Chiesa di San Felice – Massa Martana (PG)

All’interno della chiesa il terremoto ha fatto riemergege un’altra chiesa ben più antica posizionata dentro un torrione ottagonale di cui si era persa memoria.

 

Cenni Storici

Dedicata al patrono della cittadina, vescovo e martire dell’antica Civitas Martana è il frutto di molteplici rifacimenti e restauri compiuti nel corso dei secoli, anche a seguito degli ingenti danni causati da un bombardamento aereo avvenuto nel corso della seconda guerra mondiale e dal sisma del 1997.
Una primitiva Chiesa di San Felice esisteva probabilmente fin dal periodo longobardo.
L’attuale facciata della chiesa, che si apre sulla parete laterale dell’edificio, invece che su quella di fondo, evidenzia come la chiesa primitiva, di dimensioni modeste, fosse ruotata di asse rispetto all’attuale; la chiesa poi conobbe nella seconda metà del Cinquecento e nei primi anni del Seicento, profonde trasformazioni e ampliamenti.
Il 15 aprile 1560 il Consiglio Comunale di Massa, preso atto dell’aumento di popolazione deliberava l’ampliamento della vecchia chiesa.
Dopo 15 anni Pietro Camaiani, vescovo di Fiesole, nella sua visita apostolica la descrive come ancora largamente incompleta “satis incompositam ac deformen“; la situazione permane fino al 15 febbraio 1598 quando il Consiglio stanzia un’ulteriore somma di 300 scudi per il completamento dei lavori.
Nel 1607 il vescovo di Todi, Marcello Lante trova lavori ben eseguiti ma non ancora completati, lo saranno nel 1610.
Al termine dell’intervento l’unica cosa che rimane della chiesa precedente è l’attuale parete di fondo, in origine parete laterale dell’antica chiesa.
 

Aspetto esterno

La facciata, rivestita di blocchi di pietra squadrata, è ripartita in quattro grandi riquadri conclusi in alto da un cornicione e da una finta balaustra, da dove si eleva il campanile barocco, eretto nel 1637; nella cella campanaria è una campana fusa nel 1605 da Giovanni Andrea Brunetti di S. Severino, che reca la scritta: MENTEM SANCTAM SPONTANEAM HONOREM DEO ET PATRIAE LIBERATIONEM.
Il Portale ha linee pure ed eleganti.
 

Interno

L’interno è ampio e con una sola navata coperta da una grande volta a botte, sviluppata su cinque campate, sorretta da sottarchi poggianti su paraste tuscaniche; il presbiterio, rialzato di tre gradini ed introdotto da un arco trionfale, si conclude in un’abside quadrata.
La serie di arcate che scandiscono le pareti e i robusti pilastri che le sostengono conferiscono animazione alla solida architettonica della chiesa.
Nella parete di fondo, a sinistra dell’entrata, entro due grandi nicchie, sono conservati affreschi, già sulla parete sinistra dell’antica chiesa: il primo rappresenta una Crocifissione, del XVI secolo, il secondo una Madonna in trono con il Bambino tra San Rocco e Sant’Ambrogio, di scuola umbra del XV secolo, con qualche rimando alla scuola dello Spagna.
Nella prima nicchia di sinistra, ove una volta era l’abside della vecchia chiesa, sopra un altare e incorniciata da un’elaborata decorazione è posta una bella statua lignea di San Felice, risalente al XV secolo.
Nella nicchia successiva si trovano un confessionale e una tela di modesto interesse, avanti ancora, nella successiva nicchia v’è una pregevole statua cinquecentesca di San Giovanni Battista, poi, dopo una cappella, a sinistra del presbiterio v’è il Battistero.
L’altare maggiore, di scenografico gusto barocco, è arricchito da imponenti sculture lignee e della tela del pittore Giacinto Boccanera da Leonessa, datata 1723, raffigurante la Madonna reggente l’ostensorio tra il Beato Ruggero, San Felice, Santa Rita e San Pio V.
A destra dell’altare si trova un organo realizzato nel 2004 e nella successiva cappella un bel Crocifisso ligneo seicentesco.
Nella chiesa è conservata la Santa Spina che si dice tolta dalla corona di Cristo, reliquia donata dal cardinale di Sans, proveniente dalla Cappella reale di Parigi.
 
