Pieve di Santa Maria Assunta – Fematre di Visso

La chiesa è visitabile sia la domenica per la messa oppure chiedere in paese della signora Maria. Per chi ha voglia di farsi una camminata ci sono ottimi percorsi sul monte Fema tutti segnalati.

 

Cenni storici

La Pieve dedicata a S. Maria Assunta è situata nella frazione di Fematre, è una delle dodici frazioni del Comune di Visso, ed è posta a 928 mt di altitudine, adagiata su un ameno pianoro tra il monte Fema e il monte Civitella, in un paesaggio agreste caratterizzato da campi suddivisi da antichi recinzioni in murature “a secco”.
Nell’alto medioevo Fematre apparteneva al fendo dei conti Alviano.
Nel luogo in cui oggi si trova il paese, ancor prima del X secolo sorgeva il castello, appartenuto al feudo degli Alviano, andato distrutto probabilmente verso la fine del ‘300, che per la posizione strategica in una zona di confine tra le Marche e l’Umbria aveva un certo prestigio a livello territoriale.
La pieve di Fematre grazie alla sua collocazione crebbe in importanza tanto da divenire non solo fulcro religioso ma anche civile nei confronti delle comunità agricole confederate.
A detta del Pirri, a questa preminenza religiosa di Fematre corrispondeva il dominio civile sulla Comunità. La vita associata pulsava attorno alla Pieve, centro della comunità, nel cui portico, “conventus ante ecclesiam”, si tenevano, nei giorni festivi, dopo la messa, le riunioni del Consiglio, e dove si affaccia la cappella di San Francesco.
Infatti col cessare del dominio feudale dei Colli di Alviano, nel 1293, a causa della vendita del Feudo di Mevale al Comune di Norcia da parte di Uffreduccio di Ugolino d’Alviano, si costituì la Comunitas Fematris comprendente le ville vicine, la cui compattezza si mostrò specialmente nella ribellione al Rettore ecclesiastico del Ducalo di Spoleto, nel 1329 per istigazione del comune di Norcia.
La vendita al Comune di Norcia fu confermata da Tommaso d’Alviano nel 1378.
Nel 1471 il castello di Fematre passò al Comune di Visso dal quale dipende tuttora.
Secondo il codice “ Pelosius” del 1393 la chiesa costituiva un plebato a sé, separato dalla maggiore Pieve urbana di Visso, da cui dipendevano circa dieci chiese situate nei villaggi circostanti.
Per quanto riguarda la datazione dell’edificio, costituisce un importante documento l’iscrizione incisa nel pedritto sinistro del portale laterale, che fissa la consacrazione al 1135 enumerando tutte le reliquie poste nei due altari: “S. MICHAEL S. JOANNE S. SEBASTIANUS S. MARTINUS AD INCARNAZIONE DOMINI JHESUS CHRISTI ANNO INCARNATIONIS MCXXVX ALENDIS FEBRUARIIS ENRICUS EPISCOPUS DEDICAVIT ECCLESIAM SANCTAE MARIAE”.
 

Struttura

La chiesa ha pianta ad aula, coperta nelle due campate, da grande volte a crociera che poggiano su tre coppie di semipilastri emergenti dalle pareti laterali.
Questo corpo centrale dell’edificio corrisponde alla Pieve del XII secolo che era internamente coperta da volta ma terminante con un abside circolare.
Sulla facciata a capanna con portale e finestra traforata a croce in un blocco quadrato, si eleva il campanile a vela.
Il centro si ergeva un unico Altare e una statua lignea della Madonna ( ora al Museo di Visso ) a cui era dedicata la Pieve.
L’edificio è realizzato con pietra calcarea squadrata, di taglio più regolare nella parte presbiteriale aggiunta in tempi successivi.
Il Pirri, ritiene che il secondo altare consacrato e nominato nell’epigrafe, debba essere identificato con un altare di forme primitive collocato nel lungo ambulacro coperto a volta che affianca il lato sinistro della chiesa, con la quale è in comunicazione per mezzo di una porta.
Ad esso si accede dall’esterno attraverso un portale in pietra; un secondo portale immette nei locali destinati all’abitazione del pievano.
Secondo lo studioso si tratterebbe di un oratorio coevo o di poco posteriore alla costruzione della Pieve, e quindi sarebbe l’oggetto della seconda consacrazione ricordata nell’epigrafe (1135).
La Volta e le pareti di tale spazio presentano affreschi che il Venanzangeli attribuisce agli Angelucci di Mevale, dinastia di pittori locali attivi i in Umbria e nelle Marche nel XV-XVI secolo.
Tale spazio viene utilizzato oggi come sagrestia.
Nel XIV sec. a seguito di danni di un terremoto e per le aumentate esigenze demografiche, l’aula venne allungata con l’aggiunta di un presbiterio a base quadrata coperto da volta costolonata e separato dalla navata con un arco trionfale.
La facciata fu ricomposta con un rosane, il campanile a vela fu sostituito da una vecchia torre che non aveva più lo scopo di difesa e che fu rialzata con gli archi delle campane.
Il nuovo altare ebbe la copertura di un tabernacolo in pietra, secondo le prescrizioni canoniche per rispetto del SS. Sacramento.
Esso si elevava addossato alle pareti con due colonnine a sostegno degli archi della cupola.
Una volta demolito, servì nel secolo XVI ad abbellire un altare della parete destra.
La chiesa è preceduta da un cortile quadrato, la cui funzione era quella di accogliere i fedeli, che presenta un arco d’ingresso a tutto sesto nella parete di fronte la facciata a due archi nel lato destro uno dei quali è murato.
Tale Pieve e è stata oggetto di diversi restauri che hanno interessato il tetto nel 1938, i muri della facciata principale inclusa la sagrestia e il campanile e la volta a crociera che sono stati restaurati in seguito all’ultimo evento sismico del 1997.
 

