Cenni storici
La prima notizia sulla Pieve di Santa Maria si ha nell’XI secolo (1073) nel testamento di Rancio di Bulgaro, che lascia al monastero di Camandoli alcune terre “intra Plebe sante Marie sita monte, in comitato Castri Felicitatis” (Città di Castello), ma probabilmente sulla cima del colle, sin dai tempi molto antichi, doveva esistere un piccolo aggregato urbano dove era già presente una chiesina, dedicata alla Vergine, sorta forse nel IV secolo e frequentata dai primi cristiani, costretti a rifugiarsi in luoghi remoti.
La chiesa nel corso dei secoli ha vissuto momenti molto difficili, infatti Innocenzo III, nel 1198, per vendicare suo zio Ottaviano, cardinale di Ostia, detenuto prigioniero a Monte Santa Maria per alcuni mesi dal duca di Spoleto Corrado d’Urslingen, ordinò la distruzione del borgo, con preghiera ai consoli di Arezzo di non più edificarlo; sicuramente tale evento ha coinvolto anche la primitiva pieve.
Fortunatamente il castello nonostante i divieti fu ricostruito e con esso ristrutturata anche la Pieve che però subì notevoli danni in seguito agli eventi sismici avvenuti nel 1458 e soprattutto agli inizi del 1500; questo fece sì che nel 1507 la chiesa fosse riedificata grazie al Marchese Carlo di Ugolino che morì 4 anni dopo.
Proprio grazie a questo intervento l’edificio assunse la forma che oggi noi vediamo.
Un altro terremoto sconvolse la zona il 27 aprile del 1917 tanto che addirittura venne la regina Elena che si inginocchiò nella chiesa di Lippiano per scongiurare la fine del terribile evento.
Si sa per certo che per i Marchesi Del Monte, Signorelli dipinse una tavola con il Cristo morto (circa 1500), di cui si è perduta ogni traccia.
Aspetto esterno
La facciata segue il semplice profilo a capanna ed è interamente realizzata in sassi.
Al suo centro nella parte bassa una breve scalinata precede il portale di ingresso che è contornato da una cornice in pietra serena lievemente modanata; al di sopra di questo una finestra rettangolare con un semplice infisso in legno, avvolto da una cornice in pietra serena, conclude la facciata.
Innestato sul fianco destro della facciata si trova il campanile a base quadrata in stile romanico ed è interamente realizzato con conci di pietra abbozzata e mattoni.
La cella campanaria è aperta da quattro monofore con arco a tutto sesto ha alla sua base un piccolo cornicione aggettante.
Interno
La chiesa si sviluppa su una pianta a croce latina costituita da una unica navata lungo la quale si aprono alcune cappelle.
La navata è coperta da un soffitto con capriate lignee a doppia orditura; le pareti perimetrali, finite ad intonaco sono scandite da una serie di archi a tutto sesto.
Entrando sulla destra si trova un’acquasantiera a colonna e nella parete vediamo una pietra, forse il paliotto dell’antica chiesa, rinvenuto nel 1927, sotto tre croci, reca un grifo e un leone in lotta.
Segue la cappella dei Marchesi Bourbon del Monte ultimata nel 1613 è protetta da una preziosa cancellata in ferro battuto con due stemmi della famiglia del ramo di Firenze.
Fu eretta dal marchese Gianbattista Bourbon del Monte e divenne la loro cappella mortuaria di famiglia, e lui fu anche il primo Bourbon a venirvi inumato.
Presenta un altare in stile tardo rinascimentale con rifiniture in marmo rosso di Verona e una statua del Sacro cuore di Gesù, sul timpano della macchina d’altare un sole con i simboli di San Bernardino, lo stesso che troviamo nella porta interna della cappella e che conduceva nella sacrestia.
Nel transetto di destra un altare con una tela raffigurante Santa Giuliana e due statue di angeli che reggono candelabri; gli stessi vengono portati in processione insieme alla statua della Vergine che campeggia sopra l’altare Maggiore.
Il presbiterio è rialzato rispetto all’aula di alcuni gradini e sull’abside retta si apre una nicchia che accoglie l’altare maggiore.
La nuova mensa d’altare post conciliare, poggia su un sarcofago paleocristiano in pietra arenaria con sculture ondulate trovato non si sa di preciso dove (qualcuno afferma che sia stata trovata durante dei restauri della chiesa), che, stando ai racconti, al momento del ritrovamento conteneva ancora le spoglie del defunto; comunque se ne rileva il grande valore estetico e la ottima cesellatura.
E’ presente anche l’altare maggiore storico di stile barocco che in un’imponente decorazione in stucco databile alla seconda metà del XVII secolo che contiene la statua della Vergine opera lignea di uno scultore sconosciuto del XV secolo.
A destra e a sinistra del presbiterio sono presenti due resti di affreschi staccati dalla vecchia chiesa della Madonna del Carmine ora abitazione privata; rispettivamente una Madonna con Bambino e un Ecce Homo.
Al disotto di questo affresco una pietra scolpita anch’essa di provenienza sconosciuta forse appartenuta all’antica Pieve.
