Chiesa di Sant’Agata – Spelonga di Arquata del Tronto (AP)

Nella chiesa si conserva, racchiusa in una teca di vetro incorniciata, una bandiera da combattimento con stemma musulmano che fu strappata dagli Spelongani a una nave della flotta turca, nella battaglia di Lepanto del 1571; il trofeo di guerra è il vanto delle genti di questa terra che parteciparono alla battaglia per respingere le truppe mussulmane dal mediterraneo.

 

Cenni Storici

La chiesa parrocchiale, intitolata a Sant’Agata vergine e martire, patrona di Spelonga, si affaccia con il suo prospetto principale sulla piazza del paese.
La struttura originaria dell’edificio religioso risale alla seconda metà del 1400, nei secoli XVI e XVII di vari interventi confermati da alcune iscrizioni.
Dopo la demolizione della chiesa di Santa Maria a Collepiccioni, avvenuta nell’anno 1933, la chiesa conserva al suo interno molti beni artistici trasferiti dal diruto edificio.
 

Aspetto esterno

Presenta una facciata molto sobria con un portale in pietra arenaria locale, di stile rinascimentale, sormontato da un frontone interrotto.
Al di sopra del varco d’ingresso vi è una finestra, contornata e decorata da elementi lapidei e una lunetta superiore.
Sul lato destro si apre una porta secondaria.
 