Interno

L’interno della pieve, quasi completamente affrescato, testimonia la ricchezza e il benessere di cui la comunità locale godette almeno fino alla fine del XVII secolo.
Le vele della crociera, le pareti laterali e di fondo del presbiterio sono state affrescate dagli Sparapane di Norcia dinastia di pittori molto attivi in molte chiese della montagna dal XV e XVI secolo, con scene della vita di Maria (1497) e di Gesù, le figure degli evangelisti, dei dottori della Chiesa e dei profeti, le immagini rappresentano quindi i fondamenti della religione cristiana, i medesimi artisti decorarono anche le pareti della navata e il lato opposto al presbiterio (1518).
Nella parete in fondo a destra, le scene della vita di Maria riguardano: in alto la Nascita e il Bagno, sotto la Presentazione al Tempio e lo Sposalizio si legge: “Hoc opus fecit fieri Communitas Fematris tempore plebani Dmnus Antons et Santesibus Iacobus Angeli et Bartolomeus Iones Andreas Cole Augustinus M.I. De Sparapani et Petrus suo filius pinsit 1497”. Da tale iscrizione si apprende che questi affreschi furuno eseguiti nel 1497 su commissione della Comunità di Fematre da M° Agostino Sparapane di Norcia insieme al figlio Pietro.
Sulla parete di fondo in alto sono rappresentati, su di uno sfondo aperto in un paesaggio che ricorda quello che circonda la Pieve, il Cristo crocefisso e intorno da sinistra, S. Amico (abate benedettino dell’abbazia di Rambona, vissuto durante il X secolo e rappresentato con gli attrezzi agricoli e il lupo addomesticato che trasporta per lui la legna), la Vergine Maria, San Giovanni Battista e San Lorenzo. In basso al centro è conservata una statua lignea della Madonna posteriore agli affreschi e ai lati sono rappresentati Sant’Elena con la croce, San Rocco con il bastone del pellegrinaggio, il cappello sceso sulle spalle e il messale, Sant’Antonio Abate con la tradizionale campanella e infine santa Lucia, inquadrati in una architettura di stile ancora tardo romanico aperta su di uno scarno paesaggio.
Sulla parete di sinistra invece in alto è raffigurato il Giudizio Universale con l’immagine del Cristo giudicante secondo la tradizionale iconografia che lo vede seduto su di un trono circondato da una mandorla di luce (rappresentata dai colori dell’arcobaleno) mentre mostra le ferite della passione, vestito di un mantello che lascia scoperta la spalla destra; ai suoi lati la Vergine Maria e S. Giovanni Battista, e subito sotto i beati da un lato e dannati dall’altro e tra di loro l’Arcangelo Michele con la consueta armatura, la spada e la bilancia. Gli affreschi sottostanti coprono la parte bassa del Giudizio Universale e sono quindi databili dopo il 1497; rappresentano l’Annunciazione e la Natività di Cristo.
In basso a sinistra dell’abside si può vedere una lapide posta nel 1697 in ricordo del prelato, nativo di Fematre Rev. Don Giovanni Camerese, legato pontificio a Bologna, riprodotto nell’ovale.
Dopo la porta del campanile, lungo la parete sopra l’altare, si nota un affresco deteriorato dal tempo da attribuirsi agli ultimi Sparapane.
Segue un’altra colonna con Madonna e Bambino ed S. Sebastiano datati 1510, pure dagli Sparapane.
Nella parete circoscritta dalle ultime due colonne appare un grande affresco raffigurante la Madonna Rosario circondata dalle rappresentazioni dei quindici misteri ad essa correlati. La Madonna, incoronata da una coppia di angeli, è seduta su di un trono posto dentro un’architettura di stampo rinascimentale che si apre su di un paesaggio montuoso, e porge la corona del rosario ad un gruppo di donne, due delle quali vestono abiti monastici; allo stesso modo Gesù offre un rosario ad un gruppo di uomini, tra i quali sono identificabili San Domenico e San Francesco in primo piano e, dietro di loro, personaggi appartenenti al clero secolare, tra i quali un papa e un cardinale, riconoscibili dai loro tradizionali copricapi.
Nella colonna di sinistra accanto ai nomi dei committenti, si legge la data 1583 attribuito a Fabio Angelucci grazie al confronto con altre opere di questo pittore originario di Mevale, frazione di Visso.
Sulla destra per ripararsi dalle intemperie, per maggiore comodità della liturgia della Candelora, della Settimana Santa, dei Battesimi, delle Processioni da compiersi sul sagrato anche in tempo di pioggia e per le adunanze generali della Comunità rurale, fu aggiunto un nartece formato da cinque archi a tutto sesto poggianti su robusti pilastri; in fondo venne aggiunta nel 1506 una cappellina affrescata dagli Sparapane di Norcia.
La parete sud della Pieve era affrescata fino a qualche tempo fa ad opera dei pittori umbri del Quattrocento.
Vi si scorgevano le immagini di S. Sebastiano. della Vergine col Bambino, di S. Stefano, di un’altra Madonna votiva e di San Cristoforo con il Bambino in Spalla, quale talismano che guardato anche a distanza, poteva liberare da morte improvvisa e dagli influssi diabolici.
La sacrestia affrescata dai fratelli Angelucci da Mevale è suddivisa in tre parti secondo l’andamento architettonico ad arcate dell’aula: a sinistra la Madonna, a destra S. Giovanni Evangelista e al centro una Crocifissione attorno alla quale sono rappresentati inginocchiati dei personaggi incappucciati con il rosario in mano. Si tratta dei membri di una locale confraternita, una associazione laica di fedeli dediti ad attività caritatevoli nei confronti dei più bisognosi, a conferma della ricchezza raggiunta nel ‘500 della comunità di Fematre.
 

