MDLXXXV/ TURRE MOT/ HOC OPU FI/ ERI FECIT SU/ IS SUPTIBUS/ ET HANC CAP/ ELLAM.
I pilastri semi addossati, sono ricoperti a gesso e decorati con candelabri in stucco, sorreggono un architrave con fregio a ovuli e girali sormontato da una lunetta, il cui arco è decorato con teste di cherubini in stucco bianco e giallo. Alla base sono due stemmi della famiglia committente, raffiguranti due spade incrociate.
Nella lunetta in alto è affrescata la Resurrezione di Cristo tra i soldati dormienti, contemporanea alla decorazione dell’altare.
In basso l’altare è affrescato con la Pietà, in cui oltre al Cristo morto e alla Madonna, sono raffigurati San Giovanni e Santa Maria Maddalena.
Sopra, in una teca con vetro al centro dell’altare è posta una Crocifissione, realizzata con l’utilizzo di vari materiali e tecniche.
Accanto è la statuetta della Madonna Addolorata, piangente, vestita di nero, che tiene un fazzoletto bianco nella mano.
Ai lati della Crocifissione, altre due teche contenenti degli Ex voto a forma di cuore, d’argento e di varie dimensioni.
Tornando indietro dalla porta, al registro mediano e superiore, all’altezza della cantoria, è la scena molto rovinata dell’Ultima Cena, realizzata da artisti viterbesi nel XVI secolo.
In alto, sulla fascia decorativa che sovrasta il ciclo, su cornici architettoniche, corrispondente al primo ordine decorativo sono due angeli che sorreggono un clipeo nel quale è il volto del profeta Malachia.
Accanto è, invece, l’Orazione di Cristo nell’orto del Getsemani, con sopra due angeli che sorreggono un clipeo nel quale è il volto del profeta Amos.
Nel terzo riquadro è affrescata la scena con Cristo davanti a Pilato, del XVI secolo, di ambito romano forse opera di Giovanni Francesco d’Amelia o di un ignoto artista di scuola romana.
In alto è il volto di un profeta irriconoscibile.
Accanto è affrescata la Flagellazione di Cristo, anch’essa di ambito romano.
Sulla fascia decorativa è il volto del profeta David.
Nel quinto riquadro Cristo che porta la croce, del XVI secolo, di ambito viterbese, attribuibile al maestro Giovanni Francesco d’Amelia, seguono, dello stesso autore, la Deposizione dalla Croce e la Discesa di Cristo Risorto al Limbo, opera attribuita al medesimo artista.
Sopra i soliti due angeli che sorreggono un clipeo per ogni scena, nei quali sono i volti di profeti non identificati.
L’ultima scena, in prossimità della zona presbiteriale, raffigura la Trasfigurazione di Cristo.
Il presbiterio della chiesa è sopraelevato con una balaustra in peperino che separa l’area sacra da quella destinata ai fedeli, e presenta, al centro, un’edicola d’altare in peperino dorato.
Sulla parete sinistra dell’arco trionfale, è la Madonna in trono col Bambino e San Rocco, opera attribuibile ai maestri Giovanni e Guido d’Arezzo.
Il gruppo è inserito entro una cornice architettonica costituita da un’arcata con calotta a conchiglia sulla quale sono seduti due angeli, molto rovinati, che tengono due lanterne.
Al centro, sulla conchiglia, entro un tondo, è un’iscrizione in latino: AVE/REGINA/CELOM.
Al centro del presbiterio è l’altare maggiore in stucco e muratura del XVI secolo del 1709, come indicato dall’iscrizione sotto lo stemma di Roma.
Quattro pilastri semi-addossati sorreggono una trabeazione sulla quale è posto un timpano spezzato, al centro del quale, è lo stemma di Roma sorretto da due putti dorati.
Ai lati, fra due pilastri in due ordini stanno una serie di sculture in legno raffiguranti a sinistra in alto Santa Barbara che stringe nel braccio sinistro una torre a tre ordini, in basso Sant’Egidio col cervo; a destra in alto Santa Caterina d’Alessandria che stringe con la mano destra un grande volume, con la sinistra una ruota ed un volto di una statua greca e San Francesco in basso.
Le sculture, cinquecentesche, erano anticamente dei reliquiari, ed ornavano molto probabilmente l’altare preesistente, contemporaneo della chiesa.
Al centro, incorniciata da un arco decorato da fogliame, con al centro un cherubino, è l’icona cinquecentesca di ambito viterbese raffigurante la Madonna di San Nicola con il Bambino.
L’affresco forse proviene da un’edicola.
Al di sotto, in stucco, è raffigurato lo stemma di Vitorchiano con la Porta Romana.
Al centro della mensa d’altare è il tabernacolo a forma di tempietto.
Nella calotta absidale è raffigurato il Giudizio Universale, affresco cinquecentesco di ambito viterbese.
Al centro, in alto sulle nubi è Cristo Giudice affiancato dalla Vergine e da Giovanni Evangelista.