 
 

Chiesa di Santa Maria

Come già detto, prima del presbiterio, lungo la parete sinistra, si trova una cappella, dalla cui parete destra è possibile accedere alla sagrestia, superata la quale si entra in un ambiente ove è conservata una bella statua lignea di Sant’Antonio abate e un crocefisso d’argento e madreperla finemente lavorato, ancora avanti è possibile ammirare quel che resta dell’antica Chiesa di Santa Maria.
La chiesa è menzionata per la prima volta nel 1399 dal “liber antiquus censuarius” come ente di iuspatronato locale.
Occupava per intero l’interno del torrione ottagonale delle mura castellane ed era completamente separata dalla chiesa di San Felice.
Nel corso dei lavori di ampliamento della parrocchiale, iniziati nel 1560, il torrione angolare fu parzialmente inglobato nell’area presbiteriale della Chiesa di San Felice.
Quel che restava della chiesa di Santa Maria fu poi utilizzata come luogo devozionale, e quindi adibita ad Oratorio del Santissimo Sacramento, in uso già dal 1606, infine come sagrestia della chiesa.
Prima del terremoto del 1997 si era persa la memoria di quest’ambiente, un controsoffitto e dei tramezzi impedivano la visione degli affreschi, riportati alla luce con i lavori di ricostruzione susseguenti al sisma.
Inizialmente la chiesa aveva accesso autonomo e aveva otto lati, probabilmente interamente ricoperti di affreschi, oggi ne rimangono solo due per intero e un terzo parziale, si accede dalla sagrestia o da una porta sul lato sinistro del presbiterio.
All’interno le pareti sono interamente decorate con una deliziosa fascia a motivo floreale e con interessanti affreschi del XV e del XVI secolo.
Nella prima parete, intorno alla prima metà del XVI secolo è stato allocato un altare di notevole pregio, decorato, nello spazio sopra al tabernacolo con l’immagine della Madonna del Carmelo, datata 1542.
La scena è circondata da una decorazione molto scenografica di paraste con eleganti candelabre, angeli e le figure dei confratelli, vestiti dell’abito rosso con cappuccio.
Ad arricchire il tutto, decorazioni all’antica con elementi floreali ed ovuli.
Il messaggio teologico è in sintonia con i dettami della Controriforma.
Non si conosce l’autore, ma data la vicinanza con l’ambiente culturale tuderte e per le affinità stilistiche con altre opere dell’artista lasciate nella zona, si può pensare a Pietro Paolo Sensini, collaboratore del ben più noto Ferraù Faenzoni.
Sopra l’altare è affrescata l’immagine di una Madonna in trono con bambino, tra San Sebastiano e San Bernardino da Siena, da attribuirsi alla serie del 1470.
Nella seconda parete, da sinistra, al registro inferiore, sopra una statua lignea di San Sebastiano e semi occultata dall’altare, si trova una deliziosa Madonna col Bambino, poi entro una nicchia e racchiusa in un tempietto si ammira una statuetta dorata raffigurante sempre la Madonna col Bambino.
Dopo una finestra di apertura più tarda che interrompe la decorazione floreale è parzialmente conservato un Santo presbitero, probabilmente Santo Stefano, e un’altra deliziosa Madonna col Bambino, al registro superiore è affrescata e un’Annunciazione, datata 1470, con sotto la scritta, parzialmente interrotta dall’apertura postuma di una finestra: HOC HOPUS FECIT FF FATER ANTONIUS CAOLI DE MNTE FALCO …. (FI)LIPPUS NICCOLAI PE022 DEVOTOAE AD MCCCC70.
Della terza parete superstite rimane solo la decorazione floreale e una testa di San Giovanni Battista.
 

Fonti documentative

NESSI- CECCARONI, Da Spoleto a Massa Martana, Spoleto, 1978.
CARLO RIDOLFI Massa Martana Dalle origini al terzo millennio Editrice la Rocca 2009
PIETRO CARUSO, Massa Martana. Il suo territorio, la sua gente, ieri ed oggi, 2000;

http://www.chieseitaliane.chiesacattolica.it/chieseitaliane/schedacc.jsp?sinteticabool=true&sintetica=true&sercd=87251#

 

Nota di ringraziamento

Si ringrazia la Diocesi di Orvieto-Todi per la disponibilità e per aver concesso le autorizzazione alla pubblicazione.
 

Nota

La galleria fotografica ed il testo sono stati realizzati da Silvio Sorcini.
 

Mappa

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