Aspetto Attuale

Dell’antica Pieve sono rimasti: la struttura in pietra di conci, il pavimento in pietra. il battistero trecentesco con i residui capitelli dell’antico tabernacolo dell’Altare Maggiore, che identifica questa chiesa come una pieve, la statua lignea della Madonna, il tabernacolo in pietra sorretto da colonne poligonali sul lato destro, il piccolo portale centrale a doppia ghiera con lunetta ripiena, la piccola finestra cruciforme su masso monolitico, una porta chiusa ad arco a tutto sesto sulla parete sinistra, monofora trilobata ricostruita nel presbiterio, la torre e la porta laterale romanica nei cui pedritti si leggono iscrizioni gotiche indicanti i Santi le cui reliquie erano state poste nei due altari primitivi durante la consacrazione del Vescovo di Spoleto Enrico Gualberto ,nel giorno delle calende di febbraio( il primo febbraio) del 1135.
Ci troviamo dunque di fronte ad un edificio sorto in forme romaniche e successivamente rimaneggiato per essere adeguato alle accresciute esigenze della comunità che accoglieva.
La chiesa ha subito nel tempo una serie di rifacimenti e rimaneggiamenti vuoi per le accresciute esigenze della comunità, vuoi per un naturale processo di degrado cui è soggetta nei periodi di abbandono e per le esigenze di consolidamento in occasione degli eventi tellurici che si sono verificati nel corso dei secoli.
Ciò nonostante, la Pieve di Santa Maria Assunta mantiene inalterati i caratteri architettonici e tipologici delle costruzioni sorte nelle montagne.
 

Sparapane di Norcia – pittori

Quella degli Sparapane di Norcia fu una famiglia di almeno tre generazioni di artisti, una dinastia di pittori attivi tra XV e XVI secolo su tutto il territorio della Valnerina; si collocano all’interno della cultura figurativa umbra del Rinascimento, da cui vennero, in diversa misura, influenzati. Opere ed affreschi degli Sparapane sono conservati a Norcia e, nel territorio circostante, a Campi, Serrvalle, Preci, ma anche a Tuscania e nel territorio di Visso. I pittori Giovanni e Agostino Sparapane, vissuti durante il XV, sono stati i capostipite di due rami della stessa famiglia, e vennero caoadiuvati dai loro figli: Antonio figlio di Giovanni, e Pietro figlio di Agostino, autore insieme al padre degli affreschi tardo Quattrocenteschi della pieve di Fematre; successivamente, nel XVI secolo, Francesco, Girolamo e Vincenzo Sparapane, figli di Pietro, continuarono nell’attività della famiglia.
 

Bibliografia

Cartellonistica in loco

http://www.marcadicamerino.it

 

Da vedere nella zona/h3>
Romitorio delle Centelle
 

Mappa

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