In asse è un Gruppo di angeli che sorreggono i simboli della Passione di Cristo, accanto ai quali si schierano da una parte e dall’altra gruppi di santi e beati in Paradiso.
In basso, in asse con gli angeli reggi-simboli, sono gli Angeli con le trombe che annunciano il Giudizio finale, ai lati dei quali sono i Dannati rappresentati in un intreccio di corpi in movimento.
All’estrema destra è il Volto di Satana, rappresentato come un mascherone spaventoso che ingoia i peccatori.
Le caratteristiche compositive e stilistiche attestano l’appartenenza di questo affresco alla stessa mano che ha dipinto gli affreschi delle pareti absidali, molto vicina a tendenze toscane.
I tratti fisionomici delle figure qui rappresentate non hanno riscontro in nessun altro affresco appartenente alla chiesa.
Sulla parete sinistra del catino absidale è rappresentata la Nascita di Maria Vergine, di fianco Santa Barbara affreschi di artisti viterbesi del 1548, come è possibile leggere sull’iscrizione.
Sulla parete destra del catino absidale è rappresentata la Visitazione della Vergine.
Sulla parete destra dell’arco trionfale è affrescata la Madonna col Bambino in trono tra i santi Pietro e Paolo.
Il gruppo è inserito entro una cornice architettonica costituita da un’arcata con calotta a conchiglia sulla quale si arrampicano due leoni, che tengono due lanterne.
Al centro, sulla conchiglia, entro un tondo, è un’iscrizione in latino.
È molto probabile che l’opera sia stata eseguita dai maestri Giovanni e Guido d’Arezzo, insieme all’affresco, simmetrico, della Madonna con Bambino e San Rocco, nel 1521.
Anche lungo la parete destra la narrazione degli affreschi, realizzati tra il XVI e il XVIII secolo, si svolge su tre registri, con iconografia analoga alla parete opposta.
Sulla parete prossima al presbiterio, entro un altare, con arcata realizzata a trompe-l’oeil, è raffigurato il Battesimo di Cristo nel fiume Giordano, al quale assistono due angeli in preghiera ai lati.
In alto, tra le nubi, è Dio Padre Benedicente, col globo in una mano, circondato da angeli.
Leggermente più in basso, tra le nubi, discende la colomba dello Spirito Santo sul Cristo.
In basso, oltre la cornice, sono rappresentate due donne inginocchiate, probabilmente le committenti.
Sui pennacchi, in alto, da un lato è raffigurato, San Luca, che scrive il Vangelo su una tavoletta sorretta da un angelo.
La stessa scena è ripetuta anche nell’altro pennacchio nel quale però, l’Evangelista, è stato ricoperto dall’affresco adiacente, rimane visibile solo l’angelo.
Sul lato sinistro dell’arcata è raffigurato San Girolamo, probabilmente opera di Giovanni Francesco d’Amelia.
Di seguito, entro una riquadratura è raffigurato San Bonaventura vescovo tra Sant’Antonio col Bambino e San Martino a cavallo, che con la spada si taglia un lembo del mantello e lo offre ad un povero.
In alto, sulle nubi, è raffigurata l’Incoronazione della Vergine che tiene tra le braccia il Bambino.
Sulle paraste laterali della specchiatura entro due ovali, con cornice a volute, sono rappresentate da un lato la Beata Rita da Cascia e dall’altro la Beata Chiara da Montefalco.
Poi, entro un arco a tutto sesto realizzato a trompe l’oeil, è l’immagine della Vergine col Bambino, accanto alla quale sono due santi purtroppo irriconoscibili a causa della caduta di colore.
L’opera, ispirata ai modi di Antoniazzo Romano per il tramite del Pastura nel raffigurare il Bambino in piedi sulle ginocchia della Vergine, è ascrivibile agli inizi del XVI secolo.
In alto sono due tondi la cui decorazione è perduta, mentre la ghiera dell’arco è sormontata da uno stemma.
Sulla stessa parete, entro un altare con arco a tutto sesto realizzato a trompe l’oeil, è l’immagine della Madonna della Misericordia incoronata da due angeli, che col suo ampio manto blu protegge alcune donne lattanti. Caratteristica di questa raffigurazione è la presenza esclusiva di donne sotto il mantello della Vergine.
Dietro la Vergine sono raffigurati San Marco Evangelista e San Liberato vescovo.
Inginocchiata davanti alla scena è la committente “Domina Lattaria Burgi di Vitorchiano“, che diede dodici ducati de carlini al pittore Mastrugio di Agostino affinché entro l’agosto 1514 dipingesse questa Madonna insieme all’affresco con San Michele Arcangelo e S. Maria.
Nei pennacchi in alto, entro tondi, è raffigurata l’Annunciazione.
Di seguito, è un altare dipinto con arcata realizzata a trompe l’oeil, entro la quale è raffigurata una scena bipartita che presenta in alto l’Annunciazione, mentre in basso vede raffigurati San Luca con il bue e San Bernardino da Siena.