Interno

L’interno è a navata unica rettangolare, coperta da un soffitto a capriate del XV secolo; vi sono tre altari.
A sinistra dell’ingresso, in adiacenza alla controfacciata fonte battesimale con cornice lignea.
Sulla parete sinistra si trova, parzialmente coperto da un confessionale e inquadrato all’interno di una semplice cornice lignea, un frammento di affresco staccato proveniente dalla chiesa di Santa Maria a Collepiccioni, raffigurante il Cristo in Trono: è un dipinti di un pittore locale, ispirato sia alla scuola umbra e sia allo stile di Nicola Filotesio, più noto come Cola dell’Amatrice.
Al di sopra si ammira un affresco frammentario, anch’esso staccato e probabilmente dello stesso autore, raffigurante Angeli musicanti.
Segue, anch’esso parzialmente coperto dal confessionale e avente la stessa provenienza, ma di altra mano, un frammento di affresco raffigurante la Madonna annunziata.
Al di sopra, un piccolo frammento di affresco mostra le immagini di Sant’Antonio di Padova e di San Bernardino da Siena, a fianco rimane la gamba di una figura di molto più grandi dimensioni.
Segue un’altra raffigurazione di San Bernardino da Siena, opera attribuita a Bernardino Campilio da Spoleto, vi si legge l’iscrizione: “Iacubus martorelli . f(ecit) . f(ieri) hoc opu(s) . 1482“; è sempre un affresco staccato dalla chiesa di Santa Maria.
Il santo è raffigurato in piedi, lievemente rivolto verso sinistra, con tunica grigia, su fondo damascato a stampo.
A fianco rimane una delle poche opere originarie della chiesa, un affresco raffigurante un Santo francescano, forse Sant’Antonio di Padova.
Una successiva lapide segnala la tomba di Margarita Buciarelli.
A seguire, sempre staccati dalla chiesa di Santa Maria a Collepiccioni due affreschi raffigurano San Leonardo e Sant’Agata; sono datati 1483 e attribuiti a Bernardino Campilio da Spoleto.
I due santi sono raffigurati in piedi, lievemente rivolti verso destra; il Santo sorregge un libro, la Santa con le braccia legate dietro le spalle mostra i seni feriti.
Della stessa mano e della stessa provenienza è il successivo affresco raffigurante tre sante, le prime racchiuse in una falsa architettura, vi si riconosce Santa Lucia; la terza santa è in un riquadro a sé stante, molto danneggiata, non se ne è riconosciuta l’identità.
Dopo la porta laterale si trova l’altare dedicato alla Madonna del Rosario, in legno policromo, del 1643, commissionato dalla Confraternita del Santissimo Rosario e realizzato da Giacomo De Presbiteris di Accumoli.
Nella parte centrale vi è collocata la statua della Madonna col Bambino di Bernardino Provenzano, datata 1638, contornata da riquadri dipinti che illustrano i misteri del Rosario.
Sulla cimasa la tavola con la l’effigie di San Gabriele, dipinta da Dino Ferrari nel 1940.
L’altare maggiore proviene dalla chiesa di Santa Maria in Collepiccioni, ed è un pregevole apparato in legno di noce intagliato, risalente al 1631.
Due dipinti del seicento, raffiguranti San Pietro e San Paolo, inquadrano una Madonna col Bambino in terracotta policroma del XVI secolo, opera di Sebastiano Aquilano, esemplare significativo di un’espressione artistica sicuramente di derivazione abruzzese, diffusa nei centri della montagna ascolana; in basso reca l’iscrizione:
QUESTA INMAGENE DE ELLA GLORIOSA VERGINE MARIA A FATTA SEBASTIANO AQLANO“.
Il Bambino ha la gambina accavallata e il capo sollevato grazie al solido appoggio del braccio; si trovava in origine nella distrutta chiesa di Santa Maria di Collepiccioni, sulla cimasa c’è il monogramma mariano.
A destra dell’altare, racchiusa in una teca di vetro incorniciata, è conservata una bandiera da combattimento con stemma musulmano che fu strappata dagli Spelongani a una nave della flotta turca, nella battaglia di Lepanto del 1571; il trofeo di guerra, vanto delle genti di questa terra, è conservato in questa teca.
Sempre a destra dell’altare, una lapide ricorda la memoria di Francesco Fabbriziani.
Sulla parete destra si trova un terzo altare dedicato a Sant’Antonio, opera di gusto rinascimentale, adornato da una tela che ritrae il Santo di Padova.
Sulla cimasa è stata posta un’immagine di Santa Rita da Cascia, eseguita da Dino Ferrari nel 1940 e commissionata da Giacinto Nanni, così come si legge nell’iscrizione:
HYACINTUS NANNI HANC PICTURAM FECIT FIERI A.D. 1940“.
Riprende poi la serie di affreschi staccati dalla chiesa di Santa Maria e qui conservati entro semplici cornici lignee, si inizia da una Allegoria della purificazione e della salvezza dei defunti: una grande croce è raffigurata al centro di una aperta campagna.
Dalle braccia della croce pende un sudario, ai suoi lati San Sebastiano e Sant’Agata in ginocchio; ancora più in basso, su un verde prato, è raffigurato al centro un sarcofago, donde sorge una figurina ignuda sostenuta da un’altra simile.
A sinistra le medesime due figure sono rappresentate nell’atteggiamento di asciugarsi con un lenzuolo.
Sotto il trono in cui è assiso Cristo si legge la data 1544.
Nel dipinto si riconosce la mano del già incontrato artista popolare che fonde ricordi narrativi umbri con influssi derivati dalla maniera di Cola di Amatrice.
Segue, sopra una nicchia, un Cristo in Pietà, forse opera di Bernardino Campilio da Spoleto.
L’affresco successivo raffigura Sant’Agata torturata dai suoi aguzzini, poi, probabilmente della stessa mano e il successivo Sant’Antonio abate, mancante della parte destra, sul lato inferiore, in una banda di colore rosaceo, una scritta incompleta recita:
+ Hoc opus fecit fieri Batista Nardi Picchini [—]”.
Il committente: “Baptista Nardi Pichini de Spelunca” era vivente negli anni 1488 e 1496 come riportato da atti e documenti.
Segue un monumento funebre, col busto del defunto sorretto da due angeli.
A fianco due affreschi nello stesso riquadro raffigurano la Madonna col Bambino e un Santo con ostia.
La Madonna, ammantata, è seduta in trono, con il Bambino benedicente, vestito di bianca tunica e adorno di coralli.
A destra sta in piedi, di prospetto, la figura di un Santo barbato, nell’atto di somministrare l’Eucarestia; opera del solito artista locale del XVI secolo, operante sotto l’influsso di Cola dell’Amatrice.
Poi in basso è murato un altro monumento funebre con stemma.
Chiudono la parete tre quadretti contenenti frammenti di affreschi di difficile lettura; nel primo sono raffigurati due Santi, uno è privo della testa, l’altro sorregge un’ostia, nel secondo è affrescata una figura con le mani congiunte, anch’essa acefala, l’ultimo quadretto mostra un Santo barbuto benedicente.
Sempre compresa tra i dipinti staccati della demolita Santa Maria di Collepiccione, non è stata rinvenuta in situ una Madonna Lauretana, raffigurata con la iconografia più antica, dove gli Angeli reggono il baldacchino che racchiude la Madonna col Bambino, senza alcun riferimento alla Santa Casa.
All’interno dell’edicola votiva sorretta da angeli si legge l’epigrafe:
S(ancta) Maria de Laureto“.
Sul lato inferiore della pittura è menzionato il nome dell’esecutore del dipinto:
“[Bernardinu]s Campilius de Spoleto pinxit hoc opu(s) 1482“.
La Madonna è raffigurata ritta in piedi, in posizione frontale, con veste decorata a disegni geometrici di color rossiccio, il Bambino benedicente tra le braccia, mentre ai lati due angeli in vesti bianche, sorreggono le colonnine di un tabernacolo ad arco trilobo con pinnacoli, sul fondo del quale è distesa una stoffa damascata.
Non sono altresì state rinvenute in situ le immagini dei Quattro Evangelisti che erano presenti nelle lunette della chiesa di Santa Maria di Collepiccioni.
 

Nota fotografica

Le immagini delle opere d’arte non rinvenute sono tratte da:
https://www.habitualtourist.com/sant’agata(arquata_del_tronto)
 

Nota

La galleria fotografica ed il testo sono stati realizzati da Silvio Sorcini.
 

Fonti documentative

https://www.habitualtourist.com/sant’agata(arquata_del_tronto)
https://it.wikipedia.org/wiki/Spelonga
https://www.spelonga.it/arte/
 

Da vedere nella zona

Eremo della Madonna dei Santi
Chiesa Madonna della Neve
Oratorio della Madonna del Sole
Rocca e borgo di Arquata del Tronto
Borgo di Trisungo
Chiesa di San Francesco
Chiesa di San Silvestro
Abitazioni di pastori
Fornace delle Pretare
Sentiero di Forca di Presta
 

Mappa

Link alle coordinate: 42.757848667777836, 13.299586506170614