Chiesa di San Biagio – Macerino


San Biagio occupò la sedia episcopale di Sebaste in Armenia e morì decapitato nel 316 d.C. durante la sanguinosa ripercussione dell’imperatore Licinio dopo essere stato torturato con pettini di ferro utilizzati dai cardatori. Il culto ebbe inizio VIII secolo e il suo nome di origine latina significa balbuziente. Si tramanda che salvò dal soffocamento un bambino che aveva ingoiato odiato una lisca di pesce. Come figura devozionale viene ritratto in abiti vescovili e ha come attributo iconografico la palma, lo strumento del suo martirio, o le candele che furono portate durante la prigionia dalla madre del bambino che aveva salvato. Invocato contro le malattie della gola, gli uragani e, in alcuni casi, a protezione dei raccolti. In alcune tradizioni italiane, in occasione della sua festa, per sanare dal mal di gola l’officiante, si usava accostare delle candele benedette incrociate nella parte dolente e segnare con l’olio benedetto. La chiesa di Macerino dedicata a San Biagio, si trova all’interno del Castello ed è appoggiata sull’antico maschio della cinta muraria.
Viene citata dalle fonti ancora prima dell’anno 1000 risultando soggetta alla chiesa di San Giovanni Battista di Sangemini. Nel 1093 divenne pievania ed ebbe il fonte battesimale quasi contemporaneamente alla basilica di Santa Cecilia in Acquasparta. Nel 1217 era già soggetta alla pieve di Santa Maria in Rupis.
Nella chiesa erano conservati il SS Sacramento, il fonte battesimale, i confessionali ed il pulpito, in cui erano tenute le prediche al tempo della quaresima, con onorario per i predicatori di 10 scudi erogati dalla comunità.
Il tempio custodiva 5 altari sotto i titoli di: San Biagio (retto dalla Confraternita del SS. Sacramento), Beata Vergine dei sette dolori, Beata Vergine del Rosario (retto dalla Confraternita del Santo Rosario), Santa Lucia e Sant’Antonio abate.
Oggi la chiesa, a livello architettonico, si presenta con la facciata a coronamento piano e due portali architravati. Sopra ed essi si aprono altrettanto oculi, uno circolare e l’altro ellittico. Il terzo portale immette nel campanile a pianta quadrata, al cui vertice si aprono quattro fornici ed accoglie tre campane. L’interno della chiesa è a due navate, tipologia architettonica assai rara in Umbria. Le navate sono divise da due colonne e due semicolonne che sostengono tre arcate a tutto sesto.
Il pavimento attuale è in cotto ma un brano della pavimentazione originaria in pietra locale (scaglia rossa) costituisce i due gradini della tribuna. Il tetto della navata centrale è a cavalletti, mentre quello della navata laterale ad uno spiovente sorretto da travi. Alla sinistra dell’ingresso principale troviamo un’imponente fonte battesimale della seconda metà del XVI secolo, su base quadrata, fusto lobato, conca semisferica e cupola a minareto. Alla destra una bella acquasantiera con fusto lombato; alla sinistra dell’ingresso della navata laterale un’altra acquasantiera incassata nel muro.
Nella controfacciata, a sinistra dell’ingresso principale all’interno di una teca troviamo una preziosa veste che apparteneva in origine alla Madonna dei sette dolori a cui era dedicato uno dei cinque altari antichi.
Nella navata sinistra vi sono un affresco e una tela da ricondurre al XVII secolo, che ornavano rispettivamente l’altare di santa Lucia e di Sant’Antonio abate. Il primo dipinto ritrae la Santa Siracusana tra San Francesco d’Assisi e Santa Maria Maddalena, in alto due angeli in adorazione dello Spirito Santo sotto forma di Colomba. Il secondo riproduce Sant’Antonio abate fra San Carlo Borromeo e San Luigi IX dei francesi. In alto in gloria San Giuseppe con il giglio.
Nel catino dell’abside trova posto la narrazione iconografica del martirio di San Biagio, databile ipoteticamente XVII secolo. L’affresco versa in cattive condizioni.
Alla destra del tamburo dell’abside, un tabernacolo a muro del XV secolo proveniente da un ambiente adiacente alla chiesa, che risulta montato in modo errato.
 

Bibliografia

Filippo Filipponi: “Indagine su una terra di confine”
 

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