L’epigrafe sull’arco indica i nomi dei committenti, i fratelli Falcinelli di Celleno, che abitavano a Vitorchiano nel 1564.
In alto è visibile il blasone della famiglia.
Segue una nicchia strombata e affrescata a trompe l’oeil, ove è raffigurato San Michele Arcangelo che uccide il drago.
L’affresco, non proporzionato all’architettura in cui è inscritto, è ascrivibile tra la fine del XV secolo e gli inizi del successivo.
La prima scena adiacente all’ingresso, rappresenta San Domenico con la croce, circondato da monaci, mentre dall’alto giunge un angelo.
L’opera, danneggiata dall’istallazione sulla parete della cantoria, è datata 1684 e fu realizzata da Ciaccio Francesco, come è possibile leggere sull’iscrizione: SANCTES DE RUBEIS/ F.F./ MDCLXXXIIII/ Franciscus Ciacius Viter/ Pingebat.
Ripercorrendo il registro mediano, all’ottavo riquadro, in prossimità della zona presbiteriale è affrescata entro due finte paraste, la Natività di Gesù, attribuita a Giovanni Francesco d’Amelia ed eseguita nel XVI secolo. Si accentua, in questo dipinto, la vicinanza di Antonio del Massaro detto il Pastura.
Al settimo riquadro, sempre della stessa mano, è la Strage degli Innocenti.
Al quinto riquadro è affrescata con la scena della Disputa di Gesù con i Dottori nel tempio, del XVII secolo e di ambito romano.
In alto discende la colomba dello Spirito Santo, circondata di luce.
Sulla fascia decorativa che del primo ordine decorativo che sovrasta il ciclo, su cornici architettoniche, sono due angeli che sorreggono un clipeo nel quale è il volto del profeta Osia, il cui nome compare sul cartiglio al di sotto del clipeo stesso.
Al quarto riquadro un affresco seicentesco di ambito romano raffigura il Battesimo di Cristo, sulla fascia decorativa due angeli sorreggono un clipeo nel quale è il volto del profeta Esdra, il cui nome compare sul cartiglio al di sotto del clipeo stesso.
Al terzo riquadro sulla fascia decorativa Gesù tentato dal Diavolo, sulla fascia decorativa due angeli sorreggono un clipeo nel quale è il volto del profeta David, il cui nome compare sul cartiglio al di sotto del clipeo stesso
Nel secondo riquadro è la scena delle Nozze di Cana, del XVII secolo e di ambito romano, sulla fascia decorativa due angeli che sorreggono un clipeo nel quale è il volto del profeta Malachia, il cui nome compare sul cartiglio al di sotto del clipeo stesso.
Accanto è l’Entrata di Cristo in Gerusalemme a cavallo dell’asino, accolto dalla gente in festa, del XVII secolo e di ambito romano.
In alto, nel primo ordine decorativo sulla fascia decorativa che sovrasta il ciclo, su cornici architettoniche, sono due angeli che sorreggono un clipeo nel quale è il volto di un profeta.
In controfacciata è la cantoria in legno, del XX secolo, di ambito viterbese.
Presenta specchiature lisce, intagliate con decorazioni lignee al centro e sormontate da pannelli traforati.
La parte centrale, che poggia su una bussola in legno nella quale è l’ingresso alla chiesa, anch’essa divisa in specchiature, presenta l’emblema dei francescani, ovvero le braccia incrociate con la croce al centro.
In alto sono visibili l’oculo e le finestre laterali.
Sulla parete di controfacciata, lato destro, in una nicchia realizzata a trompe-l’oeil e coronata da un “crismos“, è raffigurato San Nicola di Bari vescovo, in trono, che compie il miracolo resuscitando tre fanciulli che erano stati cucinati in una tinozza, come vuole la leggenda, rappresentati nell’affresco accanto a lui.
L’affresco, del 1531, è probabilmente opera di Giovanni Francesco d’Amelia.
In basso è la seguente iscrizione:
QUESTA CAPPELA A FATO FAR MADONA CHERUBINA AT ONOR DE DIO ET DE S. NICOLA. A ETERNA MEMORIA DE SUO MARITO LIBERATO ET DE SUO FILIOLO PRETE DE DIO MDXXXI.
Accanto si intravede, invece la scena in cui, il medesimo Santo, trattiene la spada di un malfattore mentre tenta di colpire un anziano.
 

Fonti documentative

Informazioni fornite dalla brava guida Chiara Zirino

http://vitorchiano.artecitta.it/

https://reteimpresevitorchiano.it/

https://www7.tau.ac.il/omeka/italjuda/items/show/398

http://chieseitaliane.chiesacattolica.it/chieseitaliane/schedacc.jsp?sinteticabool=true&sintetica=true&sercd=22629#

http://www.madonnadisannicola.it/

http://iviaggidiraffaella.blogspot.com/2018/03/vitorchiano-un-borgo-di-peperino.html

https://books.google.it/books?id=-0ZkBgAAQBAJ&printsec=frontcover&hl=it&source=gbs_ge_summary_r&cad=0#v=onepage&q&f=false

 

Nota

La galleria fotografica ed il testo sono stati realizzati da Silvio Sorcini.
 

Mappa

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