Tempio di San Michele Arcangelo – Perugia (PG)

Tra le più antiche chiese di Perugia, il Tempio di San Michele Arcangelo, o Chiesa di Sant’Angelo, denominata anche “il tempietto“, dalla caratteristica forma circolare, sorge nell’omonimo Borgo, sull’altura a ridosso del Cassero e della strada che porta al convento francescano di Monteripido nella zona nord della città.

 

Cenni Storici

Non è stata rintracciata documentazioni atta a fornire informazioni circa il periodo di fondazione del tempio, pertanto le uniche informazioni possono essere tratte solo dall’esame diretto del manufatto.
La ipotesi degli studiosi sono però discordi.
Appare da rifiutare, sulla base delle caratteristiche architettoniche e costruttive l’ipotesi di un’origine paleocristiana dell’edificio, pur sostenuta da Guglielmo De Angelis D’Ossat (1965) e Richard Krautheimer (1986).
Donatella Scortecci (1991) lo ascrive al VII secolo come frutto di una fase culturale bizantina.
Paolo Castellani (1997) lo data allo stesso periodo ma lo assegna all’opera dei Longobardi, ipotesi che potrebbe essere supportata dalla dedica a San Michele Arcangelo, santo particolarmente venerato da tale popolazione come evidente trasposizione del culto del Dio Guerriero Odino.
È bene precisare che il santo era oggetto di particolare venerazione anche da parte dei bizantini, da cui era ritenuto protettore dell’esercito in battaglia, pure venerato anche per il suo ruolo di psicagogo, cioè accompagnatore delle anime e di psicopompo, vale a dire pesatore delle stesse.
Più recentemente Stefano Borghini (2008, 2013) e Mario Pagano (2011), hanno ipotizzato una datazione alla metà del VI secolo, nella fase relativa alla riconquista bizantina da parte di Giustiniano.
La teoria è supportata dalla presenza di malta idraulica sul tipo del cocciopesto per la costruzione del tamburo, probabilmente la parte del tempio ad aver subito minori rimaneggiamenti nel corso dei secoli.
L’ipotesi più probabile è che sia databile a cavallo del VI e del VII secolo, con reimpiego di materiali preesistenti.
Intorno all’anno 900 fu notevolmente rimaneggiato, dal 1036 appartiene al Capitolo della Cattedrale.
Nel 1487 fu deteriorato dalla famiglia Baglioni che ne fece un arroccamento militare.
A seguito di ciò il cardinale Tiberio Crispo vi fece fare infelici restauri e appose il suo stemma sopra il portale d’ingresso, che fu poi tolto dai francesi.
Nel 1700 furono portati l’affresco della cosiddetta “Madonna del Verde“, proveniente dalla cattedrale, alcune colonne e diverse reliquie.
Nel 1948 fu sottoposto a ulteriori restauri rimettendo in luce gli antichi affreschi e riaprendo le dodici finestre del tamburo centrale, rifacendo anche le coperture e i pavimenti.
In epoca medievale è passato agli agostiniani che tutt’oggi ne esercitano giurisdizione.
Secondo la tradizione erudita alla fine del Settecento, a seguito di scavi nella zona, vennero alla luce diverse urne cinerarie di epoca etrusca e pietre con incisioni tanto da ipotizzare un uso della zona, in antico, come necropoli, sempre secondo la tradizione erudita la chiesa sarebbe sorta sopra un tempio romano che a sua volta sorgeva sopra un preesistente edificio sacro etrusco, tutte queste notizie non sono al momento supportate da evidenze archeologiche, cosi come la supposta presenza di un Mitreo.
Uno scavo effettuato nel 1920 ha rinvenuto unicamente la nuda roccia sotto la chiesa.
 