Scendendo lungo la parete sinistra si incontra l’altare di San Giuseppe con una rara tela che rappresenta la Morte di San Giuseppe.
A seguire il bel fonte battesimale in pietra custodito un piccolo cancelletto in ferro; fra le decorazioni del manufatto salta agli occhi lo stemma della famiglia Bourbon alla base e una croce templare in uno spicchio del catino.
In controfacciata capeggia una cantoria sorretta da due colonne con sopra un organo a canne.
Il Miracolo delle stampelle
Nelle colonne della Cappella di San Giuseppe sono posizionati due giganteschi ceri, uno per parte e due stampelle artigianali che sono li a testimoniare un miracolo avvenuto nella chiesa al cospetto di numerosi fedeli che ora qui si racconta come da scritto appeso a testimonianza.
“Nel Santuario di Santa Maria Assunta in Monte Santa Mene Tiberina sono conservate due vecchia stampelle lasciate lì da un certo Cippitello a testimoniare la sua straordinaria, guarigione e la sua devozione alla Madonna.
Chi era Cippitello? Come si svolsero i fatti?
Ho raccolto testimonianza dai miei genitori, dai miei nonni Materni, da altre persane anziane del Monte Santa Maria Tiberina che conobbero il miracolato e da una certa Coronari Attilia in Rossi che aveva assisto al fatto.
Del miracolato si conosce solo il soprannome derivatogli dal Vocabolo della casa dove abitava e che tuttora esiste in Parrocchia di Marcignano di Monte Santa Maria Tiberina.
I fatti si svolsero nel periodo in cui veniva costruita la strada comunale per Monte Santa Maria Tiberina, da Sansecondo a Lippiano.
Cippetallo lavorava in una cava che doveva fornire pietre per la massicciata.
Verso sera le campane della Chiesa del monte incominciarono a suonare era il momento della Benedizione Eucaristica.
Gli operai della cava, come era abitudine, si scoprirono il capo e si misero in atteggiamento di devozione. Cippetello, descritto come bestemmiatore, aveva detto parole irriverenti schernendo la devozione dei compagni.
Più tardi, mentre batteva la mazza su una grossa pietra per spezzarla, fu colpito con violenza al ginocchio da una scaglia partita dalla pietra stessa.
La cosa non fu di lieve entità se la gamba di Cippitello si ammalò talmente da non poteva camminare se non con le stampelle.
Le cure del tempo erano poche e forse Cippitello, rude com’era, preferì a quelle del Dottore la cura dei mediconi.
Di fatto la gamba non guariva e Cippitello già stava rassegnandosi a passare il resto della vita camminando con le due rozze stampelle che gli avevano fatto in casa.
Succede all’uomo di essere indifferente con Dio finché è sicuro di sé; quando poi le sicurezze cadono, nasce nel cuore il bisogno di Colui che ci ha chiamato alla vita.
Cippitello pensò di rivolgersi alla Madre del Signore tanto venerata nell’Immagine della Madonna del Monte. La vigilia della festa dell’Ascensione, Cippitello si fece portare alla Chiesa del Monte.
La sera i fedeli e il clero, in solenne processione, riportavano la Madonna dal Convento delle Agostiniane (dove era stata ornata e vestita splendidamente per la festa) alla Chiesa Parrocchiale.
Cippitello attendeva lì.
I Sacerdoti recitarono il Rosario, fecero le loro funzioni; Cippitello, in piedi, appoggiato alle sue stampelle, davanti all’Immagine della Madonna, non intendeva muoversi.
Nel suo cuore aveva lanciato una sfida alla Madonna, quella sera non sarebbe uscito dalla Chiesa se non fosse stato guanto.
L’Arciprete di allora, Don Luigi Coletti, terminata la funzione, insistette che Cippitello tornasse a casa, ma non ci furono parole, per quanto autorevoli, capaci di distoglierlo dal suo proposito.
La Madonna volle ricompensare la fede di questo povero uomo.
L’Attilia Coronari Rossi, a quel tempo fanciulla soleva raccontare il fatto con queste parole “Ad un certo momento Cippitello gettò a terra le stampelle e gridò: Sono Guarito!”.
Sembrava il finimondo: alcuni piangevano, altri gridavano, altri invocarono la Madonna; lo stupore che prendeva coloro che assistevano ai miracoli di Gesù si ripetevano in quella occasione nella Chiesa di Monte Santa Maria Tiberina.
L’Arciprete esortò tutti alta preghiera e alla riconoscenza verso la Madonna.
Cippitello, ogni anno, per ringraziare la sua Madonna, si recava per i paesi vicini, specialmente nella zona di Morra a raccogliere offerte per rendere più solenne la festa della Madonna, i due ceri grossi che l’Arciprete Don Vittorio Boscain ancora mette vicino al trono della Madonna per la festa dell’Ascensione, furono comperati con le offerte raccolte da Cippitello“.
Fonti documentative
Mario Tabarrini – L’Umbria si racconta Dizionario E-O – 1982
Cartellonistica in loco
https://chieseitaliane.chiesacattolica.it/chieseitaliane/schedaca.jsp?sercd=38054
Mappa
Link alle coordinate: 43.437477 12.162736