Aspetto esterno

L’edificio, di forma circolare, si trova all’interno di un cortile pentagonale
L’ingresso attuale, con il portale trecentesco, era il passaggio interno a una delle cappelle andate perdute.
Al di sopra v’è una cupola anch’essa di forma circolare.
Sul muro perimetrale si aprono quattro triforia di accesso e altrettanti vani periferici disposti rispettando i punti cardinali; tre di questi hanno forma rettangolare, quello orientale ha andamento circolare all’interno e poligonale all’esterno.
Il lato est si distingue per la mancanza di comunicazioni verso l’esterno, al contrario degli altri vani, caratterizzati ciascuno da due accessi, che si devono sommare ad altre cinque probabili porte site lungo il perimetro dell’edificio.
Immediatamente a sinistra del corpo meridionale doveva aprirsi una porta di dimensioni doppie rispetto alle altre, cioè il portale d’accesso principale, che si andava ad inserire trasversalmente rispetto agli altri corpi periferici.
La struttura che ne scaturisce è quella di un edificio complesso formato dall’intersezione di una pianta centrale e una a croce greca.
Nel prato si trova una colonna proveniente dal Sopramuro (odierna Piazza Matteotti)
 

Interno

All’interno l’edificio si caratterizza per un bellissimo colonnato anulare, formato da otto coppie di colonne di spoglio di età romana. Le sedici colonne dividono l’interno in due spazi concentrici: un vano interno, la zona del presbiterio al cui centro è l’altare, costituito da un piano ricavato da una lapide abrasa di epoca romana, sorretta da un tronco di colonna, e un deambulatorio esterno.
Le otto colonne di colore grigio (sei in granito e due in marmo proconnesio) sono disposte rispettivamente a nord, sud, est e ovest, mentre le restanti otto colonne, abbinate a due a due per materiale e dimensioni in marmi policromi, greco, nero venato e cipollino, sono pure perfettamente orientate secondo i punti cardinali a nordest, a sudest, a nordovest e a sudovest.
Colonne basi e capitelli sono databili tra la fine del primo secolo a.C. e il IV secolo d.C., provengono da almeno quattro edifici distinti.
Sono di altezza variabile e adattate con l’aggiunta di blocchi alle basi e di pulvini di differente altezza.
Un’antica tradizione, probabilmente non priva di fondamento, sostiene che alcune delle colonne della chiesa provengano dal Tempio della Fortuna di Arna.
In corrispondenza di due sole coppie di colonne, quella disposta a nord e quella orientata a sud del peristilio, si notano dei trigrammi a lettere greche, ovvero delle sigle a tre lettere, incise nel marmo bianco sulle gole degli abachi dei capitelli.Secondo alcune ipotesi queste colonne provengono dalla Villa Adrianea di Tivoli.
Il significato delle misteriose iscrizioni non è ancora stato chiarito, forse sonoscritte cristiane dal contenuto escatologico di salvezza, databili probabilmente al VII secolo.
I capitelli sono quasi tutti di tipologia e forma diversa, alcuni corinzi, altri compositi.
Notevole è un capitello figurato, il primo da sinistra detto di Scilla, vi è raffigurata al centro una sirena che ha il corpo circondato da foglie da cui nascono due spirali squamate che terminano a coda di serpente e le cui spire si avvolgono fino alle sue stesse braccia.
Sui fianchi del capitello reggono l’abaco due figure maschili con la clamide annodata al corpo, tra le foglie d’acanto spuntano tre cani, che circondano il corpo della figura femminile.
La scena raffigura probabilmente il mito di Scilla, il mostro marino anguipede che ha ucciso i compagni di Ulisse.
All’interno erano in origine quattro cappelle, di cui ne rimangono soltanto due che conferiscono all’edificio la forma a croce greca.
Il soffitto è a travi, nel trecento a sostegno della struttura lignea sono stati aggiunti otto archi rampanti in laterizio che poggiano su eleganti peducci lapidei e si raccordano alla sommità con un pregevole concio di chiave ottagonale, oggi purtroppo parzialmente nascosto da un’inopportuna sistemazione dell’illuminazione.
Il piccolo ciborio proveniente dalla chiesa di San Giovanni Battista dei Cavalieri di Rodi portato qui dai francescani, visibile nelle antiche cartoline, è stato rimosso nel 1949, sostituiva un precedente demolito nel 1747.
Il pavimento è ornato e cosparso di numerose pietre tombali, che presentano gli stemmi di falegnami, fabbri, muratori, vasari e numerose corporazioni artigiane.
Dodici finestrelle danno luce all’ambiente.
Entrando a sinistra nell’ambulacro si scorgono alcune interessanti lastre tombali, poi su un pilastro è affrescata una Madonna col Bambino, con il volto coperto da una successiva decorazione.
Di seguito, sulla parete, si trova un affresco staccato raffigurante un Santo Vescovo benedicente.
Ancora a seguire v’è un altro affresco raffigurante la Madonna delle Grazie, di buona mano peruginesca, mostra al collo una Croce Patente.
La successiva cappella ospita una statua di San Michele arcangelo della metà del secolo scorso.
In una nicchia ricavata nella muratura della chiesa fa mostra un affresco staccato di Sant’Antonio abate di ingenua fattura.
La cappella seguente con decorazione settecentesca, contiene un affresco staccato raffigurante l’Angelo della pace, alcune statue lignee dalla piacevole fattura.
Sull’altare una graziosa statua lignea raffigura la Madonna col Bambino.
L’elegante cappella trecentesca che segue mostra una copertura voltata a crociera con costoloni impostati su peducci.
Sulla parete di fondo, al registro superiore è affrescata una Madonna in trono col Bambino, a fianco San Giacomo maggiore, in basso i santi Domenico, Giacomo minore, Lorenzo e una figura non riconoscibile.
Vi è stata letta l’iscrizione FECIT FIERIS ANTONIUS ERCOLANI ANNO DOMINI M.IIII.XXI, ora non più visibile.
Di seguito un affresco trecentesco raffigura Sant’Agata, San Lorenzo e la Veronica col volto di Cristo, come da tradizione.
Chiude il cerchio un’immagine di Sant’Apollonia.
 

Nota

Testo di Silvio Sorcini, Foto Alberto Monti e Silvio Sorcini.
 

Nota di ringraziamento

Si ringrazia Maria Romana Picuti per le informazioni cortesemente fornite
 

Fonti documentative

A. Bazzoli, VERA DEUM FACIES. A proposito delle iscrizioni del Tempio di Sant’Angelo in Perugia, in “Bollettino della Deputazione di storia patria per l’Umbria”, CIX (2012), fasc. I -II, pp. 463-500.
S. Borghini – Uso e caratteristiche del reimpiego nella chiesa di Sant’Angelo a Perugia: gli spolia come criterio ordinatore dello spazio architettonico – in Il reimpiego in architettura. Recupero, trasformazione, uso, a cura di J. F. Bernard, P. Bernardi e D. Esposito, Roma, Ecole Française de Rome, 2009 (Collection de l’Ecole Française de Rome, 418), p. 296.
G. De Angelis d’Ossat – Classicismo e problematica nelle architetture paleocristiane dell’Umbria (1965) – In: Ricerche sull’Umbria tardoantica e preromanica, “Atti del II Convegno di studi umbri, Gubbio 1964″, Perugia 1965, pp. 277-297
A. Frittelli – L. Santucci – L. Tarpani – La chiesa di San Michele Arcangelo a Perugia – Perugia, 2022
B. Orsini – Dissertazione sull’antico Tempio di Sant’Angelo -Perugia, 1792
A. R. Sartore – Giovan Battista Caporali, un artista erudito interprete di Vitruvio. Contesti architettonici tra Perugia e Cortona nella prima metà del Cinquecento – Tesi di Laurea anno 2021, Università degli studi di Udine, supervisore prof. D. Battilotti
D. Scortecci – Riflessioni sulla cronologia del tempio perugino di San Michele Arcangelo – in RACrist, LXVII, 1991, p. 405 e seguenti.
S. Sisani – Umbria, Marche - Guide archeologiche Laterza, 2006

http://www.chieseitaliane.chiesacattolica.it/chieseitaliane/AccessoEsterno.do?mode=ParrocchieMAP&idSessioneEsterna=112233445566778899&sercd=32523

 

Mappa

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